Recensioni per
A un centimetro dal cuore
di Queila

Questa storia ha ottenuto 111 recensioni.
Positive : 111
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
23/12/20, ore 19:31
Cap. 23:

Sesto Posto

Respiro Nero

di S.Elric





Grammatica: 2.85/5

La grammatica va abbastanza bene, ho ritrovato qualche inesattezza di tempo e numero, oltre ai refusi. Inoltre c’è qualche imprecisione sintattica. Ti riporto gli errori di seguito:

rimbomba nella testa e di offusca i pensieri → -0.1 (ti offusca)
ma la lealtà e l’impegno nella scuola l’hai ereditata da tuo padre → -0.5 (li hai ereditati; inoltre trovo che l’espressione “impegno nella scuola” sia scorretta: “impegno nello studio” o “impegno a scuola”)
ma tu sei una nata Babbana → -0.1 (Nata Babbana)
Sulla banchina gli occhi sono tutti puntati su di te – li sentivi indagatori, ti giudicano, e i tuoi genitori ti guardano con apprensione. → -0.25 (li senti)
provando ad essere → -0.1 (a essere)
Il treno fischia per un’altra volta → -0.3 (il “per” è superfluo)
per tranquillizzare sé stessa → -0.1 (se stessa)
“Stai attenta, stupida ragazzina!” il suo tono rimbomba di disprezzo. → -0.2 (Serve la maiuscola: Il suo tono)
ma sentirla pronunciare dal vivo, ti ferisce mortalmente → -0.2 (togli la virgola)
Che sarei la strega più brillante della tua età e non solo → -0.1 (sarai)
“Dove l’avete trovata?” sai a cosa si riferisce → -0.2 (Sai a cosa)


Stile: 15.5/20


Ho fatto fatica a valutare questo stile, perché ogni scelta che hai adottato ha i suoi pro e i suoi contro, ed entrambi gli aspetti sono messi in evidenza durante la lettura. Per tanto, penso che questo mio giudizio potrà apparirti molto insensato e caotico, e mi scuso fin da ora per questo.
Parto dal commentare la voce narrante, perché credo abbia un grosso impatto sull’insieme. Hai optato per un narratore in seconda persona, che mette sullo stesso piano personaggio e lettore, li fa proprio combaciare; e in questa tua storia, questo effetto l’ho sentito maggiormente poiché la voce narrante non ha una propria caratterizzazione. È secca, impersonale, ci sono momenti in cui evidenzi anche il suo “carattere” onnisciente – vedi quando dici che il primo anno ad Hogwarts non è mai facile per nessuno – che di fatto rende il narratore distaccato, invisibile, nudo, privo di qualsiasi punto di vista; più che parlare al lettore sembra quasi che evochi azioni e sensazioni, percezioni che il lettore è spinto a provare sulla sua pelle. È un narratore che, in altre parole, non si limita a osservare la scena ma la crea con le parole e si nasconde dietro a esse. Si è avvalso quindi di alcune immagini molto dense ed evocative, a partire da quella iniziale: il “respiro nero” è un’immagine cupa, densa, che racchiude benissimo l’impronta del narratore sopra commentato; meglio ancora, ne diventa in effetti lo strumento con cui poter disegnare. È un’immagine che ti aiuta ad aprire la scena in medias res, lancia il lettore subito nel campo delle percezioni, e il contesto, la parte “concreta” è relegata a un angolo, percepita confusamente soltanto in alcuni sprazzi tra le sferzate di tortura inflitte da Bellatrix – e non è un difetto, ci tengo a precisare, sto solo commentando il particolare taglio narrativo. Dico che oltre a essere un’immagine pregnante del potere crudele di Bellatrix è strumento del narratore, perché è di quel “respiro nero” che la narrazione si avvale per fondere passato e presente:

- Il respiro nero di Bellatrix si confonde con i tuoi ricordi, trasformandosi in fumo. Un treno fischia in lontananza in un ricordo sbiadito dal tempo. È ora di salire. Sospiri e memoria si cuciono sulla tua pelle, vestendoti di sofferenza. → Questo effetto in dissolvenza è molto cinematografico e ben riuscito. Questo alito scuro si trasforma in fumo e cambia scena, e mette in relazione due momenti molto diversi tra loro, creando un rapporto chirale, che mette una di fronte all’altra le due Hermione: quella 17enne e quella 11enne. Entrambe spaventate, entrambe tramortire, entrambe denigrate, ma laddove l’Hermione 11enne prende forza dalla sua ostinazione, l’Hermione 17enne ha bisogno di attingere alla forza del ricordo per aggrapparsi, quasi con disperazione, a quell’ostinazione che sembra sfuggirle. Ne approfitto inoltre per lodare la personificazione, l’ho trovata davvero elegante e delicata, nonostante il concetto che esprima sia doloroso.

