~ 2° Too late ~
Thad si
svegliò, quella mattina, con un’emicrania terribile. Era riuscito a prendere
sonno solo quando ormai stava albeggiando e la sveglia era suonata troppo
presto.
Si tirò su,
sperando che almeno una cosa andasse nel verso giusto; quando, però, vide che
il letto di Sebastian era vuoto e che del ragazzo non sembrava esserci traccia
da nessuna parte nella stanza, si convinse che la giornata era cominciata sul
serio male.
Sospirò. Non
era tornato quella notte. Lo aveva atteso: aveva sperato di sentirlo rientrare,
gli sarebbe bastato per prender sonno tranquillamente e invece non si era fatto
vivo e la preoccupazione non gli aveva dato tregua per tutto il tempo, fino a
che semplicemente la stanchezza non aveva avuto la meglio trascinandolo in
poche e tormentate ore di sonno.
Lanciò un
pugno alla scrivania, avvertendo subito il dolore che quel gesto ovviamente
comportava. Maledizione! Per quale motivo si era ridotto in quello stato?
Perché improvvisamente si stava preoccupando del ragazzo che più odiava al
mondo? Era pazzesco! Ci teneva così tanto a farsi del male da solo? Non avrebbe dovuto. Semplicemente non c’era
motivo per cui–
Ah, al
diavolo! Qui non si trattava di avere o meno motivo di preoccuparsi per un
tizio che a stento sopportava, si trattava di calmare ciò che provava e che di
certo non avrebbe potuto semplicemente ignorare.
Avrà passato la notte fuori, si disse,
cercando con scarso impegno di convincersi, sarà
andato a divertirsi in qualche modo.
Si costrinse
a crederci e andò in bagno: una doccia era il modo migliore per scrollarsi di
dosso tutto quel groviglio di emozioni e poi lo aspettava un’intensa giornata
di prove: le Regionali ormai erano vicinissime e loro non potevano permettersi
di perdere. Non stavolta!
Si fiondò
sotto il getto di acqua calda e tentò di rilassarsi e di farsi scivolare da
dosso anche la stanchezza, ma il tepore in cui sprofondò ebbe l’effetto
contrario e in breve gli sembrò quasi di addormentarsi. Per questo fece in modo
che il getto si raffreddasse almeno di un po’ e si concentrò sulle canzoni
della scaletta per non crollare definitivamente.
Pessima idea
anche quella. Sebastian sarebbe stato il solista della canzone che stava
mentalmente ripassando e non poté fare a meno di chiedersi se lo avrebbe
trovato quella mattina alle prove.
A quel che ne so, potrebbe essere rientrato
dopo che mi sono addormentato ed uscito prima che mi svegliassi, si disse.
Quella cosa stava toccando livelli di pateticità assurdi, soprattutto perché
non gliene era mai fregato nulla di Smythe.
L’immagine
del suo compagno di stanza pallido e con un misto fra rabbia e sofferenza in
viso lo colpì come se lo stesse vedendo in quell’istante. Mai avrebbe creduto di poter vedere simili emozioni – e con tanta
intensità! – trasfigurare quelle fattezze; mai avrebbe pensato che una simile
visione avrebbe potuto scuoterlo così nel profondo: sentiva una strana ansia
chiudergli lo stomaco e farlo respirare male.
Da quando, Thad?, si chiese.
Non ci capiva
nulla, non riusciva a capacitarsi della cosa eppure stava male, non poteva
negarlo.
Uscì dalla
doccia peggio di come ci era entrato e si decise ad indossare la sua divisa
tentando di non pensare affatto – distrarsi con qualsiasi altro pensiero
sembrava non servire a nulla.
Quando fu
pronto, gettò un altro sguardo alla stanza, troppo ordinata per essere davvero
tutto a posto e poi si chiuse la porta alle spalle. Lo avrebbe trovato in sala,
col solito atteggiamento da prendere a pugni e magari anche qualche battutina
pronta a colpirlo – in fondo era in astinenza dalla sera prima, avrebbe dovuto
recuperare.
Quando, però,
entrò in sala comune, il cuore accelerò il battito alla ricerca del ragazzo e
non smise ma anzi si intensifico nel momento in cui si rese conto che non era
lì.
Sei assurdo, Harwood. Patetico. Smettila.
Sembri una ragazzina alla sua prima cotta, ti pare che-
Anche la sua
mente si bloccò appena realizzò che cosa aveva pensato. Una ragazzina alla sua
prima cotta? Lui? Per Sebastian?
Oddio.
No, affatto.
