Recensioni per
J’écris ton nom
di Ryo13

Questa storia ha ottenuto 10 recensioni.
Positive : 10
Neutre o critiche: 0


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Nuovo recensore
10/08/19, ore 17:04

Ciao Rita! Che storia splendida. L'intera narrazione rivela una sensibilità infinita, che tu hai magistralmente riversato nella voce e nei gesti della bella Aurélie. Ho apprezzato che tu abbia dato una spiegazione al motivo per cui questa donna fosse così avversa al matrimonio e agli uomini, ed è triste pensare che artefice di una tale insicurezza sia stato proprio suo padre, capace di convincerla che tutti l'avrebbero trattata allo stesso modo, arrogante e autoritario. Non è difficile credere quanto Aurélie preferisca isolarsi nella natura, ascoltare la voce del vento o la linfa che scorre nelle venature degli alberi, poiché solo in questo trova accettazione.

E del finale cosa vogliamo dire? Qualunque aggettivo lo considero troppo riduttivo. Inserire la poesia di Baudelaire e collegarla alla macchina da scrivere che Etienne regala ad Aurélie è semplicemente geniale.
Il dialogo che si sono scambiati, poi, mi ha fatto scendere una lacrima. Etienne si rivela essere incredibile. Aurélie è riuscita ad addomesticare il suo carattere selvatico, lo ha spogliato della spessa corazza di burbero e ha portato alla luce la parte migliore di lui, quella che Etienne ha deciso di mostrare solo ad Aurélie.
Perché lui ha compreso la sua anima, la rispetta, ne condivide la natura e la genuina semplicità, la ama senza pretesa alcuna e le promette che la lascerà spiccare il volo qualora lei lo volesse, credo che queste siano le più grandi dimostrazioni di amore che qualcuno possa fare. Amare significa lasciare l'altro vivere la propria vita senza costrizioni, anche se ciò può comportare delle sofferenze. Ed è la stessa prova di amore che Aurélie ha dato a Liberté: sebbene volesse tenerlo con sé, sapeva che così facendo lo avrebbe privato per sempre di ciò che per lui era tutta la sua vita. Speravo che si voltasse indietro a guardarla, ma...

[QUOTE]Non si volse indietro a chi lasciava, sulla terra: i rimpianti erano solo per gli uomini, per quelle creature che vivevano senza conoscere se stesse o la natura dalla quale erano stati plasmati e dalla quale erano chiamati a vivere con piena gioia.
Liberté era nel suo elemento, e lì lui era il re.[/QUOTE]

hai dato la motivazione migliore: "i rimpianti sono solo per gli uomini."

In "J’écris ton nom", la libertà che Aurélie desiderava l'ha trovata proprio accanto a sé perché, grazie a Liberté, ha avuto il coraggio di rompere le catene che la tenevano imprigionata alle sue paure. E il timore che tutti gli uomini potessero umiliarla al pari di suo padre è svanito nel momento in cui Aurélie ha deciso di fidarsi di Etienne.
Ed è vero quanto dici. La vera libertà non la si trova fuggendo, ma imparando a ricercarla dentro noi stessi, esorcizzando i demoni che ci impediscono di vivere serenamente la vita. Solo in questo modo saremo davvero liberi. Ovunque e al fianco di chiunque.

La tua è una storia piena di sentimenti, di buoni insegnamenti, che ti apre il cuore e la mente. Romantica al punto giusto, che fa intendere tanto amore senza bisogno di scriverlo apertamente. Mi hai commossa, emozionata. Ogni volta è un tuffo al cuore leggerti. Complimenti!! <3

