Recensioni per
Ricominciare senza di te
di They are almost Canon

Questa storia ha ottenuto 112 recensioni.
Positive : 110
Neutre o critiche: 2 (guarda)


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Recensore Junior
13/09/19, ore 15:17

NB: ti avevo lasciato questa recensione con un altro profilo, ma, visto che sto per cancellarlo, la riposto con questo profilo in modo che non vada perduta.


Ciao!
Visto che oggi avevo il pomeriggio libero, ho deciso di leggere qualche storia scritta dalle varie componenti del gruppo e, trovando il tuo link in uno dei primi post, ho deciso di leggere questo primo capitolo, visto che, da quanto ho capito, ci tieni molto ad avere un parere su questa particolare storia.
Allora, la trama in sé per sè è carina e può essere letta anche da chi non conosce bene Seint Seiya.
Il problema, secondo me, è che dovresti fare piu attenzione alla punteggiatura che in alcuni punti rischia di cambiare il senso della frase; le configurazioni verbali e soprattutto alle ripetizioni che rischiano di rendere più pensante la narrazione e di rallentarla.
Sono tutte piccole cose che si risolvono con qualche buona rilettura prima di pubblicare.
Se permetti un ultima puntualizzazione da una persona che in Canada c'è vissuta, vorrei dirti che in inverno quando nevica pochissimo usano le auto per spostarsi perché tutti si spostano con metro e treni sotterrani per evitare di rimanere bloccati.
Comunque, spero di leggere presto altro di tuo.
Sharpey


(Questa recensione partecipa all'iniziatova "10.000 recensioni in un anno" indetta dal "Giardino di EFP")

Recensore Master
23/01/18, ore 15:05

Siccome ogni promessa è debito, ho deciso di lasciarti una recensione il più articolata possibile su questa storia. So che per te è stato un parto podalico (e si vede), e visto che ti ha causato forte stress, mi sembrava giusto venire a curiosare. Lo so, non sei contenta della bandierina, e mi dispiace davvero, ma non posso fare altrimenti. Ci sono molte cose da sottolineare, non tutte positive, desolata; potrei incensarti e dirti che va tutto bene, ma non va tutto bene. Lo so io e lo sai tu, sarebbe stupido e irrispettoso affermare il contrario, e il rispetto, tra colleghi scribacchini, è fondamentale.
Basta por tempo in mezzo, le cose da dire sono tante e il tempo è sempre tiranno.
Partiamo!!
 
 
GRAMMATICA e STILE
 
Uscire dalla propria nicchia è sempre cosa buona e giusta.
Ci spinge a provare nuove strade, nuove forme d’espressione, nuove possibilità. Qui appare chiaro come tu stia sperimentando uno stile nuovo e ci sta che il risultato sia un po’ un ibrido; è normale, è fisiologico: stai facendo delle contaminazioni tra il tuo modo di scrivere e un altro che ti piace, magari letto altrove. È normale. Anzi, la scrittura è qualcosa in perenne rinnovamento, perché la scrittura è qualcosa di vivo. Se non c’è questo rinnovamento, la scrittura diventa qualcosa di ammuffito e polveroso.
Di solito, l'esercizio da mettere in atti è prendere una pagina di un autore che ci piace, ricopiarla su un quaderno e farla a pezzi – letteralmente – per capire come funziona il giocattolo.
È fondamentale che il brano in questione provenga da una storia pubblicata, ché un romanzo o un racconto pubblicato è passato attraverso la fondamentale supervisione dell’editor, l’implacabile mannaia del correttore di bozze. Un autore amatoriale non ha un editor e/o un correttore di bozze professionisti a cui affidarsi; spesso, si chiede aiuto ad amici armati di buona volontà, col risultato che, per quanto bravi si sia, il testo che si mette online non è – e non potrà mai essere – perfetto. O a prova d'errore, ché la perfezione non esiste, siamo realiste.
Inoltre, una volta ricopiato il brano che ci piace, lo si deve fare a pezzi: si deve fare l’analisi logica del testo, altrimenti non si capisce come funziona quel periodare che ci piace tanto, e anche quella grammaticale, per vedere come si componga il registro verbale che l’autore X ha deciso di utilizzare. E come funziona uno stile che ti piace, lo capisci solo quando hai aperto il giocattolo, ne hai compreso il funzionamento e poi l’hai richiuso. Prima, è solo questione di sensazioni, e le sensazioni, si sa, sono fallaci per definizione.
Sperimentare va bene, dicevamo, solo che occorre comprendere le regole del gioco.
L’uso del corsivo serve a sottolineare, logicamente e visivamente, un cambio di passo. Questo cambio di passo – o di marcia, se più ti aggrada – indica al lettore che la voce del personaggio calca una parola («Che cosa hai detto?»), oppure si utilizza un termine straniero («La moussakà di nonna Melpomenê è strepitosa!»), oppure c’è uno slittamento verso l’interno (i pensieri) o all’indietro (il flashback).
Il flashback si può rendere in due modi: o tramite l’uso del corsivo (ma, a questo punto, il tempo della narrazione dev’essere diverso da quello del resto del racconto), oppure ignorando la soluzione grafica del corsivo e scegliendo un tempo anteriore a quello del racconto.
Mischiando le due soluzioni, il tuo povero lettore non capisce più nulla. La vita è fatta di scelte, e anche tu, come autrice, devi optare per una soluzione o per l’altra. Tenere il piede in due staffe non aiuta nessuno, anzi: se incappi in un lettore più smaliziato, questi penserà che tu lo stia prendendo per scemo.
Scegli una soluzione e restale coerente per tutta la durata del racconto, o del romanzo che sia. Trovare la propria voce è fondamentale per chi scrive. La scrittura – e che riguardi un blog, un romanzo o la lista della spesa, poco importa – è un biglietto da visita importantissimo, unico ed inimitabile. Fa dire al tuo lettore «Sì, è lei» (o lui), dopo poche righe, crea un senso di tranquillità. È come quando vai a trovare un amico a casa sua e ti senti a tuo agio nel suo salotto, con la versione povera della lampada Artemide e i cuscini di Ikea, giusto?
Ecco, vale lo stesso per la scrittura.
Ma ci vuole tempo, esercizio e pazienza. E, soprattutto, non si deve avere fretta di bruciare le tappe con qualche scorciatoia. Le scorciatoie sono seducenti e allettanti, ma rientrano nelle scelte dei furbi, e la furbizia, checché se ne dica, è la sorella stupida dell’intelligenza.

