Impavido sul monte, fiero e altero,
il cervo regnava, il sole declinava
e tingeva il cielo.
Mi ferì la luce bianca
e il sogno-realtà fluttuava.
Venne da me il profumo acre del bosco,
delle foglie ingiallite sul terreno umido
mentre raccontavano ai germogli nascosti
la loro primavera.
Il cervo scese il declivio
cercò un riparo e s’adagiò.
Riposava in un dormiveglia
tra l’oblio e un’improvvisa
realtà di fuga.
Correva e dormiva, dormiva e fuggiva;
tra gli alberi filtrava la luce incerta
del vicino tramonto.
Tra il pulviscolo dorato intravidi, riflesse
moltitudini di persone disorientate in cammino.