Mi sono sentito coinvolgere tremendamente da questa poesia.
Una poesia preziosa. Preziosa come i rubini e gli smeraldi che la animano, senza però ostentazione.
Connubio perfetto tra mente, corpo e natura: foglie come cuori e sangue, ricordi come vento "che soffia nella mia mente".
Un autunno che incede regale, di fronte a cui tutto si ritira per farlo passare, con l'ossequiosa ipocrisia di chi sta morendo.
Grande sensibilità, che finisce per evolversi in profondo disagio, senza mai perdere l'equilibrio, rimanendo sempre pacato ma deciso: "non voglio finzione". Anticipato da quel "ballerine sgraziate".
Un bello spirito, puro e vergine, anima ogni parola. Uno spirito che non riesce a sopportare la parvenza di una vitalità forte e pulsante. Che non si lascia incantare dalla bellezza di retorici paesaggi. Bellezza percepita come belletto.
L'unica cosa di cui avremmo bisogno in questo momento sarebbe l'eternità, il non morire. Il desiderio di un'anima in pieno vigore che si sente, nascostamente, agonizzare.
Stavolta non voglio terminare con un giudizio, che peraltro traspare da quanto ho scritto sopra. Voglio solo aggiungere che mi sarebbe piaciuto scriverla anch'io una poesia come questa, libera da qualunque schema formale eppure così intensa. Ma non ci sarei riuscito.
P.S. "ardua" suona contro ogni regola grammaticale, ma ci sta, ci sta. |