Lo sapevo che questa shottina mi avrebbe commossa. Lo sapevo! Tu sai quanto amo gli Arieti e mi hai fatto quasi piangere, sappilo!
La storia si ripete. Mu è rimasto orfano del suo amatissimo maestro quand’era un bambino; Kiki rimane senza la sua guida, suo fratello, a otto anni. Cresce da solo, non sappiamo se qualcuno continui ad addestrarlo o se faccia tutto per conto suo: forse ha vissuto per un po’ con Shiryu al Goro Ho, forse poi si è ritirato in Jamir seguendo le orme di Mu, anche lui eremita già in tenera età. Di tutto questo non ci viene raccontato nulla ed è un gap che a me non va giù perché mi sarebbe piaciuto tanto, tantissimo, sapere come se l’era cavata Kiki. Lo ritroviamo adulto, con addosso la cloth di Aries ed una bimba al seguito, una bimba che per giunta gli assomiglia ( io ero convintissima che fossero padre e figlia, all’inizio ). Una cloth che pesa come un macigno e che si porta dietro tutta una serie di ricordi legati ad un tempo che non tornerà più ( ma non era solo Shion quello che poteva vedere i ricordi delle armature? ). Kiki sa che anche Raki si troverà, un giorno, in una situazione come la sua; e se da una parte questo lo rende orgoglioso come maestro, dall’altra lo intristisce perché sa che lui non potrà vederla.
Che dire, angst a volontà. Te l’ho già detto, che mi hai commossa? Lo ridico.
Ne voglio un’altra!
Besos
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