Era semplicemente preoccupato, come lo sarebbe stato per qualsiasi altro
ragazzo a scuola – e forse quella cosa li avrebbe dovuti offendere, considerato
che conosceva Sebastian da poco tempo a confronto e che non lo sopportava
affatto.
Semplicemente
non lo aveva mai visto così: era sconvolto e la cosa lo aveva turbato perché
non se lo sarebbe mai aspettato. Fine della storia.
«Ed il simpaticone dove lo hai lasciato?», gli
chiese Jeff alludendo ovviamente a Smythe.
«Speravo di
trovarlo qui, ad essere sincero», confessò quello sedendosi al suo posto, al
tavolo del consiglio.
Flint accanto
a lui, lo guardò, cogliendo il turbamento nei suoi occhi e con una lieve
gomitata parve chiedergli se ci fosse altro, ma il diretto interessato sorrise
scuotendo la testa e concentrandosi sul lavoro da fare: gli capitava spesso di
preoccuparsi, dopotutto… e con Sebastian nelle prime settimane aveva imparato
che quasi sempre – per non dire ogni volta – era inutile, che a lui non
interessava e che non ce n’era in ogni caso motivo.
Quindi pace.
Meglio concentrarsi sulle cose che meritavano davvero la sua attenzione.
«Dunque»,
comincio il terzo membro del consiglio, Cameron «Direi che anche se ormai a
così pochi giorni dall’esibizione, ogni cosa sia stata ultimata, non dobbiamo
bearci di questo e rilassarci, ma continuare a provare fino a che non
rasenteremo la perfezione. Ma… », si bloccò.
Ovviamente
non sarebbe potuto andare avanti: provare implicava inscenare l’esibizione che
avrebbero fatto di lì a pochi giorni e come sarebbe stato possibile senza il
loro solista nonché capitano? Era in momenti come quelli che l’assenza di
Blaine si faceva sentire: lui era sempre stato il primo ad arrivare e l’ultimo
a lasciare la stanza quando si trattava dei Warblers e per quanto Sebastian
aveva mostrato di tenere particolarmente alla squadra – forse anche troppo –
non poteva di certo concedersi assenze simili in un memento tanto cruciale.
Un silenzio
quasi imbarazzante scese nella sala quanto tutti focalizzarono quale fosse il
problema. Thad sospirò, guardando la porta d’ingresso, come se si aspettasse
che sarebbe spuntato da un momento all’altro. Avrebbe detto che aveva avuto da
fare tutta la notte e che lui poteva
farsi aspettare. Tutto normale. Eppure nessuno entrò e la brutta sensazione che
lo accompagnava da quella mattina tornò a farsi sentire.
«Beh», provò Flint «potremmo provare passi e
coro. Almeno non vanifichiamo la giornata: non possiamo permettercelo».
«Aspettate!»
Thad sussultò
e non avrebbe voluto che il suo cuore facesse una capriola appena la voce di
Sebastian interruppe la proposta. Tutti si voltarono verso il nuovo arrivato e
la perplessità si diffuse nella stanza. Che diavolo aveva fatto Smythe? I
capelli fuori posto e due leggere occhiaie a sporcargli il viso, senza giacca e
con la camicia fuori posto, sembrava avesse passato tutta la notte sveglio a
fare chissà cosa – e no, nulla di piacevole.
«Dove diavolo
eri finito? E che cosa hai combinato?» chiese furioso Flint, scattando in
piedi.
Sebastian
esitò abbassando lo sguardo – cosa che non sfuggì al compagno di camera che al
momento tratteneva a stento la paranoia – e per un attimo si persuase che fosse
una follia e che avrebbe semplicemente dovuto lasciar perdere. Poi i muscoli
delle braccia e delle gambe, lamentandosi, gli ricordarono quanto ci tenesse e
che no, non avrebbe rinunciato.
«Io…
provavo», disse con rinnovata forza negli occhi «devo parlarvi… E per quanto la
cosa possa sembrarvi folle, vi prego di lasciarmi prima finire», chiese; poi
rimase in silenzio, in attesa.
Le buone
maniere non gli erano mai mancate e non furono di certo queste a sorprendere il
resto del gruppo quanto la richiesta, il tono di bisogno che, pur non volendo,
era trasparito da essa. Per questo il loro silenzio sorpreso fece capire
all’altro che poteva procedere.
«Dobbiamo
cambiare scaletta» disse tutto d’un fiato.
In un istante
più voci gridarono senza ritegno la follia di quella proposta. Cori di
“Sebastian ha voglia di scherzare” o “Ricordatemi perché è il nostro capitano”
e ancora grida indistinte e risate isteriche che esprimevano il malcontento
generale.
