Recensioni per
Ubi in secretum perveni
di ValeS96

Questa storia ha ottenuto 14 recensioni.
Positive : 14
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
10/07/20, ore 15:24
Cap. 6:

Questa è la “ città” che mi ha comunicato emozioni più intense e positive rispetto alle precedenti, unite ad un senso di rassicurante accoglienza. E quest’ondata di speranza e di sicurezza l’hai espressa in quel John la cui forza travolgente è racchiusa nel suo sorriso, porta aperta verso un futuro in cui pensare ad una vita migliore e, soprattutto, vera. Quella che Sh non ha mai vissuto prima dell’incontro fatale e straordinario con quel reduce che gli ha risvegliato la voce del cuore. Qui John non dice praticamente niente, ma la tua scelta narrativa è molto efficace perché, per creare l’atmosfera di profonda intesa e di ineluttabile vicinanza, é molto più significativo un gesto che delle parole che non riuscirebbero ad esprimere inequivocabilmente la profondità di un legame unico ed indissolubile. Ed il gesto che hai scelto per far esprimere ciò è, come ho già scritto, il sorriso di John, meraviglioso e carico di vita. Dal punto di vista visivo, il suo atteggiamento, che risalta ancora di più grazie al suo silenzio carico di significato, per me è come se rappresentasse un unico punto di colore, potrebbe essere arancione o rosso, in uno sfondo dipinto a tinte tenui, uniformi. Qualcosa, insomma, che attira, che chiama. E per Sh,diventa punto di riferimento, proposta di cambiamento totale,
Per lui diventa un punto fermo, una luce che guida verso il futuro.
Tornando alle caratteristiche di questo pezzo, è sorprendente come tu abbia arricchito il testo, che tecnicamente è breve, di molte potenzialità interpretative. Ti sei servita dell’atmosfera quasi surreale di Calvino per “costruire” una storia che esprima, in modo originale, ed in poco spazio, il mondo di John e Sh. I motivi che caratterizzano il fascino della Johnlock e ne esprimono l’unicità, ci sono tutti, rappresentati in modo originale. Ci sono la fatalità del loro incontrarsi, del loro perdersi e del ritrovarsi senza più dubbi o paure. C’è il carattere di John, accogliente e perfettamente complementare rispetto a quello di Sh, più introverso, chiuso e che sfugge all’approfondimento delle relazioni con gli altri. John, a questo proposito, è colui che costituisce un ponte sicuro verso l’accettazione e la scoperta di ciò che significa vivere senza più trincerarsi dietro ad una solitudine profonda e devastante. Il punto focale, secondo me, di ciò che racconti e, quindi, di ciò che consideri il cardine dell’evoluzione di un rapporto importante ma dal volto nascosto, è la Caduta di Holmes e non solo in senso letterale. Infatti Sh, con il suo “volo”, pur se inserito in una situazione finta ed ingannevole, il famoso piano “Lazarus”se non ricordo male, comunque ha scelto di esibirsi in un gesto clamoroso che, e lui lo sapeva, gli sarebbe costato molto caro, lo avrebbe allontanato per un lungo periodo dal suo “conduttore di luce”, tenuto all’oscuro di tutto. In poche righe hai rappresentato il consulting ed il suo mondo prima di conoscere John e dopo il primo, fatidico incontro nel laboratorio del Barts. Un luogo dell’anima quasi asettico , lontano dagli altri, che tu rappresenti efficacemente, ispirandoti alla visione di Calvino che ci presenta Bauci, la città sospesa, i cui cittadini vivono guardando gli altri a distanza, dall’alto. Si può pensare che in questa situazione ritrai la vita di Sh prima di conoscere John: una vita sospesa, sicuramente offuscata dalle ombre di un passato inquietante, quale abbiamo visto nella S4, in TFP. Gli altri sono visti come se fossero lontani fisicamente, proprio come vivessero molto più in basso, irraggiungibili. E lui si sente fuori dal mondo, incapace di trovare un linguaggio comune per farsi accettare. La situazione richiama la scena angosciante di TRF, con Holmes e Moriarty sopra il tetto del Barts, impegnati in un mortale duello tra intelligenze decisamente non comuni. Guardando allora quelle immagini, non sapevamo della finzione progettata per salvare la vita di Sh. Però l’angst della Caduta l’abbiamo vissuto e sofferto intensamente, affidato sia a quel tragico “volo”, così drammatico e spettacolare, sia all’attonita e dolorosa incredulità di John di fronte a quello che credeva davvero l’improvviso suicidio del suo “migliore amico”.
