Recensioni per
Pensieri di stoffa
di Tale Vivo

Questa storia ha ottenuto 7 recensioni.
Positive : 7
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
23/12/20, ore 19:27

Terzo Posto

Pensieri di stoffa

di TaleVivo





Grammatica: 3.8/5

La grammatica va molto bene, la penalità più grande l’hai avuta per l’uso scorretto del trattino, per il resto ci sono solo alcune sviste, due delle quali nell’introduzione. Di seguito gli errori trovati:

e le chiacchiarate con chi popola il castello → -0.1 (chiacchierate)
finché la possibilità di qulcosa → -0.1 (qualcosa)
senza mai sbagliare - chi dice il contrario, mente → -0.5 PENALITÀ GENERALE (Serve la lineetta – o trattino lungo, che dir si voglia)
Ricordo gli occhi gelidi di Salazar Serpeverde che minacciavano di tagliarmi a pezzettini se avessi sbagliato a smistare qualcuno di non puro nella sua Casa → -0.25 (Qui sono incerta, in realtà, ma credo che così com’è il verbo, faccia cambiare significato alla frase. Forse sarebbe meglio “smistando”)
Non rimpiango il suo smistamento → -0.1 (Smistamento)
La paura che potesse capitare nuovamente non mi ha mai lasciato. → -0.25 (Credo che sia una paura che il Cappello ha ancora, quindi va il congiuntivo presente: che possa)


Stile: 18/20

Lo stile è scorrevole, caratterizzato da un’impronta vivace, da una piacevole espressività e da una padronanza sintattica rilevante. Il testo appare strutturato in maniera sicura, la lettura è chiara e ritmata da un uso ponderato di alcune ripetizioni, come il verbo “rimembri”, che dona un tono più antico alla mente del Cappello o la ripresa di alcuni pensieri che danno il ritmo allo sviluppo della narrazione – sono vecchio e stanco – per poi giocare sul finale proprio grazie a loro.
L’uso del narratore in prima persona – scelta per la quale avete optato in molti, questa cosa non smetterà mai di sorprendermi – è davvero ottimo. È un narratore molto ben caratterizzato, a cui hai saputo sapientemente donare una “voce”, che ha poi caratterizzato anche il protagonista. È una voce che si sa distinguere per la “pesantezza” degli anni che porta addosso, tratto che è stato abilmente esaltato non solo dalla stanchezza con cui guarda alle nuove generazioni, non solo dall’utilizzo di un lessico “artefatto” da diminuitivi, ma anche dalla scelta di strutturare gran parte della narrazione sui ricordi, tra l’altro anche molto vecchi, che ti ha quindi dato l’opportunità di mischiare al presente anche il tempo del passato remoto; è una voce che si distingue anche per un mix di saggezza e modestia, ma che possiede anche tratti più curiosi, amorevoli, burberi.
A questo mi riallaccio per commentare il tono narrativo, che con un narratore in prima persona combacia con la “voce” narrante. Questa storia, come ti avevo già accennato, ha un’impronta ben marcata, costruita con cura, e il tono narrativo è ben definito. Esprime al meglio un luccichio di profonda fedeltà ai fondatori, nonché creatori di questa coscienza, un attaccamento particolare verso Priscilla Corvonero, alla quale guarda con lo sguardo venerante di figlio e di allievo fedele; ma sa ammantarsi anche dell’orgoglio che contraddistingue anche le altre Case, allo stesso modo sa mostrarsi compunto e ligio al dovere, passando per toni più burberi. Sei stata davvero molto brava a manipolare la narrazione poi per rendere anche toni più agitati, curiosi, toni a volte più cupi e grevi. Ma ciò che spicca maggiormente e che rende compatto il tono è quel senso del tempo che è trascorso e che pesa sulla “voce” narrante, che la rende più stanca, è vero, ma che le dona un tocco di arzillo che ben si evince soprattutto da alcuni passaggi, più importante fra tutti il finale.
Mentre piacevole e sorprendente, sull’approssimarsi del finale, è stato l’intervento del narratore esterno, con un’espressività e un tono che ricordavano molto una pagina di diario, o ancor meglio quello di qualcuno che racconta; nonostante la differenza del narratore, questo pezzo in questione risulta fluire con naturalezza nella storia conservando, per l’appunto, quell’espressività formale, un po’ “antica”, proprio grazie all’uso del passato remoto, che esprime molto bene l’idea di qualcosa di lontano e, di conseguenza, più vecchia. Tra l’altro, è stato un bellissimo effetto quello di rendere il “presente” del Cappello, comunque, non il presenta della storia; proprio dall’intervento del narratore esterno si capisce come quella sera del 1 Settembre 1991 sia un ricordo ormai lontano e che la narrazione principale non è altro che un lungo dialogo riflessivo del Cappello Parlante all’interno di una storia più ampia, che continua al di fuori della pagina. Quest’impostazione particolare della trama mi ha colpito molto, complimenti.
Tale vivacità espressiva ha trovato sfogo grazie a una struttura sintattica che ha saputo rinnovarsi, variare, arricchirsi di interiezioni e locuzioni avverbiali, giocare con alcune figure retoriche di sintassi, pur basandosi su un lessico medio che gioca proprio su alcune ripetizioni, sia di singoli lemmi sia di interi periodi. E la scelta di adottare periodi più o meno lunghi per la maggior parte del testo accompagna molto bene il flusso di pensieri del Cappello, rendendolo scorrevole, così come le frasi più breve, poche e posizionate in punti strategici della narrazione, offrono ottimi espedienti per cambiare il tema portante del paragrafo, di volta in volta, con buona fluidità, per poi tornare sempre al momento presente.
Unico appunto: avrei evitato di ripetere tante volte la parola “Case” nella prima parte, magari omettendo il complemento di specificazione quando presenti Tosca, giusto perché come ripetizione non vuole essere un effetto stilistico, e quindi si sente maggiormente in senso negativo. Per il resto, trovo che il lessico, seppure mantenga un tono colloquiale, molto vivace, a suo modo goliardico e un po’ burbero, ha saputo arricchirsi di alcuni vocaboli più mirati e particolari che hanno arricchito il linguaggio e dato un’impronta più matura alla “voce” narrante.
La punteggiatura è adoperata con cognizione di causa, ha saputo esaltare l’espressività del testo e creare alcuni effetti davvero piacevoli, come nel paragrafo in cui parli dello Smistamento di Tom Riddle. Avrei adattato meglio, in alcuni periodi, la punteggiatura a un narratore in prima persona, però, che quindi riproduce il ritmo del parlato. Come in questo caso:

- Sono vecchio e stanco, e, anche se solo una volta l’anno, queste ore pesano ormai troppo. → Eliminerei la virgola dopo la congiunzione, perché la lettura così com’è risulta a scatti. Grammaticalmente non è un errore, ma credo che questo sia uno di quei quasi in cui è meglio concedersi una licenza.

Un errore che, invece, si ripropone spesso è l’uso arbitrario della lineetta – o trattino nel tuo caso. La lineetta ha il compito di isolare, attraverso una parentetica, una parte della frase per farla esaltare, ma dev’essere una parte senza la quale la frase continua ad avere senso; a essere isolata, in altre parole, può essere solo quell’espressione indipendente, che va ad aggiungersi per enfatizzare un concetto, o per creare contrasto, o per evidenziare un pensiero sottinteso, più profondo e dare l’idea di qualcosa di inconscio o più “sussurrato”. Insomma, è un espediente che vuole creare un certo effetto sia stilistico sia espressivo. Mentre nella tua storia invece viene utilizzata come sostituto di altri segni d’interpunzione. Ti riporto alcuni casi:

- In quest’ultimo periodo, però, è più turbato, meno ilare e parla molto meno del solito - dovrò indagare. → “Dovrò indagare” esprime una risoluzione ai pensieri curiosi espressi nel periodo; potevi, quindi, utilizzare i due punti oppure mettere un punto fermo e aggiungere un’interiezione, tipo “mh... dovrò indagare”.

- Voglio solo riposare e, magari, chiacchierare un poco con i quadri e i fantasmi, giusto per tenermi aggiornato su ciò che succede tra queste mura e poter parlare del più e del meno con chi mi va - non che io sia curioso dei fatti altrui, sia chiaro. →Ti riporto anche questo caso per evidenziare la differenza. Qui, infatti, l’uso della parentetica è corretta e ottiene un determinato effetto: detto in maniera informale, “non che io sia curioso dei fatti altrui, sia chiaro” serve ad aggiustare il tiro. È uno di quei casi in cui il pensiero isolato serve a obiettare, ricusare il messaggio veicolato dal periodo che lo antecede.

- Sono stanco e vecchio, è vero, e vorrei solo ritirarmi - ma, forse, posso bazzicare qui un altro po’, ora che le cose si fanno interessanti. → Qui, l’avversativa è consequenziale alla principale, fa quindi parte del periodo e non va per tanto isolata dalla principale. Diverso sarebbe stato se nella principale avresti espresso in maniera risoluta la convinzione di volersi ritirare, per esempio “Sono stanco e vecchio, l’ho già detto, e voglio solo ritirarmi – anche se… forse… potrei bazzicare qui un altro po’, ora che le cosa si fanno interessanti.” In questo modo – io sono un po’ pazza e quando leggo ho delle visioni per le quali potrebbero davvero internarmi – avresti mostrato il Cappello con due espressioni: prima, in maniera risoluta e un po’ seccata, palesavi il suo volersi ritirare, tirandola per le lunghe con quel suo tono stanco e un po’ “vittimista” da “povero me”; dopo, come se la parentetica mostrasse un pensiero che si insinua, una curiosità che non riesce a trattenere, questo suo non essere dopotutto così stanco.

