Il capitolo si apre con l’immagine rassicurante di Hariett che si sveglia nella camera che le ha riservato Mycroft a Pall Mall. Il senso positivo di tranquillità e sicurezza è dato proprio da ciò che rappresenta il maggiore dei fratelli Holmes: sicuramente a casa sua il sentirsi protetti ha dei validi fondamenti. Chi si sentirebbe esposto a pericoli a Pall Mall...
Interessante la veloce riflessione che fa Hariett, su cui mi sono soffermata, riguardo alla manifesta predisposizione alla solitudine che caratterizza Mycroft e che, invece, contrasta con il concreto spazio per altri a disposizione nella sua casa. Sembrerebbe un’osservazione banale che tu fai esprimere alla protagonista ma, secondo me, rientra perfettamente nella caratterizzazione con cui tu hai ritratto l’ “iceman” arricchendola con ulteriori sfumature di un’insospettata voglia di vivere con gli altri, di avere relazioni appaganti, di non sentirsi solo, di una sorprendente capacità di dare affetto. A questo proposito inserisci il dato tenerissimo per cui lo fai premurosamente mettere a letto Hariett, come farebbe un padre. Bello, davvero.
Descrivi poi una scena piacevolmente “familiare” in cui riunisci i due fratelli Holmes, John e la sorella ed è positivo vedere che, i problemi tra i due Watson, sono scomparsi in quel travolgente abbraccio liberatorio tra che hai descritto nel precedente capitolo. Quindi lo scenario affettivo tra i protagonisti è connotato da una soddisfacente svolta verso un equilibrio tra loro.
Ritorniamo poi nella parte “crime” della storia e, purtroppo, riprendiamo consapevolezza che Moran è ancora in libera circolazione, con la sua folle propensione all’omicidio, la sua diabolica sete di potere e la sua viscida falsità.
Più ci addentriamo nel capitolo, più perdiamo il calore e la sicurezza emanati dall’atmosfera di Pall Mall, in cui hai concentrato, anche concretamente, tutte le persone che sono importanti e sicuramente gradite per il loro ruolo e le loro caratteristiche: Mycroft, Sh, Hariett, John...
Moran è fuori, posso dire, come io ho sempre auspicato fin dal primo momento che l’ho vista nella S3, in TEH.
Ad accrescere il senso di tensione, per quanto mi riguarda, almeno, ecco che ritorna una “location” estremamente significativa per noi sherlocked e cioè il Barts, che evoca ricordi tristi, come l’ormai mitico “volo” di Sh dal tetto.
“…Sono davvero giunti alla fine…”: da questo punto, secondo me, comincia una corsa verso l’ignoto che Moran, con le sue reazioni potrebbe trasformare in un inferno con vittime importanti. All’angoscia ed all’attesa di noi che leggiamo contribuisce anche il ritmo che hai saputo efficacemente imprimere al succedersi delle frasi. Infatti esse diventano più brevi, più rapide, in modo da trasmettere esattamente la concitazione di quello che sta succedendo. Il pericolo rappresentato da Mary è davvero grande ed i nostri ne sono consapevoli.
Harriett ha rimesso la sua “maschera” da killer professionista e si muove con freddezza e determinazione ma qualche sfumatura di incertezza la coglie nel vedere la scena in cui Moran tiene sotto tiro Sh, in ginocchio davanti a lei e John, con il suo istintivo autocontrollo da soldato, che la minaccia a sua volta.
Quello che segue a questi primi momenti è un punto di forza davvero stupendo, e lo è non solo del presente capitolo ma, secondo me, di tutta la storia. Lo scambio di battute che avviene tra i due Watson e Mary, di fronte ad un insolito, attonito Sh, è veramente scritto con un colpo d’ala che mi ha quasi tolto il fiato, per l’effetto di credibilità con cui hai saputo caratterizzarlo. Mi spiego meglio: magari i Mofftiss avessero trattato John con la stessa determinazione con cui l’hai fatto agire tu, in quanto, così, ne esce chiaramente la sua intelligenza che non è certo risibile. Inoltre il fatto o, meglio, il punto di vista secondo me lasciato in sospeso nella Serie, che Mary non aveva intenzione di uccidere Sh è davvero fragile da condividere, sfiora il ridicolo e tu, invece, ne hai fatto uscire allo scoperto un significato molto più realistico, considerando il carattere dei personaggi in questione.
Dunque, hai davvero dato una svolta al canone BBC che mi ha provocato emozioni molto positive a riguardo.
Il momento, poi, quando Hariett ha svelato la sua vera identità, l’ho riletto un paio di volte perché l’hai gestito con un’agilità narrativa veramente efficace.
Emozione dopo emozione, e che dire della risposta di Mycroft: “…Sono un Holmes. Nessuno…”.
La fine della storia riallaccia dei “fili” lasciati a penzolare in attesa di un intervento: Mycroft e Hariett e la loro splendida amicizia, Sh e John, sappiamo di che cosa stiamo parlando, Anthea ed un suo inedito, piacevolissimo ritratto. E Greg, perché la Mystrade è sempre efficace.
Ti meriti dei complimenti sinceri perché, ripeto, hai “riscritto” una sceneggiatura in un modo originale ed estremamente valido, senza banalità o appesantito dal “già letto”.
Sinceramente sono arrivata alla conclusione con la chiara sensazione di aver letto una storia di quelle “speciali”, particolarmente adeguate ad arricchire questo fandom di spunti di qualità. Non brava, di più. |