Recensioni per
Non ho più bisogno di te
di sacrogral

Questa storia ha ottenuto 11 recensioni.
Positive : 9
Neutre o critiche: 2 (guarda)


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Recensore Junior
16/01/23, ore 17:45

Liquidare André dandogli un semplice benservito senza nemmeno guardarlo negli occhi è un brutto momento nella storia di Oscar. Qualcuno lo vede anche peggio ipotizzando che in fondo ella avesse una qualche forma di consapevolezza dei sentimenti di André e quindi una deliberata coscienza di infliggergli, in quel modo, una sofferenza. Non ne possiamo essere sicuri, qui si va nel campo delle interpretazioni personali dettate dalla sensibilità e dalle suggestioni per le quali non sarà mai dato di aver prova definitiva, ma anche senza la valutazione di tale possibile intensione, il suo resta un brutto gesto.
Quello che spesso ho trovato irritante di Oscar era quel suo dare le spalle nei momenti in cui doveva dire le cose più spiacevoli, fino quasi ad oltrepassare il confine del giudizio sommario; un po’ come quando aveva risposto piccata che “da una eventuale rivolta del popolo contro i nobili, André non avrebbe avuto nulla da temere, non essendo nobile”. Invece André avrebbe temuto molto per le sorti di Oscar e forse per quelle dell'intera famiglia Jarjayes essendo, nell’animo, un moderato ed avendo un chiaro legame profondamente affettivo con Oscar e di lealtà nei confronti della di lei famiglia.
È curioso che una donna così forte e determinata, in certe occasioni, neghi il suo sguardo. O parla sapendo di ferire e non è capace di affrontare uno sguardo antagonista e forse pure una parte di sé stessa, oppure la si dovrebbe prendere per realmente indifferente nei confronti della storia e dei sentimenti del suo prossimo, ma questo andrebbe in palese contraddizione con certi altri suoi atteggiamenti, invero generosi ed inclini all’accoglienza del parere altrui, specie di coloro di cui si fida.
Nella conflagrazione che seguirà a quella dichiarazione del “voler vivere come un vero uomo” senza l’aiuto di André, Oscar si ritroverà sconfitta su tutta la linea.
Il violentissimo schiaffo che ella infligge ad André in risposta alla sua pacata osservazione, scalfisce appena la salda posizione di André, gli piega solo il viso, ma non lo smuove di un centimetro. Di sicuro ella se ne rende conto e questo costituisce già il primo smacco al quale reagisce afferrandolo per il colletto della camicia. Nel momento in cui lui le afferra i polsi, lei prova dolore subito.
Quando erano ragazzini, lottavano alla pari, André forse era assai più gracile allora, ma adesso, fattosi uomo ha una possanza fisica che la sovrasta. Scontrarsi a mani nude non è come farlo con le armi in pugno. In uno scontro fisico vince chi è più oggettivamente più forte e chi sa bloccare l'altro meglio impedendogli al contempo la reazione e frustrandone le intenzioni.
Negli anni che sono passati André è cresciuto, si è fatto uomo e si è sicuramente irrobustito. Lo vediamo con chiarezza. I tratti del suo viso, sia pure gentili ed armoniosi rivelano una virilità conquistata ben maggiore di quella del ragazzo dallo sguardo spesso ancora teneramente infantile del passato. I polsi di Oscar scompaiono tra le dita di André, ella stessa sembra sconvolta da questa rivelazione e forse, più del dolore, vale tanto quel senso improvviso di smarrimento del vedere le mani grandi di André dentro le quali i suoi polsi sembrano sparire come quelli di una ragazzina.
È come subire una punizione da chi è veramente autorevole ed, ancora più che lo schiaffo, pesa l'umiliazione del riscoprirsi non proprio alla pari.
Oscar, abituata a primeggiare nell'arte della spada e del fioretto dove contano più velocità ed agilità, si trova messa a mal partito di fronte ad una espressione di forza bruta con una reale e marcata connotazione maschile, trovandosi a dover ammettere che ella non sarebbe stata invero capace di contrastarla sullo stesso piano. Ella non riceve un solo colpo, il solo fatto di sentirsi immobilizzata rappresenta la sua più grande sconfitta e cocente umiliazione. Improvvisamente si rende conto, al di là del gesto di André, che tutto quel suo dire, quella prosopopea a tratti delirante del volersi riscoprire “maschio”, fingendo di non avere le curve e gli attributi di una vera donna, per quanto possa essere esile ed efebico il suo fisico, altro non era che una vuota retorica. Cosa ancora più grave, una retorica involutiva quasi suicidaria. Oscar non tenta nemmeno di essere "un nuovo uomo". Tenta semmai di tornare indietro regressivamente ed essere il "ragazzino" di un tempo, quello che sulla femminilità non faceva alcun pensiero, se non forse una volta al mese, per qualche giorno, con suo grande disappunto e l'impaziente attesa che tutto quel fastidio finisse fino alla volta successiva. Da questo punto di vista Oscar era in palese