È anche un tipo di narratore, poi, che ha una forte impronta introspettiva e che tende a rendere meno con le sequenze narrative, soprattutto se gestito in maniera impersonale come hai fatto tu. Ecco perché un altro punto a favore è stata la scelta di fondere le sequenze narrative e introspettive.

- Bellatrix scarica il suo peso sul tuo corpo trafitto dal dolore, hai la mente e le membra intorpidite dal freddo e dalla paura, non riesci a fare nulla, il tuo corpo non risponde ai tuoi comandi, ma ai suoi. → Qui, ma ancor meglio lo si nota nel ricordo, hai ben sfruttato il tipo di narratore, legando a ogni azione una visione – o reazione – più sensoriale. La narrazione, prima che dalla realtà, passa dalle percezioni, e questo ha reso l’immedesimazione molto forte, sembra non lasciare vie di fuga al lettore, che viene letteralmente avvolto dalle sensazioni e dal vortice di pensieri ed emozioni di Hermione. Il lettore è chiuso nella pelle di Hermione.

Il ritmo narrativo è molto rallentato, e il lettore viene proprio sospeso nel tempo. Adottando, poi, minuscole elissi temporali, fai sì che la percezione del tempo per il lettore sia indefinita e che ogni sensazioni duri momenti lunghi anche una vita. In questo senso, ho apprezzato l’espediente de “Dopo giorni di buio” che spezza completamente il rapporto “tempo della storia” e “tempo narrativo”: quelle che in realtà sono state forse ore di tortura ma anche meno, a Hermione sono parsi giorni.
Questo uso particolare del narratore è interessante, diverso da quello al quale sono abituata, ma credo che riesca molto bene nel suo intento. Ha il pregio di esaltare l’atmosfera, la sfera sensoriale e diventare un tutt’uno con la scena.
A un narratore così “rigido” hai accoppiato un uso delle figure retoriche molto “visive” che da un lato ti ha permesso di “colorare” la narrazione, dall’altro però ha portato carico a questa sensazione di “densità”. Sono figure che contribuiscono tutte a un unico scopo: esaltare la percezione piuttosto che il concreto. La visione che si ha non è del reale, ma è un’immagine del mondo sensoriale; inoltre, anche il reale si ammanta di una visione più astratta, più metaforica.

- Il suo respiro nero è alito che si condensa in ombre davanti ai tuoi occhi. → In apertura, ho proprio percepito quella “densità” di cui ti parlo. “Respiro” e “alito” sono sinonimi, a questo poi si aggiunge il fatto che a una sinestesia tu associ una metafora, altrettanto visiva, che personalmente carica troppo. Sono due figure retoriche d’immagine che fanno a pugni per accaparrarsi la scena.

- Ti abbandoni al respiro nero, sperando in un aiuto, ma ci sono solo ombre. Il buio ti avvolge. → Qui, invece, c’è una bellissima metonimia, dove a “ombre” il lettore è portato ad associare i nemici, la famiglia Malfoy e i Ghermitori, gli unici in effetti presenti nella stanza al momento della tortura. E continui con un’altra personificazione (spero di non sbagliare): il “buio” ha doppia valenza, perché oltre a diventare egli stesso un nemico in carne e ossa, diventa metafora dei nemici, della cattiveria e del dolore.

- Sai che per Bellatrix sei solo una sporca Mezzosangue, una rosa da insudiciare con insulti e maledizioni, sei in balia della sua bacchetta e della sua crudeltà. → Torna la metafora, ma credo che qui non sia stata usata a dovere, poiché credo che il verbo che la segue, “insudiciare”, non ha un’accezione che si sposa con la “rosa”, è quasi un ossimoro. Io avrei cercato un verbo che potesse far subire l’effetto alla metafora visto che è a lei che è legata la preposizione; inoltre avresti evitato l’allitterazione cacofonica tra “insudiciare” e “insulti”. Mi vien di suggerire qualcosa come “da far appassire” o “da recidere con la forza di insulti e maledizioni”, qualcosa che richiamasse, appunto, la sfera terminologica dei fiori.