I Warblers,
semplicemente, erano esplosi: quello era troppo, la proverbiale goccia che fa
traboccare il vaso – non avrebbero sopportato oltre le iniziative del nuovo
arrivato, poco contava che fosse il loro capitano. Dopotutto quel titolo non
valeva se non aveva una squadra da capitanare.
Il consiglio
si era astenuto dall’unirsi ai cori impazziti e con lo sguardo fisso su
Sebastian attendeva che la rabbia scemasse. Dal canto suo, il ragazzo non era
sorpreso dalla reazione degli altri, quanto infastidito: aveva chiesto che lo
lasciassero parlare, prima di scatenare un simile putiferio, ma ovviamente
quell’avvertimento era andato a farsi benedire. Per questo attese anche lui che
la prima ondata di rabbia animale passasse per poi riprendere a parlare.
«Avevo–»,
tentò dopo alcuni minuti alzando la voce «avevo chiesto di lasciarmi finire di parlare.
È meno folle di quel che sembra ed è… per
una giusta causa».
Quelle parole
fecero scattare qualcosa in Thad che fino a quel momento lo aveva osservato in
silenzio, notando quanto fosse diverso dal solito. E quello sguardo, lo sguardo
che Smythe aveva assunto mentre parlava, sembrò così profondo da scuoterlo
dall’interno.
«Che causa?»
chiese ingenuamente Andrew.
Sebastian era
pronto a rispondere con una delle sue migliori – o peggiori, a seconda dei
punti di vista – battute, ma qualcosa lo bloccò. La stessa cosa che gli aveva
fatto provare le coreografie per tutta la notte o che gli stava rendendo
ridicolo davanti all’intera squadra. Avrebbe voluto prendersi a schiaffi se
solo ne avesse avuto veramente la forza in quel momento.
Il silenzio
che era piombato nella stanza, ad ogni modo, fu abbastanza eloquente: non tutti
avevano già dimenticato cos’era successo il giorno prima e stavano collegando
le cose. Chi non era ancora riuscito a farlo, semplicemente stava zitto
intimorito dalla serietà improvvisa che aleggiava nell’aria.
«Che… che
canzoni avevi in mente di inserire nella nuova scaletta?».
Smythe si
destò con un lieve sussulto e guardò Cameron, che gli aveva posto la domanda
quasi con serenità. Lo guardò per un attimo prima di rispondere e quello che
vide non gli piacque affatto. Compassione. Compassione e pietà. Dio, quanto si
stava rendendo ridicolo in quel momento? Aveva davvero perso la spina dorsale? Strinse
forte la mascella per non esplodere in irripetibili imprecazioni, il nervosismo
che a stento riusciva a tenere a freno.
«Stand e Glad you came», disse,
con malcelato nervosismo: poteva essere scosso e poteva aver fatto cose che non
credeva possibili per uno come lui, ma a tutto c’era un limite e I Warblers
parevano volerlo avvicinare pericolosamente.
«E hai detto
di aver preparato anche le coreografie adatte», continuò Cameron con la stessa
calma.
Flint gli
scoccò uno sguardo allucinato: che diavolo stava facendo? Non era abbastanza
chiaro che era pura follia? Perché stavano continuando quella discussione? Il
sorriso pacifico del ragazzo lo mandò nella confusione più totale, ma lo
convinse a reggergli il gioco e non contraddirlo.
«Ci ho
lavorato tutta la notte», sottolineò Sebastian, sperando che capissero che era
la mossa giusta da fare e accettassero la proposta, quanto meno per tutto lo
sforzo che aveva fatto e il sonno che aveva perso.
«E sei certo
– al di là della tua personale richiesta di esibirci con queste canzoni – che
avremo più possibilità di vittoria così, o che almeno saremo competitivi quanto
lo siamo adesso?».
Stavolta era
stato Thad a parlare, capendo dove volesse arrivare Cameron: stavano tutti
giudicando quella proposta una pazzia, ma erano davvero certi che non ne
avrebbero ricavato dei vantaggi? La coreografia era pronta ed avevano ancora
dei giorni per impararla. Lo stesso poteva dirsi per il canto, considerato che
Sebastian sarebbe stato il solista e che certamente conosceva già entrambe le
canzoni.
L’interpellato
lo guardò senza sapere che dire. Gli chiedeva se obbiettivamente avrebbero
potuto vincere anche con un cambiamento tanto improvviso. Gli stavano dando
davvero ascolto, quindi? E chiedevano a lui di giudicare? Con un suo sì, la
cosa sarebbe stata approvata? Non aveva senso, dato che un sì era quello che
voleva e che non avrebbe mai risposto in modo negativo.
Al di là della tua personale richiesta di
esibirci con queste canzoni.