errore su tutta la linea, come cadiamo noi stessi in errore quando, in preda ad forte dolore, seguito da una cocente delusione, torniamo a vagheggiare il miraggio di un’infanzia felice, senza le preoccupazioni e gli affanni della vita adulta, o le ubbie dell’adolescenza, quella della quale ricordiamo le cose belle, ma non gli incubi e le angosce. Ma soprattutto è l'infanzia in cui non ci dovevamo scontrare con la visione di un corpo che ha preso la sua forma definitiva, senza che ne sappiamo ancora molto, quella del maschio e della femmina con tutti i suoi caratteri primari e secondari in bella evidenza e che si ritrova in balia di pulsioni e desideri inusitati. Se c’erano state delle pulsioni infantili esse non dovevano di certo rapportarsi con un (s)oggetto di desiderio concreto, meno che mai in senso amoroso, ma restavano pulsioni astratte e semplici volte all’auto soddisfacimento immediato, per lo più senza conseguenze, come quelle del mangiare e del bere, ma che non avevano alcuna connotazione particolare che potesse guidare verso una qualsiasi forma di angoscia o di colpa.
Allora mi chiedo: Lo strappo era necessario? Ovvero poteva essere quello il solo linguaggio che Oscar avrebbe compreso in quel momento? Probabilmente si.
Se André avesse cercato di spiegare, come faceva in altre circostanze, con semplici parole, quelli che erano gli errori di Oscar, cosa avrebbe ottenuto? Nulla più che una nuova fuga, una ulteriore cattiva risposta, qualcosa in cui ella era tendenzialmente maestra da anni ed anni. In fondo un tentativo di spiegazione col dialogo Andrè lo aveva appena messo in atto con la sua metafora floreale delle rose e dei lillà ottenendo la risposta che abbiamo visto tutti.
Le rose di Versailles, da questo punto di vista, è un manga ed un anime pieno di personaggi che fuggono dalle realtà più disparate, soprattutto da un senso di realtà che si rifiuta di farsi piegare da schemi troppo semplici e da ideali sia pur nobili ed alti, ma che poi crescono e si rivelano capaci di fronteggiare il loro destino, però prima devono sbatterci la testa e farsi male. A volte anche molto male.
Una morale tutta “moderna”, che a volte assume il senso della mera formalità del farisaismo spicciolo, si sofferma troppo a discettare sul tema del “consenso” e fa sospettare che tra poco perfino i discenti dovranno manifestare un loro “consenso” per poter essere educati… Mi si dirà che cosa c’entra l’educazione con la sfera intima della sessualità e con i sentimenti. Forse poco o nulla, anche se nel processo educativo si entra spesso in intimità (ovviamente non fisica) con il discente, ma il fatto è che in quella scena il sesso non ce lo vedo con quella pruderie tutta moderna di certe manifestazioni cui ci stiamo, ahi noi, assuefacendo o quanto meno lo intendo come l’aspetto puramente formale, il mezzo, la materia grezza con cui si deve sostanziare un messaggio più alto e significativo.
Ma al di là della iperbole che ho espresso e volutamente cercato nella mia precedente affermazione, mi viene da pensare che solo il filtro della paura, della improvvisa mancanza dei punti di riferimento (ed André, per lei, un punto di riferimento lo era sempre stato) potevano far comprendere ad Oscar che stava solo arretrando nella sua vita a passo di gambero.
Il punto di partenza della scena dello strappo è una Oscar che si sente umiliata per il mancato riconoscimento della femminilità con cui aveva iniziato a fare i conti, almeno in embrione e con un certo ritardo da quando si era scoperta innamorata di Fersen. Vedendola disconosciuta in quel modo così rapido ed inequivocabile ella sembra reagire dicendo che tanto valeva sopprimerla. Insomma, Oscar cede di schianto all'impulso atavico di distruggere ciò che si ama, perfino di sé.
In questo ella si rivela degna figlia di suo padre nel momento in cui egli alza la spada su di lei e di fatto sembra dirle “Ti uccideranno per la tua condotta e per le tue scelte, tanto vale che sia io a farlo, in modo da lavare anche l'onta e la vergogna di quel tradimento”. Si tratta in pratica metaforicamente e simbolicamente la strategia della rimozione radicale del problema invece che della sua elaborazione e della sua interiorizzazione.
Oscar di fatto sta alzando la spada su sé stessa, intenzionata ad un sacrificio capitale della donna che ha scoperto di essere grazie al suo amore per Fersen; un sacrificio, per altro, completamente vano. Ad André non resta che avventarsi su di lei per impedirlo, come poi si avventerà sul padre con veemenza. In quella scena catartica probabilmente André ripara con un gesto che presenta da questo punto di vista delle forti analogie col precedente, quel fallo dell’aver “violato” dell’amica, ma soprattutto della donna amata, cui rivela i suoi sentimenti, l’intimità e la fiducia.
