Terza Classificata
Quella perfetta contraddizione chiamata John Watson
di Koa_
Grammatica: 13.8/15
Il testo è pulito e pressoché perfetto. Tolti due imprecisioni opinabili, l’unica penalità che hai avuto è stata quella riguardante la virgola tra soggetto e verbo, questione su cui noi ci siamo già confrontati in altre occasioni. Conosco e accetto la tua decisione nell’utilizzare un certo metodo; in questo caso, però, ho dovuto seguire una scaletta uguale per tutti e agire di conseguenza.
Di seguito, gli errori che ho trovato:
e portandolo al silenzio della strada, che brulica di un silenzio opprimente. → -0.3 “Che brulica di un silenzio opprimente” dovrebbe riferirsi alla strada, ma sintatticamente sembra riferirsi in questo caso al silenzio stesso. Una soluzione sarebbe scrivere “portandolo sulla strada”.
Il tuo sussultare pericolosamente a ogni pensiero che riguarda lui, ti getta addosso una fastidiosa tristezza → -0.8 Ho sottratto la penalità generale per via della virgola tra soggetto e verbo.
Hai un bisogno viscerale di musica e tanto che, respirare, non sembra nemmeno così necessario. → Anche qui l’inciso è superfluo e separa il soggetto dal verbo.
Non ti rendi neanche conto di come l’attesa di sentirti intonare qualcosa, gli stia deformando i tratti del volto → Virgola tra soggetto e verbo
non permetti ad altro ti tormentarti → -0.1 “di” tormentarti
Vibra e s’agitano, i suo occhi → -0.2 “Vibrano” ERRORE ANNULLATO
invitandolo a farlo quel passo che sta per compiere → In questo caso non ho sottratto punti perché credo che si possa considerare un rafforzativo, una scelta stilistica per marcare il bisogno, l’ansia, l’attesa per quel gesto che entrambi vogliono che venga compiuto.
Stile: 19/20
Lo stile è elegante, raffinato, in alcuni punti melodioso e vibrante, come se la musica di Sherlock si propagasse anche sulla narrazione (come, ad esempio, il pezzo in cui descrivi l’effetto che ha su John il vederlo afferrare il violino, o ancora il pezzo in cui esalti le intenzione e i desideri di Sherlock, il suo desiderio di voler essere ammirato, quando parli del suo modo di suonare e della sua dichiarazione). Questo è dato dall’uso personale e sicuro che hai dello spazio narrativo, del ritmo e delle pause, nonché dell’uso che fai della punteggiatura per arricchire e armonizzare il testo.
È difficile sezionare le varie parti dello stile in questa storia, perché proprio per la bravura nell’armonizzare il tutto è praticamente impossibile parlare di un aspetto senza toccare e parlare degli altri, per me. A questo devi aggiungere il fatto che io ho ascoltato la musica che hai inserito: prima, dopo e durante la lettura. La prima cosa che mi viene in mente da dire è che la melodia viaggia su due binari, più una fase mezzana, ed entra in contatto con il testo in due modi differenti: uno è l’emozione malinconica che mi ha suscitato l’ascoltarla e che ricalca l’andazzo libero, reso con periodi lunghi e da una punteggiatura più “semplice e basilare”, e molto introspettivo dell’inizio, un tono soffuso, meditabondo, di preludio, che sembra quasi un monologo solitario che circonda Sherlock; l’altro è il ritmo struggente, l’evoluzione della musica, il vibrare di alcune note ma anche (perdonami, non intendendomi di musica sono tutte impressione che vanno a orecchio e sensazioni, scusa anche il linguaggio per niente tecnico che utilizzo) il ritmo spezzato, un colpo d’archetto a incalzare l’altro, che ripercorre proprio il ritmo enfatico, esaltante marcato di quei pezzi che ti dicevo su, dove la narrazione acquista un ritmo melodioso, più importante, le frasi sono spezzate da punti e fai un uso maggiore di elisioni. Il senso malinconico iniziale di musica e testo, quindi, diventa struggente e rivelatore nella seconda parte, dove c’è un crescendo di vibrati e pause seppure lievi, melodioso, una liberazione di quello spirito che si dimena nell’inizio, prigioniero.
