Recensioni per
Spero al risveglio, domani, la pioggia
di _Maeve_

Questa storia ha ottenuto 1 recensioni.
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Recensore Veterano
13/05/16, ore 14:34

I tuoi versi hanno l'aria stravolta di chi talvolta ha scritto con troppa frequenza. Leggerli è come percepire che sia passato poco tempo dall'ultima volta: è come se fossero i versi di un'unica, grande (poesia), per logica si direbbe sia a causa del leitmotiv che abbraccia ogni tuo componimento, in verità io credo sia perché non ami lasciare qualcosa indietro (diciamo pure che destesti lasciarti qualcosa indietro) e ogni tappa di questo cammino poetico riprende qualcosa di ciò che hai già elaborato, sentito, è ben più che un filo conduttore: è la consapevolezza di non poter abbandonare una frase, un nome, una definizione, è un percorso in cui certe parole fanno ritorno e si gonfiano di nuovi contesti, di nuovi affiancamenti. Tu stai scrivendo una storia, in versi, la storia di questo tuo amore vissuta dal tuo punto di vista. Non ti lasci scivolare via. Non ciò che ti resta addosso, anche quando su quel divano resti (nel senso inglese del termine sarebbe più indicato, forse) nuda.
E giorno dopo giorno, le tue poesie aggiungono parole su parole, mentre la tua anima convola ad uno spannung che le potrebbere essere fatale, ma per il quale non ha intenzione di ritrarre la mano. Non so se sia un rischio calcolato, ché la definizione di "rischio calcolato" è essa stessa ambigua, ma cosa importa, tu hai la tua missione e nessuna intenzione di cedere - solo qualche profuso sogno, di tanto in tanto, ti svia e ti fa percepire una rassegnazione che non può e non potrà mai accontentarti.
Chiaro, allora, che una parte di te vorrebbe ripulirsi, ripulirsi da quel bagno di sangue che è l'amore (che insegui), e servirebbe un giorno di pioggia, uno di quelli in cui sei costretta a restare a casa, uno di quelli in cui sei costretta a pensarci bene e meglio, uno di quelli in cui hai il permesso di sentirti meno felice, o solo triste, ché la pioggia potrebbe scivolarti sul viso, sul resto del corpo, potrebbe lavare via ogni cattiva azione e ogni cattivo pensiero, potrebbe purificarti da una passione prodigiosa e irriconoscente, insensibile ai tuoi spasmi d'amorevole attenzione (in cerca di, attenzione), una pioggia che possa svuotare gli ingorghi e i ghirigori che intasano la tua mente, senza potersi scaricare (se non in miseri, innocui, fallaci versi; le poesie corrisponderanno alle tue emicranie o alla loro fine? E a quale fine?). Una pioggia che possa sviare (come quei sogni) certi discorsi, allagando ogni barlume di razionalità o di emozionalità (a seconda delle esigenze del momento, diciamo), o che almeno (meglio ancora) possa farsi risolutiva o risolutrice, che possa imporre una decisione, mettendo fine alle inconsistenze fallaci di quelle emicranie che, forse, non avrebbero la loro raison d'être e sparirebbero, si disslverebbero in una celestiale pioggia uniforme e bella a vedersi. Ami la pioggia, Maeve?
Se solo gli sbalzi d'umore potessero galleggiare sulle pozzanghere (e dissolversi in acqua stagnante), se solo smettessi di domandarti il perché?! e la smettessi di dissanguarti e di svenarti per quell'amore... amore, amore, amore, no, non è una parola da usare a cuor leggero e no, non è una parola che stia bene in una poesia (non deve aver letto il manuale del perfetto cortigiano), è banale e ripetitiva ed è assurdo anche solo pensare che sia solo una parola a scorrerti dentro, iniettata in endovena e impossibile da tirare fuori, per quanto sangue tu sia disposta a buttare. Stai gettando via una parte di te, ma fa niente. E quell'amore, amore, amore, è nauseante tanto quanto un vino troppo dolce ed immaturo, ti fa urlare come se fossi diventata pazza, come se rappresentasse la nevrotica fissazione di una ventenne in preda agli ormoni e priva dell'oggetto del suo desiderio (di quanto, poi, la realtà si discosta?). Non desideri essere la virtuosa dama che attenderà in eterno il suo prìncipe color cielo: questo è un copione adatto ad altri cast, di cui tu non puoi far parte, ché non è per spirito d'abnegazione che stai attendendo (potenzialmente in eterno) il suo arrivo e ritorno, semmai è vivace e passionale ostinazione è impuro spirito di sopravvivenza e di orgogliosa ricercatezza, di una scelta, forse scellerata, su cui non puoi tornare indietro. Tu non torni sui tuoi passi, non facilmente, e su certi princìpi arrendersi sarebbe come tradire, come rinunciare a ciò che hai deciso di desiderare ardentemente, ad ogni costo. Ammiro la tua ostinazione, è fiamma viva e sofferta, ha una fierezza che mi ricorda certi miti classici che non mancano mai nelle tue poesie. Ammiro la tua fierezza, ecco, è splendida.
Eppure proprio Afrodite riderebbe della tua perdizione - pardon, dedizione. Questa tua ossessione, se osservata così, ha poco di nobile, poco di leggiardo, è talmente sanguinaria da rientrare nella categoria degli splatter, ché si sa, sono gli horror meno altolocati; è che fondamentalmente si basa su delle incongruenze (forse perfino su delle menzogne), e nonostante tutto continui a trovarci del meraviglioso, in tutto ciò, continui a sentirti innamorata e non puoi negarlo, continuando a mentire a te stessa sull'idea vaga di un lieto fine che poco s'addice al maevismo stesso, alla tua essenza, è come se tu avessi bisogno di soffrire non meno di un Bukowski (leggi Bukowski? Dovresti). C'è troppo che dici e non dici, a te stessa, e arriva il serale momento in cui devi darti un limite, nel momento in cui la tua temperatura corporea sbalza (come quell'umore) senti che non si può perseverare in certe bugie, ché poi anche le poesie avvertono le ripercussioni delle vostre inesatte verità: come si fa a scrivere in una poesia una cosa così, mi hai detto l’orribile e io sono ancora qui che sbarello,? Ti pare poesia? Se lo è, è magnificamente audace e catartica, è il riflesso dei paralogismi della tua ragione, è come se Calvino scrivesse un saggio e spiegasse perché i Classici vanno letti all'insegna del maevismo, cioé parlandone male e poi obbligandosi a leggere e rileggere. Solo così si spiega quella sopportazione, audace e tenera, solo così si spiega cosa sei pronta a sopportare, cosa a perdere, cosa a bramare (rispettivamente: l'orribile che ti hanno detto; questa tua giovinezza; quella sua cazzo di vita): e dire che avresti dovuto solo pensare alla tua cazzo di vita, forse, e non sembrava impossibile, eppure eccoti qua.
Il modo in cui hai ammesso d'aver paura è quasi toccante. Ti sei tolta un peso dallo stomaco, dopo averlo detto, dopo aver riconosciuto un principio delirante a capo di questa spericolata ossessione, in cui vivi al contempo la voglia di andartene e l'insostenibile voglia di rimanere a guardare, guardavi, nudi e in un amplesso, mentre ti ostini a tormentare te stessa - ad essere tu stessa il più scontato dei luoghi comuni: la più grande nemica di te stessa. Pronta a bastarti, mentendo, ad accontentarti di quel che vi si può dare, in estasi appena prima di morirci negli alcolici e nelle interruzioni di. Così è, se vi piace.