Passando alla grammatica, ho trovato una serie di refusi e di errori sistematici che non possono essere considerati solo errori di distrazione. È stato questo che mi ha spinto a lasciarti una recensione critica. Molto si risolve in fase di rilettura, a patto di non lasciarsi prendere dall’ansia e di pubblicare a tamburo battente.
Se taxista può essere segnalato come una forma desueta di tassista (desueta, ma corretta), non possiamo dire lo stesso di soluzioni come 23enne o dell’uso dei numeri per indicare le distanze. I numeri vanno scritti per esteso. Non stai prendendo appunti (lì vale tutto, pure sostituire la parola filosofia con una piccola phi), stai raccontando una storia. Stessa cosa dicasi per la punteggiatura e per un periodare troppo ricco di incisi, con parentesi che apri, ma che ti dimentichi di chiudere.
Io sono una sostenitrice del periodare complesso, ché è bello vedere un periodo formato da una principale, una o due subordinate e una coordinata, tanto per. Ma i troppi incisi sono uno strumento di tortura che può usare solo Marco Tullio Cicerone, che il diavolo se lo strafulmini.
Anche la punteggiatura dei dialoghi va rivista: devi decidere se dev’essere interna
(«È tutta colpa tua Shura, se non avessi perso tempo a quest'ora non rischieremmo di rimanere qui,» sbottò il Leone.)
oppure esterna
(«È tutta colpa tua Shura, se non avessi perso tempo a quest'ora non rischieremmo di rimanere qui», sbottò il Leone.),
ma quale che sia la soluzione da te scelta, restale fedele sino alla fine, altrimenti manderai in confusione il lettore.
Grammatica e punteggiatura sono dei codici imprescindibili per la comunicazione: ogni lingua ha il proprio codice e devi rispettarlo, se vuoi che gli altri ti capiscano. Ogni input sbagliato, incorretto, viene letto dal cervello come un errore, errore che lui deve fermarsi a riconoscere, processare, sostituire con la corretta risposta prima di derubricare il problema come risolto e passare oltre con la lettura. Tutto ciò, si risolve in un battito di ciglia, ma dagli e dagli e dagli, il ritmo rallenta per forza di cose. Un conto, è fermarsi una volta, un altro paio di maniche è doverlo fare ad ogni piè sospinto.
Quando due personaggi dialogano, devi andare a capo, altrimenti si fa fatica a capire chi è che sta pronunciando quella battuta. E ricordati che ogni frase inizia con una maiuscola, battuta o non battuta.
E fai attenzione: le virgolette alla caporale (senza dubbio la scelta più elegante) sono queste « e queste ». I segni che usi tu, il minore e il maggiore, non solo sono errati concettualmente parlando, ché i segni d'interpunzione vanno rispettati per il discorso del codice corretto di cui sopra, ma sono anche pericolosi perché si usano per racchiudere i tag del codice HTML. Usa le virgolette corrette: io ci sono passata, e non è piacevole vedere la tua storia sparire perché non hai lasciato uno spazio, o ne hai messo uno di troppo. Mi spiace dover rimettere le mani sul lavoro della tua beta, ma forse, più che un aiuto dal punto di vista di aderenza al fandom (non dovresti puntare al canone di Kurumada, piuttosto?), avresti bisogno di una mano in fase di rilettura, e magari, provare a sciogliere un poco le frasi, altrimenti sembra che i tuoi personaggi vadano in apnea ogni volta che aprono la bocca.
Mi permetto di lasciarti un suggerimento, nella speranza di non sembrarti paternalistica: sono convinta che alle volte la pratica valga più della grammatica. Alle volte, sia chiaro.

