Sarà anche un capitolo di passaggio ma è necessario per il modo in cui fa luce su determinati aspetti della psiche dei protagonisti è su certe dinamiche che saranno importanti nella trama; e soprattutto è scritto magnificamente.
Adoro la frase iniziale, l'accento su quel "silenzio di luna", e trovo che sia perfettamente calzante con l'atmosfera che si respira in tutto il capitolo, ma soprattutto con Andrej.
Andrej è proprio una di quelle persone che non possono essere sincere sotto la luce del sole. Soprattutto con se stessi. E una luce troppo limpida, accecante, netta, calda e senza vie di scampo per chi come lui gioca a nascondino con se stesso, e con la propria coscienza.
La luna (nella tradizione poetica ma anche nei Tarocchi) si associa alle anime sensibile ma inquiete, alla malinconia, ma quest'aria di assorta incertezza che essa si porta dietro può diventare pace per le anime tormentate che non vogliono o non riescono a esprimere il proprio disagio o rapportarsi coi propri sentimenti alla luce del sole. Per coloro che durante la routine quotidiana vanno avanti evitano, sopportando o perpetuando di tutto, evitando di guardarsi dentro; per coloro che sopprimono i loro problemi sotto una falsa allegria, finché essi alla fine rischiano di divorarli dall'interno. Di notte non si può fingere. La luna è più clemente del sole, non abbaglia e non crea illusioni, non colpisce con i suoi raggi chi la vuole evitare, ma allo stesso tempo non crea ombre e non la si può imbrogliare. Vengono a galla tutti i malesseri dell'animo che più si cercano di ignorare, più si manifestano sotto forma di impulsi malsani e/o autolesionistici.
Andrej vive in questo stato da quasi due anni: come ha detto lui nel primo capitolo, non si pensa più, non si *cerca* più. Ma l'arrivo del lupo bianco nella drudzina di Sergej (catturato proprio da Andrej, e pure per un equivoco) è il battito d'ali di farfalle che sconvolge tutta la percezione che Andrej ha di sé stesso, della sua quotidianità, delle sue scelte e delle persone con cui si accompagna. Sereb è la Notte che piomba nella vita di Andrej e lo spaventa sia perchè foriera di incertezze, sia perchè, con il suo silenzio, costringe il nostro ragazzo a fare i conti con se stesso.
Andrej vive lasciandosi trasportare dal flusso delle maree e trovando il modo per adattarsi in esse senza affogare. Il Lupo Bianco, invece, è un Don Chichotte che va fieramente controrrente in una società corrotta fin dalle fondamenta, perchè per lui l'integrità e più importante della sopravvivenza, e se il costo per seguire la propria morale e vocazione è rinunciare alla sopravvivenza, allora che sia: meglio una morte onorevole che una vita nella vergogna, dice lui ad Andrej.
Per Andrej, che ha fatto di tutto non solo per sopravvivere ma per farlo al meglio (cioè approfittando di ogni occasione e ignorando se stesso, galleggiando sulla superficie delle cose sia per non annegare che, soprattutto, per non affrontare i propri abissi) queste parole del Lupo Bianco non possono che risultare stupide.
E allo stesso tempo l'atteggiamento di Sereb è proprio una boccata di freschezza per Andrej, una ventata d'aria pura non solo dal cinismo che pervade non solo la drudzina di Sergej ma anche le altre frequentazioni/punti di riferimento di Andrej come ad esempio Lukas. E Andrej ci soffre in questo cinismo in cui tutti sembrano sguazzare, nonostante apparentemente sia lui stesso il primo a perpetrarlo. Perchè dentro di se', ben nascosto in quell'interiorità che si rifiuta di frugare e si diverte a mascherare, il giovane vulkulaki doppiogiochista ha un lato Romantico, idealista, forse più di molti altri personaggi che pure nelle loro scelte sembrano più duri e puri e meno disposti ad adattarsi e lasciarsi plasmare dal flusso caotico della vita come fa Andrej.
Per parafrasare qualcun altro che ha espresso il conflitto tra cinismo e idealismo meglio di quanto possa fare io, Andrej ha bisogno dello slancio generoso di Sereb, uno slancio verso un desiderio di purezza morale che non esiste più e verso una libertà impossibile, anche se sa che si tratta solo di un sogno matto.