Le tue parole hanno così richiamato lo stato d’animo dispiaciuto e sospeso di fronte alla morte del consulting.
Però rappresenti anche il risultato della Caduta, cioè uno Sh nuovo, più umano, propenso ad ascoltare la voce del cuore e ad avvicinarsi agli altri, non più vuote maschere in un mondo ostile. E questa rappresentazione la concretizzi efficacemente in quello “scontro” casuale che Sh ha con la donna sconosciuta che gli fa capire, con quel “Mi scusi” che lui esiste, che ha un’identità e può avere anche un suo posto in mezzo agli altri. E, ripeto, c’è sempre John accanto a lui, silenzioso ma sorridente che gli indica la strada da seguire e lo accompagna meravigliosamente verso la nuova vita.
Secondo me, un punto di forza della tua storia è la quantità di spunti di riflessione che offre, su Sh, su John e sul loro legame. Come ho scritto sopra, qui si trova quella che è l’essenza della Johnlock, cioè quel loro essere necessari l’uno all’altro. Qui è il POV di Sh che ci induce a riflessioni riguardanti soprattutto il suo modo di sentire. Quindi ecco il suo iniziale senso d’isolamento, che tu traduci perfettamente in quel suo saper leggere sì le persone senza, però, riuscire a sopportare una qualsiasi forma di comunicazione interpersonale. Significativo è come definisci il suo stato d’animo che è descrivibile come quello di chi sta lontano da tutto e da tutti, come se si trovasse , appunto, sul tetto del mondo, al sicuro certo, ma prigioniero della sua stessa scelta di solitudine, per modo di dire, “protettiva”.
Noto che, dal punto di vista lessicale, proprio perché il testo è breve, tu reiteri un termine che, solitamente, in una narrazione di siffatta qualità non apparirebbe determinante, eppure... La parola a cui mi riferisco è “cornicione”, che tu ripeti in un piccolo spazio di testo. Allora, scusa la licenza di lettore, mi slancio in interpretazioni personali: il tuo modo di scrivere è, a mio avviso, troppo curato e vario dal punto di vista lessicale, perciò non penso proprio che la ripetizione, cui mi riferisco, possa esserti sfuggita. Sono sicura che, con essa, con quell’attirare la nostra attenzione su quella parola, così banale, “cornicione”, tu abbia voluto esprimere qualcosa di preciso. Il termine indica un punto di confine tra una situazione di sicurezza ed un’altra di alto rischio. In TRF il cornicione indicava, per esempio, la linea di demarcazione tra il mondo di Sh in cui fondamentale è la sfida con Moriarty. Oltre, invece, c’è il rischio, il salto nel vuoto, la morte quasi sicura. Il tuo sistemare lì un John sorridente ed allusivo è una mossa veramente geniale. Forse hai voluto significare il ruolo determinante di ciò che Sh prova per John, rappresentando così un passaggio, non certamente incruento, mediante il quale Sh cambia radicalmente vita, si getta “nel vuoto”, appunto che, secondo me, rappresenta il ruolo dei sentimenti finalmente riconosciuto ed accettato dal consulting. Per lui, sicuramente, è stato simile, appunto, ad un salto dal cornicione, verso qualcosa di ritenuto pericoloso e sconosciuto. Però, e qui mi è piaciuta particolarmente la tua rappresentazione, non succede alcunché di catastrofico. Nel suo sogno, nel suo peregrinare inquieto nelle stanze del suo Mind Palace, Sh considera così la sua decisione di riconoscere ciò che prova per John, gettandosi così metaforicamente nel vuoto dei sentimenti, abisso a lui sconosciuto. Ma, e qui hai espresso un mondo di tenerezza, il sorriso di John lo accompagna e lo accoglie nuovamente a “terra”. Non è successo alcunché di grave. La Caduta è terminata in mezzo agli altri che riconoscono la sua presenza. Splendida la frase finale in cui descrivi, con la voce del cuore, il ruolo che John ha agli occhi di Sh: l’ha fatto “nascere” ad una vita diversa, nuova, per entrare nella quale è comunque necessario sacrificare qualcosa. Sh è “saltato”, lasciandosi alle spalle una lontananza dagli altri assolutamente arida e negativa. Ha rinunciato al dominio della sua ragione nelle faccende regolate soprattutto dalle emozioni. E, fatto straordinario e commovente, si è salvato la vita, è atterrato senza problemi in mezzo agli altri, con accanto il suo John.
