Più leggo questa lettera, più riesco a percepire l’amarezza, la stanchezza, l’avidità e, soprattutto, quell’incapacità di lasciare andare, nonostante la sofferenza, che più spesso di quanto si possa pensare controlla il cuore del genere umano.
Sono parole agrodolci, di un amore che consuma, e consuma, e non smette di divorare l’animo, anche quando di esso restano solo poche e sparse briciole.
A questo punto ci si chiede: è davvero amore, o solo un’ossessione, tossica al punto da amare l’essere danneggiati da essa?
Una lettera breve e concisa, in cui le parole s’incastrano alla perfezione le une alle altre, e ben descrivono il messaggio che vuole trasmettere. La ruggine del barattolo, l’acidità dello yogurt, l’asprezza del limone sono una bella rappresentazione dell’amore nocivo che non può far altro che accecare, al punto da condurre all’annullamento del proprio essere (come può suggerire l’atto dello sciogliersi e purgarsi nell’acqua di mare).
Ancora una volta, hai svolto un bel lavoro, breve ed intenso, in grado di comunicare tanto con, sì, poche parole, ma ben soppesate.