Thad era
stato chiaro. Voleva un giudizio obiettivo su quale delle due scalette fosse
migliore. E la chiedeva a lui perché, nonostante tutto, sapeva che non avrebbe
scelto che per il bene della squadra.
Si fidava.
«Sì, avremo
le stesse possibilità, se non superiori, di vincere. Non ci sono rischi. Semplicemente
le canzoni scelte avranno tutta un’altra portata».
Il suo tono
serio, il suo sguardo fisso in quello di Thad non lasciarono più dubbi al
Warbler – come se prima ne avesse avuti – e per un istante si sentì connesso a
quel ragazzo in un modo tutto suo. Personale.
Il sospiro di
Flint lo riportò alla realtà della stanza.
«Essendo una
scelta fondamentale, esigo una votazione di tutti i membri», disse, rassegnato.
Quando le
mani che si alzarono furono in numero superiori a quelle che rimasero
abbassate, troppo scosse da un cambiamento così repentino, la decisione fu
presa.
«Bene»,
riprese parola Cameron «ora, Sebastian, mostraci il tuo lavoro notturno».
*
«Ripetetelo».
Era la terza
volta che veniva fatta loro quella richiesta e la cosa stava diventando
leggermente assurda. Kurt sbuffò, seriamente innervosito e portò le braccia al
petto, in un chiaro segno che non l’avrebbe ripetuto di nuovo.
Blaine lo
guardò, divertito nonostante tutto, poi si apprestò a rispondere al suo posto.
«Sebastian ha
alzato bandiera bianca. Ha capito si essere stato uno stronzo e ha chiesto
scusa, prima a me e poi a tutti voi. Ha distrutto le foto di Finn e ha detto
che giocheranno pulito. Inoltre… loro dedicheranno le canzoni a Karofsky e alla
sua famiglia e… ci hanno chiesto se volevamo unirci».
Nel
pronunciare le ultime parole, il riccio aveva preso la mano del suo ragazzo che
aveva avuto un lieve sussulto. Stava meglio, aveva ripreso a mangiare e
dormire, ma non stava ancora del tutto bene e anche solo sentire quel nome lo
faceva tremare.
Rachel,
intanto, insieme agli altri della squadra, continuava a guardare loro due,
Santana e Brittany come se vedesse degli alieni.
Sebastian aveva cambiato idea? Era improvvisamente rinsavito e diventato buono?
Era quasi come dire che il paradiso fosse tutto ad un tratto andato in fiamme.
«Questo è
tutto?», chiese Will, sorpreso quanto gli altri.
«Questo è
tutto», confermò anche Santana «non ci darà più fastidio».
«Aveva la
faccia da cucciolo di cagnolino», disse poi la bionda, con sguardo adorante.
«Sì, sembrava
davvero pentito», aggiunse Blaine.
«Non mi fido:
chi ci dice che non sia una delle sue manovre per assestarci un altro colpo?».
Molti membri
del gruppo annuirono convinti alla supposizione di Mercedes che effettivamente
non faceva una piega. Come anche Kurt aveva detto, stavano semplicemente
aspettando che arrivasse il pugno allo stomaco.
«Non
stavolta. Era sincero, questo lo so», si espose ancora il riccio «non so
perché, ma era diverso, pentito, in un certo qual modo triste… e forse più
maturo. Non ho idea di come sia possibile in così poco tempo, ma mi fido».
Sguardi indecisi
attraversarono la stanza: le parole di Blaine era tanto belle quanto poco
credibili, data la loro esperienza, ma la convinzione che trasudavano aveva
messo in dubbio tutte le loro certezze.
«Quindi
possiamo stare tranquilli riguardo il ricatto e tutti gli altri sotterfugi?»,
volle assicurarsi Finn.
«Sì, credo di
sì».
«E per la
loro proposta di esibirci per Karofsky?».
In un attimo
lo sguardo di tutti fu rivolto a Kurt che riportò le braccia al petto quasi
volesse proteggersi dall’attenzione improvvisamente concentratasi su di lui.
Tuttavia sapeva che non se ne sarebbe liberato se non avesse espresso per primo
la sua opinione. In fondo era il più coinvolto e nessuno avrebbe messo in mezzo
alcuna “dedica” se lui non avesse voluto.
Sospirò
abbassando la testa, poi annuì.
«Sì, la
proposta è davvero buona. Io voglio farlo».
«Ma ci sarà
da rivedere la nostra scaletta», li avvisò Will, tuttavia fiero del fatto che i
suoi ragazzi avessero anteposto una cosa del genere alla buona riuscita della
loro esibizione.