Un pezzo, questo, veramente di qualità, il migliore per me delle “città” precedenti. Brava. Certo che ti sei “supportata” con la genialità di Calvino, ma ne hai mutuato gli echi e l’atmosfera preziosa. Il resto è tutto tuo, completamente scaturito dalla tua effettiva capacità di scrivere “ad una certa altezza”. Complimenti sinceri.

Recensore Master
01/07/20, ore 21:06
Cap. 6:

Ciao, allora per prima cosa lasciami dire che sono davvero felice di trovarti ad aggiornare questa storia. Come spesso mi succede leggendo queste drabble, dopo la lettura ho avuto un attimo di spaesamento e mi sono presa un momento per riflettere su quanto aveva appena letto. L'interpretazione, e in questo sei perfettamente in linea con Calvino che molto spesso non è immediato in questo senso, non è semplice da dare a uno scritto del genere. Non ho ancora avuto modo di leggere Le città invisibili, mi era venuto in mente a febbraio di andare a cercarlo in libreria, ma poi è iniziato il lockdown... Come al solito ho la sensazione che conoscendo il libro si possano cogliere molti più dettagli, o comunque ad avere una visione immediatamente più chiara dei significati reconditi, del motivo per cui in quella stanza del palazzo mentale di Sherlock è conservata tal cosa in quella maniera, ma cercherò di dare un'interpretazione, fermo restando che è tale e quindi potrei anche sbagliarmi di grosso. Ma per quello che è il mio pensiero il poter sbagliare è il bello del tentare d'interpretare un qualcosa.

La scena, che poi sarebbe la stanza del famoso "Mind Palace" di Sherlock, ruota attorno a un ricordo nello specifico ovvero volo dal tetto del Barts per il quale John lo ha creduto morto. Ricordo che si mescola a delle sensazioni, emozioni e a un pensiero che non è ovviamente superficiale. Come è capitato spesso di trovare in questa storia, il palazzo mentale di Sherlock contiene anche stanze in cui non c'è necessariamente uno schema fisso e di catalogazione molto rigido. Le stanze che abbiamo visitato contenevano più sensazioni, sentimenti, che ricordi veri e propri e quando ci sono sono frammentati, magari casi irrisolti o pensieri non conclusi e lasciati lì. In questo caso il ricordo pesa, è importante, ma Sherlock non lo conserva per una ragione meramente pratica, non è per ricordarsi di un fatto del proprio passato, che potrebbe tornargli utile in futuro, che lo tiene nella mente, la sua è più una ragione umana. Nelle tue note autore parli di rinascita. E credo che la presenza di John funga a tal scopo. Serva a questo insomma. Quella scena delle cascate di Reichenbach segna un momento importante per la serie e per la storia di Sherlock Holmes nel suo complesso, ovvero la sua morte. Morte fittizia, sappiamo benissimo quelle che sono le ragioni. Sherlock Holmes non è morto, ma il mondo lo crede tale, John lo crede tale e siccome John è il mondo di Sherlock Holmes, allora basta lui e i suoi sentimenti perché Sherlock sia morto davvero. Qui però non vediamo la scena esattamente come ci è stata proposta nella serie, John è lì con lui, al suo fianco ed è lì quando arriva giù di sotto in strada. Ho avuto la sensazione che una volta finito di sotto, Sherlock si sia ritrovato altrove e non esattamente sotto l'ospedale del Saint Barts. Appunto: una rinascita. Finire altrove dopo una morte, dopo la fine di qualcosa. Naturalmente il significato è simbolico, Sherlock è effettivamente andato via da Londra dopo la sua finta morte, ma non è questo quello che intendo. Di certo non ha concepito il suo vagare per il mondo a stanare gli amici di Moriarty come una "Nuova vita". Quella è venuta dopo. La sua morte segna un punto fondamentale all'interno della storia e così è anche per quella di Mary. Che qua non viene citata, ma che aleggia un