Infine, i generi elencati sono stati tutti, o quasi, sfruttati al meglio. Soprattutto l’introspettivo, credo che tu abbia fatto davvero un gran bel lavoro su quel fronte; oltre, ovviamente, ad aver trattato con precisione un retroscena di un momento canonico, fornendo un interessante nuovo punto di vista. Il genere “slice of life”, invece, forse è stato soltanto sfiorato, ci hai girato intorno, ma secondo me questa storia non ha quel determinato taglio narrativo. Tolto questi piccoli dettagli, davvero, ti faccio i miei complimenti.


Titolo, Introduzione e impaginazione: 10/10


Il titolo è immediato, semplice, dal taglio che io definisco “classico”, sostantivo e complemento. Lo trovo un titolo intuitivo, che sicuramente non punta sul mistero o la sorpresa, ma che comunque, per le associazioni messe in campo, gioca molto sulle suggestioni e sulla personificazione del protagonista. Credo che sia uno di quei titoli che, proprio per la loro semplicità, riescono sempre a calamitare – titoli così è meglio abbinarli a una buona presentazione, ma fra poco ci arrivo. Personalmente, con me ci è riuscito.
Oltre la “facciata estetica” poi, trovo che sia perfettamente in linea con la storia e il suo stile. In linea con lo stile perché lo trovo un titolo fresco e ben definito, così come ho trovato lo stile; in linea con la storia, perché è proprio di “pensieri” che la trama è ricca, quindi non c’è solo un richiamo al materiale di cui è fatto il Cappello Parlante, non solo è un richiamo per la “coscienza” del personaggio, ma c’è anche un sottinteso più sottile con l’impostazione del testo.
E veniamo all’introduzione. Come ti ho accennato, un titolo così semplice e particolare allo stesso tempo, che incuriosisce ma non possiede un tono espressivo, ha bisogno per convincere di un’altrettanta ben riuscita introduzione. E credo che quella abbinata a questa storia sia perfetta.
Per come concepisco io l’introduzione, questa non manca di nulla. Chiarisce il contesto e il tema della storia, cosa importantissima per il lettore, alfine di capire che la storia possa interessarli o no. Allo stesso tempo, però, inserisci una nota intrigante, quel “solletico” finale per mezzo del quale chi legge l’introduzione non può fare a meno di chiedersi “cosa sarà questo qualcosa d’interessante?”. Altrettanto ben riuscito è il tempo non definito in cui la storia è ambientata, quindi non è facile dare una risposta alla domanda qui sopra: potrebbe essere al tempo di Silente, o un evento extra basato negli anni della Nuova Generazione o ancora di quella vecchia. Nonostante, quindi, il contesto sia ben delineato, il tempo non definito lascia comunque ampio spiraglio alla sorpresa e alla curiosità del lettore. Dulcis in fundo, hai inserito un piccolo estratto del testo, cosa che io trovo efficacissima per dare un’idea al lettore del tipo di stile di cui è ammantata la storia. E nel tuo caso, con uno stile solido, sicuramente questo particolare ha molto potere d’attrazione. Inoltre hai scelto un estratto in cui è possibile ammirare un gioco di toni narrativi, quindi metti bene in mostra uno dei punti di forza dello stile. Brava.
L’impaginazione è semplice, compatta, un po’ basilare, ma pulita e ben ordinata. Ho apprezzato il fatto che i tre “tempi” narrativi siano ben distinti anche visivamente, con i dialoghi del tempo presente, in cui il tempo della narrazione e il tempo della storia combaciano, centrali, il flusso di pensieri con l’allineamento a sinistra e l’allineamento a destra e il corsivo invece per il narratore esterno. Il corsivo, tra l’altro, è stata una scelta azzeccata, un tocco di classe secondo me, perché non solo dà l’idea di qualcosa che si muove su un piano narrativo completamente differente, ma gli dà anche quel tocco di eleganza in più, come qualcosa di scritto a mano. Complimenti.