«Non si
preoccupi professor Shue», lo rassicurò Rachel con un
sorriso inquietante «io ho già alcune idee in mente e ovviamente sono
fantastiche!».
Lo sguardo
generale di leggera indifferenza fece sorridere l’uomo. Certe cose non
sarebbero mai cambiate.
*
Blaine lasciò
l’auditorium per ultimo. Aveva provato ancora per un po’ la sua parte nella
prima delle tre canzoni della nuova scaletta ed ora poteva ritenersi
soddisfatto di come era venuta. Con un sorriso rilassato sulle labbra, che poco
aveva a che fare con la rabbia che lo aveva accompagnato nell’ultima
performance in quel posto, spalancò la porta per trovarsi Kurt che, appoggiato
al muro, sembrava averlo atteso fino a quel momento.
Sorrise di
tale premura – avevano dato tutti il massimo ed erano stanchissimi quando
avevano concluso le prove, compreso Kurt – quando si accorse che il ragazzo,
sorridendogli di rimando, manteneva però il cellulare all’orecchio.
Inclinò la
testa con una buffa espressione di curiosità e si appoggiò al muro accanto a
lui, per cercare di capire con chi stesse parlando, ma si accorse che
dall’altro lato si sentiva ancora il suono ad intermittenza della chiamata in
uscita. Solo dopo svariati squilli, una voce maschile rispose. Blaine la
riconobbe in un attimo, ma la cosa non fece che incuriosirlo ancora di più.
«Ciao, Thad.
Sono Kurt», lo salutò quello.
«Ehii, Kurt! Come…
come va?», esitò per un attimo il Warbler, ricordandosi della situazione.
«Bene, ti
ringrazio», rispose con un sorriso alla premura che quella frase sottintendeva
«ma ho bisogno di parlarti. Di Sebastian».
Blaine sgranò
gli occhi nello stesso modo in cui fece Thad dall’altro lato della
conversazione. Perché Kurt che voleva parlargli di Smythe era di certo una
delle poche cose che davvero nessuno dei due si sarebbe mai aspettato.
Hummel
sorrise ancora, stavolta con la tipica espressione di chi la sa lunga e si
appoggiò più rilassato contro il muro.
«Stamattina
ci ha chiamato e ha voluto parlare con una “delegazione” delle Nuove
Direzioni», disse, non sapendo fino a che punto i Warblers sapessero ciò che
faceva Sebastian.
Il sospiro di
Thad gli fece capire che forse non sapeva proprio nulla, ma prima che potesse
finire di spiegare fu altro a prendere parola.
«Ascolta Kurt… io davvero non so che passa
per la testa di quello lì, ma
qualunque stupidata anche solo vagamente offensiva abbia fatto, te ne chiedo
scusa. Non sappiamo più che fare con lui e davvero io–».
«Ma no, che
hai capito! Sebastian ci ha chiesto scusa!», si affrettò a spiegare Kurt, se
non per amore della verità almeno per calmare il tono così colpevole che aveva
preso la voce di Thad.
Per un attimo
tutti e tre restarono in silenzio, mentre il Warbler non riusciva a credere
alle sue orecchie: parlavano della stessa persona? Perché non era certo che “Smythe” e “chiedere scusa” potessero stare nella stessa frase. Poi ancora una
volta la sua mente lo smentì e gli parve di rivedere il Sebastian deciso eppure
bisognoso del sì della squadra che si era presentato loro quella mattina.
Forse….
«Wow, io… non so che dirti, Kurt»,
confessò, comunque spiazzato.
«Ed è questo
il punto! Noi non sappiamo che pensare… ci ha colti tutti di sorpresa e l’idea
che sia solo uno dei suoi folli piani sembra più plausibile della sua
improvvisa redenzione… Mi chiedevo se avessi notato qualcosa di strano… se
sapessi vagamente che progetta».
Thad restò
per un istante in silenzio. Non era una montatura. Non poteva esserlo.
Sebastian era davvero sconvolto per la notizia del suicidio; non aveva dormito
quella notte preparando un nuovo numero per le Regionali e si era scusato con
loro: tutto collegato. Non poteva far parte di un piano – sarebbe stato troppo
meschino e faticoso, persino per lui.
«Fidatevi. Negli ultimi giorni è cambiato.
Beh… in effetti da quando… lo sai», cercò di spiegare senza avere la forza
di essere chiaro, sicuro che l’altro avrebbe capito.
In effetti
Kurt ci mese un po’ per collegare lei due cose, poi sussultò appena. Blaine,
che per tutto quel tempo gli era stato accanto in silenzio, riuscendo a
cogliere le frasi di entrambi, lo guardò negli occhi, trattenendosi dal
prendergli la mano in un gesto che avrebbe potuto sembrare inopportuno.