«È tutta colpa tua(virgola) Shura(punto). Se non avessi perso tempo(virgola) a quest'ora non rischieremmo di rimanere qui!», sbottò il Leone(punto)
«Ma, Aiolia…», piagnucolò il ventitreenne Capricorno, senza ottenere ulteriore (via) risposta.

 
TRAMA e PERSONAGGI
Siamo solo all’inizio, quindi non posso parlare a nome dell’intera storia, ma esprimermi solo su questo capitolo. Partiamo dalla trama: qui c’è bisogno di avere più fiducia in noi stessi. Una storia buttata via non piace né a chi la scrive, ma nemmeno a chi la legge.
La missione del Sacerdote è un gancio e poco più, quindi pazienza se il suo contenuto resta nebuloso: non rientra nell’economia della vicenda – che suppongo sarà la riappacificazione tra loro due – quindi via, cancellato senza pietà.
Hai fatto bene.
Io sono una di quelle che elimina senza pensarci due volte tutti i fronzoli, gli orpelli, quello che non aiuta il corretto svolgimento della trama. Però, fai attenzione a non eccedere nel senso opposto, altrimenti rendi al lettore la spiacevole sensazione di trovarsi con dei personaggi che galleggiano nel vuoto. Non basta dire, devi mostrare.
Non basta dire che a Toronto c’è la neve, devi farmi sentire il freddo, il disagio, ma anche la solitudine che si porta appresso la neve, quel senso ovattato di attesa.
Poi, cavolo, tu sei più abituata alla neve di me, sono sicura che saprai rendere al meglio il freddo, il disagio ma anche la bellezza un po’ antipatica della neve, che cade e se ne frega se tu devi prendere un aereo, oppure no.
E parlando di aerei, passi il prendere un taxi per andare all’aeroporto (è una scelta un po’ anni ’70, e di solito si usa questo espediente per una corsa contro il tempo, con l’eroe che rincorre la sua bella per impedirle di salire su un aereo che la porterà lontano d alui per sempre), ma se sta nevicando – e in quelle zone nevica sul serio – ti muovi prima.
Già quando si viaggia in aereo è bene arrivare in aeroporto almeno un’ora e mezzo prima, tra imbarco, controlli, frizzi e lazzi; a maggior ragione, ti accerterai di farlo con largo anticipo se le condizioni meteo sono avverse. C’è il serio rischio che, piuttosto che perdere l’aereo, questo non decolli proprio. C’è gente che ha passato la notte in aeroporto per molto meno di una nevicata abbondante (la sottoscritta ha rischiato di non tornare da Londra a causa del famigerato vulcano islandese, nel 2010).
Tienine conto, nel progettare una storia: il clima influisce non solo sui vestiti dei personaggi, ma anche sulla vita di tutti i giorni.
Quanto ai personaggi, credo che tu ti sia lasciata prendere la mano. Va bene detestare dal profondo del cuore delle figurette bidimensionali, tuttavia al lettore deve essere chiaro perché i personaggi reagiscano in una data maniera.
Sono sincera, leggendo mi è venuta voglia di prendere Aiolia e riempirgli le guance di ceffoni, a due a due, fino a quando non fossero diventati dispari (e io adoro Aiolia).
Capisco tutto, la tensione tra loro, la rabbia che monta, e ti do anche fiducia perché, alla fine della fiera, non è che in questo capitolo ci mostri perché sono ai ferri corti. Ma se una persona abbaia all’altra, può essere infuriata quanto vuole, sei tu autrice che devi mostrarci il perché il personaggio sia infuriato. Non basta dire “rischiavano di perdere il volo”.
Quanto a Shura, ma ritieni sia credibile che un ragazzo di ventitré anni (23) piagnucoli come una donnicciola? E anche ammesso che abbia la lacrima in tasca, perché Aiolia, vedendolo così debosciato, non reagisce, non lo apostrofa, non fa nulla? Possibile che non pensi neppure “Ma come caspita ho fatto a stare con uno smidollato del genere?!”?
Voglio dire, se ti abbaio contro è perché spero in una tua reazione, e, a voler salvare Aiolia, a me è sembrato che cercasse uno scontro verbale – e forse anche fisico – col compagno. Invece non accade nulla di tutto ciò ed è questo a lasciarmi perplessa, ma perplessa davvero.
 
