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Autore: _Lightning_    24/03/2012    4 recensioni
Dal capitolo 3: -Se tutto va bene, tra un mese saremo di nuovo seduti qui ad aspettare che Moriarty inneschi la miccia del suo complotto.-
Ci fu una pausa, durante la quale Holmes si accese la pipa con rinnovato vigore. Gli occhi gli brillavano, come sempre durante un caso; Watson poteva quasi scorgere i pensieri che vi sfrecciavano dietro, fondendosi e collegandosi in ragionamenti logici.
-Amsterdam, la Venezia del Nord...- esclamò all'improvviso il detective, con aria sognante.
-Che aspettiamo a partire?-
Genere: Avventura, Generale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Chapter 6
        -
The Queen Moves

 
Se Amsterdam veniva chiamata la "Venezia del Nord" c'era sicuramente un buon motivo: oltre all'avere un'intricata e grandiosa rete di canali -la Grachtengordel- che la solcavano da ogni lato ed essere stata da sempre un fondamentale crocevia marittimo, Amsterdam condivideva con la più antica controparte Italiana l'atmosfera magica di una città galleggiante e di una cultura multiforme.
L'aspetto più nascosto e intrinseco che aveva la Serenissima, dato da un reticolo di calle, viuzze e vicoletti oscuri che s'inseguivano in un groviglio di canali bui e vegliati dai Leoni Alati di San Marco che le donavano quel fascino antico e insondabile, era mitigato ad Amsterdam dai colori chiari e brillanti degli edifici e dalla relativa modernità della cittadina, con vie e canali più ampi e una luminosità più accentuata che le davano un aspetto allo stesso tempo austero ma ospitale.
Centro di quella luce del Nord era Piazza Dam, che era stata e rimaneva da sempre il centro geografico ma soprattutto politico della città, con il Palazzo Reale che si ergeva magnifico e maestoso su un lato di essa.

Esattamente il tipo di posto che poteva interessare a una donna come Irene Adler.

Seduta su una panchina, assorta nella lettura di un qualche classico Inglese, sembrava solo una dei tanti avventori occasionali e non che gremivano la piazza di Domenica pomeriggio.
Irene guardò di sottecchi intorno a sé, come faceva metodicamente ogni decina di secondi, ma non notò nulla di strano, così si concentrò di nuovo sul suo libro.
I passanti non la notavano, o le rivolgevano appena un'occhiata distratta, del tutto ignari dei vari pugnali che celava nel vestito e negli stivaletti e della pistola nascosta nella borsetta.
Alzò ancora lo sguardo e rivolse un sorriso glaciale a un giovane che si era fermato a contemplarla, e questi svanì all'istante tra la folla, intimorito dallo sguardo feroce della donna.
Irene chiuse con un gesto deciso il libro e si guardò attorno con un'aria apparentemente rilassata, ma con i sensi ben vigili; diede una rapida occhiata alle guardie appostate al di fuori del Palazzo Reale, confrontandole involontariamente con quelle di Buckingham Palace e chiedendosi se il cambio della guardia, che stava aspettando paziente sin dal primo pomeriggio, fosse simile a quello che avveniva a Londra.

Non che la cosa avesse una qualche rilevanza con ciò che si apprestava a fare.
Si concesse un sorrisetto al pensiero.

In quel momento l'orologio stava per battere le quattro, e già il sole aveva incominciato la sua parabola discendente inondando il cielo di una tenue luce arancione; a nord, in netto contrasto, si scorgeva un fronte temporalesco che preannunciava neve.
Irene sperò che ciò non ritardasse il viaggio di ritorno per Londra che si era prefissata per quella sera stessa, nonostante non avesse ancora incontrato il famoso "uomo" che avrebbe dovuto contattarla lì ad Amsterdam.
Tutta quella strada per niente.