La peggiore rivelazione possibile di un amore che tuttavia non sapremmo immaginare diversa nella sua drammaticità. Quale sarebbe stata la reazione di Oscar ad una rivelazione in un momento ed in un contesto assai differente? Non è dato di saperlo ed è difficile immaginarla nel dettaglio. Forse l’ennesima fuga? Di certo avrebbe potuto essere potenzialmente talmente tanto ugualmente conflagrante a parti invertite che forse avrebbe annientato André una volta per sempre, specie quando egli aveva appena scoperto l’ulteriore fragilità di essere condannato alle tenebre. Ma torniamo a come sono andate le cose davvero...
Nell’immediato André sa che il mondo fuori da palazzo Jarjayes e fuori dalla testa di Oscar, non la starebbe a sentire, né le farebbe tanti complimenti ed André sembra quasi volerla mettere di fonte ad un anticipo (traumatico si, ma forse assai meno di quello che sarebbe stato altrimenti ed altrove) di quella che sarebbe stata la sorte di una donna in un mondo di uomini in cui ogni sua velleità sarebbe stata rintuzzata di mala maniera, in un secolo dove l’illuminismo non aveva impedito di tagliare le teste e di erigerle su di una picca... Oscar avrebbe potuto primeggiare in un mondo di duelli al primo sangue, dove ancora il senso dell'onore porta a dire ad Alain di essere stato sconfitto, ma non di certo in un mondo privo di regole e di cavalleria quale spesso è il mondo reale.
Ecco che quindi potremo dire migliaia di volte quanto il gesto di André sia stato sbagliato, potremo attribuirgli le peggiori intenzioni. Potremo farci avvolgere dall'indignazione e correre a rifugiarci nelle categorie moderne che sembrano essere così rassicuranti, così regolamentari, così apparentemente indicatrici di un sentiero dritto laddove la vita invece è tremendamente storta. Ciò malgrado viene da pensare che Per Oscar esso ha, di fatto, un valore salvifico. E forse Oscar aveva veramente bisogno di scontrarsi con l'idea di una vita storta, non regolare, scevra di ogni forma di protezione che la nobiltà le aveva garantito fino ad allora, e che di certo non poteva essere risolta con un duello all'arma bianca o alle pistole dove si vince e si perde e tutto finisce lì.
Scena cruda quella dello strappo? Certamente, ma erroneo sarebbe classificata come banale tentativo di stupro; altrettanto banale è cercare di edulcorarla in modo eccessivo. Probabilmente non è lontana da quella situazione in cui, dopo aver cercato di mettere un amico sull’avviso di una scelta improvvida e sconclusionata, finiamo per dare spazio al peggio di noi, alle nostre zone oscure che finisco per trasfigurare quello che in origine era puro e lecito, come quell’assioma enunciato da Umberto Eco ne “il nome della rosa”, dove dal troppo amore del bene nasce spesso il male, dove a volte il confine tra la saldezza del santo e la protervia del dannato è veramente labile e dove dalla sapienza cui si unisce un difetto di visione e forse anche un malinteso senso di orgoglio, finisce per nascere l’eresia e l’eterodossia. Una vicenda veramente complessa e sfaccettata densa di significati degni di essere presi in debita considerazione sicuramente non tagliata con l’accetta.
Viene da pensare – ovviamente cambiando tutto il contesto e le dimensioni degli eventi – che essa è simile a quella scena della versione filmica di "io speriamo che me la cavo" in cui un ceffone improvviso ed inatteso, ben assestato dal maestro al bulletto dalla bocca piena di coprolalia e minacce, finisce per sortire più effetto di quello che, se non una cronica debolezza, un eccesso di condiscendenza col male, forse riuscirebbe ad ottenere in anni ed anni di lavorio, ammantandolo di falsi intenti pedagogici, perché non è sempre del tutto vero che col male le sole armi possibili sono la pazienza e la perseveranza.
Ovviamente questo non significa che da oggi prenderemo a ceffoni i riottosi come un tempo o che insidieremo malamente le donne che rifiutano di capire i nostri sentimenti. Ci mancherebbe! Qui la questione non è quella di giustificare il patriarcato, né di limitarsi a dire che “il politicamente corretto ha stufato”, ma di riportare la discussione nel giusto alveo e di dare il giusto valore alle cose in base ad un principio di pertinenza che purtroppo sembra un po’ venire a mancare.
Il punto non è stabilire un principio etico sulla base del quale andare a valutare un'opera (specie se riferita a personaggi fittizi) ma di trarre da essa un insegnamento, anche in senso etico, però a posteriori, non a priori. Meglio ancora se è un'opera talmente pregna di vita – quasi vita propria – che ci fa capire e ci conferma e ci fa capire ulteriormente come la divisione tra bianco e nero e tra bene e male sia tutt'altro che netta e semplice e se ad essa ci accostiamo con le giuste prospettive, tutti potremo dire di averne ricevuto qualcosa in cambio e di esserne usciti addirittura un po’ migliorati come persone.
(Recensione modificata il 16/01/2023 - 08:18 pm)

