In questo secondo capitolo, mi ritrovo nell’atmosfera sospesa e fuori dal caos della città, del cimitero in cui, tra le altre, svetta, come scrivi tu efficacemente, la lucida, nera lapide che indica il luogo di sepoltura di Sh.
Richiami alla mente le indimenticabili immagini che posero fine alla S2 e, purtroppo, a tutta un’epoca. Quello che è successo poi, raccontato dai Mofftiss, deve ancora, dopo anni, trovare una sistemazione definitiva nella mia testa.
Sono rimasta lì, a scoprire, con un improvviso sollievo, che Sh si nascondeva tra gli alberi, a guardare da lontano il dolore composto di John. Allora, arrivo a questo secondo capitolo. C’è indubbiamente un filo conduttore, almeno per ora, che segue, temporalmente, ciò che succede, immagino. Infatti dalla folle corsa nelle strade di Londra, ora siamo al post Reichenbach. Però abbiamo un elemento in più, un meraviglioso “What if?” con cui hai arricchito la trama, cioè quel momento indimenticabile, che hai descritto nel capitolo scorso, in cui i due del 221b
Ora, l’atmosfera è cambiata, Sh è “volato” giù dal tetto del Barts, come uno splendido angelo nero, e John si ritrova solo, senza più colui che gli aveva restituito il senso della vita.
Ad una seconda lettura, ho pensato che la storia, anche se breve, si possa considerare articolata in due parti. La prima si sviluppa raccontando il lutto di John che, nel suo mesto pellegrinaggio al cimitero, ovviamente immagino non uno ma frequenti, cerca un’impossibile consolazione al suo essere solo e disperato. Ecco quindi il succedersi di parole dense di negatività come “...membra rigide...terra brulla...città maligna...ecc...”.
Poi, l’atmosfera sembra distendersi, abbandonare per un momento il significato pesante di quel luogo. E questo succede quando John, per un attimo, ha l’impressione, o forse, meglio, il desiderio, di scorgere la sagoma familiare intenta a studiare le impronte lasciate sul fango vicino alla sua tomba. È un brevissimo momento di pace, in cui ci incuriosiscono le sagome di quelle scarpe che hanno calpestato il suolo. Quelle delle calzature femminili potrebbero essere o della signora Hudson o, addirittura, di Mary. Ma, riguardo a quest’ultima, penso che tu probabilmente ti sia riferito al primissimo periodo dopo il finto suicidio di Sh. Quelle maschili, evidentemente, sono di John, cui è ritornata la zoppia psicosomatica per il grave lutto che l’ha travolto.
Intensa e coinvolgente la scena finale: una visione fugace di Sh, un bacio che sembra portato dal vento. Però intorno a John c’è freddo e vuoto. Dovrà passare molto tempo prima che succeda qualcosa...
Brava, due bei pezzi ben scritti, privi di banalità. |