po' in sottofondo. La rinascita di Sherlock non inizia a mio avviso quando lui si lancia di sotto, forse lì raggiunge il suo apice in quanto il sacrificio per un'altra persona, perché questa resti in vita è di certo un punto importante per quello Sherlock più umano che poi i Moffits hanno costruito sino alla fine della quarta stagione. Io ho avuto la sensazione che la rinascita di Sherlock sia iniziata davvero una volta che è tornato e che il tempo che ha vissuto lontano da Londra fosse una sorta di "tempo sospeso", come un limbo, un bozzolo di una farfalla dentro al quale ha atteso di rinascere col suo nuovo corpo. Anche il "Prima" era importante ovviamente, prima della finta morte c'è stato più di un qualcosa con John. Ma da dopo la caduta io credo che Sherlock abbia acquisito consapevolezza di sé a livello emozionale. Questa storia a mio avviso parla proprio di questo. Di come Sherlock cambia, di come la sua umanità, i suoi sentimenti abbiano preso vita attorno a John Watson. Sherlock definisce il momento del volo come un incubo e un sogno. Siamo sempre all'interno del simbolismo e qui il tuffo non è soltanto materiale, è legato a un ricordo di un evento nello specifico ma quello Sherlock, quello che si lancia dal Barts dentro al palazzo mentale, ha John accanto e allora questo lanciarsi assume anche una connotazione diversa. Dove si deve lanciare Sherlock? Verso chi? Verso che cosa? Perché entrare proprio in questa stanza, adesso? Forse ciò in cui si sta per lanciare Sherlock può essere paragonabile a un suicidio, a un lancio nel vuoto e mi viene in mente che magari c'è aria di dichiarazione (ma forse sto vagando troppo con la fantasia). Quel che è certo è che nella scena che descrivi c'è una duplice interpretazione emotiva alla cosa perché è una tragedia che fa soffrire, ma è anche un sogno. Perché lo definisce un incubo? Perché la caduta fa male, ovvio. Ma qui c'è John e allora mi viene da pensare che è un incubo perché John forse nemmeno lo ricambia e magari non lo accetterà mai né capirà mai sino in fondo, perché forse spera nell'impossibile. Ma al tempo stesso è anche un sogno perché c'è speranza che la caduta non faccia poi così male, e perché è consapevole che comunque stare accanto a John è stupefacente e bellissimo. I due aspetti dell'onirico che Sherlock ritrova durante la caduta sono come le due facce di una medaglia, c'è la felicità dell'amare John, del godere del suo essere straordinario, ma c'è anche l'incubo che amare un qualcuno e non essere ricambiati comporta, il rischio della caduta, del farsi male, del venire feriti per sempre o addirittura uccisi. Però la storia parla di rinascita, che in questo senso è duplice, forse triplice addirittura. Sì, Sherlock è cambiato grazie a John, è diventato una persona nuova. Morto e risorto e questa immagine, lui, inconsciamente o meno, la riconduce al suo finto suicidio. Dal quale è rinato. Rinasce quando incontra John e rinasce, forse, dopo questo ennesimo salto nel vuoto. Il fatto che alla fine, una volta a terra, John sorrida direi che è la risposta a tutte le domande. C'è da chiedersi se ciò potrebbe avvenire realmente, o ancora se Sherlock ha immagazzinato in quella stanza del palazzo mentale un ricordo sovrapponendolo a un altro. Se ho ragione e tutto questo ruota attorno al fatto che Sherlock desidera dichiararsi a John, che cerca in sé il coraggio di cambiare le cose e non essere più amici ma anche altro, allora potrebbe essere già successo. Lo so, sono un'inguaribile ottimista, ma mi piace pensare che potrebbe essere finita bene. Questo supponendo che io ci abbia visto giusto e non abbia preso un'enorme cantonata, se è così mi scuso. Di certo è una storia stupenda, come tutte le altre. Complimenti, un lavoro di gran pregio.

Koa