Ugh... questa raccolta è stata dimenticata da secoli, ovvero quasi un anno e mi dovrei davvero, davvero vergognare... ma chissà, ora che ho finito Secrets and lies, magari riuscirò a fare qualcosina di più. il più, come dicono su Twitter gli sceneggiatori di The Mentalist, è vincere la pigrizia e iniziare! ma prima, rispondo alle recensioni della volta scorsa....
naki17: sì, lo so. il fianle era stato fatto così apposta, per non fare capire fino all'ultimo se Lisbon avesse scelto Jane o Mashburn. sono perfida, lo so...
Aoko: Sì, Jane lo faccio spesso così. perchè, come lui stesso dice, Lisbon non è trasparente, ma traslucente, e le sue emozioni, il modo in cui sono percepite, è mutevole. ed inoltre, jane è spesso un po' "insensibile" quando si tratta delle persone a lui più vicine (e di cose serie)....
Amy90: ma, nella quarta per ora ci sta smepre Lisbona a dire che Jane lo sopporta perchè chiude i casi, ma poi, chissà in futuro....
Limonata
e Biscotti
Comportarsi
male per Patrick Jane non era una cosa
strana; dire che le volte che aveva effettivamente ascoltato Teresa
Lisbon
potevano, effettivamente, essere contate sulle dita di una mano non era
nemmeno
un’esagerazione, ma la semplice verità. Quel
giorno, però, Jane aveva fatto del
suo peggio, spuntando tutte le voci della lista del “non si
fa” che Lisbon
stessa aveva provato ad imporgli nel corso degli anni (non provare a
sedurre la
vedova della vittima, non entrare nella casa di un sospettato senza
mandato per
prepararti comodamente del te e lamentarti poi che non hanno gusto; non
contaminare
la scena del crimine, non rubare prove, non far arrabbiare giudici e
procuratori distrettuali, non uscire dalla macchina a meno che io te lo
dica, non
metterti in mezzo ad una sparatoria, non farti rapire dal sospettato di
proposito
per tentare di dimostrare che hai ragione, non fare il mentalista
mentre sei
sotto tiro, non ipnotizzare testimoni o indiziati) ed era riuscito a
fare tutto
di proposito.
Certo,
non era la prima volta che aveva disobbedito
di proposito agli ordini di Lisbon, ma normalmente si conteneva,
limitandosi a
fare una o due cosette, giusto perché adora godersi le
reazioni furibonde di
Teresa. Quando si arrabbiava con lui, c’era sempre un certo
fuoco nei suoi
occhi, una tale passione…. Era come se la passione che non
poteva mettere nel lavoro,
troppo presa dalle regole da seguire, fosse scaricata nei loro litigi.
E lui lo
adorava. Vedere il fuoco negli occhi di lei permetteva alla sua mente,
almeno,
di sognare, sognare cose che desiderava ma che non poteva avere, non
ora, almeno,
o forse mai. Il fuoco scatenava brividi lungo la sua schiena, lo faceva
impazzire, gli faceva desiderare di essere abbastanza coraggioso da
afferrarla,
spingerla contro un muro, baciarla come se fosse stato un cavernicolo,
e
possederla... quando vedeva quel fuoco, nella notte, chiudeva gli occhi
solo
per poter essere visitato da quelle visioni di una bellezza dagli occhi
verdi e
i capelli scuri. In quei sogni, immaginava di ballare con lei,
immaginava
picnic sull’erba sgargiante; a volte, sognava di arti
intrecciati, soffici
carezze e dolci bracci sotto soffici lenzuola bianche in una casa sulla
spiaggia, a volte invece si trattava di un abito bianco ed una chiesa,
altre
volte di passeggiate nel parco con due biondi gemelli, un bambino ed
una
bambina dagli occhi verdi, ma soprattutto, si trattava di loro due,
accoccolati
l’uno contro l’altra, su un divano o sulla
spiaggia. Spesso, questi sogni erano
ciò che rendevano le giornate di Jane degne di essere
vissute, ciò che gli
permetteva di andare avanti giorno dopo giorno. Viveva per quei sogni,
e l’unico
modo per accendere i suoi sogni era vedere quel fuoco negli occhi di
Lisbon.