Recensore Master
27/07/19, ore 16:38

Ciao carissima^^
una storia sulla libertà, sula possibilità di spiegare le ali e librarsi, cosa di cui ogni essere ha diritto.
Aurélie libera infine il gabbiano, che ritrova i suoi simili e senza un rimpianto se ne va, ignorando colei che all'atto pratico gli ha salvato la vita. Aurélie non se ne risente: è così che fanno le creature che non hanno coscienza di sè e del mondo, il gabbiano anela solo alla libertà e non gli interessa di nient'altro.
Anche lei ama la libertà, tanto che non vuole legarsi a nessuno per non rischiare di perderla.
Etienne gliela lascerà? Sembra di sì, sembra che la loro consuetidine, nata e proseguita sul rspetto reciproco, si basi proprio su quella.
Sembra anche che abbia capito l'indole della ragazza, tanto che le lascia la macchina da sacrivere e le dedica la poesia sull'Albatros.
Saranno felici insieme? Chi lo sa...
Intanto però abbiamo letto una bellissima storia, sul desiderio di libertà, sul cielo e sul mare, e sui voli magnifici dei gabbiani, che così tanto sono in grado di accendere la fantasia di chi può solo guardarli dalla terra.
Bellissima storia, magnificamente scritta. In bocca al lupo (e lunga vita al suddetto) per il contest!!

Recensore Master
22/07/19, ore 23:26

Ri-ciao. Una storia basata sul tema più prezioso, la libertà. A un certo punto, oltre a Éluard, entra in scena anche Charles Baudelaire, con “L’albatros”. Ho apprezzato in particolare i dialoghi che si instaurano tra i due personaggi, Etienne e Aurélie, che invece di smarrirsi in romanticherie e banalità varie veicolano un messaggio importante. “È al pericolo della vita che lo lasciate,” dice Etienne parlando del gabbiano Liberté. “Ogni creatura prima o poi lo deve affrontare e misurarsi con ciò che gli è ignoto.” La libertà vera, infatti, è sempre un correre il rischio, senza rischio non c’è scoperta, non c’è il brivido della brezza, non può esprimersi la vera natura dell’uomo e del gabbiano. Spesso la paura blocca, e forse una delle paure più grandi è quella di rimanere imprigionati, con le ali tarpate: nel gabbiano ferito che non riesce a volare Aurelié indubbiamente vede se stessa, intrappolata in una situazione senza apparente via di uscita. L’amore per la natura della protagonista, il senso di vicinanza e l’empatia che prova nei confronti delle creature del regno vegetale e animale parlano chiaro: lei è un’anima libera che non può essere imprigionata, costretta in un ruolo che non ha scelto liberamente. Per secoli il matrimonio ha rappresentato, per le donne, la gabbia di un destino inevitabile: un marito da subire, la trafila dei figli da allevare, lo spegnimento di ogni ambizione, talento e idea di autonomia. Molte vi si sono adeguate, moltissime – per educazione e cultura – vi hanno visto lo sbocco naturale della loro vita di donne: poi ci sono state quelle che possedevano un talento, un anelito, un desiderio che le conduceva altrove e che non poteva tollerare di restare imprigionato, pena lo spegnimento della loro stessa esistenza. Quasi sempre, come nella tua storia, erano proprio le donne a voler costringere in quel recinto altre donne: della giovinezza di Caterina da Siena si conoscono soprattutto le lotte senza esclusione di colpi che la futura santa instaurò con sua madre per sottrarsi alle nozze e seguire liberamente la propria vocazione. Liberamente, vedi come spesso ricorre questa parola! La tua storia invita a non volersi precludere una strada soltanto per paura. Giustissimo ma difficile: per Aurelié il matrimonio è visto come la gabbia per eccellenza, la prigionia definitiva: consegnarsi a un estraneo e buttar via le chiavi. Finire in pasto a un uomo che fa e disfa senza discussioni né remore, un perfetto ritratto del padre. Per una figlia femmina il padre è visto un po’ come il prototipo del genere maschile: visto uno, visti tutti. Se Etienne è diverso, lo dovrà dimostrare. In parte ci riesce nel corso della storia, ma il cammino per conquistare la fiducia di Aurelié è ancora lungo, e mi è piaciuto il fatto che tu abbia escluso il lieto fine canonico, privilegiando un epilogo più realistico e denso di significati.
“Cos’hanno di speciale, gli uccelli?”
“Volano.”
“Volano. E allora?”
“È abbastanza.”
(“Birdy, le ali della libertà”)