Altro punto di pro e contro: la costruzione sintattica. A mio parere varia poco, inizi quasi tutte le frasi con il soggetto, o il verbo laddove il focus torna sull’introspezione della protagonista. Da un lato questo è un’espediente che ricalca l’idea del narratore “rigido” e “impersonale”, gli dà una cadenza; dall’altra parte, però, credo che nella lunga distanza, questa mancanza di variazione si faccia sentire e renda la lettura più pesante. Soprattutto perché, senza un gioco strutturale, si esaltano maggiormente le “ripetizioni”.
Mi ricollego qui per commentare il lessico. Utilizzi un registro medio, poco fornito nel suo insieme, dove, proprio a causa della struttura sintattica sopra citata, si notano maggiormente i termini riutilizzati più volte: corpo (e a tutta una serie di termini legati al suo campo semantico), dolore, mente, paura spiccano nel testo. Essendo, inoltre, molto cadenzato come ritmo, risulta essere caratterizzato da un’abbondanza di aggettivi possessivi, che nel complesso rendono la lettura più pesante. Si viene a creare nella mente di chi legge un ritmo ripetitivo, un’eco di suoni un po’ fastidiosa.
Infine, la punteggiatura.
Secondo me, hai usato un tipo di punteggiatura molto dura, in alcuni punti il punto fermo ha reso troppo frammentato il periodo, così che il ritmo andava un po’ a inciampare, mentre in altri hai adottato l’espediente dell’asindeto in una maniera che mi ha diviso, e per spiegarmi ti riporto alcuni esempi:

- Sai che per Bellatrix sei solo una sporca Mezzosangue, una rosa da insudiciare con insulti e maledizioni, sei in balia della sua bacchetta e della sua crudeltà. Ad ogni movimento del suo polso ti scuoti, e le scariche elettriche ti incendiano il corpo, non ti muovi, sei ferma ad attendere la fine. → Per certi versi, un uso così inusuale del ritmo dato dalla punteggiatura ha trasmesso l’idea di confusione e stordimento in cui è calato il personaggio; dall’altro ha confuso anche me in alcuni punti, come questo. “Sei in balia…” è una principale, non retta dal “sai”, e qui avevi due scelte: usare i due punti e porre la frase in evidenza, o mettere un punto fermo. Se avessi optato per il punto fermo, avresti potuto mettere i due punti dopo ed evitare l’ennesimo termine del corpo. Tipo: “Sai che per Bellatrix sei solo una sporca Mezzosangue, una rosa da insudiciare con insulti e maledizioni. Sei in balia della sua bacchetta e della sua crudeltà: un piccolissimo gesto, e scariche elettriche ti incendiano il corpo. Non ti muovi. Sei ferma ad attendere la fine.” Tra l’altro, le due frasi finali, anch’esse come nel primo caso scollegate dal resto del periodo, potresti separarle, usare una punteggiatura più netta, per rendere anche con il ritmo la sensazione che suscitano: ineluttabilità, resa, sconfitta.

- Hai gli occhi uguali a lei: pieni di caparbietà e ostinazione, ma la lealtà e l’impegno nella scuola l’hai ereditata da tuo padre → L’uso dei due punti qui è superfluo, oltre che a diventare scorretto per l’avversativa che non ha alcun rapporto diretto con “gli occhi”. Secondo me bastava mettere una virgola e creare un semplice inciso.

Se questo tipo di punteggiatura da un lato contribuisce a esaltare un tono incalzante, pressante, un tono narrativo che trasmette attraverso periodi più o meno lunghi, costruzioni caratterizzate da asindeto, una sensazione di agitazione, di qualcuno che dolorante e inerme cerca una via di fuga in maniera confusa e disperata, privata quasi del suo raziocinio; tutto questo dall’altro lato ha reso la scorrevolezza della lettura, un po’ confusa. Secondo me, per equilibrare, bastava moderarla in alcuni punti.
Altro elemento da equilibrare e moderare è l’uso dei trattini lunghi. Te ne riporto alcuni:

- Vorresti ricordare il volto di tua madre, vorresti ricordare come si sorride, ma non ce la fai – a mala pena riesci ancora a respirare → Non ho capito lo scopo di questa parentetica, il concetto espresso dalla seconda parte è consequenziale a quello della prima parte; quindi non si crea contrasto, non si ha una rivelazione sottile, non si ha un rafforzativo, non si mette in sottinteso una verità inconscia. Questo è uno di quei punti in cui la fluidità ti avrebbe aiutato a rendere un tono incalzante, tra il disorientamento e la disperazione. Il mio consiglio è quello di sostituire il trattino con una virgola o un punto-virgola.