Recensore Junior
15/01/23, ore 22:02

Lessi questa storia anni fa, durante i miei primi anni di liceo , ne ero stata catturata dall 'inizio alla fine; allora però non avevo compreso appieno il tuo insinuarti e scavare dentro l' animo di André ; oggi la riscopro, come si riscoprono le cose, di una lontana infanzia, di cui al tempo non godemmo di tutta loro bellezza poiché impossibilitati dalla naturale immaturità che ci rendeva bambini.La storia é un nodo che emoziona e turba il lettore. Nell' inizio;proseguendo ciò cambia come cambiano le azioni (anche se di poco, ma quel poco che fa cambiare forse il giudizio certamente l'interpretazione) intraprese da André quella fatidica notte. Hai colto ciò che per me André pensava e soprattutto sentiva(il pensare rispetto all'originale si fa piu duro il sentimento provato invece non l'ho mai visto racchiuso meglio di così ),


"Venti anni… venticinque anni di amicizia, dedizione, condivisione… e adesso “Non ho più bisogno di te” e tanto bastava, per congedare un servo, un subordinato, un plebeo.

Qui si coglie il tradimento che prova André che dopo più di vent'anni di amicizia si vede'' a suoi occhi"trattare come un servo senza neanche il diritto di essere guardato in faccia, in quell non guardarlo in faccia io invece ci vedo tutto il suo non essere servo e il suo essere importante per lei, ci vedo la codardia che poi la porta ad usare parlo dure senza motivo quel" Credo che non avro più alcun bisogno di te" nell'anime e il tuo “non ho più bisogno di te '' per me sottolineano una verità che Osacr ha incosciamente compreso ma che accetterà soltanto dopo, lei lo allontana perché deve imparare ad non avere più bisogno di lui, l'asprezza che gli rivolge é in realtà rivolta a se stessa alla sua debolezza. André non la rede nuda solo quella sera, lui l'ha rese nuda nell'anima da tutta una vita, per questo la sua presenza mentre soffre le diventa sempre più difficile da sostenere.

Che sarebbe rimasto cieco lo aveva saputo quel giorno stesso. Problemi anche all’occhio destro era stato il gentile eufemismo. Alla fine però il risultato non cambiava, era soltanto questione di tempo. Quanto tempo?

“Non ho più bisogno di te”. Quando il suo primo pensiero era stato per lei, il terrore di non poter più vedere il suo volto, la sua espressione particolare quando era assorta, la ruga fra le sopracciglia quando era pensierosa.

Questo punto ci fa sprofondare nell 'abisso insieme a lui, lui che prima di tutto ha pensato a lei come sempre , lui che si trova rifiutato,questo passaggio ci apre gli occhi su quanto quello schiaffo datto su quel lato del viso deve avergli fatto male, quello schiaffo è il limite che lei non doveva superare, quello schifo è l'umiliazione gratuita che gli infligge accecata non dal dolore ma dall'orgoglio, un umiliazione ripagata poi con una camicia strappata.



" non pensò neppure per un istante che quella forza calma, forza di terreno di montagna o di mare immobile, avrebbe potuto in qualche modo rivoltarsi contro di lei."
Mai André le aveva fatto del male
.
Già mai André le aveva fatto male perché non aveva mai voluto farle male,ma ora André voleva farle male perché lei a lui gli aveva fatto molto male come nessun'altro.
Su questo farle male concordo con te André quella sera ha il desiderio di lei in cui si perde ma ciò che lo fa scattare per me è il desiderio di ferirela e di umiliarla, ho sempre ceduto che il suo giuramento si riferisse al fatto che non avrebbe mai più usato contro di lei il suo essere donna.

Ciò che mi ha allibito (in maniera più incredula che negativa) allora è che ora mi allibisce sempre ma mi dona l'entusiasmo della consapevolezza sono i pensieri che André ha dopo perché per quanto duri sono in realtà molto verosimili. Quella mano sulla bocca la trovo strana perché non avrebbe pensato a ciò preso com'era, ugualmente i dialoghi che hai aggiunto ma non perché quelle cose lui non le pottese pensare(anzi proprio perché sono pensieri plausibile mi atteriscono,) ma perché dirle secondo me gli farebbe scattare la mola per fermarsi. Alla fine anche se mi hai lasciato perplessa capisco tua scelta di non mettere l'avvertimento OOC e in gran parte la condivido (molte storie vengono considerate nel persoggio anche se in realtà adolciscono i tratti più cupi, inoltre è anche difficile chiarire cosa sia nel persoggio, I personaggi dell ' anime e del manga sono differenti ciò è palese anche a me che letto solo qualche tavola del manga, anche la traduzione del anime cambia molto la senzazione delle scene, lo strappo da te trattato nella versione giapponese francese e italiana ha connotazione diversissime e secondo me cambia totalmente la percezione del loro rapporto, infatti ciò che ho scritto su Oscar può essere valido solo nella versione italiana) Ciao un abbraccio ❤️❤️❤️
(Recensione modificata il 15/01/2023 - 10:09 pm)

Recensore Master
30/05/21, ore 12:27

Ah lo strappo... quello è un episodio strano, figlio dei suoi tempi.