Sviluppo del tema, Caratterizzazione dei personaggi e IC: 28.5/30 (di cui 18.5/20 dell’IC e caratterizzazione)


Credo che questa storia abbia un’impostazione davvero originale, che all’interno del contest si è saputa distinguere proprio per uno dei due “tarli” che inseguono il personaggio: mi sto riferendo alla volontà di andare in pensione. Fa un po’ ridere l’idea che un oggetto si stanchi di assolvere al suo lavoro, che possa provare fatica o noia o ansia, ma tu sei stata davvero molto brava a dare caratteristiche umane al Cappello Parlante, senza mai dimenticare la sua natura di oggetto. Hai impostato gran parte della storia sul desiderio del Cappello, avvalorando tale impulso con una sequela di ricordi e pensieri più e meno lieti, che hanno saputo mettere in evidenza diversi aspetti del protagonista: uno tra tutti sicuramente è il senso del dovere. Il Cappello Parlante mi ha ricordato – in maniera del tutto assurda, me ne rendo conto, ma è solo per spiegarmi meglio – un po’ Alfred di Batman, il maggiordomo fedele, che la sa sempre più lunga, che sa tutto di tutti e che dà sempre il consiglio giusto. Ecco, hai delineato il Cappello Parlante con un ruolo simile. Lui c’era sin dall’inizio, Godric se l’è sfilato dal capo e tutti e quattro i fondatori della scuola lo hanno stregato affinché, anche dopo di loro, ci fosse qualcuno in grado di Smistare i ragazzi e le ragazze nelle Case giuste. Il Cappello Parlante è un caposaldo di Hogwarts, lui custodisce i segreti del tempo, e a lui tocca servire le quattro Case. Nei suoi occhi hai racchiuso il brillio degli inizi, lo sguardo con cui guarda ai fondatori, e a Priscilla soprattutto, è lo stesso scintillio magico con cui viene presentato il Titanic all’inizio del film – di nuovo un paragone assurdo, ma oggi sono a corto di parole e ricorro a esempi più o meno famosi per rendere meglio l’idea. Nei suoi occhi, e attraverso i suoi pensieri, hai mostrato l’orgoglio di chi fa bene il suo lavoro, di chi serve con fedeltà e fierezza, ma avvalori anche il motivo per cui, dopo tanti anni, e dopo tutto quello che ha visto – e sicuramente di eventi interessanti ne ha visti parecchi – voglia il pensionamento: Hermione è soltanto una delle tante, e neanche una vera Testurbante. Minerva MvGranitt lo è stata, e il ricordo di lei è puntiglioso, proprio perché non vuole lasciare dubbi ai lettori sul fatto che quel pensionamento lo ha meritato largamente.
Questa, però, è soltanto la prima facciata, dietro alla quale si nasconde – o meglio, alla quale si abbina – una paura: la paura di venire a contatto con una mente simile a quella di Tom Riddle. Innanzitutto, sei stata bravissima a non nominarne mai il nome, come un figlio ripudiato, e quindi non per timore per sé che non pronuncia il nome ma quasi per un senso di disgusto e ripugnanza, come qualcosa di “non umano” che è meglio non risvegliare. Dietro al ricordo del suo Smistamento si cela il dolore di non aver fatto nulla per impedirlo, come un guardiano o un insegnante che ha fallito nel suo compito di proteggere e istruire, ma c’è anche la grande partecipazione verso ciò che è giusto e ciò che è buono per il mondo e l’evoluzione della scuola e del Mondo Magico.
Hi saputo ben bilanciare questi due aspetti, miscelandoli, intersecandoli e sfruttandoli al meglio per portare avanti una narrazione che comunque non manca di toni più leggeri, più personali anche, che danno davvero un sfumatura sfaccettata al personaggio.
Inoltre sei stata bravissima a mostrare anche il modo in cui il Cappello Parlante interagisce con il mondo magico, con le persone e in che misura è stato concepito il suo ruolo; quest’ultimo, ha trovato modo di palesarsi proprio grazie all’intervento del “fantasma” di Priscilla Corvonero, che guarda a lui con fiducia e dolcezza, proprio come una madre o un’insegnante, ma anche dall’atteggiamento di Salazar – pronto a tagliuzzarlo qualora non avesse funzionato come si deve – si evince il modo in cui alcuni guardano alla sua figura.
Prima di passare alla caratterizzazione e all’IC vero e proprio, devo soffermarmi sull’estratto.
Sicuramente questo è stato uno di quelli più palesi. Non ha aiutato in tal senso scegliere di mostrare il contesto in maniera così immediata e di diretta comprensione. Da questo punto di vista, c’è poco da dire: è il Cappello Parlante dall’inizio alla fine. Credo comunque che è stata ben curata la scelta di dire “chiacchierare un poco con i quadri e i fantasmi” limitando quindi i suoi interlocutori a membri e oggetti del castello. Inoltre trovo che a farti comunque tenere il punteggio alto sia l’attenzione che hai messo nell’IC, perché sin dall’estratto si evince il carattere stanco, antico, un po’ burbero benefico, ma anche la sua indole sicura, orgogliosa, con una punta di ironia e sagacia che lo contraddistingue soprattutto nei primi film, dove abbiamo modo di sentirlo parlare.
Invece un errore che ti devo segnalare assolutamente riguarda proprio Priscilla Corvonero. All’inizio avevo pensato che con il termine “fantasma” intendessi una specie di ricordo, a metà tra una visione che solo il Cappello potesse vedere, e ti stavo segnalando la scelta infelice nello stile; poi, però, ho notato che la cosa si ripeteva più avanti. Ora, nell’estratto riferirsi a Priscilla con il termine fantasma è stato un po’ fuorviante per gli altri partecipanti. Al di là di questo, però, io non ho ben capito se la scelta un po’ confusa era di rendere proprio quest’effetto sopra detto – del Cappello che ricorda la sua amata mentore – oppure ti sei proprio confusa tu con il personaggio di Helena, ovvero la figlia di Priscilla. In ogni caso, credo che questo punto sia un attimino da rivedere.
E finalmente arrivo alla caratterizzazione vera e propria. Ho apprezzato che tu abbia caratterizzato una personalità così vogliosa di riposare, perché ricalca anche l’idea del Cappello che sonnecchia nell’ufficio di Silente, e quindi la trovo una caratterizzazione in linea con quel poco che sappiamo. Trovo anche che sia stato, proprio per questo, geniale rendere la sua personalità allo stesso tempo così curiosa e un po’ ficcanaso, con quell’attenzione per le apparenze, perché per il ruolo che ricopre non sta bene mostrarsi troppo pettegolo. Quindi questo suo atteggiarsi a semplice “interessato di ciò che accade” è stata davvero un tocco brioso da rendere. Complimenti.
Altrettanto ben caratterizzato è questo modo un po’ arzillo, all’apparenza burbero e annoiato, un po’ orgoglioso, poi così curioso, attento alle conseguenze delle sue decisioni, una personalità gravata anche dagli eventi del mondo, e soprattutto da uno in particolare. Alla descrizione di Tom è legato un altro più dubbio:

- e il disprezzo assoluto per chiunque non fosse come lui: → Tom ha sempre avuto il desiderio e la presunzione di essere unico, di non assomigliare a nessuno, di essere diverso, speciale. Forse sarebbe stato meglio scegliere un’espressione un po’ diversa, tipo “non la pensasse come lui”.

Alla personalità aggravata dal peso delle scelte, degli eventi tristi a cui ha assistito, al peso di non averli impediti, alla paura di doverli rivivere, si aggiunge anche una caratterizzazione più “divertente”, più personale e sfaccettata. Un po’ da nonno un po’ desideroso di rilassarsi, un po’ stanco di avere a che fare con i ragazzetti e le loro paure più nascoste, un po’ annoiato da quel lavoro che si ripete da anni e che, lo ammetta o no, gli mette una certa ansia. Altro tratto è l’orgoglio con cui porta avanti la sua mansione:

- Ora, dopo anni e avvenimenti più e meno lieti, trascorre buona parte del suo tempo nel suo ufficio, e le nostre chiacchierate non mi dispiacciono. → Sembra quasi voler dire “ho fatto la scelta giusta, ho messo del mio per portare Silente sulla giusta strada”. Qui si nota anche il tono burbero che vuole nascondere un sottile orgoglio e fierezza, in quel “non mi dispiacciono”.

Apprezzato è il modo in cui parla di persone che ricoprono un certo ruolo di rispetto, come il preside e la professoressa McGranitt; per Silente mantiene un certo tono, chiamandolo per nome e cognome e mostrandosi comunque orgoglioso, riconoscendoli l’eccellenza dei suoi successi; mentre con la McGranitt si permette – e lui può, perché lui c’era quando lei era solo una ragazza 11enne – di chiamarla per nome, di rivolgersi con un certo tono… come un nonno parla alla nipote che lo assiste.
A questo mi riallaccio per commentare anche quei tratti un po’ più… “balordi”, come l’atteggiamento di sordo quando chiede a Minerva “a chi è che tocca?”, il fastidio verso le nuove generazioni, troppo stressanti, la fatica che sembra accusare durante queste sedute più lunghe, l’ansia che lo prende suo malgrado; ben curato è anche l’atteggiamento di “finta” sicurezza che ostenta – chi dice il contrario, mente. Lui è un personaggio riflessivo, che torna a rimuginare sulle sue scelte, sulle conseguenze e le reazioni che innescano, ma poi ricorda di non poter davvero sbagliare proprio perché a dargli l’intelletto e le capacità è stata Priscilla.
Originale è la caratterizzazione del rapporto con Priscilla Corvonero, che gli ha donato una sensibilità che va al di là di quell’atteggiamento severo e sagace. A Priscilla guarda con dolcezza, con una cura e premura particolare, lei le ha dato l’intelletto, lei lo ha istruito perché facesse al meglio il suo lavoro; lei gli dà la calma, la pazienza, la sicurezza, da lei deriva anche l’orgoglio, non quello degli audaci, non quello dei superbi, ma quello dei risoluti e saggi, di chi trova nel suo compito le soddisfazioni.
Trovo che poi, tu sia stata davvero molto brava a inserire quei particolari che richiamassero il suo aspetto, come le cuciture e la stoffa rattoppata. Altrettanto ben curato è l’aspetto più emotivo, introspettivo e di retrospezione. Trovo davvero che non manca di nulla questa caratterizzazione e che il personaggio risulti davvero ben approfondito, sfaccettato e soprattutto tridimensionale, una coscienza reale, vivida, una personalità solida e coerente in tutte le sue parti.