- Intravedi forse un marchio – ti infanga il corpo, ma non capisci bene di cosa si tratta: hai i pensieri bloccati dal dolore, l’unica cosa di cui sei certa è la consapevolezza che stai per morire – la morte ha uno strano sapore metallico. → Qui invece c’è un po’ di confusione di punteggiatura, l’ho percepito come molto caotico questo periodo. Trovo che, al contrario del primo esempio riportato, qui il primo trattino abbia una funzione ottimale, perché è atto a rafforzare il concetto della prima parte. “Intravedi forse un marchio” ha un tono narrativo debole, incerto, che vuole esprimere la coscienza stordita e appannata dal dolore di Hermione; “ti infanga il corpo” mette in scena un tono agitato, sconvolto, oltraggiato quasi, come un impulso inconscio, quindi il trattino lungo qui ha la funzione quasi di esaltare un pensiero più inconscio, un guizzo che dura un attimo e poi sfuma. Ciò che manca è la chiusura: serviva un altro trattino lungo dopo “corpo”, non una virgola, ti avrebbe aiutato secondo me a rendere meglio quest’effetto veloce della parentetica. C’è poi una cosa che non mi convince: “cosa di cui sei certa” ha un significato molto simile, o che comunque viene inglobato, nel significato di “consapevolezza”, quindi per me è stato come leggere “l’unica cosa di cui sei certa è la certezza che stai per morire”; è come se ci fosse un passaggio di troppo, non so se mi sono spiegata. In realtà non ho mai visto una parentetica subordinata all’uso dei trattini – ecco perché prima ti ho detto che la punteggiatura è un po’ caotica – ma nel complesso, visto che l’uso dei due punti è corretto e che ti aiuta a rendere il periodo più fluido, credo che il risultato finale sia interessante.

- Volevi con tutta te stessa essere diversa dal resto del mondo – anche da quello Magico. → Anche qui si ripete la sensazione del primo esempio: l’espressione isolata dal trattino lungo è consequenziale al resto della frase. La frase, da sola, non ha una forza incisiva tale da giustificarne l’isolamento, e quindi non ha motivo di risaltare. Se volevi porre un sottinteso sarebbe bastato solamente il corsivo: avrebbe posto l’accento sul significato implicito di tale espressione senza spezzare il periodo.

Ci sono però alcune “ripetizioni” che invece fanno respirare la storia, come “Vorresti ricordare il volto di tua madre, vorresti ricordare come si sorride” o l’anafora alla fine; e ancora trovo, dopo tutto il testo caratterizzato da asindeti, concludere con una congiunzione è stato un tocco di classe, si ha proprio la sensazione che il testo finalmente si apra, che respiri.
Sullo sviluppo dei due generi segnalati posso soltanto farti i complimenti perché entrambi caratterizzano il tipo di racconto e hanno eguale importanza all’interno della narrazione.
In conclusione, credo che lo stile sia molto particolare, un po’ sperimentale e nell’insieme potrebbe funzionare davvero bene, ma credo abbia bisogno di trovare un suo baricentro, serve una limatura che ne stemperi gli eccessi.


Titolo, Introduzione e impaginazione: 8.5/10


Il titolo è incisivo. Personalmente penso che a prima vista può piacere così come può lasciare indifferenti, o addirittura infastidire proprio a causa della sinestesia. Sicuramente è un titolo che nel bene o nel male, comunque, ti rimane impresso proprio per la sua particolarità stilistica.
A un primo sguardo, l’ho trovato molto in linea con i generi, anzi penso che riesca a racchiuderli entrambi – introspettivo e dark – e a farne un mix davvero potente. Da un lato abbiamo la forma – la figura della sinestesia – che esalta appunto le tinte più oscure; è un contrasto forte, che richiama l’oscurità, la densità. Dall’altro abbiamo il concetto, che secondo me ha un richiamo molto introspettivo, con questa focalizzazione sul “respiro”. A dare un senso poi di forza è anche la sua formulazione senza articolo, la sua estrapolazione da qualsiasi frase che gli dia contesto.
Una volta letta la storia, penso che sia il titolo più adatto, proprio per quei particolari che ho già commentato nella voce “stile”. Il respiro nero si fa strumento del narratore, unisce passato e presente; inoltre è l’emblema della crudeltà e del controllo che Bellatrix ha su Hermione, nonché rappresentazione del clima di stordimento e dolore che quest’ultima vive.
L’introduzione, al contrario, mi è parsa priva di qualsiasi intento attrattivo, nel senso che è una buona sintesi e presenta testualmente molto bene la storia e il contesto e i personaggi, nonché il tema e l’argomento trattati, ma non sembra avere come intento quello di attirare il lettore; è priva, in altre parole, di qualche espediente stilistico o espressivo atto a intendere “apri e leggimi e vedrai”.
L’impaginazione all’inizio mi ha spiazzato, perché non tutti gli intenti sono immediati e di facile intuizione; e comunque ci tengo a precisare che quello che segue è la mia interpretazione, posso aver capito male io. Questo è un testo molto denso, dietro al quale si nascondono alcuni intenti, manifestati attraverso espedienti visivi, altrettanto importanti.
Partiamo dalla frase “non sei mai stata abbastanza” che scandisce il testo a intervalli più o meno regolari e che tu hai posizione centralmente nell’impostazione del testo. Io l’ho intesa come una “seconda voce narrante” o ancor meglio come la voce della paura, impersonata da Bellatrix tra l’altro. Credo che l’intento più evidente sia quello dell’impotenza di Hermione di fronte alla morte e alla tortura: non riuscire a superare questo sembra quasi come se tutto l’impegno fino a quel momento sia stato inutile. Ecco perché quel mantra. Importante, in questo caso, è il primo, in contrasto con la frase “ma li hai battuti tutti”. Sembra dire “ma non è servito a niente, alla fine morirai comunque, e per mano di una che rappresenta proprio tutto ciò che hai cercato di sconfiggere”. Questa frase, dopo, riappare davanti a ogni passo di resa di Hermione: davanti alla morte, davanti al dolore, davanti alla paura.
Infine, le frasi a destra, io le ho percepite come “insinuazione” tra i ricordi del reale, del presente nel passato. Sprazzi del “qui” e dell’”ora” in mezzo alle immagini del passato. Tra le tre, a spiccare è “Mezzosangue”, perché rappresenta secondo me un “combaciare” dei due tempi: da un lato Bellatrix che marchia la pelle di Hermione con tale termine, dall’altro il ragazzo sul treno che sussurra quella parola sghignazzante.


