Il concept di questa storia mi intriga già dalle prime battute, e sono curiosissima di scoprire in che modo l'autrice elaborerà i successivi trigger, quali significati e aspetti reconditi dell'animo di Bucky andrà ad esplorare.
Apprezzo molto il lavoro psicologico fatto in questo capitolo introduttivo. Già sai, ma confesso che mi è scesa la lacrimuccia nel leggere lo stato mentale di Bucky a poche ore dalla partenza per una guerra che lo porterà tanto lontano da casa, dalle sue cose, dal suo nido e soprattutto dalla persona a lui più cara, di cui si è ripromesso di prendersi cura. Al contrario di Steve, che invece scalpita per dare il suo contributo a una giusta causa: per lui è semplicemente inaccettabile l'idea di essere esentato dal servizio militare per via della sua corporatura e salute cagionevole, mentre quasi tutti i suoi coetanei andranno a rischiare la vita. Steve e il suo implacabile senso di giustizia e spirito di sacrificio (ma anche la sofferenza nel vedersi lasciato indietro a guardare gli altri procedere in una vita che è per lui inaccessibile), versus Bucky, che le carte in regola ce le ha tutte eppure preferirebbe rimanere a casa, e non certo per codardia. Crudele ironia: chi vorrebbe poter fare quella scelta se la vede sottratta irrevocabilmente, a chi invece avrebbe tutte le carte in regola per essere unico artefice del proprio destino viene imposta. La cosa più angosciante è che sappiamo come andrà a finire... sappiamo che Bucky, per come lo conosciamo e lo conosce Steve, non sopravviverà a questa guerra; non tornerà mai più a casa come se stesso.
Una nota positiva va naturalmente alla traduzione, chiara e scorrevole nonostante immagino ci fossero alcuni passaggi non troppo facili da rendere in italiano. Approvo l'idea di inserire delle note qualora vi sia da chiarire una scelta di traduzione, come hai giustamente fatto in questo caso con "the great unknown" il cui significato è piuttosto denso e sfaccettato. Per noi lettori può essere l'occasione di imparare qualche nuovo modo di dire! |