Ciao!
E' difficile scrivere una poesia, soprattutto una di quelle più tristi che felici. Le poesie ti scavano dentro. E in questa poesia si è " immobili ". E' un ricordo a tenerci statici, un ricordo che evoca un rimorso? Una scelta sulla quale forse si hanno dei ripensamenti. Fa male perché non dipende da noi.
Qualcuno deve svegliarsi.
Non in senso stretto, questo si capisce. C'è uno sguardo fisso che nonostante il termine " fissare " - accostabile a un chiodo che sfonda un muro - non è capace di guardare, in realtà.
Fisso? Perso.
E di nuovo torniamo all'immobilità, giacché mentre tutto scorre intorno a noi ma sia l' Io narrante che l' Egli incapace di vedere paiono incapaci di abbandonare la loro posizione.
Egli, tuttavia, non pare cieco per opposizione. Anzi, sembra piuttosto che non possa fare altrimenti. I suoi occhi sono dolci, non vi è alcun sentimento negativo. No.
Verso la fine comprendiamo che questa ciecità potrebbe essere temporanea ( intermittente ).
Vi è una metaforica discesa dalle nuvole con ricerca annessa. Ma... di nuovo Io ed Egli non si trovano.
Ciecità ottusa? Errore d'osservazione dell'Io narrante?
Fa quasi pensare a un amore finito troppo infretta con i conseguenti strascichi. Egli ama ancora una parte dell' Io narrante, parte che ricerca in altre persone. E forse " scende dalle nuvole " per questo?
Una magra consolazione per l'Io che narra, che comunque sembra uscire più forte, alla fine.
Di sicuro, più forte di Egli, che mi sembra ancora perso nel passato.
Bella.
Oshi-chan |