Sviluppo del tema, Caratterizzazione dei personaggi e IC: 27.5/30 (di cui 17.5/20 dell’IC e caratterizzazione)


- Ma li hai battuti tutti. Non sei mai stata abbastanza.
Parto da questa citazione della tua storia per commentare lo sviluppo del tema. Perché una cosa che ho apprezzato è stato il modo in cui, nel giro di un punto e un capoverso, hai distrutto Hermione. In quel “ma li hai battuti tutti” c’è tutto il suo impegno, ci sono tutti i suoi traguardi e tutti i suoi successi che vengono smontati e sbriciolati. Nel giro di un punto, tu l’hai portata su e l’hai lasciata cadere. Ed è stato geniale il momento scelto: la tortura e il dolore per mostrare tutta la fragilità di questo personaggio.
Da qui in poi è un cadere, un precipitare, uno sgretolarsi. Hermione cede al lato più nascosto di sé. E non perché Hermione non abbia mostrato in altre occasioni la sua suscettibilità e la sua sensibilità, ma qui si tratta di altro tipo di fragilità, tu sei scesa molto più in fondo, secondo me. Si tratta di qualcosa che Hermione aveva ben nascosto un po’ a tutti, persino a se stessa. Ed ecco perché il passaggio sopra citato ha tanta forza: perché dalle paure, dal giudizio degli altri fino a quel momento Hermione pensava di essersi riscattata, di aver vinto, delle fragilità più evidenti pensava di essere consapevole, di averle accettate; mentre è torturata, però, si accorge che non è così e che ci sono occhiate, sottintesi, una mentalità che va al di là delle singole battaglie, radicata talmente in fondo che non è possibile sconfiggere. E passo subito al finale perché questa storia sembra fare una domanda, lanciare un quesito: quando la battaglia è persa, bisogna rinunciare, cedere? Quando si è sconfitti, non bisognerebbe restare a terra? Hermione risponde di no, nonostante sul momento non abbia vie di fuga, nonostante abbia perso tutte le speranze, Hermione si aggrappa alla sua ostinazione. Ed è in quel momento che Hermione dimostra due cose: una è la fedeltà a se stessa, la capacità di bastarsi, nonostante il dolore, nonostante i pregiudizi e le frecciatine alle spalle che l’hanno ferita, Hermione ha sempre continuato per la sua strada, non elemosinando il ben volere di nessuno; l’altra cosa è la lealtà ai principi in cui crede, Hermione non tradisce la causa, non tradisce gli amici. Fedeltà e lealtà sono due caratteristiche messe in evidenza nel pre-finale, e scusa l’intromissione più soggettiva, ma non posso fare a meno di dirti che questo messaggio mi ha commosso tanto, perché Hermione è davvero un modello da seguire (e niente, scusami).
Altro punto che hai messo in luce attraverso il momento scelto è anche il modo in cui gli altri – o alcuni degli altri – vedono questo personaggio: spazzatura forse è un termine forte e poco professionale, ma secondo me rende bene l’idea. Anche se il narratore è concentrato su Hermione, di riflesso il lettore può intuire con quanto poco riguardo e cura viene valutata la vita di una Nata Babbana da alcuni esemplari di persone. Ed ecco che, nel modo in cui Hermione viene trattata, tu riesci a dare un quadro abbastanza intuitivo del modo in cui viene vista dagli “altri” e del modo in cui questi “altri” trattano una come lei.
La scena, ma ancora di più il ricordo, esaltano anche il modo in cui Hermione interagisce con loro: è una lotta, uno scontro di ideologie differenti, tra due mondi differenti, tra la lotta per i diritti di parità e il pregiudizio vissuto come uso comune e certezza assoluta – ottusità, scusami di nuovo il commento soggettivo. Hermione, davanti a queste ideologie razziali, decide di camminare a testa alta.
Hai davvero fatto un ottimo lavoro nell’esaltare il contrasto tra successi, desideri e paure, e tutti insieme miscelati dal dolore. C’è nel finale quasi un ritorno a sé, sembra che Hermione dopo un attimo di cedimento, vinca la tortura. Invece, guardando bene, Hermione non ritorna al punto di partenza, non vince, non torna a “batterli tutti”: Hermione decide di lottare, con una nuova consapevolezza del fallimento e della piccolezza dei propri gesti. Perché non è detto che Hermione riesca a farcela, ma non arrendersi fa la differenza, non arrendersi è tutto.
Prima di passare all’IC e Caratterizzazione, devo soffermarmi sull’estratto.
