Cara Gladia,
torna il tema dell’abisso in cui Azipharale precipita – un abisso che è specchio di quello della perdizione e della ribellione di Crowley e di come tutto, anche il bene e il male, possano essere relativi - ma che qui è visto anche come un abisso dei sentimenti, una caduta in un sentimento ingestibile e incontrollabile, che sfianca ancorché l’angelo è solo, privo delle ali, vincolato tramite delle catene che feriscono il corpo – e il legame, naturalmente, è Crowley: più lui si allontana, più Azipharale soffre perché i vincoli si stringono e feriscono e soffocano – che splendida immagine, che hai creato. Sembra di vederlo soffrire davvero e non posso fare a meno di pensare ad alcune delle tue bellissime opere disegnate. Il problema dei legami che vincolano Azipharale sta nel fatto che non vuole strapparli, non vuole né può slacciarli. Così l’angelo rimane vittima di una tortura eterna, che non è mai letale, ma che lo lascia sospeso in un’agonia straziante, irrisolvibile, come quelle domande a cui lui vorrebbe dare una risposta, quei perché che non hanno risposta se non nell’assenza. Non so che altro dire se non che scrivi delle poesie meravigliose e intense. Ti faccio i miei più sentiti complimenti, davvero.
Un abbraccio,
Shilyss
P.S.
Poi vabbé, la colonna sonora di questa recensione è la ost de “Il Corvo”, quindi adesso sto con i lacrimoni! |