Ah, amore bello e caro di zio Fil, certo che quando ti cimenti con l'angst ci vai giù pesante, eh?
Fino all'ultimo ho temuto a) il peggio e b) di scoppiare in singhiozzi molto poco dignitosi per un ragazzo robustamente omosessuale come me (e questo che caspio vorrebbe dire?!)...Per fortuna il peggio non si è verificato; in compenso ho pianto come un vitello, evvai! XD
Deliri da checca egocentrica a parte, è inutile specificare che questa seconda parte m'è piaciuta tantissimo, anzi che l'ho amata in tutta la sua acuta bastardaggine mista a dolore fisico (ne sono uscito distrutto fisicamente, sentiti in colpa!); la canzone è stato il colpo di grazia, credo.
-“Non so perché le abbia conservate. Forse speravo che saresti tornato, prima o poi, pur non credendolo possibile. E invece mi sbagliavo, a quanto pare. Non avevo fatto i conti con i tuoi machiavellici piani” dice fuori dai denti, fissando un punto davanti a sé. “Ma tre anni sono troppi, Sherlock. Il gioco è bello quando dura poco”.
Le sue parole sono dure e spietate, colpi che vanno a segno uno dopo l’altro -se ne accorge dal modo in cui Sherlock sussulta e ogni traccia di felicità, sicurezza o quel cazzo che è si cancella dal suo viso.
E’ una piccola vittoria, così meschina, ma John non se la sente proprio di mostrarsi minimamente comprensivo e magnanimo e in pace con il mondo.
Ho alle spalle tre anni di brutte giornate, a causa di questo stronzo.
-“Ciò che proprio non riesco a comprendere, Sherlock, è: perché io? Perché sottopormi al supplizio di assistere al tuo finto suicidio? Perché usarmi come pedina?” domanda implacabile, incalzante.
Le ferite del cuore si sono riaperte e sanguinano e fanno male, e John rimane malignamente sorpreso ascoltando la gelida fermezza della sua voce, da cui traspare solo una rabbia troppo a lungo sopita -non un tremito d’incertezza o di dolore.
“Fosse stato per me non ti avrei mai coinvolto, John. E’ stato Moriarty ad impormi di scegliere un testimone ignaro e pertanto in buona fede -un amico che credesse ciecamente alle mie parole”.
“Avresti potuto scegliere Lestrade. Perché proprio io?” lo interrompe seccamente.
“Davvero non lo capisci, John?” mormora Sherlock voltandosi verso di lui. “Era a te che volevo dire addio” e sembra così fragile mentre lo dice.
-Si è buttato senza paracadute. Ma -di nuovo- che cazzo c’entro io?
Di colpo per John la situazione diventa troppo irreale e confusa.
Scoppia a ridere, ma è una risata vuota, senza gioia, metallica.
Sherlock lo guarda -un lampo di panico gli attraversa il volto- e allunga una mano ad accarezzargli la guancia sbarbata quella mattina.
Lui ride senza riuscire a smettere, schiaffeggiando la mano invadente dell’altro; ride come riderebbe un condannato a morte che ha ottenuto la grazia un attimo dopo l’iniezione letale.
Ride in preda all’isteria, perché è tutto così dannatamente grottesco.
Ride come possono ridere solo i pagliacci del dolore. E’ proprio così che si sente: un clown dal cuore spezzato.
E’ insostenibile, mioddio. Non ce la faccio.
E’ tutto chiaro, adesso.
La lacrima solitaria, le piccole premure, quegli sguardi, i suoi sforzi pari a zero per mettere a tacere le voci che li indicavano come una coppia, il primo appuntamento disastroso con Sarah, la Vigilia con Jeannette.
Ha avuto le prove sotto il suo naso per tutto il tempo, ma non le ha volute considerare per ciò che erano.
E’ stato cieco.
E’ stato cieco.
Ecco, in questi punti ho sentito il mio fragile cuoricino perdere i pezzi. Ma la conclusione, quel "Se non ci metti troppo, ti aspetterò tutta la vita”, beh...Devo ancora riprendermi.
Bella, bella, bella. Bravissima <3 |