Comincerò dall'inizio, dicendoti che hai probabilmente pessimi gusti in fatto di titoli, visto che il tuo è davvero bello.
Amo particolarmente i titoli 'lunghi', che sono frasi e non una coppia di parole. Perchè trovare l'armonia accostando due o tre termini è relativamente facile, e ti evita un sacco di grattacapi, mentre trovare una frase che non sia solo una frase, ma per il suo significato e la sua sonorità abbia 'il fisico' per vestire i panni di un titolo è molto più difficile.
Quindi prima di tutto ti faccio complimenti per le parole che hai scelto, per poi saltare a piè pari in fondo alla tua storia, dritta sopra le tue lunghe note (*__*), per dirti che le ho lette con piacere e sono d'accordo con ogni pensiero che hai voluto condividere con noi.
Come te io ho amato il finale che Doyle voleva dare al suo personaggio, amando allo stesso tempo ciò che ha scritto dopo averlo forzatamente 'resuscitato'. E in fondo mi sento un po' come il contadino fortunato che si ritrova la botte piena e la moglie ubriaca, libera di bearmi di 'quella' morte per poi passare a leggere il seguito.
Ed esattamente come te ho poca considerazione per la seconda innominata signora Watson, fatta di un niente così pesante da cambiare il corso della storia. Non la odio però. Perchè Doyle di espedienti narrativi fa un uso talmente smodato da costringerci a farci l'abitudine, ed alla fine li chiami per nome, senza ingigantirli nè renderli più reali di quanto non abbia fatto lui.
Il segnale che Doyle dà con questa fantasmatica seconda moglie è importante, e non si può ignorare, MA qui non siamo nel suo mondo.
Qui siamo nel 2011, ed ogni cosa può e deve essere cambiata perchè tutto resti uguale.
Questo è uno tra i tanti motivi per cui io leggo/scrivo/fangirlo esclusivamente sulla serie BBC, navigando lontano dal canone. Perchè questa è un'occasione unica per poter rielaborare il prodotto di Doyle, epurandolo dagli 'espedienti narrativi' senza togliergli un grammo della sua essenza. (Sì, è ANCHE perchè gli attori sono fantastici... Infatti ho detto che era uno tra i tanti motivi. )
Dopo tutto questo inutile farneticare di titoli e note, direi che è arrivato il momento di parlare della tua storia, che ancora una volta è stata dura, durissima da leggere.
La tua propensione ad indagare il dolore in ogni sua forma è una costante di ogni tuo lavoro, ed ogni volta tu vai a battere esattamente lì dove il dente duole di più, approfittando della libertà che questa serie ci offre per sommare due morti che nella realtà appartengono a due strade parallele.
Ma tu le vuoi tutte e due.
Insieme.
Perchè aspiri al massimo grado di disperazione, che qui appare ovattato dagli anni eppure ancora feroce, e spaventoso, per poi trasformarsi nella desolazione di una vita che avanza verso il nulla, dopo essersi lasciata alle spalle tutto ciò c'era importante.
Watson è forte, ed è ancora qui. Ma le cicatrici lasciate dalle due persone che ha amato e perduto sono su di lui, e non potrà nè vorrà mai liberarsene.
Il motivo dell'acqua è trattato con abilità. Sei riuscita a legare tra loro tutti gli elementi sotto questo unico comune denominatore senza forzature, lasciando che l'acqua scorresse lungo tutto il racconto, nella sua forma fisica come in quella metaforica.
Insomma... Leggere questa storia è stato 'doloroso e meraviglioso' come leggere L'ultima avventura sapendo che non c'è altro. Che finisce davvero lì.
Sei riuscita perfettamente a ricreare quell'atmosfera, prolungandola in un'infinta ed atroce agonia.
È bello poter provare questo dolore, senza riserve, e poi poter volgere uno sguardo tranquillo a quella botte piena sulla quale ronfa una grassa moglie ubriaca.
(Recensione modificata il 30/07/2011 - 12:15 am) |