Quel
giorno non lo aveva visto; quel giorno, tutti
i suoi sforzi per farla impazzire erano stati vani. Qualcosa non andava
con
Teresa, come lui la chiamava nei suoi sogni. Qualcosa non andava fin
dal
mattino, quando aveva ricevuto una telefonata, qualcosa che
l’aveva scossa così
profondamente che non aveva mai lasciato i confini del suo ufficio, per
nessuna
ragione. Era così silenziosa e chiusa, e non si era
infervorata nemmeno quando
aveva avuto la faccia tosta di andare a chiederle scusa per tutte le
sciocchezze
combinate durante la giornata. E, per giunta, a notte fonda era ancora
chiusa
là dentro… perché Teresa lavora sempre
fino a tardi, ma mai fino alle due di
notte.
Jane
sapeva che Lisbon non aveva avvertito la sua
presenza, sapeva che non aveva capito che anche lui fosse ancora
lì, sul suo
amato divano, perso nei suoi stessi pensieri, né si rese
conto che lui poteva sentire
il pianto ed i singhiozzi convulsi… un solo, semplice
singhiozzo, e lui era già
lì, al suo fianco, al fianco di quella donna rannicchiata
sul pavimento in
posizione fetale, tremante. Jane non esitò, la
abbracciò, quasi a divenire un
unico essere con lei, e sussurrando inutili sciocchezze nelle suo
orecchie per
tranquillizzarla, iniziò a disegnare con la punta delle dita
cerchi invisibili
sul soffice tessuto rosso della camicetta di lei, e mentre lei
impregnava la
camicia azzurrina di lui con le sue lacrime, tenendolo stretto come se
la sua
vita difendesse da quello, lui non chiese mai perché, le
semplicemente permise
di lasciarsi andare.
“Mia
zia- iniziò lei ad un certo punto, ancora
piangendo, senza lasciare andare la camicia di lui, come se fosse
l’unica cosa
a tenerla in equilibrio, il suo unico contatto con la realtà
– la sorella
minore di mia madre, è mancata questa mattina. La sua
macchina è stata colpita
da un camion. Il tizio voleva evitare un cervo.” Teresa prese
un grosso
respiro, e attese la risposta di Jane, ma lui non parlò. Non
disse nulla perché
sapeva che non toccava a lui. Sapeva cosa si provasse a perdere una
persona
cara, e ricordava l’astio verso coloro he continuavano a
chiedergli come stesse
e fare altre sciocche domande. Sapeva che se Lisbon avesse voluto
parlare,
sarebbe toccato a lei e lei sola. Non aveva intenzione di farle
pressioni
riguardo alla sua vita privata, non così, non ora. E poi,
lei stava già
aprendosi con lui, perciò, quando si fosse sentita pronta,
sapeva che lei gli
avrebbe detto il resto.
“Viveva
nello stato di Washington, si era
trasferita lì dopo il matrimonio. Era un posticino piuttosto
tranquillo, una
cittadina vicino ad un lago, casette di legno vicino ai boschi, tutti
che conoscono
tutti, una cosa così. I ragazzi andavano ai campi estivi
nelle vacanze, ma io
preferiva andare a trovare lei, a passare l’intera estate
insieme, io, lei, suo
marito e le sue due figlie. Sai, c’era questa vecchia signora
lì, io andava a
darle una mano, spese,
medico, farmacia,
questo tipo di cose, e lei mi pagava, non molto ma abbastanza, e io
usavo quei
soldi per contribuire, anche se zia Laura e zio Craig non volevano, ma
io, io
mi opponevo, sai? Perché era così che funzionava
a casa. Papà era ubriaco dal
mattino alla sera, non riusciva più a tenersi un lavoro, e
io dovevo aiutare
come potevo.” Smise di singhiozzare, e Jane sentì
Lisbon sorridere contro il
suo petto, i capelli di lei gli solleticavano il mento e lui dovette
reprimere
l’improvviso bisogno di baciarle il capo, inspirare
il suo profumo,
vaniglia e cannella. “Ci faceva sedere in giardino, le sue
figlie, Veronica e
Juliette, e le nostre amiche, Sam, Jess e Cassie, ed io, e ci serviva
limonata
fresca e biscotti con zucchero a velo appena sfornati. Da ragazzina, mi
sembrava
di tornare ad essere bambina, di essere solo Teresa, e non la figlia di
Carl o
la sorella e figura materna dei ragazzi, ma quando sono cresciuta, lei
continuò
a farlo, e spesso eravamo solo noi due, e ci raccontavamo le nostre
faccende da
donne. Le ho detto tutto, Jane, le ho confidato ogni cosa… primo
bacio, primo ragazzo, quando mi sono sentita pronta per perdere la
verginità,
il giorno in cui ho deciso che sarei andata all’Accademia, la
volta in cui ho
creduto di essere incinta, Bosco, il CBI, i miei successi, i miei
sogni, i miei
problemi, la squadra… mi aveva detto che non era giusto
chiedere a Wayne e Grace
di chiudere, che dovevo far aprire di più Cho, che dovevo
condividere di più la
mia vita con voi, e che doveva essere divertente lavorare con
te… lei sapeva
tutto, Jane. Era l’unica con cui potevo parlare,
l’unica con cui potevo essere
davvero me stessa. E adesso l’ho persa. Lei era la madre che
mi è stata
strappata, e adesso ho perso anche lei.”