Credo che questo sia stato uno degli estratti più criptici, dove trovare la soluzione non era affatto facile, e dove solo a posteriori tutti i pezzi andavano a incastrarsi. All’inizio “prende le sembianze dei tuoi incubi” mi ha fatto pensare a un molliccio, ma ci sono molti dettagli che richiamano molto bene la tortura, non ultimo il fatto che sia il corpo a subire una qualche forma dolore, di scossa. Come ho avuto modo di dire, “ci sono solo ombre” dà subito l’impressione che il personaggio si trovi da solo, circondato da nemici. A questo punto pensare a Hermione doveva risultare abbasta scontato, soprattutto perché “il giudizio degli altri ti logora lo stomaco” – neanche a farlo apposta, l’idea del molliccio qui mi ha dato una mano insperata – ricalca molto bene l’impegno di Hermione nello studio, nel cercare sempre di dare buona mostra di sé agli insegnanti; inoltre richiama il suo dolore quando sente Ron, nel primo film, dire che “per forza non ha amici”. Nonostante Hermione cammini sempre a testa alta, viene mostrato in più punti come certi commenti riescono a ferirla. “Li hai battuti tutti” è perfetto per richiamare il suo primeggiare in tutti gli esami, il suo saper eseguire incantesimi avanzati, la sua conoscenza e la sua preparazione in confronto a quella dei suoi coetanei, e anche degli adulti, aggiungerei. A deviare, purtroppo, in questo estratto, è stata proprio quella frase centrale: “non sei mai stata abbastanza” non è facile ricollegare questa concezione all’Hermione che si evince dai libri e dai film, lei che ha sempre dimostrato di essere all’altezza della situazione – o quasi – che ha contribuito in più di un’occasione a risolvere i problemi dell’intreccio. Altra cosa che mi ha poco convinto è stata “hai sempre avuto paura di tutto”. Questo forse, ancor più della frase sopra, ha davvero sviato molto e non si adatta molto bene al personaggio: Hermione non è sicuramente priva di paure, ma una simile espressione fa pensare a un personaggio fifone, quasi impaurito della sua stessa ombra. Credo che sia stata un’espressione troppo forte, radicale per rendere al meglio Hermione.
Per il resto, ripeto, visto il taglio tanto metaforico non era facile indovinare; nonostante ciò, credo che questo vada a tuo merito, perché sei riuscita a creare un estratto criptico che, tolta quelle due imprecisioni, non mostra inesattezze.
E arrivo al commento nella sua interezza. Devo fare una piccola premessa: ho presunto che ti fossi basata sull’Hermione dei film, visto che quella dei libri non conosceva il significato di quella parola, né era a conoscenza di tutto questo disprezzo verso i Nati Babbani. Di conseguenza ho valutato l’IC e la caratterizzazione secondo il personaggio dei film.
Essenzialmente ci sono due cose che non mi hanno convinto: uno è il mancato entusiasmo il primo giorno alla stazione. Hermione subisce davvero tanto nella tua storia le occhiate degli altri, e ci sta, ma io parto da due presupposti, uno non tutti i maghi guardano con occhi scettico ai Nati Babbini e due lei non era la sola Nata Babbana dopotutto. Tutta questa consapevolezza a 11 anni mi è sembrata stonata. La reazione ferita di Hermione è qualcosa che sa di vissuto, mentre presumo che trovarsi a tu per tu per la prima volta generi una reazione un po’ diversa. Insomma, Hermione si credeva fino a un momento prima preparata, consapevole delle difficoltà che avrebbe incontrato, certo, ma comunque salda dei suoi studi, della sua conoscenza e di una salda sicurezza. Credo che la reazione davanti a tanto odio, per quanto poteva aspettarselo, avrebbe quanto meno dovuto sorprenderla, stordirla; è come se mancasse qualcosa nella sua reazione. Da parte sua, forse, mi aspettavo un po’ di ottimismo; voglio dire, Hermione non dovrebbe avere la consapevolezza di quanto l’odio di alcuni maghi è radicato nella società magica ancora oggi.
L’altro punto che mi ha poco convinto è la mancanza di entusiasmo, sempre nel ricordo. Hermione nei film si mostra saccente, ansiosa di mettersi in gioco, nervosa certo, mentre tu hai forse calcato troppo la mano sulla paura. Serviva non dimenticare anche il resto secondo me.
Detto questo una cosa che ho apprezzato è il fatto che il ragazzo sia anonimo: un qualunque ragazzo, forse non più incontrato o riconosciuto durante i suoi sette anni, che forse non ha neanche un volto per lei, ma che rappresenta l’odio cieco e ingiustificato provato a prescindere. Ho trovato molto sottile questo particolare, molto profondo, e ti faccio i miei complimenti.
Hai caratterizzato molto bene Hermione durante la tortura, la sua confusione, il suo stordimento; hai descritto bene ciò che si prova quando si viene colpiti da qualcosa che non si conosce – ed Hermione prima di quel momento non aveva mai conosciuto tanto dolore.

