Recensioni per
L'eredità di Kurtz
di Spoocky

Questa storia ha ottenuto 7 recensioni.
Positive : 7
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
22/02/21, ore 13:38
Cap. 2:

Cara Spoocky, eccomi anche qui. Ho iniziato a leggere questo secondo capitolo ieri e, lì per lì, il fatto che fossero riportati i dialoghi del film mi aveva fatto scattare la molla della prevedibilità-delusione. Invece, proprio rileggendo il famoso monologo sull'orrore mi è sembrato di entrare finalmente (forse) nei meandri della mente di Kurtz, e forse, nel capirlo, un po' della mia sfegatata ammirazione è venuta meno. Perché in fondo Kurtz propone un'etica istintuale - anzi, una mancanza di etica elevata a sistema di ineludibile efficacia - basata sul non pensare, non ragionare, non valutare ma avere la forza di. Se da un lato è il pensiero etico a rendere civile l'uomo, dall'altro l'avere la forza per superare in toto ogni obiezione etica potrebbe davvero essere il trucco che fa vincere ogni guerra. Per i nazisti l'uccidere "senza discernimento" ha funzionato, almeno per un po'. Si potrebbe dire che il contesto di guerra è quello - per eccellenza - che riesce a portare a galla, che "acconsente" a portare a galla il peggio degli esseri umani, che lo legalizza addirittura (altrove, nel film, si dice che processare in Vietnam qualcuno per omicidio sarebbe come multare per eccesso di velocità alle 500 miglia di Indianapolis). D'altro canto, anche contesti apparentemente di pace e "civili" possono acconsentire alla medesima violenza, questa volta però ammantata di ipocrisia. La stessa scena del civilissimo pranzo nel corso del quale Willard viene incaricato di eliminare Kurtz ne è un esempio a tutti gli effetti: persino le parole mancano di sincerità atte a manifestare gli intenti, infatti non a caso si parla di "porre fine" al comando di Kurtz (mandandolo in pensione? Offrendogli denaro? Sfidandolo a duello?).
Cercando di interpretare lo spirito di Kurtz ho letto vari commenti e critiche al film, cominciando nel modo più terra terra con Wikipedia ;) e da qui in poi, si può dire, tutti parlavano di una "sofferenza mentale", di una sorta di incubo che lo stringeva come una morsa e dal quale lo stesso Kurtz desiderava, senza dirlo, di essere liberato. Rileggendo il monologo mi è venuto da pensare che Kurtz pensi di essersi fatto amico l'orrore: tra la scelta se considerarlo amico o nemico, Kurt è convinto di aver scelto la prima soluzione, non potendone fare a meno dopo le esperienze che ha vissuto, che dell'orrore gli hanno mostrato il volto ma anche il sinistro splendore, la sincerità, la verità contenuta nell'orrore. Kurtz ne è rimasto dapprima sconvolto poi abbagliato, al punto non solo di accettarlo ma di farsi amico l'orrore e farne un'arma. Kurtz è convinto di poter utilizzare orrore, terrore morale e dolore come mezzi, mezzi per predominare, per vincere la guerra. Questa capacità di addentrarsi là dopo pochi riescono a intuire o a sostenerne il peso, lo ha reso un capo assoluto, lo ha trasportato nel territorio del divino, del mistero. Di ciò che è al di là dell'umano. Ma la realtà è che l'orrore è qualcosa che ti opprime profondamente. Non credo che l'uomo sia "fatto" per l'orrore. E infatti chi nella storia vi si è immerso a man bassa ha poi cercato una qualche giustificazione di fronte a se stesso e agli altri, del tipo "non avevo altra scelta, ho semplicemente obbedito agli ordini". Di fatto, l'orrore è qualcosa che si ritorce profondamente contro l'anima umana, una volta che vi è entrato. Kurtz forse vorrebbe essere liberato dall'orrore che lo domina. Ma proseguendo nel tuo testo, forse, la soluzione non è neppure così semplice. Perché c'è il fatto che Kurtz, per ordine della giungla o dello stesso orrore inteso nel senso più primordiale, vuole coscientemente cedere il posto all'erede, sulle tracce della leggenda di Cao Bien. Chissà se in fondo le sue motivazioni erano più d'una: accade così spesso nell'animo umano.
Nel tuo testo, tu hai saputo sviscerare Kurtz e al contempo conservargli tutto il suo mistero. E alla fine mi pare di capire la ragione di tutta la mia simpatia per questo personaggio, così lontano dagli ipocriti, dai boriosi, dalla violenza ignorante che si ha occasioni di incontrare via via durante la discesa del fiume: Kurtz si pone come vittima sacrificale ma in realtà è una vittima vera, perché è l'unico che sa cogliere la realtà in cui è immerso con l'occhio del disincanto e addirittura conducendola - per amore di verità e senza veli - alle estreme conseguenze.
Ho amato profondamente anche il modo in cui hai tratteggiato pensieri e sentimenti di Willard, altro personaggio che nel fungere da filtro e "occhi" per lo spettatore del film, rischia in realtà di rimanere insondato. Anche lui ha le sue ombre e penombre. Non è interessato a immergersi nel reame dell'orrore, a sperimentarne la potenza eventualmente anche al prezzo di rimanerne soggiogato: lui, più semplicemente, vorrebbe ridestarsi dall'incubo, l'incubo di Saigon che in realtà già lo abitava prima dell'inizio del film. E' per uscire dal suo incubo, dalla presa che un incubo innegabilmente ha nei momenti di stallo che Willard accetta la sua missione: non per ottenere una promozione in un esercito di cui non si sente più parte.
Beh, insomma, ti ho scritto un altro delirio... mi sa che sono più delirante io di Kurtz. Complimenti per la storia che ricrea appieno le atmosfere mistico-allucinate del film, ne riprende e ne approfondisce i contenuti con una scrittura suggestiva e potente. Leggerò senza dubbio altro di tuo, ma qui direi che già si può parlare di capolavoro. Sembra di essere lì, ad aggirarsi nei meandri della mente dei personaggi. Complimenti anche a chi ti ha aiutato nella revisione e a presto!