E la divisione tra le due parti – senso malinconico e il crescendo di struggimento – è proprio quella parola: suonare. Posta a capoverso, a un terzo della storia, segna la svolta e il cambio di marcia, una marcia che comunque cresce a ritmo moderato, una consapevolezza a cui il lettore arriva prima del personaggio, proprio grazie alla scelta del narratore in seconda persona. Questo, infatti, è stata una scelta ben ponderata, che si adatta bene al genere introspettivo, e che allo stesso tempo permette al narratore di commentare il protagonista ma dare una prospettiva anche sulle reali emozioni degli altri personaggi.
La punteggiatura, ma anche e soprattutto l’uso particolare di apostrofi, hanno reso il testo un’unica cosa con il brano, da leggere a più livelli e da apprezzare in più modi. Ho apprezzato tantissimo il modo sapiente e distintivo che hai nello spezzare le frasi nei momenti di esaltazione e ammirazione di qualcosa; in questo caso, quando ammiri John che si ferma, o Sherlock che suona, o il loro amore che si palesa. Pause e punti che agitano la narrazione, la rendono palpitante, mentre gli apostrofi utilizzati in maniera elegante, piegando le regole narrative a volte, come quando usi l’apostrofo anche davanti ai plurali, ammorbidiscono i suoni, i passaggi tra le parti delle frasi. Infine, i puntini di sospensione e i punti esclamativi che fanno sospirare, spalancare gli occhi, balzare. Mentre l’inizio malinconico e prettamente introspettivo si accompagna a frasi più lunghe e una punteggiatura più semplice.
Gli altri aspetti che definiscono questo stile sono le immagini visive che fanno contesto e le ripetizioni finali, dove il nome di John non diventa mai di troppo, anzi. Anche le similitudini, pur senza averne trovate di originali o particolari, abbelliscono senza mai rendere lo stile baroccheggiante, un po’ come quell’abbellimento di cui il narratore parla mentre Sherlock suona, che è sempre semplice e spontaneo, mai di troppo.
Il poco spazio dato ai dialoghi chiarisce il taglio prettamente introspettivo dato alla storia, eppure anche se poche le battute rendono perfettamente bene quello che è il modo di esprimersi e le emozioni provate dai personaggi del fandom in questo contesto.
L’unico “difetto” forse sono alcuni dei pezzi di passaggio, introspettivi, che rallentano un po’ l’evoluzione della narrazione nella seconda parte, come se il fluire degli eventi sedimentasse troppo, facendo aspettare un po’ per l’arrivo della nota più alta. Secondo me, l’introspezione dopo “suonare” andava smorzata un po’ da qualcosa che desse respiro e corpo al contesto, che fosse una descrizione in più o poche frasi narrative che accompagnassero il passaggio tra la prima parte e la seconda.
Originalità, Ambientazione e Trama: 13/15
Credo che l’originalità sia data dalla tua predilezione di far correre alla stessa velocità un brano su una musica. Questo tocco multisensoriale stimola e arricchisce l’arte che maneggi. Il testo diventa quasi interattivo ed ermetico, nascondendo in sé un ulteriore magia. Detto questo, ho trovato questa storia ricca di una sua personalità, data da diversi elementi, come la particolare atmosfera che aleggia al 221b di Baker Street, che non vuole stupire ma avvolgere con delicatezza, e il modo in cui la musica acquista un nome solo dopo che Sherlock ha finito di suonare, mentre prima era una melodia fatta da note di sentimento, pensieri turbinanti e palpitazioni di due cuori.
L’ambientazione è limitata all’essenziale, poche coordinate che si appoggiano sulla conoscenza che ha il lettore sull’ambiente in questione per fargli capire in che modo la scena si sviluppa. Ho apprezzato che una parte del mondo esterno venga presentata all’inizio grazie a Sherlock che guarda fuori dalla finestra, e quelle poche battute creano quasi una bolla privata dentro la stanza del loro appartamento. Avrei visto bene qualche accenno in più per aiutare visivamente il lettore, ma nel complesso non se ne sente la mancanza, anche perché le scene si svolgono sempre con quel taglio introspettivo che le fa apparire come lampi, vissuti in prima persona dal personaggio sì, ma sono panni che il lettore può facilmente vestire e provare su di sé.