A tanti non piace la scelta matrimoniale del figlio del Padrino, il povero Michael Corleone, che, dopo una pessima scelta di quelle da cui non si torna indietro, mentre se ne gira per la campagna, vede Apollonia che mangia l'uva e si innamora, senza porsi le solite domande che noi diciamo alle nostre figlie femmine che sono importanti e cioè se lei è stupida o intelligente e quanto e soprattutto come, che di intelligenze ne esistono tante, e se è colta o ignorante e quanto e come (vedi sopra). Lui si innamora e basta. Così si informa subito, e, incontrato per caso il padre, mette in chiaro le sue intenzioni là per là - del resto che altro ha da fare? Mica è oberato di impegni.
Per alcuni è romantico, per altri maschilista e patriarcale: chiede al padre! gli fa capire che è un uomo che potrebbe farlo fuori da un momento all'altro! ma la povera Apollonia che scelta ha? povera ragazza! non si sforza nemmeno di conoscerla!
Altri lo trovano molto romantico - ad un certo punto ci si innamora e può capitare che uno dei due sia stupido, ma si è felici lo stesso, che nessuno si corrisponde mai al 100% e magari non ti interessa davvero che uno conosca la serie di Fibonacci o la capitale della Finlandia o solo una su due di queste cose.
Resta il fatto che lui era in Sicilia nel primo dopo guerra e non aveva incontrato la maestra elementare del paese, nata a Torino e lì a far punti per poi tentare di trasferirsi a Roma.

Ecco lo stesso è per lo strappo - è corretto che un uomo afferri i polsi di una donna e la sbatta su un letto per baciarla? è corretto che le strappi la camicia? Oggi diciamo di no - c'è di mezzo il consenso, che deve essere esplicito, magari la legge dice altro, nessuno lo sa in effetti, ma sentiamo che debba esserci un si, altrimenti non va bene. O prima o subito dopo.
Però capita, perché il mondo non è ideale e la gente è sempre la stessa e sbrocca e fa quello che non deve. Ma non ci devono essere camicie strappate, al massimo un bacio andato male. o forse nemmeno quello.
E quell'anime (o cartone animato) era della stessa epoca dei bodice-ripper, quando l'eroe doveva anche essere maschio della caverne e il segno del vero amore era la passione incontrollabile, che non poteva tradursi nella scrittura di brutte poesie, o nel darsi alla boxe, o alla corsa o alle nuotate nel mare gelido, ma in un gesto repentino, quasi imperdonabile e, fondamentalmente non irreparabile.
Altri tempi.

Altri tempi anche per la reazione di lei, che non gli rifila un calcio nelle palle, né lo sfida a duello per poi trapassargli un bicipite, ma gli dice che non ha più bisogno di lui, lo licenzia insomma. io con te non gioco più.
E lì il lettore moderno dice e tutti quegli anni assieme? E l'occhio? perché il poveretto ha dato un occhio per lei... Dove sta il risarcimento per quell'occhio, perché ora ci dovrebbe essere e dovrebbe esserci una pensione di invalidità e lui avrebbe dovuto essere addestrato e riconvertito per fare altro e magari con tutta quell'educazione ricevuta è un po' troppo qualificato per far quello che porta i vassoi su e giù per le scale, non potrebbe fare vita tranquilla, dedicarsi all'amministrazione di almeno parte dei beni dei Jarjayes? E se lo si licenzia ci vuole che venga concordato un accordo economico. E comunque lei deve sganciare gli anni del tfr. Magari può andare in pensione e poi aprire una partita iva e fare consulenze sui cavalli, che sembrano essere il suo unico interesse nella vita, a parte Oscar, ma non può certo mettersi a fare consulenze a Girodel, direi...
Invece lei lo licenzia e non si capisce poi lui cosa dovrebbe fare o dove dovrebbe andare - è licenziato come attendente di lei, ma resta assunto come valletto del generale? O forse lei dovrebbe versargli ciò che gli spetta e poi riprenderselo per compensare quello che spetta a lei, sapendo che però non è proprio un pari e patta e le cose non possono tornare come prima.

Altri tempi anche per il "dopo": che André tace sempre, scherza, mangia le mele, guarda di sottecchi, ma non dice mai le cose come stanno, che sia come sta il suo cuore o altre - è l'umo che sussurrava ai cavalli. E ora? come ci torna a quel ruolo defilato?

E' una storiaccia insomma. Che però smuove tanto.

Tu qui non la risolvi, aggiungi una nota cruda e fai vivere a lei il terrore di essere davvero presa là per là. E in fondo è giusto, non si può minimizzare. André ne esce più... strunzerello? forse più crudo. Con delle intenzioni, diciamo, con voglia di rivalsa, di ripagarla anche se di cosa si sa e non si sa - la gente ama e poi non ama, o non ama mai o fa al contrario e cioè non ama e poi ama e tutto questo fa passare il cuore di qualcun altro per un tritacarne, ma non ci si può e non ci si deve far nulla. Però la rabbia c'è e non ci si può far nulla neanche per quella.
E poi, direi, lo hai disegnato più cosciente del suo essere un animale.