Recensore Master
16/03/20, ore 00:22
Cap. 2:

Sono parecchio in imbarazzo a commentare un storia del genere perché ho paura che qualsiasi parole possa usare finiscano per non renderle giustizia. In molti dei tuoi lavori precedenti ti sei divertita a imitare lo stile di un altro autore creando trame in un universo narrativo che non era tuo. Stavolta invece hai preso possesso dell'ambientazione e l'hai manipolata poeticamente. Non è un testo che andrebbe letto prima di dormire, bisognerebbe essere ben lucidi perché altrimenti si corre il rischio di perdersi dentro il viaggio onico stimolato dalle droghe, il viaggio del lettore che deve giostrarsi in equilibrio tra l'alternarsi dei punti di vista, il viaggio del protagonista che sperimenta un alterarsi dei sensi e ne esce cambiato. Hai reso bene l'eco dell'ineluttabilità del destino e della profezia, del fluire e del convergere delle menti. Hai costruito un quadro disarmante, pieno di riferimenti, da cui non ci si riesce a staccare. Credo che tu non abbia mai scritto nulla di così profondo. Mi hai fatto venire voglia di rileggere Cuore di tenebra.

Recensore Master
15/03/20, ore 20:59
Cap. 2:

Ciao^^
Eccomi per il secondo capitolo.
Bella questa storia, davvero bella.
Mi è piaciuta un sacco la cadenza drammatica e profetica di questo atto finale, il parallelo tra Kurtz e Cao Bien, e poi tra Willard e l'uomo con l'aureola di luce, esecutori materiali della profezia. Kurtz, come il suo predecessore Re-Sacerdote, ha conosciuto il segreto della giungla, ma da esso è stato sopraffatto: non gli resta dunque che morire, accettando il proprio destino.
Una morte che non è altro che un passaggio di testimone e al tempo stesso una liberazione: Willard conosce l'orrore per averlo provato lui stesso e può tornare a Saigon con una nuova consapevolezza, abbandonando per sempre la giungla e i suoi segreti.
Complimenti e alla prossima^^

Recensore Master
14/03/20, ore 18:15
Cap. 2:

Ciao^^
esserti di aiuto è stato un onore e un piacere, carissima.
Grandiosa conclusione per una storia che ha la cadenza inesorabile della tragedia greca. L'alternarsi dei punti di vista ci regala una visione frammentata, a tratti disorientante, addirittura spiazzante, nella quale però pian piano si vedono le due mentalità convergere e identificarsi l'una nell'altra, compenetrarsi, farsi una.
Alla fine certo, Kurtz si fa ucidere. Non viene ucciso, ma essenzialmente spinge Willard a compiere un gesto che è da una parte un suicidio "assistito" ma dall'altra un rituale iniziatico che cambierà per sempre il capitano Willard e lo restituirà al mondo con un nuovo viatico di conoscenze, acquisito tramite un viaggio che è stato nei meandri della sua stessa psiche, più che lungo il corso del Mekong.
Una storia bellissima, lo ribadisco, che considero senz'altro il tuo capolavoro.