Non c’è un intreccio particolarmente complesso e la trama si sviluppa in un’unica scena. Ciò non toglie che si possono distinguere bene le tre parti del testo: un incipit che ha il compito di chiarire luogo, contesto e atmosfera della storia; uno sviluppo in cui le emozioni e le intenzioni dei personaggi si rincorrono e si fraintendono per poi ritrovarsi e una conclusione semplice ma scoppiettante.
Per quanto riguarda i generi che hai deciso di trattare, direi che non posso che farti i complimenti: tutti e tre i generi sono protagonisti, e seppure l’introspezione è ciò che spicca subito all’occhio non ha l’effetto di coprire il romantico o il malinconico. Anzi, fa da cornice e da chaperon per gli altri due generi, creando una co-presenza in diversi punti.
Titolo, Introduzione e impaginazione: 9/10
Sono dell’idea che i titoli lunghi funzionino solo con certi tipi di generi, come quelli introspettivi e sentimentali in cui i protagonisti sono i sentimenti e le relazioni tra i personaggi, mentre prediligo titoli brevi per quelle storie che hanno come generi qualcosa di più attivo in cui protagonisti sono la trama e le azioni dei personaggi. Quindi apprezzo la scelta di un titolo lungo, in questo caso. Entrando nello specifico, poi, trovo che questo sia un perfetto per il tipo di storia e sentimento trattato, perché mette subito in risalto un caposaldo della storia, ovvero l’adorazione di Sherlock nei confronti del difetto normale che ha John. Per un uomo logico e razionale come Sherlock, la contraddizione è una debolezza fastidiosa, e per chi fa poi il suo lavoro diventa un’arma per smascherare gli altri. In John, invece, essa diventa un modo per affascinare e confondere la razionalità di Sherlock. L’accostamento di “perfetta” e “contraddizione, quindi, presuppone un certo grado di fascino e venerazione di questo aspetto del personaggio. Ottimo per una storia permeata da così tanto amore.
Introduzione breve per una storia breve. Direi che anche qui hai fatto un ottimo lavoro, perché chiarisci sia la tematica che il contesto della storia, ma allo stesso tempo giochi sulla curiosità del lettore, stuzzicandolo con “un certo sentimento” e dosi bene le informazioni che dai. Inoltre sei riuscita a trasmettere un’atmosfera magica attraverso di essa. Un particolare che ho apprezzato è la sintetizzazione che fai in questo pezzo: “immerso nel caotico ordine che contraddistingue mente e cuore”. Rende perfettamente la stravagante e scoppiettante mente di Sherlock Holmes, che riesce a mantenere una parvenza di ordine e razionalità anche quando è confuso e preda dei suoi dubbi e sentimenti.
All’impaginazione, invece, manca il testo giustificato che avrebbe reso il brano più pulito e ordinato. Anche i rientri dei capoversi mancano, e privano il testo di eleganza. Consiglio anche di non adoperare gli spazi vuoti tra i paragrafi, a meno che non si debba segnalare un salto temporale o un cambio scena o di POV.
Caratterizzazione dei personaggi: 20/20
Essendo personaggi di un fandom, più che la loro caratterizzazione è mio compito valutarne l’IC.
Ho trovato il tuo Sherlock perfettamente in linea con il personaggio della serie tv, e qui rischio di perdermi in sviolinate e lodi. Allora, la prima cosa che ho apprezzato è il modo in cui possiede la scena: non solo la mente vivace, ma anche il suo modo di agire, questo suo fare all’improvviso una mossa che fa sobbalzare tutti, lettore compreso. Ed è tutto racchiuso in quel “suonare” così netto e secco. Sherlock passa dalla malinconia e apatia più totale, questo suo starsene lì, immobile e triste, a fissare fuori dalla finestra, disperato quasi, a prendere vita e prima ancora che qualcuno possa aver capito eccolo lì con il suo stradivari in mano, teso come una corda di violino anch’egli, per suonare e farsi ammirare e mostrare tutto il suo talento, e anche qualcosa di più direi. Altro particolare perfettamente IC che mi ha colpito è nel finale, quando lui cerca di riprendere il controllo e di rincatenare, quasi in imbarazzo, i suoi sentimenti con quel suo verso esitante; eppure eccolo lì, quasi indifferente, con la risposta pronta, sempre perfetta e posata. Mi sembra quasi di vederlo, alto ed elegante, sicuro di sé, eppure con il caos dentro le iridi, felice e scombussolato allo stesso tempo. Così ingenuo, innocente, indifeso pure; ed euforico. Poi ovviamente ci sono i dettagli, quelli che approfondiscono la sua caratterizzazione, come il suo volersi mettere in mostra, il suo desiderio di sentirsi ammirato, di ricevere le lodi di John, ma anche la sua attitudine ad attirare l’attenzione e a fare gesti eclatanti. Infine c’è anche la sua insicurezza emotiva e la sua solitudine, quella certezza atavica e sbagliata che ha di non poter essere amato o compreso, di non essere in grado di esprimere se stesso e di potersi relazionare con gli altri.