Gradimento personale: 5/5

È stata davvero una bellissima sorpresa leggere la tua storia. Non credo di aver mai letto nulla di tuo, e come ogni volta che mi accingo a leggere un autore a me sconosciuto, non so mai cosa aspettarmi. Nel tuo caso, la sorpresa è stata molto positiva.
È stato piacevolissimo immergermi nella mente del Cappello Parlante. Sembra un personaggio scontato da presentare a questo contest, ma io penso davvero che tu abbia saputo rendergli giustizia, donandogli non solo una caratterizzazione molto sfaccettata, tridimensionale, ma aggiungendo tocchi personali davvero interessanti.
Mi è piaciuto tantissimo il modo in cui hai saputo ricalcare quella voce arzilla, un po’ burbera, non delle più sensibili, ma sicuramente saggia che sentiamo nei film; una voce che riflette molto, che è abituata a navigare tra i dubbi e le varie possibilità e che non prende mai a cuor leggero una decisione, né in realtà discute mai su quelle prese. Ho adorato la sicurezza che traspare da alcune espressioni, ma anche quella subdola e vivace essenza da ficcanaso, un po’ innocente un po’ incontrollabile che è un po’ anche il suo tallone d’Achille. Ho adorato soprattutto questa predilezione che il Cappello ha per Priscilla, hai inserito questo spunto davvero originale, molto personale, che io ho trovato perfetto, non solo perché Priscilla gli ha dato l’intelletto e quindi da questo punto di vista risulta naturale che il Cappello si senta mentalmente affine a lei, ma soprattutto perché in qualche modo gli ha donato una sorta di tenerezza, di sensibilità, e questo l’ho notato dal modo in cui descrive il sorriso malinconico della Corvonero. E ho notato anche il paragone tra lo Smistamento di Silente e quello di Harry: in entrambi i casi, il Cappello ha avuto paura di doverli smistare a Serpeverde, e in entrambi i casi la decisione di spedirli a Grifondoro ha in qualche modo influenzato il loro destino, sicuramente la loro crescita ideologica.
Tutto questo, ovviamente, non sarebbe stato altrettanto convincente senza l’apporto di uno stile davvero ben costruito, solido, sicuro, che personalmente penso si possa ancora arricchire in alcuni punti, ma che nell’insieme davvero ha reso questa lettura viva, spumeggiante. La personalità del Cappello è esplosa, e io non posso che dirti grazie per avermi regalato una lettura così sfaccettata, a tratti anche un po’ teatrale, ma mai caricata, troppo viziosa, anzi, trovo che il tutto abbia mantenuto una naturalezza di fondo molto bella. Mi sono davvero divertita a immaginare questo personaggio un po’ spaventato, un po’ stanco e un po’ esasperato davanti all’idea di un’altra testurbante… sembrava quasi avere il mal di testa al pensiero. Alcune descrizioni mi hanno fatto ridacchiare, come quella dello Smistamento della McGranitt, altre le ho trovate semplicemente perfette e adatte a racchiudere l’essenza del personaggio di turno. Infine, posso dirti che ho ghignato per il modo in cui cede alla curiosità, mi ha ricordato a modo suo un po’ lo spirito di avventura mostrato da Bilbo Baggins nella Trilogia dell’Anello, quando dice “credo di essere, ma sì, pronto per un’altra avventura”. Arzillo, ma curioso come un bambino. Bello. Complimenti.