Sei bravo, sei davvero bravo perché questo, come lo giri, resta un episodio ingrato

Nuovo recensore
07/05/21, ore 11:11

“Non mi fermo” pensava “Domani mi ammazzo, ma adesso lei è mia”
Ecco! Questo secondo me è Andrè... è il mio Andrè e ho adorato come lo hai descritto. Non ti conoscevo e adesso in due giorni ho letto quasi tutti i tuoi scritti. Complimenti davvero perché tu assieme ad altre 3 autrici in questo fandom, sei una persona che SA davvero scrivere. Te le dice una che non ha alcun titolo per giudicare, ma che si basa solo sulle proprie sensazioni personali. Sei capace di narrare dei fatti (e quello lo possono fare in tanti) avendo però la rara capacità, che io riconosco solo agli scrittori veri, di veicolare delle emozioni che il lettore, mentre legge, fa proprie. Come se quello che prova leggendo, faccia parte del suo stesso universo emotivo. Quindi complimenti alla tua preziosa capacità di riuscire ad entrare nella mente e nel cuore delle persone che ti leggono, portandole insieme a te in un "folle volo". Non recensisco tutto perché quando leggo le storie sono raramente seduta ad un computer, ma ti seguo e ti apprezzo molto.

Recensore Veterano
04/03/21, ore 15:39



Nessuno scriverebbe versi se il problema della poesia fosse quello di farsi capire. Il problema è di far capire quel quid al quale le parole da sole non arrivano. Ciò non accade solo ai poeti reputati oscuri. Io credo che Leopardi riderebbe a crepapelle se potesse leggere ciò che di lui scrivono i commentatori.” - Eugenio Montale -

Lo scarabocchio di violenta follia arriva quindi ad imbrattare con uno schizzo di inchiostro e  melma anche le pagine di questo tuo vecchio scritto che non avevo originariamente commentato, e, mentre la penna si sofferma sulla piega di carta e foglio che è topos nella storia della loro vita, il lungo silenzio di André soccombe al gesto che nasce proprio lì dove il passaggio tra realtà e fantasia si fa più angusto, dove la ragione risplende della lucida consapevolezza di essere stato dismesso e si offusca per intermittenza col buio del cuore che si accende, a sua volta, d’istinto e voglia e desiderio.
Si rimane, così, tutti invischiati tra la dinamicità di un movimento mancato, l’immobilità di quello osato e i ragionamenti di un uomo disperato che, dopo vent’anni d’esilio nella normalità felice, racchiuso in una felicità formale, perde tutto ma che, con la libertà che gli è resa e concessa, si libera dal giogo dell’amore muto, antico e giovane allo stesso tempo, spavaldo e ingiustamente spregiudicato e che esige di palesarsi non convinto di essere ascoltato, immaginiamoci sentito!
Quasi titubante si sofferma così su una metafora ingentilita di rose e lillà che rapisce di poche parole l’altra - Oscar - ma che è lungi da essere quella di un poeta vate perché la parola non quadra da ogni lato l’animo informe e che il malaugurato gesto ha la prepotenza di voler spiegare ma che a lettere di fuoco finalmente si dichiara in una confessione scarna e piena, amara quanto bella.
Il componimento è sofferto, dall’impatto forte dove le parole trovano completa aderenza ai desideri più nascosti di un uomo, non soltanto quelli carnali.

Episodio sempre difficile da raccontare ma che hai reso al meglio nella sua terribile realtà.
Sei stato bravo.

Minaoscarandre 

Nuovo recensore
20/02/21, ore 09:46

Sono silente spettatrice in questo sito da diversi anni... pur apprezzando (e anche un po’ invidiando 😜) la maestria di tanti autori/autrici, bravissimi... mai nessuna storia aveva vinto la mia atavica timidezza... sicurissima che mai avrei osato esprimere un mio “umile” pensiero a quello che ritengo in tutto e per tutto veri Scrittori...
E invece eccomi qui, a scrivere questo prolisso antefatto, cercando di commentare in maniera logica questa Meraviglia... che paradossalmente mi lascia senza parole!
Ok sto visibilmente peccando nel mio intento... cerco di rimediare:
Racconto splendido... mentre lo leggevo (e mi sono dovuta fermare diverse volte commentando ad alta voce il mio stupore!!!) sentivo che FINALMENTE qualcuno era riuscito a dare voce ai miei pensieri sulla famosa puntata 28...si penso anch’io sia andata così nelle “teste” dei Nostri. Hai tradotto quel groviglio di emozioni e sensazioni che mi portò dietro ormai da 15 anni buoni 😅 GRAZIE! Grazie per averlo condiviso, grazie per la fedeltà al carattere dei personaggi che amiamo e tu hai rispettato egregiamente, grazie per la cruda magnifica realtà....
non so se questa recensione abbia un senso... non la rileggo se no la cancello... quindi, chiudo dicendo VIVISSIMI COMPLIMENTI sacrogral... bravissimo davvero, grazie ancora!