Jane
chiuse gli occhi, e si arrese. Inspirò il
profumo di lei, impregnandosi nella memoria l’immagine di
cosa stava accadendo,
e ruppe il silenzio, senza mai cercare gli occhi di Teresa, senza mai
cambiare
posizione. “Non smetterà mai di essere quella
madre, Teresa- sussultò lei,
sorpresa dal tono di voce dolce, dal fatto che l’avesse
chiamata per nome e di
come quel nome suonasse lieve e perfetto pronunciato da quelle labbra,
quelle
labbra appoggiate contro la sua fronte – lei e tua madre
saranno sempre una parte
di te. Non le penderai mai, fino a che le terrai con te, nel tuo cuore.
Ed un
giorno, sorriderai pensando a loro, e quel giorno, i bei ricordi
avranno la
meglio su tutti i pensieri negativi; un giorno, ricorderai tua madre
alla tua
festa di compleanno, e non il giorno del suo funerale; un giorno,
ricorderai
una ninnananna cantata da tuo padre, e non le ferite che ti procurava
quando
era ubriaco; un giorno, ricorderai tutte le parole che hai condiviso
con tua
zia, e non la telefonata che hai ricevuto oggi. Il dolore non
scomparirà mai
del tutto, sarà una parte di te come lo saranno loro, ma
diminuirà, ed un
giorno, tu sorriderai quasi sempre, pensando a loro.
Mentre,
finalmente, come un tenero amante, lui le
baciò la fronte, Lisbon sperò che anche lui
potesse giungere a quella pace
interiore che le augurava, un passo in avanti in direzione del perdono
che si
meritava e dell’andare avanti con la propria vita.
Alzò il capo, e i loro
sguardi si incontrarono, e Jane le sorrise dolcemente prima di baciarla
di
nuovo sui capelli, permettendole di strofinare il naso contro il collo
di lui,
accoccolati l’uno al corpo dell’altra; sua zia,
crescendo, era stata la sua
ancora, e ora quest’uomo, che spesso era infantile, insensato
e in certe
occasioni semplicemente stupido, ora lui ne aveva preso il posto.
Sapeva che c’era
qualcosa in Patrick Jane, più profondo di cosa si vedesse in
apparenza, ma era
stupita di quanto di più effettivamente ci fosse sotto alla
maschera. Aveva sempre
saputo che lui era un brav’uomo, ma lui, lui le stava
mostrando che poteva
essere quel genere di uomo, l’uomo giusto per una donna, la
donna di cui
sognava, la donna che desiderava, la donna che stava stringendo tra le
braccia,
quella che un giorno avrebbe avuto, perché stringerla nella
realtà era stato
centinaia di volte meglio che stringerla nei propri sogni.
“Sono
qui, Teresa, io sono sempre qui. Non me ne
vado…” Sì,
la realtà era meglio dei
sogni. E poi, ora aveva nuovo materiale su cui fantasticare. Ed era
certo che
non sarebbe stato più necessario limitarsi a vedere il fuoco
accendersi nei
suoi occhi per poterla sognare. Avrebbe sognato della sua Teresa ogni
notte,
che fosse arrabbiata con lui o meno, perché aveva scoperto
che una Teresa dolce
e indifesa che si confidava nelle sue braccia era una cosa che lui
amava alla
follia.
Quella
era la donna con cui, un giorno, avrebbe condiviso
il resto della sua vita. Un giorno…