E poi c’è John: John che sembra essere il più posato e tranquillo dei due ma che erutta come un vulcano, con questo fiume di parole incontrollate; John che per quanto arrabbiato o concentrato altrove, non può fare a meno di calamitare sempre verso Sherlock, di pendere dalle sue labbra (o, in questo caso, dita); John che non trattiene niente e libera quella sua risata isterica, quasi a rivelare tutta la tensione accumulata fino a quel momento; John che non ha paura di confessare ciò che prova e di dimostrare quel che ha dentro, un John che soffre la normalità e la tranquillità forse ancora più di Sherlock.
Ultimo dettaglio: i dialoghi. Hai la capacità, anche quando le battute sono due stentate, di riuscire a imprimere le loro voci sul foglio. Il loro modo di esprimersi, di muoversi, di comportarsi.
Complimenti davvero per la caratterizzazione dei personaggi, vivi e tridimensionali in questa storia.
Gradimento personale: 4.5/5
È una storia incantevole. Voglio innanzitutto ringraziarti per aver proposto una storia in questa categoria. Era una delle mie preferite e desideravo tanto leggere una storia che sfruttasse l’arte come forma di espressione per confessare un sentimento. E devo doppiamente ringraziarti perché tu lo hai saputo fare in maniera magistrale. Adoro il modo in cui hai fatto cantare il testo, soprattutto con quei volteggi finali che hanno fatto palpitare parole e cuore. Una delle scene che ho più apprezzato è il momento in cui, anche se Sherlock non lo guarda direttamente, sa che l’attenzione di John è tutta per lui, perché John ha smesso di battere sui tasti del computer. Adoro anche il fatto che nonostante le paure e i dubbi e la certezza di non essere ricambiato, Sherlock non si ferma (o forse non ci riesce, e alla fine manda le sue paure e le conseguenze al diavolo) e mi piace l’immagine di lui che osserva John attraverso il riflesso nella finestra.
Per i miei gusti, la parte introspettiva è molto dominante e a volte di troppo, nel senso che alcuni pensieri potevano anche non esserci o potevano anche essere più brevi, ma è un dettaglio che emerge soprattutto se confrontato con la seconda parte, che io ho preferito. Avrei preferito anche più descrizioni, qualcosa che mi permettesse di entrare più nella concretezza della vicenda, e ovviamente questo è un particolare correlato al taglio della storia. Sono gusti, è importante sottolinearlo, che poco hanno a che vedere con le tue scelte.
Per il resto, davvero, ho solo potuto apprezzare.
Punto Categoria: 3.5/5
Per quanto riguarda i punti categoria li hai guadagnati appieno. Non so più dirti quanto ho adorato la commistione tra brano musicale e testo narrativo, quanto tu sia stata brava a far cantare il testo. Più nel concreto, poi, posso solo avere avuto soddisfazioni nel modo in cui, nella trama, il sentimento d’amore che prova Sherlock sia rivelato dalla scelta istintiva e inarrestabile di questo brano. Il bisogno di suonare è partito come un bisogno personale e per se stesso, per poi tramutarsi in una confessione sfacciata che non lascia vie di fuga a nessuno dei due.
Per quanto invece riguarda i punti bonus, ho avuto qualche difficoltà. Sicuramente Sherlock fa una lavoro particolare, fuori dagli schemi, ma qui non lo vediamo in azione, è solo accennato all’inizio. Per questo motivo, non ho potuto assegnarti i punti extra completi. Avrei voluto che il lavoro fosse parte integrante della trama, che avesse una sua funzione attiva, ecco.
Punteggio: 82.8/90 |