Punteggio: 65.2/70

Recensore Master
25/11/20, ore 21:27

Ciao! Con delle tempistiche a dir poco lentissime, finalmente riesco a passare anche di qui: ero molto curiosa di leggere questa storia, perché l'estratto mi aveva davvero fatto dannare perché c'erano degli indizi che riconoscevo, senza riusire a dare loro una collocazione più precisa.
Ho apprezzato davvero moltissimo la scelta di dare vita al Cappello Parlante: è un "personaggio" molto interessante, e che sicuramente ha un grandissimo potenziale, perché il suo ruolo è così peculiare che, davvero, cercare di approfondire la sua introspezione dà spazio a un grandissimo potenziale.
Da questo punto di vista, devo dire di aver molto apprezzato il tono che hai dato a tutta la storia: la voce narrante è molto brillante, e riflette bene la peculiartià del protagonista. Oltretutto, ho apprezzato la stuttura che hai dato alla storia: non è una narrazione completa, ma più un sussegurisi di tutti gli episodi più significativi della vita del Cappello, in una carrellata in cui i singoli smistamenti vengono quasi a sovrapporsi e confondersi, quasi a voler sottolineare quanto, in una vita tanto lunga, lo scorrere del tempo assuma un significato e un senso molto più peculiare. Oltretutto, se nell'estratto non ero rimasta del tutto convinta da quell'insistere sul suo essere vecchio e stanco, qui il tono secono me appare un pochino diverso, quasi ironico, perché, di fatto, l'arrivo di Harry risveglia tutto l'interesse del vecchio Cappello che, forse, di essere sostituito non ha poi così tanta voglia. Non so, è una comicità sottile che però secondo me si accorda molto bene al tono della saga, e mi è piaciuta molto.
Quel che più mi aveva messo in difficoltà, nell'estratto, era però quel riferimento a una lei capace di "fluttuare via": avevo ovviamente pensato a Priscilla Corvonero, ma non riuscivo a dare un senso a quel suo poter volare via. E anche a lettura conclusa, pur avenddo capito che sotto forma di fantasma la cosa avrebbe senso, continuo ad essere un pochino perplessa: per quanto si sa dalla saga, i Fondatori non sono rimasti a Hogwarts in forma di fantasma, e per quanto in una fanfiction ovviamente si possa immaginare quello che si vuole, mi pare un po' strano che porprio Priscilla sia rimasta a Hogwarts ma che, nella ricerca del Diadema, sia dovuta intervenire Helena. Soprattutto, trattandosi di un headcanon, trovo che questo riferimento mandasse un po' fuori strada, nell'estratto. Ma insomma, sono considerazioni che hanno senso limitatamente al contest specifico, che ha delle caratteristiche molto particolari: in generale si è trattato di una lettura molto originale e piacevole.
A presto, e in bocca al lupo per il contest!

Recensore Master
20/11/20, ore 16:50

buonasera, cara
con un tot di ritardo sto terminando il giro letture di questo bel contest
Meno male che l'ho indovinata! XD è abbastanza celato, il personaggio, ma comprensibile
amo oltre ogni dire le storie con protagonisti gli oggetti, quindi questa poteva solo farmi tanto felice
Il cappello ha chiaramente il proprio carattere ed è molto peculiare, perchè è stato incantato dai 4 maghi più potenti, o almeno più importanti...
La sua personalità infatti è bonaria, è intelligente, ammira le virtù degli altri ed è furbetto
ma eccolo in forte difficoltà: la parte dell'indovinello è stata proprio ben scelta, perchè la dinamica non l'avrei capita, cioè che si trattasse dello smistamento di Minerva. davvero erano stati cinque minuti interi? non me lo ricordavo per niente - come ho detto facendo una pessima figura ho poca memoria - e poi tanti altri maghi hanno messo in difficoltà il povero, simpatico cappello
Mi piace che Hermione gli dia lo stesso dubbio di Minerva (che adoro), ma poi arrivi alla stessa conclusione.
ma anche Tom l'ha messo a dura prova, anche se in un altro senso: certo lui non può formulare giudizi, solo eseguire il suo compito...
E il finale, dove il suo leggittimo desiderio di andare in pensione nello studio di Silente viene accantonato a favore di vedere cosa succederà con l'arrivo di Harry, è significativo e da modo al lettore di riconoscere il cappello come vispo e per non certo troppo stanco e demotivato, cioè come lo conosciamo nei libri e soprattutto la versione dei film
però la mia parte preferita della storia è il breve ma perfetto passaggio con la descrzionedei 4 fondatori e di come guardano il cappello; due parole l'uno, e hai dipinto un quadro completo
buona fortuna per il contest!
Setsy