«Lo… lo
conosceva?», chiese con voce sottile.
«Non lo so. Ma ero con lui quando ha saputo
e… avresti dovuto vederlo: è sbiancato di colpo, tremava ed è corso fuori dalla stanza. Ovviamente
quando ho provato a parlargli mi ha risposto in malo modo ed è andato via, ma
rimasto davvero sconvolto per quanto non lo ammetterà mai».
Stavolta era
il ragazzo delle New Direction
ad essere senza parole. Già vedere lo sguardo leggermente perso di
Sebastian mentre parlava con loro poche ore prima gli era sembrato strano, ma
ora il racconto di Thad era al limite dell’inverosimile. Non si fidava, non
riusciva a credergli fino in fondo, eppure qualcosa non quadrava, i dubbi
stavano cominciando a confondere anche lui.
Sospirò,
salutando l’amico con qualche imbarazzata parola di raccomandazione per il suo
compagno di stanza – per quanto si sentisse davvero assurdo a pronunciare una
cosa del genere.
Blaine lo
guardò non appena ebbe attaccato. Kurt non sapeva che dire e avrebbe voluto
credere che la cosa non lo sfiorasse più di tanto considerato l’odio che
provava per Smythe, eppure un leggero peso gli si era appena formato
all’altezza dello stomaco.
Nello stesso
tempo, anche Thad con un sospiro simile aveva posato il cellulare il tasca. Non
sapeva che pensare e di certo non si aspettava un simile passo indietro da
parte di Sebastian: chiedere scusa non era da lui, no davvero.
La
preoccupazione che già lo stava assillando dal giorno prima incrementò la sua
presa alla bocca dello stomaco e fece muovere le gambe del ragazzo senza che
questi se ne rendesse veramente conto. In breve si trovò si fronte alla porta
della sua camera; vi entrò, sperando che l’altro fosse lì e per la prima volta
da quella mattina la fortuna sembrò sorridergli, perché il ragazzo era steso
sul proprio letto, un braccio posato sugli occhi e l’altro che penzolava:
sembrava dormisse.
Thad gli si
avvicinò, cercando di vedere se riposasse davvero o comunque come stesse. Si
mosse nella maniera più silenziosa e avvicinatosi al bordo del letto si sporse
verso il ragazzo. Sembrava respirare con una certa regolarità, proprio come se
stesse dormendo e restò a guardarlo per qualche istante.
«Vattene».
Quella semplice
parola lo fece rabbrividire. Era sveglio. Ovvio che era sveglio. Ed era il
solito stronzo.
Sbuffò,
spostandosi sul suo letto, infastidito da tanta maleducazione. Si sistemò, con
le braccia dietro la testa, intenzionato a non parlargli, né preoccuparsi più,
dato che davvero l’altro sembrava non avere bisogno del suo aiuto, ma il suo
proposito non durò che pochi minuti.
«Non mi
aspettavo ti arrendessi in questo modo», tentò, guardando un punto indefinito
del soffitto e cercando di dare alla voce un tono disinteressato.
Sebastian non
si mosse, né rispose e le parole andarono sprecate per la stanza. Per un attimo
il Warbler credette di aver solo pensato quelle parole e che non gli erano
davvero uscite dalla bocca – semplicemente non riusciva a capacitarsi del fatto
che il suo compagno di stanza lo stesse ignorando in quel modo.
Lo fa praticamente sempre, per quale diavolo
di motivo ora te ne sorprendi?, si chiese stizzito, facendo difficoltà a
stare fermo sul letto – non avrebbe mai ammesso che più che sorprenderlo, la
cosa sembrava fargli male. Non aveva senso: era abituato ad essere trattato
così da lui e non c’era motivo di reagire in modo differente proprio ora.
«Il Grande
Sebastian Smythe che chiede pubblicamente scusa delle meschinità fatte in
precedenza! Sono allibito» e lo era davvero.
Accadde in
una manciata di secondi: poco, troppo poco perché la mente di Thad riuscisse a
comprenderlo. Un secondo prima aveva osato un po’ troppo con le parole ed un
attimo dopo Sebastian era scattato dal proprio letto arrivando sul suo, lo
aveva preso per colletto del blazer e sbattuto contro la spalliera del letto
con violenza, occhi negli occhi.
Gli mancò
improvvisamente il fiato, sia per il colpo alla schiena che per lo sguardo con
cui l’altro lo stava trafiggendo. Non se l’aspettava, ovviamente, e gli
sembrava di aver dimenticato come si respirava mentre rabbia ed odio si
riversavano su di lui.
E fece male.