Stava giusto per farsi prendere dal disappunto quando l'orologio battè le quattro e le guardie cominciarono a muoversi e marciare attorno all'edificio cedendo il posto alle altre in arrivo.
Irene si rimproverò per essersi distratta e si alzò avviandosi rapidamente verso una stradina che conduceva dietro il Palazzo, dove aveva notato un ingresso che rimaneva incustodito per una manciata di minuti proprio in quel momento... che aveva appena mancato: una delle guardie sbucò da dietro l'angolo per piazzarsi di fronte alla porta.
Irene digrignò silenziosamente i denti, frustrata e tentata di mettere fuori gioco la guardia, ma sapeva che nonostante la sua abilità sarebbe stato un suicidio intrufolarsi a Palazzo con un cadavere alle spalle.
Avrebbe ritentato quella notte...

Si girò, con l'intenzione di dirigersi al porto -e dare un'occhiata a quel carico di diamanti di cui tanto si mormorava-, ma andò a sbattere contro qualcuno.
Qualcuno con un cappello calcato sugli occhi, naso aquilino e la barba sfatta, stretto in un completo che doveva aver visto giorni migliori.
Le ci volle qualche secondo per collegare quell'aspetto malmesso a una persona molto conosciuta:

-Colonnello?- esclamò, appena stupita.

Moran alzò il volto, rendendo visibili gli occhi scuri e seri, e annuì secco, invitandola a seguirlo con i suoi soliti modi bruschi.
Irene gli lasciò un po' di vantaggio per non dare l'impressione che si conoscessero ed iniziò a seguirlo, attenta a non perderlo tra la folla della piazza.
Il pedinamento durò quasi un quarto d'ora e li portò nel De Wallen, dove probabilmente si era stabilito Moran.
Irene si chiese perplessa e seccata perché non l'avesse già contattata al suo arrivo ad Amsterdam, tre giorni prima.

Finalmente Moran si fermò, imboccò una viuzza che costeggiava un canale secondario e scese le scalette di pietra lambite dall'acqua sporca, alla fine delle quali era ormeggiata, insieme a molte altre, una barca dall'aspetto non troppo stabile.
Moran salì sull'imbarcazione, che sprofondò di qualche centimetro e ondeggiò, ma sembrò reggere il suo peso.
Irene lo fissò dubbiosa e restia a salire su quel trabiccolo, ma quando Moran le fece imperiosamente cenno di raggiungerlo vinse la sua riluttanza e posò un piede sul legno scurito. L'uomo non accennò ad aiutarla: la galanteria non era mai stata il suo forte.

Infine si ritrovarono seduti a un tavolaccio nella piccola coperta a poppa, illuminata fiocamente da una lanterna a petrolio che ondeggiava dolcemente con il dondolio della barca.

-Come mai questo insolito "covo"?- commentò Irene, notando due mucchi di coperte in un angolo che dovevano essere la brandina di Moran e un vasto assortimento di fucili allineati contro la parete.

-Non sono affari tuoi.- rispose burbero lui, tamburellando con le dita sul tavolo.

-Cosa ci fai ad Amsterdam?- chiese infine, cogliendo Irene alla sprovvista.

-Speravo potessi dirmelo tu.- ribattè, poggiando il mento sulle mani intrecciate e scrutandolo perplessa.

-Mi stai prendendo in giro?- sbottò l'altro, agitandosi sulla sedia e poggiando la caviglia sul ginocchio per stare più comodo.

-Che motivo ne avrei?- Irene assunse un tono innocente, nonostante sentisse puzza di bruciato e una punta d'inquietudine.

Moran parve pensarci, ma sembrò non trovarne, perché grugnì qualcosa e le fece cenno di spiegarsi.

-Moriarty mi ha spedita qui per motivi che ignoro; dovevo essere contattata da qualcuno e ho pensato che fossi tu.-

-No, no. Non ne sapevo proprio niente. Sono qui per altri motivi.-

-Siete.- osservò Irene, accennando al fatto che c'erano due brandine e un po' troppi fucili per una persona sola, anche se patita delle armi come Moran.