Recensore Master
17/11/20, ore 14:02

Ciao :-)
Era molto curiosa di leggere questa storia e finalmente ho trovato un attimo fj tempo.
Mi è piaciuto che tu abbia scelto il Cappello Parlante come personaggio, non so perché, ma mi ispira sempre molta simpatia.
Inoltre questa storia è basata principalmente sulla sua introspezione e devo dire che mi è piaciuta. Trovo solo un po' strano solo che il Cappello dica di essere stanco e di voler andare 'in pensione', non ce lo vedo molto.
Il titolo è bellissimo!
Complimenti! In bocca a lupo ;-)
A presto,
Carme93
(Recensione modificata il 17/11/2020 - 02:03 pm)

Recensore Master
09/11/20, ore 11:33

Ciao, non credo di aver letto niente di tuo prima di adesso (correggimi se sbaglio, non sono vecchia ma sono stanca come il Cappello! ahah) e questo è sicuramente un modo interessante di fare la tua conoscenza.
Hai fatto una scelta del "personaggio" molto interessante, che mi aveva interessato già dall'estratto e che nei contenuti che hai scelto di esprimere mi è piaciuta ancora di più. Bella l'idea di giocare sulla stanchezza del Cappello, stanchezza esemplificata perfettamente dalla responsabilità di dover smistare, soprattutto per quel che concerne i Testurbanti. L'immagine che emerge del Cappello mi è piaciuta e mi ha fatto anche accennare un sorriso – mi è piaciuta soprattutto la frase finale che ribalta quella stanchezza: il Cappello è stanco, ma ora che le cose si fanno interessanti vuole restare un po' di più.
Ho anche apprezzato la "carrellata" di scene che racchiudono il fluire del tempo e degli anni attraverso i vari Smistamenti, che "toccano" i personaggi principali (e il cui smistamento ha avuto un significato particolare): Albus, Minerva, Tom, Hermione, Harry. L'unico appunto che ti faccio riguarda la distinzione grafica tra le parti: ogni tanto ho fatto un po' di fatica a capire quando un momento finisse e ne iniziasse un altro... ma appunto non riguarda la trama, solo l'impaginazione che non spezza in maniera troppo netta le parti.
Il titolo mi è piaciuto: è molto poetico, incisivo e racchiude l'essenza del Cappello.
Alla prossima e in bocca al lupo per il contest!

Recensore Master
08/11/20, ore 22:35

Ciao!
Il Cappello Parlante è una scelta simpatica e interessante.
C'è un dettaglio che mi ha messa in dubbio fin dall'estratto: lì non ero sicura, magari mi sbagliavo per via della frase spezzata, ma leggere l'OS l'ha confermato. Fai riferimento in due occasioni al fantasma di Priscilla Corvonero, ma non mi risulta che lei sia diventata fantasma, non se ne parla mai: il fantasma di Corvonero è invece sua figlia, Helena, che ovviamente non ha avuto (suppongo) a che fare con la creazione del Cappello.
Questo, comunque, è il mio unico dubbio; leggendo l'OS ho invece trovato il Cappello forse un po' troppo stanco, sfumatura che nell'estratto mi aveva fatta sorridere ma che qui ho trovato forse un po' estrema – se non che si riprende proprio alla fine, con l'arrivo di Harry. Proprio per questo rovesciamento, l'ultima frase l'ho apprezzata molto.
Hai inoltre scelto dei personaggi molto interessanti, oltre ai Fondatori, da riprendere nei suoi ricordi: Minerva, testurbante che l'ha fatto ammattire; Hermione, che non è testurbante ma c'è andata vicina; Tom che è il contrario di un Testurbante, ma l'ha agghiacciato lo stesso.
Per finire naturalmente con Harry, che "rende le cose interessanti".
Bello l'accenno a Neville, l'ho apprezzato ♥

Mi ha fatto piacere conoscerti, alla prossima!
Mari

Recensore Veterano
08/11/20, ore 17:28

Che piacere in pomeriggi grigi come questo leggere storie del genere!
Prima storia sul Cappello Parlante eppure ora mi domando come sia sopravvissuta senza leggerne altre: devo ammettere che la scrittura in prima persona personalmente non mi attrae perché spesso fa perdere il vero essere del protagonista e quindi ero un po' timorosa all'inizio. Ora sono molto felice di aver constatato il perfetto lavoro che hai fatto. Ho adorato la continua stanchezza lamentata dal cappello e il fatto che ha ripercorso gli smistamenti di alcuni tra i personaggi più eccellenti della saga: Albus, Minerva, Colui che non deve essere nominato e Harry. Lo stesso Cappello non ha dimenticato lo smistamento di Voldemort e sembra vivere con la paura di trovare qualcuno come lui, di commettere un errore che forse porterà nuovamente il mondo magico alla distruzione. E quando si è trovato di fronte a Harry lui stesso ha sperato che il passato non fosse ritornato.
Ottimo stile di scrittura accompagnato dal dolce e triste sorriso di Priscilla.
Un bacio!
FalbaLove