Allo stesso tempo, Andrej ricorda a Sereb, in apparenza così in sintonia con la propria natura lupesca, una grande verità "da lupo" che Sereb sembra aver dimenticato: il lupo solitario da solo non sopravvive, in branco sì (cit. un tizio morto male a caso).
Sono complementari e opposti nel modo in cui si relazionano alla propria natura, questi due: per questo motivo il loro incontro, che non poteva che partire che da uno scontro, non potrà che portare sempre di più, mano a mano che le barriere dell'incomunicabilità vengono superate, a un arricchimento reciproco, di cui entrambi i personaggi hanno incredibilmente bisogno
Non "shippo" Andrej e Sereb, principalmente perchè uno è praticamente solo legata alla sua forma animale, l'altro a quella umana, ma mi piace la loro dinamica. Soprattutto in un senso platonico o, se si vuole, addirittura spirituale.
Il Lupo Bianco infatti porta Andrej porta a mettere in discussione se' stesso e il suo posto nel mondo, e quindi a soffrire, ma anche a ritrovarsi, a ritrovare lati della propria personalità che credeva perduti, e quindi, in seguito, a stare meglio, come si riesce a stare meglio solo dopo aver fatto pace con il proprio essere, in tutte le sue sfaccettature, contraddizioni e parti nascoste. Il senso di pace che Andrej sente di fronte al lupo è quello di chi ha ritrovato parti buone e dimenticate di sé stesso che si hanno seppellite per comodità quotidiana, o paura di essere derisi. E la pace di chi, dopo una vita di decisioni sbagliate o opportunistiche, prende una scelta dettata dall'altruismo e dalla propria integrità, e dentro di se' sa che non tornerà più indietro.
Solo quando prendi una boccata d'aria fresca dopo mesi in una città fumosa e ti senti ricongiunta (o) con te stesso (a) e con ciò che ti circonda, in armonia perfetto col Tutto, una parte minuscola ma soddisfatta nello scorrere del mondo e della Natura.
Per quanto riguarda il rapporto tra Ilyas e Aisha, confermo quello che ho scritto (con altre parole) nella scorsa recensione: l’unica “cosa” *vera* che Ilyas ha è Aisha, l’unica ragione per cui per lui valga la pena non solo combattere, ma uscire vivo dai combattimenti. È il suo bene superiore per cui sopportare la sofferenza e fare sacrifici, il suo motivo per resistere in un mondo che ha voluto più volte piegarlo o spezzarlo. E forse per questo è legato a lei in maniera quasi ossessiva, come altri personaggi (primo fra tutti Sasha) noteranno andando avanti: perchè se perde lei, anche solo metaforicamente, Ilyas perde il suo scopo, la sua ragion d’essere da quando ha dodici anni.
È terribile ovviamente che fin da ragazzino Ilyas abbia dovuto sentirsi sulle spalle (metaforicamente e non) il peso della responsabilità, della sopravvivenza e del benessere della sorellina poco più piccola di lui. Ma, ora che sono entrambi maggiorenni, è anche un peso per Aisha ricoprire questo ruolo per Ilyas, quello dell’essere l’unico motivo per cui il fratello rimane attaccato alla vita. È una responsabilità psicologica enorme, tanto più che da un lato Aisha non saprebbe nemmeno come sopravvivere senza suo fratello, dal momento che lui si è sempre addossato il ruolo non solo di protettore dell’altra, ma anche di colui che cerca denaro e rischia la vita per entrambi...ma dall’altro è Ilyas stesso che non permette alla sorella di aiutarlo, perchè è talmente tanto ossessionato dalla sicurezza di Aisha che non capisce quanto sia difficile per la ragazza rimanere ferma con le mani in mano mentre lui rischia continuamente la propria incolumità. La protettività di Ilyas per Aisha da un lato la tiene al sicuro dall’altro rischia di trasformarsi in una gabbia per la ragazza, che infatti comincia a mostrare i primi segni di insofferenza, curando il fratello nonostante le sue recriminazioni (e così facendo prendendosi addosso il ruolo di protettrice che nella loro dinamica di solito spetta a lui) e socializzando con Sasha contro il volere di Ilyas. Mi ha dato i brividi il modo in cui Aisha racconta al giovane nobile la propria storia- fredda, con distacco, come se non fosse nemmeno accaduta davvero a lei, ma a qualcun altro di cui ha sentito nel tg. La trovo una scena terribile e dall’impatto emotivo più forte che se la ragazza si fosse messa a piangere raccontando, ma allo stesso tempo la reazione apatica e impersonale di Aisha è coerente sia con l’età che aveva quando il villaggio suo e di Ilyas è stato bruciato, sia con il suo carattere e con il modo in cui, vedremo più avanti, la sua mente tende ad elaborare i traumi. Se Andrej gestisce il dolore infliggendosene altro, e Ilyas scagliando la sua rabbia contro il mondo, Aisha rimuove. Dimentica, o almeno crede o si illude di averlo fatto.