- Non sei mai stata abbastanza. → Hermione, così sicura di sé, così ostinata, davanti a tutto quel dolore, davanti all’idea di essere ormai a un punto dalla morte, crolla. Crollano le sue certezze, crolla la sua determinazione. Il dolore distrugge la sua forza di volontà, la sua resilienza, è talmente forte da farle desiderare di abbandonarsi alla paura e alla disperazione. Impossibilitata a reagire l’unico pensiero che rimbomba è: non sono abbastanza per sopravvivere a questo. E quando un pensiero simile rischia di diventare l’epilogo della propria storia, allora quell’idea si estende a tutta la sua vita: non sono mai stata abbastanza. Perché a distruggerla è proprio quel pregiudizio contro cui lei ha lottato. Hermione sembra dire: non sono mai stata abbastanza per sconfiggerlo. Tutto questo io ho percepito rinchiuso in questa frase che si ripete, che scandisce e unisce passato e presente, che ingloba tutto, ammanta con la sua disperazione anche il passato.

La cosa che mi ha colpito di più è stata la profondità con cui hai mostrato la sua fragilità, il modo in cui lei ha subito, in silenzio, gli sguardi e i pregiudizi degli altri. Nei film, ma ancora di più nei libri secondo me, vediamo Hermione non abbassarsi mai al livello degli altri – mai per difendere se stessa, quanto meno, lottare con grinta per gli altri e ignorare invece le frecciatine verso di lei – tenere sempre la testa alta. Nel secondo film, però, vediamo come nonostante affronti a muso duro Malfoy, le parole comunque hanno lasciato un segno su di lei; ed è delle tracce di quel segno che tu hai parlato in questa storia.

- Volevi con tutta te stessa essere diversa dal resto del mondo – anche da quello Magico. → Quest’idea mi ha un po’ diviso. Io non credo che in Hermione ci fosse la volontà di spiccare; anzi penso che Hermione sia il tipo di persona che raccolga lo scettro del potere solo perché è necessario, perché non c’è qualcun altro che lo possa fare. È vero poi che anche nel Mondo Magico le sue idee sono molto inusuali, vedi il C.R.E.P.A. Comunque penso che sarebbe stato meglio dare spazio anche alla voglia che aveva di integrarsi, di trovare il suo posto, in un mondo che fino a poco prima pensare essere una favola.

- Il treno fischia per un’altra volta e senti l’ansia salire, senza pensarci troppo entri nel treno dopo un ultimo cenno con il capo verso i tuoi. → Qui hai ricalcato perfettamente il modo di comportarsi di Hermione. Hermione è il tipo di persona che, nonostante la paura, va avanti, lo ha sempre fatto; lei combatte l’ansia gettandosi a capofitto nell’impresa, è l’azione che le dà sicurezza, ed è con determinazione che affronta le sue paure. Qui ho ritrovato una verità su questo personaggio, che va bel oltre la maschera che di solito si percepisce: Hermione non è indomita, il suo non è un coraggio cieco, Hermione lotta ogni giorno con le sue paure, e le sue fragilità non le ha mai rinnegate o soppresse, ma Hermione le ha indossate ogni giorno ricoprendole con tanta determinazione. Il suo è un coraggio quotidiano, che nasce dall’impegno, dalla forza di volontà, dall’indomito impulso all’indipendenza e alla parità di opportunità. Magari lei non si sente perfetta, e quella perfezione la rincorre sempre affannosamente, ma ha anche un’umanità disarmante, di quelle che dicono “tutti meritiamo”.

In conclusione, hai tirato fuori un lato più nascosto di Hermione, che va al di là dello stereotipo della ragazza tutto studio e saccenza. L’unico consiglio che ti do è di non lasciare indietro l’aspetto più “evidente” di lei, ma di inglobarlo con quest’immagine più profonda, in modo da renderla completa.