Fece male perché sapeva di non andare a genio a Smythe e sapeva che non
avrebbero fatto altro che deridersi e sbeffeggiarsi a vicenda, ma di certo non
si sarebbe mai aspettato tanto disprezzo.
«Cosa non ti
è chiaro della parola “vattene”?»,
soffiò tra i denti Sebastian con nervosismo.
Thad davvero
non sapeva come si facesse a rispondere. Era pietrificato, le mani dell’altro
che ancora lo stringevano per il colletto. Per alcuni istanti rimasero
semplicemente così: la rabbia dell’uno e la sorpresa dell’altro parevano aver
congelato ogni cosa. Poi Sebastian parve rendersi conto di quello che stava
facendo e lentamente lo lasciò andare.
«Sarò chiaro,
un’ultima volta», disse con un controllo forzato «Di tutto quello che faccio, nulla, nulla
ti riguarda. Non devi metterti in mezzo, non ne hai alcun diritto. Lasciami
semplicemente in pace».
«Ma io…
diavolo, io mi stavo semplicemente preoccupando per te!».
Stavolta fu
Thad a scoppiare, sporgendosi in avanti.
«Tu non hai alcun diritto di trattarmi in questo modo, io mi sto solo
preoccupando, perché non mi sembri più tu! Maledizione, non c’è simpatia tra
noi, ma siamo compagni di stanza, almeno questo concedimelo!».
«E chi
diamine te l’ha chiesto?! Io non ci
certo! Quindi smettila! Smettila di preoccuparti, smettila di essermi compagno, smettila di parlarmi! Non
voglio più sentire nulla!» e senza aggiungere altro, al limite del
sopportabile, Sebastian uscì dalla stanza praticamente correndo.
Ancora una
volta Harwood era senza parole. Avrebbe voluto urlare, avrebbe voluto sfogare
tutto quello che sentiva in qualche modo, ma rimase lì, fermo, senza dir nulla
e con il cuore a pezzi.
*
Quando anche le New
Direction ebbero concluso la loro esibizione, la
giuria chiese come al solito una mezz’ora per ritirarsi e votare. I vari gruppi
si ritirarono nei rispettivi camerini aspettando il verdetto e cercando di non
farsi divorare dall’ansia che li agitava.
«Abbiamo la
vittoria in pugno. Abbiamo la vittoria in pugno», continuava a ripetere Rachel,
seduta sulle gambe di Finn «il mio assolo è stato magnifico e le altre canzoni
perfette: non saremmo potuti andare meglio», si complimentò.
Il suo
ragazzo le regalò un sorriso, stringendola a sé con affetto.
«Rachel ha
ragione: siete stati davvero bravi», si complimentò il professor Shue, facendo partire un applauso di apprezzamento da parte
di tutta la squadra – si erano sentiti davvero motivati stavolta, su questo non
c’erano dubbi.
Blaine
sorrise, abbracciando con dolcezza Kurt da dietro.
«Sei stato
davvero bravo», gli sussurrò questi voltandosi e lasciandogli un leggero bacio
sulla guancia, a cui il riccio rispose incontrando le sue labbra.
A nessuno dei
due sfuggirono i sorrisi che il resto del gruppo stava rivolgendo loro e il
petto parve gonfiarsi ancora di più. Era così che doveva essere: stare con loro
e regalarsi quelle semplici attenzioni era la cosa più semplice del mondo.
«Sono la sola
ad essere nervosa per la premiazione?», chiese Mercedes e un paio di ragazzi le
fecero eco.
Santana
sorrise in modo sfacciato.
«La vittoria
è nostra, tranquilli!».
Si poteva
forse diluire il dolore e la rabbia bevendo? E no, non alcool, ma semplice acqua?
Thad non lo sapeva, ma al momento era la seconda bottiglina che prosciugava,
come se, in mancanza di altre cose da fare, bere continuamente potesse riempire
il tempo.
Sospirò,
poggiando l’involucro di plastica vuoto sul tavolo della mensa deserta del McKinley
e prese la testa fra le mani. Ecco un’altra cosa che non smetteva di fare, come
se i pensieri fossero così pesanti da non riuscire a reggerli senza aiuto.
Eppure aveva
un solo pensiero in testa. Sebastian.
«Smettila di preoccuparti, smettila di essermi
compagno, smettila di parlarmi! Non voglio più sentire nulla!»
Quelle parole gli provocarono una pesante fitta allo stomaco. Aveva
creduto fosse uno sfogo momentaneo, un’esagerazione dovuta alla rabbia e che di
certo non avrebbe dovuto prenderle alla lettera. Invece era successo proprio
questo: Sebastian non gli aveva più rivolto la parola da quel momento e quando
si erano trovati a stare in camera insieme lo aveva completamente ignorato.