Nuovo recensore
30/01/21, ore 23:35

Ciao, Sacrogral. Sono l'amica di cui attendevi la recensione. Ho un nome diverso perchè ho fatto una nuova registrazione dato che ho perso la password di quella vecchia. Ti ho già detto ripetute volte a voce quello che penso di questo racconto che, spero, risenta anche delle lunghe discussioni fino a tarda notte sotto casa tra i fumi dell'acqua tonica... Apprezzo molto la tua ricostruzione dei pensieri di André. Ritengo che Oscar dicendo ad André di non aver più bisogno di lui si stesse in qualche modo rivalendo del rifiuto di Fersen; in altre parole credo che lei fosse perfettamente consapevole dell'amore di André nei suoi confronti e che allontanandolo volesse in qualche modo far soffrire lui come lei soffriva per Fersen. Nella famosa notte delle lucciole, infatti, lei gli dice di meravigliarsi del fatto che lui la amasse ancora anche se lei si era innamorata di Fersen pur essendo consapevole, si direbbe da sempre, del suo amore. André nella puntata 28, secondo la mia opinione, reagisce quasi con odio perché dal discorso freddo e distaccato di Oscar intuisce la volontà di fargli del male. Tu hai reso molto bene lo stato d'animo di André dietro a quel gesto gravissimo: non solo passione, ma anche la rabbia, il senso di rivalsa, la volontà di ripagare con l'umiliazione la fredda indifferenza di Oscar, che lo stava allontanando solo per farlo soffrire. Bravissimo!

Recensore Junior
24/01/21, ore 12:14

Verbatim ac littertatim caro il mio Cavaliere generoso! Soprattutto perché dalla costola di questo scritto ne è nato l’altro che lo ha redento.
Vado dritta al nocciolo della questione: ora come allora questo André non mi convince. Ci siamo spiegati ne abbiamo parlato rivoltandolo come un calzino ma condanno - termine eccessivo, lo ammetto - non solo il gesto in sé, come ho sempre condannato lo stesso identico gesto nell’originale almeno da quando, divenuta un po’ più grande, ne ho compreso la gravità, ma anche e proprio la maniera in cui è stato scelto di colmare il non detto e cioè quel vuoto terribile che ci aveva però permesso, anche illudendoci sia ben chiaro, di salvare André dalla gogna.

André, sempre perfetto e misurato, nell’atrocità del gesto mi era sempre sembrato non padrone di se stesso, qui ho avuto invece la tangibile sensazione che lo fosse. 

È fuori controllo ma in realtà è lucido.

È consapevole di ciò che sta facendo, è sicuro di potersi fermare ma anche di non volerlo affatto.

Dice: “domani mi ammazzo!”  ma non si sente sbagliato, semmai  direi che è determinato.

Sa che lei non griderà perché “un soldato non grida” eppure per due volte le mette la mano sulla bocca! 

Stride anche che Oscar in un momento di una gravità tale possa chiudere gli occhi, sì, dal dolore e alla voracità del bacio, ma anche per qualcos’altro che potrebbe essere identificato con il piacere.
Sono sicura che lei abbia la consapevolezza del “pieno che riempie il vuoto” (è bella e suggestiva l’allegoria!) ma un atto come quello di André non si può considerare meno brutto in virtù della presenza di sentimenti belli e positivi quali sono il piacere, la passione e il desiderio, tutti raccontati da te splendidamente, direi appunto con passione indubbiamente anche un po’ sofferta.

Perfino lo strappo è consapevole, lui vuole che lei abbia i suoi occhi addosso ed il gesto pare  sia volto all’umiliazione.
È consolante però che in tutta la scena non vi è assolutamente l’elemento premeditazione, qui sei stata bravo a non cadere in quello che secondo me sarebbe stato un errore, il gesto scaturisce dalle parole di Oscar e da quello schiaffo, immotivato ed esagerato, che lei gli rifila senza battere di palpebra, la situazione è fluida, nel senso che è “in divenire” e André si muove sul sentire del momento, quando è entrato in quella stanza non sapeva ancora cosa avrebbe, la sua pazzia tuttavia mi è sembrata troppo lucida.

Tu hai saputo descrivere con la tua consueta maestria, anche di stile, le emozioni ed i sentimenti dei protagonisti, soprattutto di André, lo scritto è lodevole e, come già detto, sofferto; mi spiace però, e senza togliere nulla alla tua bravura, constatare che questo André non mi sia piaciuto, ma proprio non riesco a non vederlo più vicino alla condanna che all’assoluzione.
Direi che dovrai farti perdonare e proprio da lui in modo poi che lui si possa far perdonare da un tipo un po’ intransigente come me! Scherzo ovviamente

