Ciao, cara!
Passo a lasciarti il commento scritto per la prima parte di Riflessioni sulla scrittura.
Di questo testo mi hanno colpito sin da subito gli incisi in corsivo racchiusi nei trattini, con quella serie di parole affastellate prive di punteggiatura, atti a ricreare un ritmo affannoso nel primo caso (“affollato opprimente arido”) e a sottolineare concetti importanti nel secondo (“adozione famiglia affetto”) senza spiegarli approfonditamente, ma più con l’intenzione di scagliarli addosso al lettore come pietre (e, per quanto riguarda il protagonista, come se volesse spingerli lontani da sé).
Ho apprezzato particolarmente anche la scelta di lasciare la narrazione più discorsiva degli eventi sulla sinistra e di relegare i dialoghi a destra, marcati ancora di più dalla scelta di scriverli in corsivo. In questo modo, i dialoghi sono in una posizione di rilevanza e hanno l’intento (direi più che riuscito, in questo testo) di delineare scene precise che affiorano nella mente del lettore, che si trova così ad immaginare in maniera estremamente vivida spaccati di vita del protagonista. Con poche frasi che alludono a situazioni presenti nel canon, al lettore vengono dati indizi sul carattere di Tom: la sua propensione al predominio, la sua indipendenza e la sua tendenza all’isolamento fin dalla più tenera età, conigli che penzolano impiccati e bambini che piangono. Il tutto viene condensato attraverso dialoghi estremamente ben riusciti, che non è un elemento da sottovalutare in una flash, in cui lo spazio è poco e in cui ogni parola deve racchiudere, con la giusta sfumatura, un interno universo.
Ho notato anche che dalla seconda metà della storia, l’utilizzo degli incisi tra trattini cambia leggermente. Con la crescita di Tom si riscontra anche una crescita delle sue emozioni, e queste vengono racchiuse nei trattini. È una scelta intelligente perché così queste sono in una posizione predominante, ma anche perché il fatto che siano separate dal resto del testo e quasi “rinchiuse” riflette nello stile ciò che succede nell’animo di Tom, che per sua natura rifiuta ogni emozione. Abbiamo quindi l’arrivo a Hogwarts e soltanto “vuoto vuoto vuoto”, la scoperta di avere una famiglia e “debolezza purezza ebbrezza” (intrigante l’assonanza) ma anche “rinnegato abbandonato dimenticato”. Mentre nel resto del testo si ha la razionalità dei suoi progetti, del futuro, della collera che si dispiega in grandezza, della decisione di radere al suolo il mondo per sovvertire una gerarchia sbagliata, è negli incisi che si svolge il dilemma interiore, che si ha l’irrequietudine. Questo fino a poco prima che Tom decida di essere Voldemort, soltanto allora c’è un attimo di cedimento (in lui e nello stile che ne riflette così bene la caratterizzazione) e le emozioni, quel “senso di rimpianto”, sconfinano nella narrazione. Ma è soltanto un attimo.
La scelta del lessico è perfettamente calibrata, ogni parola è scelta con cura per avere più di un piano interpretativo e più di una sfumatura. Cito solo alcune delle scelte che mi sono piaciute di più e che ho trovato più significative: “notti strappate da incubi”, “marcio avvinghiato alle ossa”, “radici senza terra”.
Un ultimo appunto sul finale, messo al centro, in corsivo e separato dal resto del testo da un asterisco. Qui non abbiamo più la focalizzazione sul punto di vista di Tom, abbiamo un narratore onnisciente che salta avanti di anni, verso il futuro, facendo balenare nella mente del lettore ciò che succederà. La conclusione “diranno di lui, non sapranno di te” è amarissima, con questo rivolgersi direttamente al protagonista.
Aggiungo che è una storia davvero bellissima, che ho letto con gran piacere.
A presto!
Un bacio,
Mary |