TITOLO
Non posso pronunciarmi, siamo solo al primo capitolo.
Probabilmente, visto che nei successivi ci fornirai il conflitto e la sua risoluzione, suppongo che questo titolo troverà un posto nell’economia della storia.
I titoli sono davvero difficili da assegnare, una mia bestia nera personalissima.
 
GRADIMENTO PERSONALE
Mi hai chiesto un parere su questa storia; siccome ogni promessa è debito, sono passata, anche se non credo che la mia recensione sia quello che ti aspettavi di leggere. Ci sono alcuni problemi: non sono insormontabili – volere è potere e, soprattutto, c’è sempre una soluzione – ma occorre prenderne atto.
Contrariamente al solito, mi sono permessa di dare un’occhiata alle altre recensioni, per vedere se qualcun altro ti avesse sollevato le stesse questioni che ho argomentato: sì, lo hanno fatto, ma tu hai glissato sulla questione.
Lo confesso, questo comportamento non invoglia a lasciarti una recensione articolata, ché un recensore – qualunque sia la bandierina che decide di lasciare alla tua storia – spende il proprio tempo per te, per fornirti un parere, per darti anche un suggerimento su come risolvere i problemi da lui (o lei) riscontrati. Quando non sei più una studentessa liceale o un'universitaria fuori sede, il tempo diventa più che prezioso. Essenziale. Il tempo che si dedica al prossimo è tempo che si sottrae a noi stessi. E se già il tempo per scrivere è tempo rubato, figuriamoci quello per recensire.
Tu non solo hai fatto orecchie da mercante, ma non sei riuscita a trovare cinque minuti per sistemare questa storia.
Perché non le vuoi bene?
Se non sei tu, la prima a curare e ad amare ciò che scrivi, come pensi che potrà farlo qualcun altro? Se tu per prima non dimostri affetto per ciò che mandi in giro col tuo nome, come potrà affezionarvisi un estraneo?
Sì. È un hobby, un passatempo, un modo per ammazzare il tempo prima che lui ammazzi te; ma nel momento in cui condividi qualcosa, devi farlo in modo che gli altri possano capirti. Quando condividi qualcosa, quel qualcosa non è più solo una tua idea, ma diventa un filo che ti lega a chi leggerà le tue storie. Sono tue, perché sono farina del tuo sacco; ma appartengono anche al lettore, perché è per lui (o per lei), che le hai messe per iscritto e le hai condivise. Altrimenti, scusa la franchezza, tanto vale che le tue idee se ne restino all’interno del tuo pc. Se condividi qualcosa, stai comunicando, non giriamoci intorno. Se comunichi, devi accertarti di farlo usando un codice che sia comprensibile a chi ti legge.

In conclusione, la storia ha delle potenzialità, ma sei tu stessa a non sfruttarle. È come se alla base della pubblicazione ci fosse un’ansia ingestibile; non so se questo sia un problema costante, o ti sia accaduto solo con questa storia che si è rivelata una pigna, ma l’ansia di disfartene traspare da ogni singola parola.
Il mio consiglio, se vuoi comunque portare a casa un buon risultato, è quello di tirare i remi in barca, fermarti per un istante a rimuginare su ciò che ti è stato suggerito, domandarti se ti va di apportare i dovuti cambiamenti (anche decidere che le cose ti vanno bene così come sono è una scelta più che legittima, figuriamoci!) ed eventualmente aggiustare il tiro.
Quale che sia la decisione che prenderai, ti auguro un buon lavoro, di tutto cuore.
(Recensione modificata il 23/01/2018 - 03:10 pm)