Fiammetta

Recensore Veterano
23/01/21, ore 15:04

Allora, io credo che il tuo sia rispetto e non un dispetto.
Questo racconto ha un significato particolare per me, lo sai. Ricordo l'irritazione che provai dopo averlo letto, già la consapevolezza del tuo immenso talento era in me, eppure vi era qualcosa che strideva, che mi irritò. E fu evidente nel mio commento.
Non ho più bisogno di te, una frase che vuol dire molto di più di un semplice congedo. Significa liquidare, dimenticare tutto ciò che è stata la loro vita, dimenticare "loro" per lenire un dolore che sembra unico, appartenere solo a lei.
André sa che perderà la vista, sa che la luce non sarà più sua compagna perché non potrà vedere più lei. Non può accettare quel "non ho più bisogno di te " quel fuggire di lei in un mondo di inconsapevolezza di sé.
La rabbia di Oscar genera quella di André, e una vita di silenzio e di una verità celata perché inaccettabile, cede davanti ad un desiderio di imporre se stesso all'altra.
Non fu la rabbia di André, né il desiderio di mostrarle quanto e come un uomo può desiderare ad irritarmi, è umano e comprensibile. Non avevo ritrovato quel "loro", quella consapevolezza di cosa era stata la loro vita.
Non ho modo di riportare a te quella istintiva irritazione che provai, ne resta il ricordo, almeno per me, nelle parole che scrivesti per me nella tua risposta.
Sarebbe facile per me ora, dirti parole diverse, ma non sarebbe onesto.
Questo racconto ha un valore particolare, è la genesi di altri racconti, di altro che ha portato la tua scrittura a essermi così preziosa.
Per il profondo rispetto che provo per il racconto e per te, devo rispettare ciò che provai in quella prima lettura. Tu sai cosa significhi il racconto per me.
Per ricordare di non dimenticare.

Nuovo recensore
22/01/21, ore 15:02

Semplicemente meraviglioso ❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤

Recensore Master
21/01/21, ore 14:15

Caro Sacrogral, ancora dal mio archivio un altro commento che ti ripropongo redatto come allora.

“Ciao Sacrogral, penso che tu abbia scritto questo pezzo volutamente senza filtro alcuno, nel senso che abbiamo letto molte rivisitazioni del fatidico episodio che segna l’allontanamento di entrambi, ma mai mi era capitato di leggere quali fossero stati i pensieri e le sensazioni che sono passate nel cervello di André prima e poi in ultima analisi nella sua coscienza. La crudeltà della frase di Oscar, perché è stato veramente crudele dirgli di non avere più bisogno di lui dopo una vita passata a supportarsi reciprocamente con la noncuranza che si utilizza per le cose inutili, parificandolo quasi ad un oggetto e non ad un essere umano con sentimenti che lei in questo suo modo assurdo di comportarsi ha ferito non considerando il loro pregresso. André ha vissuto quelle parole come una disfatta per tutto ciò che era stato e le sue facoltà chiamate tutte a raccolta si sono ribellate trasformando il mite, collaborativo, comprensivo André in un uomo che tira fuori la parte bestiale che ha nascosta in sé ed esplode. Nell’esplosione niente ha più importanza, ciò che importa è soddisfare tutto ciò che si è sempre tenuto celato nei reconditi angoli di cuore e mente. Non c’è più nulla per lui che valga la pena se non poter soddisfare la brama del possesso, voler prevaricare la volontà di Oscar affinché si accorgesse di essere una donna che poteva venire sottomessa e dominata da un uomo. Tutte le azioni messe in campo sono volte solo al godimento personale che si fa forte anche del dolore che sta imprimendo alla sua vittima, vuole forse portarla al limite, affinché gli chieda di smettere, cosa che non accade, perché Oscar in questo frangente ha compreso di non poter contrastare quella forza bruta che è esplosa e si è riversata su di lei come una colata di lava incandescente. L’unica arma che ha ancora a disposizione, ma lei non ne è consapevole, è il suo pianto, quelle lacrime silenziose che bagnano il suo volto e quegli occhi sbarrati di colei che non riconosce più chi ha davanti. E quello sguardo deve essere valso più di mille parole, perché André riesce a fermare la brutalità che si è impossessata di lui lasciando libere le sue mani e coprendo quel corpo che ha bramato di possedere per anni, che avrebbe fatto suo consensualmente e con la dolcezza del caso, non in un accesso di violenza che nemmeno lui ora sa spiegarsi. La mente obnubilata e frastornata dalle frasi pronunciate e il terrore di non poterla più vedere sono state la miccia che ha dato inizio all’incendio. La sua confessione è tardiva ma è costellata per ogni sillaba da lui pronunciata di un dolore profondo che ha radici lontane tenuto gelosamente nascosto per non ferire la donna amata. Una verità che Oscar ascolta forse senza comprenderne l’effettiva portata. André non è più il suo amico ma un uomo ferito per troppo amore che ha perso il controllo e che probabilmente ora ha perso anche se stesso.
Veramente un brano narrato con forza cadenzando gli atti che hai fatto compiere a questo André che, pur non giustificando l’azione spregevole che ha commesso, si può tentare di capire per la paura di aver visto il baratro nel quale si è sentito di sprofondare. Ancora una volta complimenti al tuo modo di narrare asciutto e privo di sovrastrutture che riesce magnificamente a far rivivere la scena che descrivi quasi fossimo spettatori presenti, talmente forti sono le immagini che le tue parole rimandano alla mente del lettore. Continua a raccontare di loro in quanto ti riesce egregiamente, magari anche una storia a più capitoli dove testare l’introspezione che fai dei personaggi che sembrano parlarti. Un caro saluto.”