Cara Ingridark, sei riuscita a scrivere, al contrario dell'argomento trattato, una poesia piena.
Piena di bellezza.
Quasi come un metronomo il titolo, il primo verso, l'ultimo verso, il verso interno ("Il vuoto") separato ed evidenziato.
Martellante ("Di… Di… Di…", "Ogni… Ogni… Ogni…") la prima parte. Trasposizione a parole di quel tipo di arte pittorica (chiamata appunto "horror vacui") che sente il bisogno di riempire di dettagli, di non lasciare nessuna parte vuota di tela.
Poi, l'ultimo "Terrificante" fa da ponte tra prima e seconda parte.
Qui cambia leggermente lo stile. Verso la fine compaiono due virgole, e un verso che inizia con la minuscola.
Piena di meditazione.
Ancora una volta - nella seconda parte - affronti il processo doloroso - ma indispensabile per sopravvivere - di scavarsi dentro.
Passi dal contenitore, l'Io, al contenuto, l'anima. Occorre sentire il bisogno di depauperare l'Io di tutto ciò che sta fuori - Facebook, Tg, e altri mondi virtuali - e affrontare ciò che sta dentro.
Qui la cenofobia, la paura del vuoto, diviene agorafobia, paura dello spazio ("immensità della mente") o l'opposta claustrofobia, non riuscire a farsi spazio fra i "ricordi che inseguono".
Ma è solo con la meditazione che si vince la paura e si fa posto per la sua antitesi, l'amore. Di sè, del Creato.
Grazie della condivisione. Un abbraccio. |