Recensioni per
Gli imprescindibili doveri di un'anima ferita
di Ingridark

Questa storia ha ottenuto 4 recensioni.
Positive : 4
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
23/12/21, ore 23:08

Una poesia che mi ha colpito nel profondo, negli abissi anche della mia anima. Ricordo anche io quei sentimenti di enorme sconforto e paralisi nei confronti della vita, e a 24 anni ancora ho da impararne a riguardo, ma ti posso dire una cosa: tutto si supera. Sempre, cara Ingrid. Attenzione a quell'allontanamento dagli altri, perché poi potrebbe farti sentire il freddo della solitudine. Quello che bisogna trovare nelle relazioni umane è un equilibrio di modo che entrambe le persone non si feriscano, e forse è un messaggio utopico, ma penso che ciò possa esser realizzato se ci sta di mezzo una volontà ferrea che possa permeare quella stessa anima che adesso senti rottamata dalle delusioni che hai provato. Il tuo dolore è lecito, e le tue eventuali lacrime anche, ma nel dolore bisogna sempre trovare la forza di rialzarsi e superare gli ostacoli nonostante tutto. Dobbiamo stringere i denti e farci forza.

Sempre più in alto, sempre più lontano è il mio motto.

Spero che le mie semplici parole possano esserti state, anche se un minimo, di sollievo, ed anch'io ne approffitto per augurarti buone feste!

Credo in te,

AP.

Recensore Master
22/12/21, ore 09:32

Cara Ingridark,
questo è uno scritto che fa male leggere. Si riesce a percepire tutto il dolore che ti ha portato a fare tutte queste considerazioni negative sulla vita di questa anima ferita nella quale ti sei perfettamente immedesimata.
Il male ha colpito duro e lei ne è risultata schiantata; la sua anima soffre come il suo corpo. E allora la mente cerca un escamotage per sfuggire a tutto quel dolore sperando che, atteggiandosi in un certo modo, esso non possa più ledere.
Ecco che tenta di diventare dura e impassibile, costruendosi una muraglia che nessuno più possa oltrepassare per abbattere su di lei la negatività che porta con sé.
Uno può provare a mettere in atto questi propositi, per cercare di salvaguardarsi, ma è molto complicato, perché certi atteggiamenti non sono confacenti alla propria indole e quindi tutto si risolve in una ulteriore battaglia anche contro se stessi.
I versi finali sono però quelli più difficili da digerire, dove quasi ci si annulla in funzione delle malefatte altrui, arrivando a pensare di non meritare nulla. Se si è portati a comportarsi in una data maniera il proprio io, presto o tardi, prenderà il sopravvento e allora comincerà il riscatto di quella anima ferita che ha il sacrosanto diritto di tornare a vivere.
Uno scritto che indubbiamente induce a profonde riflessioni e per cui ti ringrazio.
Nel mentre colgo l’occasione per porgerti gli auguri per delle feste serene. Un caro saluto.

Recensore Master
20/12/21, ore 07:40

Una poesia tremendamente coinvolgente.
Toglie il tappo a un effluvio di meditazioni.
Come tirare l'acqua. Azionare lo sciacquone su un wc troppo sporco.

È bello come vengono strutturate le quattro strofe, con quel verso bisillabo sempre uguale che le introduce una per una.
Come un monito, martellante, perché bisogna essere sicuri che venga assimilato; quasi si avesse il timore di sbandamenti, di ricadute.
Belli i versi corti, quasi singhiozzanti, testimoni di un ragionamento faticoso ma inderogabile. Versi al di fuori di qualsiasi schema poetico.

E adesso provo a dare ascolto alle tue suggestioni.
Calatomi anch'io, una delle infinite volte che lo faccio.
C'è in ballo roba forte, il segreto della serenità e di come non perderla.

Le prime due strofe si spalleggiano l'un l'altra. Si basano sull'idea che è meglio prevenire anziché curare. È un concetto che si è diffuso a macchia d'olio in questi tempi di pandemia. Ma è un'idea che trovo troppo vincolante, che limita troppo la libertà di esporsi a nuove relazioni. Costruire muri impastati di cemento e lacrime: è un processo troppo doloroso, non spontaneo, intrapreso per limitare i danni provocati da altri dolori. Non funziona, l'anima non si libera. L'anima si chiude ancora di più.

La terza strofa suggerisce l'ideale del Nirvana, l'apatia, un concetto innaturale che può portare, nelle sue estreme conseguenze, alla ricerca della morte e all'automummificazione, il Sokushinbutsu giapponese.
Fa solo paura. Non funziona per noi che siamo ormai avvelenati di cultura occidentale.

L'ultima strofa è la più dolorosa di tutte, la più difficile da accettare. Desideri stratificati di farsi del male. Sensi di colpa come se non ci fosse un domani. Non abbiamo colpa, se la nostra anima è stata violentata. Se ci è stata rubata l'innocenza.

Dobbiamo cercare altre strade. Inventare nuove morali.
Troppo difficile la Via Crucis che vuoi percorrere qui.

Calatomi, ma non liberatomi.
Un abbraccio.

Recensore Junior
19/12/21, ore 19:40

Wow. Beh, mi ci sono molto identificato, a dir poco. Credo che mi sia arrivato ció che volevi comunicare.
Questo bisogno di rimanere imperscrutabili di fronte alle tragedie... sinonimo di un corpo che ha sofferto troppo, più di quanto dovesse o riuscisse a sopportare o fosse in generale giusto, quindi l'animo non ne parliamo.
Una qualità utile alla sopravvivenza, per meglio dire necessaria, che vorremmo un po' tutti.
Solo che nessuno di noi è Iron Man e a volte è bello anche sentire e soprattutto permettere alle emozioni che si hanno di fare ció che preferiscono.
Se ci si meriti o no di essere vivi in un mondo crudele in cui si è costretti a diventarlo a propria volta pur di andare avanti non lo so, peró quasi ogni persona penso abbia il diritto di provare a essere all'altezza.
Se falliamo, sappiamo cosa fare.
E se vinciamo, pure.