Gradimento personale: 3.75/5

Ho già detto tanto, e non mi dilungherò molto qui. Questa è stata una storia che ho apprezzato dopo varie letture. Non mi ha preso subito, lo confesso. All’inizio la sua struttura e lo stile denso mi hanno reso difficile concentrarmi sul personaggio. È stato un errore mio, me ne rendo conto, perché io tendo a utilizzare in maniera diversa il narratore in prima persona, e trovarmene davanti uno così “rigido” mi ha spiazzato. Dopo ho cambiato prospettiva, l’ho letto pensando di essere io il personaggio, e a quel punto tutto il suo potere evocativo mi ha colpito.
L’immagine che dai di Hermione è un’immagine forse troppo spinta verso la paura, ma sono davvero felice di aver trovato una caratterizzazione così particolare di lei. Mi piace perché la rendi umana, fragile, una fragilità che non diventa mai debolezza o che la caratterizza come dipendete dagli altri. Hermione è un personaggio con molti difetti, ma è un personaggio che ha una forte personalità, in lei io ritrovo la forza di una giovane donna che non vuole dare agli altri il potere di definirla. Penso invece che lei abbia molta consapevolezza di sé e che la misura in cui si appoggia a Harry e Ron sia direttamente proporzionale al grande cuore che ha.
Parte di questa visione che ho di Hermione, la tua storia è riuscita a darmela, e questo mi ha colpito in positivo. Non do un punteggio più alto perché comunque ci sono diversi punti in cui non mi sono ritrovata, ma non per questo il tuo lavoro è meno valido, anzi io l’ho trovato molto personale, con un’impronta tutta sua, e questo è sicuramente un grande pregio.

Punteggio: 58.1/70

Recensore Master
11/11/20, ore 17:50
Cap. 23:

tesoro, se avessi letto due righe di più avrei riconosciuto il tuo stile, perchè come al solito sei una grande autrice di ritratti femminili
Purtroppo Hermione non l'ho riconosciuta (non che io possa parlare ^^) perchè il respiro nero l'ho attribuito al dissenatore, e da li mi sono confusa, ma proseguendo l'hai approfondita benissimo al di la di quel'episodio. Non l'ho mai vista da questa angolazione: con le sue paure di bambina non nata in una famiglia di maghi che si confronta con qualcosa di così grande e diverso. La prima persona che la insulta - Draco, sì? - con "quella" parola pianta un seme di senso di inadeguatezza che forse l'ha davvero accompagnata, anche se l'ha nascosto benissimo
la scena della tortura è molto leggera ma fa effetto, perchè deve aver sofferto veramente tantissimo, ed è giusto dire che li stava per arrendersi.
tutto è molto emotivo, con tanto spazio per lo scavo nella psicologia del personaggio: a Nirvana piacerà!
bacio, tua Setsy

Recensore Master
09/11/20, ore 12:03
Cap. 23:

Ciao! Ero curiosissima di leggere la storia legata all'estratto di Hermione – quello in assoluto che più mi ha messa in difficoltà.
Leggendolo la prima volta non avevo proprio pensato a Hermione (anche se avevo intuito Bellatrix) e ammetto che non riuscivo a trovare corrispondenza tra l'Hermione forte e sicura che immagino e quella piena di insicurezze in ogni momento del passato come sembra trasparire dall'estratto. Mi aveva anche confusa un po' l'associazione troppo ravvicianta tra "Ma li hai battuti tutti" e "Non sei abbastanza" perchè, leggendo solo nell'estratto mi erano sembrati due cocnetti in antitesi.
Tuttavia, avevo intravisto una sapienza stilistica che mi aveva protata a credere che leggendo il testo integrale ogni cosa sarebbe andata al suo posto. In effetti, la grande insicurezza si spiega con il momento motlo cupo che la ragazza sta vivendo (forse il momento più cupo per lei di tutta la saga), un momento in cui è spinta a sentirsi una nullità e a riconsiderare non i momenti belli ma quelli brutti, non la determinazione di diventare una strega o il sorriso della madre, ma le occhiate cattive e la consapevolezza (ora marchiata) di essere una mezzosangue.
Penso ancora che forse l'enfasi su quel logorare continuo del giudizio degli altri sia eccessiva, ma l'Hermione che emerge è un'immagine interessante che ho trovato comprensibile e anche rispondente a una parte più segreta che non sempre viene fuori.
Anche quel "Non sei abbastanza" inserito in tutta la storia (e dunque ripetuto, come filo conduttore) assume un ruolo e un valore diverso che ha fugato i miei dubbi iniziali.
È stata una lettura interessante, per cui ti faccio i complimenti. Alla prossima!