Qui sta la differenza tra Ilyas e Aisha: il cervello Aisha ha rimosso i suoi peggiori ricordi (spoiler), la madre e il periodo dell’infanzia sono per lei un qualcosa di vago e fiabesco, la memoria di un tempo a cui si torna ogni tanto per attingere speranza e coraggio ma che sembra quasi esser stato vissuto da un’altra persona. Aisha fa fatica a sentirsi frustrata per il tipo di vita che lei e Ilyas fanno e il trattamento che ricevono dagli altri, perchè, benchè la giovane sappia razionalmente che sono terribili condizioni in cui sopravvivere, non riesce a ricordare di aver mai vissuto in un altro modo. Ilyas ricorda tutto: il peggio che ha passato, che non gli è dato di dimenticare, ma solo di ignorare fino a quando non arriva un “trigger” che scatena il ricordo. E il periodo felice vissuto con la madre, e la fine brusca di esso. Tutto ciò che per Aisha è una rimembranza vaga e lontana per Ilyas è una ferita viva e bruciante. Forse per questo Aisha cerca di tenere a mente gli insegnamenti e le frase che la mamma diceva loro, mentre Ilyas ammette alla sorella che cerca di pensare alla madre e alle sue parole il meno possibile: perchè quando ricordi, quando ricordi DAVVERO, ricordare (anche le cose felici) fa troppo male (soprattutto se queste cose felici poi ti sono state strappate); ma quando ti sembra che le esperienze che hai vissuto, che hanno segnato la tua vita e l’origine della tua sofferenza, siano poco più che sogni nella tua mente, fai di tutto per tenerti attaccata ad essi, per avere delle risposte, dei motivi, dei salvagenti a cui aggrapparti.
Il tema della memoria e del modo in cui affrontare i ricordi è molto importante nella tua storia, ed è una cosa che mi piace e che in particolare si addice a Ilyas e Aisha, che sono di fatto profughi e orfani di guerra.
A parte i ricordi, da cui fuggono, sono tutto ciò che è rimasto l’uno all’altra: il loro è un rapporto stretto, simbiotico, tanto necessario e salvifico quanto soffocante e tragico. Sono curiosa di vedere come si evolverà, come faranno a diventare meno codipendenti senza perdere l’affetto reciproco: prevedo un’apertura al mondo di uno o una dei due, una momentanea frattura, e poi una riappacificazione che segnerà l’inizio di un rapporto fraterno più sano e paritario, sempre incredibilmente stretto (non potrebbe essere altrimenti dopo tutto ciò che hanno passato insieme) ma in cui I ruoli non siano più così definiti tra Ilyas-il protettore e Aisha-l’eterna bambina da proteggere. Penso che uscire da questi ruoli rigidi possa essere una liberazione per entrambi. Vedremo.
Per ora Sasha, prima ancora di Lukas, è il primo elemento estraneo che si inserisce nella bolla in cui vivono i due fratelli, e la incrina leggermente senza volerlo, senza cattive intenzioni. Ma dopo anni passati a chiudersi tra di loro e in loro stessi, le prime aperture al mondo di Ilyas e Aisha non possono che avvenire sotto forma di crepe.
(Recensione modificata il 08/11/2022 - 04:43 pm) |