Valutazione del contest Sfida alle 100 parole – V edizione
Passando al lessico, trovo che il registro linguistico sia giusto per la scelta stilistica fatta. È un registro medio, che non vuole stupire né appesantire e che pertanto si sposa bene a periodi lunghi come i tuoi. È anche grazie al lessico scelto, infatti, che la lettura risulta scorrevole e lineare, senza risentire né della lunghezza delle frasi né del poco ricorso alla punteggiatura. Anche in questo, quindi, trovo tu sia stata molto brava! Ciò che del lessico trovo sia meno convincente è, paradossalmente, il proposito di non inserire ripetizioni dove invece avrebbero avuto motivo d’essere: la drabble si apre con l’espressione “avrebbe voluto urlare” e quel “avrebbe voluto” diventa poi oggetto di ripresa anaforica; in un caso come questo, dove c’è l’anafora e quindi la ripetizione è voluta, inglobare anche il verbo “urlare” avrebbe creato ancora più coesione interna e avrebbe evitato di ricorrere a sinonimi (o quasi) che non rievocano la stessa immagine. I verbi “gridare”, “strillare”, “ordinare” (quest’ultimo dal contesto risulta inteso sempre come un’alternativa all’iniziale “urlare”) hanno sfumature di significato diverse da “urlare”, riproducono qualcosa di simile ma non di uguale – inoltre, a infrangere il silenzio sarà un urlo, perché Ariana “urlò”. In casi come questo, quindi, il mio consiglio, sempre che tu voglia accettarlo, è quello di non crearsi il problema delle ripetizioni, perché una ripetizione giustificata dal contesto stilistico è a sua volta una tecnica stilistica. Ad esempio, ripeti il verbo “scagliare” a poca distanza (“scagliavano”, “scagliò”), che ho interpretato come scelta voluta per richiamare le stesse sensazioni e lo stesso contesto – anche perché il verbo è utilizzato anche metaforicamente, quando scrivi che ad essere scagliate sono anche “parole meschine” (un’immagine molto bella, tra l’altro!). Concludendo, hai fatto uso di una struttura stilistica molto particolare e interessante che nel complesso è stata gestita bene, perché il testo è scorrevole e si presta alla lettura. Il motivo per cui il punteggio non è superiore a 6.5/10 è legato alle situazioni meno efficaci esposte, la media dei pro e contro mi ha convinta ad assegnare questo punteggio. Ad ogni modo, complimenti per aver strutturato la drabble a partire dall’anafora, non è una tecnica così diffusa, ma è estremamente interessante (quasi poetica)! Titolo: 4/5 Il titolo scelto, “Squarcio”, è un termine duro, disarmonico, amaro, trasmette sensazioni spiacevoli e dà l’idea della rottura, di uno strappo violento e doloroso. È quindi un titolo adatto al genere e alla tematica del tuo racconto, perché ne richiama gli episodi cupi e il triste epilogo – il lettore sa, sin dal titolo, che ha dinanzi una storia drammatica e angosciosa. È anche un titolo a suo modo originale: il termine scelto non è di uso comune, è anzi ricercato e per tale motivo dà l’idea di essere stato scelto tra alternative e sinonimi proprio per questa insita durezza e per le sensazioni che è in grado di scaturire. Il motivo per cui, malgrado i pregi elencati, il punteggio non è superiore a 4/5 è che senza le note al testo è veramente difficile capire il legame tra testo e titolo sul piano del significato; se difatti sul piano delle sensazioni evocate è chiaro il rimando all’atmosfera e al genere del racconto, sul piano del significato (e quindi di coerenza tra titolo e testo) il legame è meno evidente: l’associazione “squarcio-rottura” nell’amicizia tra Gellert e Albus non è immediata né intuitiva; la situazione è quasi identica per l’immagine dell’urlo di Ariana che squarcia il silenzio – seppure questa immagine sia meno criptica della prima e riconosco che possa essere intuibile. Se nel testo avessi riproposto il titolo, in forma di sostantivo o di verbo, avresti reso palese le due immagini che ti hanno ispirata (o anche una sola delle due) e con esse il legame di significato tra titolo e testo, e questo avrebbe permesso al lettore, giunto a fine lettura, di chiudere il cerchio di significato che va dal titolo all’ultimo punto del racconto. A parte questo fattore, comunque, sei stata davvero molto brava nella scelta del titolo, pertanto il punteggio resta molto alto! Utilizzo del prompt: 10/10 Il tuo prompt era “Senza parole” e nel suo utilizzo sei stava veramente brava. Nel testo il prompt figura sia fisicamente (nell’ultimo capoverso) sia metaforicamente. Il “senza parole” è senza dubbio il pilastro portante della drabble, il concetto cui ti sei ispirata dalla prima all’ultima riga. Nello spazio del tuo racconto, l’assenza di parole è protagonista indiscussa e sintomo più evidente del malessere di Ariana, resa muta dalla violenza e dal dolore. Tuttavia, sei andata oltre nell’interpretazione del prompt, perché a un certo punto del racconto l’hai utilizzato a rovescio: la tua protagonista ritrova le parole, non è più muta, ma le ritrova in punto di morte, in un urlo liberatorio che sarà l’ultimo della sua breve vita, a seguito del quale lei sarà per sempre e inesorabilmente “senza parole”. L’ho trovata un’immagine forte, oltre che una grande intuizione per rendere ancora più “vivo” nel testo il titolo scelto. In conclusione, poi, quando la storia ha ormai perduto la sua protagonista, la condanna del “senza parole” cade su tutti gli altri personaggi, a simboleggiare un’impotenza che era stata di Ariana e che ora appartiene a tutti loro – “La voce cadde. // Rimasero tutti senza parole”. Davvero bravissima, 10/10! Caratterizzazione e IC dei personaggi: 10/10 Prima di addentrarmi nell’analisi della caratterizzazione della protagonista, faccio un breve accenno alla caratterizzazione del contesto tramite la citazione dei membri della famiglia di Ariana e di Gellert. Trovo che malgrado le poche parole a disposizione tu sia riuscita a rendere i personaggi citati bene inseriti, rimandando ai drammi delle loro esistenze: l’impotenza di Kendra, le ambizioni gemelle di Gellert e Albus, l’astio di Aberforth nei confronti del fratello. È tutto accennato, ma coerente alla controparte cartacea. Arrivando ad Ariana, protagonista indiscussa, anche qui sei stata brava, perché hai sfruttato la sua intera biografia, riassumendola in cento parole, per caratterizzare il personaggio, che risulta decisamente IC. Certo, non possiamo sapere con certezza se Ariana si sia sacrificata per salvare il fratello (se fosse quindi consapevole di quanto stesse accadendo), il racconto di Aberforth è lacunoso, confuso, frutto di ricordi sbiaditi e di colpe mai perdonate, ma tu sei stata brava a sfruttare ciò che lui accenna in relazione alla morte della sorella per dare “corpo” a quel momento, attribuendo ad Ariana la consapevolezza che Aberforth ha solo ipotizzato. Molto bella l’immagine legata all’assenza delle parole, trovo che sia una metafora efficace della condizione di impotenza che l’ha attanagliata lungo tutta la vita, dal primo episodio di violenza subita sino alla propria morte. È una metafora che riesce a comunicare lo stato d’animo e le sensazioni di Ariana, ciò malgrado la tua storia narri un episodio dopo l’altro senza soffermarsi sul mondo interiore della protagonista: il lettore la vede sempre in azione, seppure questo suo agire sia paradossalmente uno stato di immobilità perenne. L’urlo che chiude la storia è un’esplosione di dolore represso, che trova sfogo nella morte. A quel punto, il silenzio che cala su tutti gli altri torna a manifestare impotenza – un’impotenza che non appartiene più all’ormai defunta protagonista, ma a tutti coloro che non hanno saputo “squarciare” (riprendendo il titolo!) il suo silenzio. In conclusione, una caratterizzazione davvero riuscita, bravissima! 10/10. Totale: 39.5/45 |
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