E lui aveva provato a parlargli, gli aveva addirittura chiesto scusa
senza essere sicuro di avere un motivo per farlo. Non era servito a niente:
quando diventava insopportabile – e in alcuni momenti si era davvero impegnato
– semplicemente Smythe levava le tende e non si faceva vedere per ore o notti.
Come avessero preparato il numero delle regionali in quelle
condizioni restava un mistero. La tensione fra loro era palpabile e nessuno
sapeva come comportarsi. Dopo il terzo giorno, Thad aveva semplicemente
rinunciato ad avere un qualsiasi rapporto col su compagno di stanza, sperando
che la cosa sarebbe passata da sé.
Non era ancora successo.
Erano stati davvero bravi nell’esibirsi: tutto era stato fatto alla
perfezione ed il pubblico ne era parso davvero entusiasta. Sebastian era stato
il migliore: lo aveva osservato – era l’unica cosa che gli restava da fare al
momento – ed era stato maledettamente bravo a nascondere tutto e sorridere in
quel modo ammiccante e stupendo che solo lui aveva…
Thad sospirò. Era patetico. Fare simili apprezzamenti era assurdo,
soprattutto se rivolti al suo… suo cosa?
Non aveva senso: loro due non erano nulla e comunque a lui non piacevano i
ragazzi… e…
«Thad!».
La voce di Kurt lo porto fuori da pensieri troppo pericolosi e il
ragazzo gli fu immensamente grato.
«Ehi, Kurt», lo abbracciò sincero «è bello vederti! Come stai?».
«In ansia. Siete stati fantastici: è stata dura competere con voi!»,
si complimentò.
«Lo avete fatto egregiamente», ricambiò con un sorriso il Warbler.
«Quando tu sei in ansia… bevi?», chiese Kurt notando le due
bottigline vuote sul tavolo dietro il ragazzo; Thad arrossì, abbassando lo
sguardo in imbarazzo.
«Diciamo… di sì», rispose senza sbilanciarsi.
L’altro lo guardò un po’ sospettoso, poi si sedette al tavolo.
«Problemi?», volle indagare, leggermente preoccupato – in effetti, a
guardarlo, Thad non sembrava avere una bella cera.
«No, affatto», tentò di mentire quello, ma lo guardo di Kurt pareva
dire “so che è così, cerco solo di farlo dire a te”, quindi rinunciò «sì…
Sebastian…», sussurrò come se sé ne vergognasse.
«Sebastian… cosa?»
Harwood alzò immediatamente lo sguardo: il tono del ragazzo non gli
era affatto piaciuto e anche gli occhi con cui lo stava guardando adesso non
promettevano nulla di buono.
«Ascolta, sono il primo a non sapere che pensare a riguardo, ok?», si
mise sulla difensiva «è completamente cambiato in questa settimana e non mi ha
più rivolto la parola. È il mio compagno di stanza ed io… sono preoccupato per
lui, ecco».
Lo disse tutto d’un fiato, quasi non sarebbe stato in grado di farlo
se si fosse dato più tempo. Kurt lo guardò senza sapere cosa dire: non si
sarebbe mai aspettato una simile reazione da parte di Thad, eppure non poteva
di certo ignorare la preoccupazione che ora leggeva nei suoi occhi.
«Ouh… io… non so che dire…», confessò «Hai
provato…?».
«Ho provato tutto, credimi.
Mi ignora! O va via…», abbassò la testa sconsolato e l’altro gli poggiò una
mano sul braccio, tentando di confortarlo.
Non ce ne fu tempo. Non ci fu tempo per fare nulla. In un attimo finì
ogni cosa.
Né Kurt, né Thad o chiunque altro all’interno della scuola capì cosa
successe.
Un’esplosione. Improvvisa, che non diede scampo. Un boato sordo che
sconvolse tutto ed annullò ogni altro suono. Ogni cosa ne rimase investita
senza possibilità di scampo: oggetti e persone scaraventate via dalla sua forza
improvvisa.
In un attimo sembrò tutto finito, distrutto da qualcosa di cui
nessuno lì dentro riuscì a rendersi conto.
Poi, il silenzio.
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Chiedo venia per l’enorme attesa, ma mi ha fatto compagnia un terribile blocco e non sono riuscita ad andare avanti per un po’. Anyway, ora sono qui ^^
Ringrazio chiunque stia prestando attenzione a questa cosetta e soprattutto alle anime pie che stanno recensendo!
Che sarà mai successo al McKinley? Spero di aver suscitato almeno un po’ la vostra curiosità!
A presto! Baci ♥