-Siamo, sì. Ma non ti farebbe piacere sapere chi è, credo.-

-Il nuovo acquisto?- tirò a indovinare, e Moran annuì soltanto. -E cosa dovreste fare?-

-Le solite cose: spionaggio, ricettazione e omicidi.-

Irene non parlò, intenta a riflettere sulle ultime informazioni ricevute.
Aveva una discreta fiducia in Moran, così non pensò che la stesse ingannando in qualche modo, anche perché era del tutto incapace a mentire; per questo quando agivano in coppia era sempre Moran a fare il lavoro sporco e lasciava la parte di intermediaria a lei.
Quindi a mentire era Moriarty... e questo era anche peggio.
Aveva pensato che il suo rapporto piuttosto ambiguo con Sherlock fosse stato dimenticato, o almeno messo in secondo piano, ma gli ultimi fatti sembravano dimostrare il contrario: lei era una potenziale traditrice, e probabilmente era appena finita in una trappola.
Sperò che Holmes fosse al sicuro, ben rinchiuso a Baker Street, e che Watson facesse buona guardia su di lui: quell'uomo non riusciva a star fermo troppo a lungo.

-E il tuo "amichetto"?- riprese, sarcastica.

-Non chiamarlo così. Non mi è simpatico, neanche un po'. Mette i brividi, con quella faccia... comunque dovrebbe già aver eliminato il nostro primo bersaglio.-

-Chi è?-

"Chi era" si corresse tra sé, dubitando che fosse ancora vivo.

Moran si concesse uno dei suoi rari sorrisi.

-Non sono stupido, Irene. Non so cosa stia succedendo, ma da me non saprai una parola di più. Se non te l'ha detto il Professore, allora farò lo stesso.-

Irene fece a sua volta un sorriso suadente, mentre dentro si sentiva rodere di curiosità e preoccupazione.
Non si era realmente aspettata di sapere qualcosa di più da Moran: dopotutto Moriarty aveva fiducia assoluta in lui -in realtà ne dubitava grandemente- e lo considerava il suo braccio destro.
Si alzò lentamente; Moran rimase al suo posto, scrutandola torvo.

-Meglio che torni subito a Londra.- le disse in un borbottio.

-Prenderò la nave di questa sera.- lo informò di rimando.

-Prima è, meglio è. L'Ungherese non deve sapere che sei qui. Probabilmente qualcosa è andato storto nei piani di Moriarty, perché...-

-... noi non avremmo dovuto incontrarci.- completò lei, poggiando una mano sulla porta.

Moran le fece un cenno di saluto e Irene uscì, sentendosi i suoi occhi piantati nella schiena.
Raggiunse la banchina e si diede una rapida occhiata intorno, constatando di essere sola, poi si addossò alla parete di un vicolo e nascose un piccolo pugnale nel corpetto, certa che avrebbe dovuto usarlo, poi si avviò a passo svelto verso il porto.
Non le piaceva per niente quella zona: aveva sempre la pessima sensazione di essere spiata e...
Per la seconda volta quel giorno andò a sbattere contro qualcuno.
Mormorò un veloce "pardon" e fece per defilarsi, sovrappensiero, ma si sentì trattenere energicamente per il braccio.
In meno di un secondo si rese conto del pericolo ed estrasse il pugnale, ma le fu strappato di mano senza difficoltà.
Colse un sorrisetto divertito sotto la falda del suo cappello.

-Goedemorgen, Damen.-

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Note Dell'Autrice:

Olé, son tornata! :3
Mi rendo conto di avere dei tempi di aggiornamento ridicoli... peto umilmente venia, ma il tempo fugge e naturalmente meno ne ho e più ho da scrivere >_<
Comunque, in questo capitolo ho iniziato a infittire la trama (spero di essere stata chiara D:) e ho finalmente messo in gioco Irene :3 Non è esattamente il mio personaggio preferito, ma spero di averla resa bene ^^
Dunque, come sempre ringrazio tutti coloro che hanno recensito/letto/aggiunto la storia tra le seguite/ricorsate/preferite, e cioè: Artemis Hide, _Luna_, Rogue92, Glaucopis, manumanu1988, Ninaki, adag46, Charlie_Winchester e Jael (quanti siete! :D) 
Un grazie enorme alla mia Beta _ Shadow _ che resiste sempre e comunque alle mie follie e, anzi, ne rimane coinvolta XD
Grazie a tutti! ^^

-Light-

 
   
 
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