È dura, è dura stare dietro ai tanti (e così belli, tutti meritevoli di ammirazione e commenti) componimenti che, ultimamente, scaturiscono dalla tua penna.
Alcuni riesco a recuperarli per tempo; altri, purtroppo, li ho ancora in lista d'attesa.
Questo, però, non poteva aspettare.
Come sai anch'io sono originaria delle terre in cui la Liberazione è avvenuta più tardi, e discendo da famiglie che la sciagurata Repubblica di Salò l'hanno vissuta fino alla fine. Nelle campagne bergamasche era la fame, ma meno che a Milano, la grande città comntinuamente sventrata dai bombardamenti ("Perché Milano è la meno storica fra le città d'Italia?" mi chiedono i miei alunni. "Perché il suo centro storico è venuto giù quasi completamente durante la Guerra" rispondo io). Mia nonna materna e le sue due sorelle, rimaste sole in casa con la madre perché il mio bisnonno era stato mandato al fronte e poi, per rappresaglia, trasferito a Dachau, si sono dovute barcamenare chiudendosi in casa a tripla mandata ad ogni tramonto, perché in fondo alla strada c'era una casermetta occupata dai nazisti.
In casa, producevano sapone e insaccati, che andavano a vendere a Milano avventurandosi su treni a carbone soggetti ad innumerevoli posti di blocco. Le salsicce se le arrotolavano intorno al corpo per non farsele confiscare, ma spesso e volentieri erano costrette a cederle per non farsi mettere le mani addosso.
La zia di mia madre lavorava in una fabbrica di bottoni, ottenuto con madreperla importata dalla Nuova Caldeonia. Un giorno la sirena fischiò, e quando le donne raggiunsero di corsa il campo attiguo, vi trovarono un bimotore inglese abbattuto dalla contraerea.
Mia nonna paterna diceva sempre che a Bergamo città, quando suonavano le sirene, il loro fragore era tale da farle piegare le gambe. Nel frattempo mio nonno, suo futuro marito, era tornato dall'Albania con in corpo una bella malaria e, una volta curato, si era unito ai partigiani nei boschi...
Nessuno dei miei si recò a piazzale Loreto, ma quell'episodio mi è stato raccontato innumerevoli volte. Non sapevo della spilla. In realtà ho sempre notato un grande compiacimento nelle frasi di coloro che descrivevano la Petacci "a chiappe al vento" (cit.).
Le tue parole hanno fatto sì che quei racconti lontani tornassero ad echeggiarmi in testa. Te ne sono immensamente grata.
Scusa per questa recensione che di recensione ha ben poco...
Un abbraccio,
Ale |