"[...] nello spazio che adesso riempi c'è
Succo acerbo di densi silenzi che
Colleziono da tempo­
Come schegge d'inferno..."
[Marta Sui Tubi, Vecchi Difetti]






Non più attimi di effimera felicità a colmare di presunto appagamento un'individualità che ha smesso da tempo di chiedere il permesso di rivelarsi nella propria integrità, da quando le logoranti richieste e le logore necessità stipate in un buio bugigattolo all'interno del mio essere sono state estirpate, le loro lunghe e aggrovigliate radici pazientemente districate e finalmente piantate in un terreno che, sebbene già in parte occupato da un'incolta moltitudine, si è da subito rivelato nella più totale disponibilità -quasi nel desiderio- di accogliere nella propria intimità novità inattese e insperate, che si sono inevitabilmente e indissolubilmente ancorate ad un così, all'apparenza, arido e impenetrabile suolo.

L'amore, la condivisione di tutto ciò che è.

Tu sei il mio porto sicuro, il mio rifugio, ma allo stesso tempo l'agguerrita e imprevedibile fiera che, del tutto conscia del proprio ascendente, approfitta dei suoi numerosi punti di forza per esercitarli su colei che sola ne comprende appieno il significato intrinseco e i mondi che vi si celano dietro.
Le parole che mi sussurri all'orecchio mentre mi cingi lentamente la vita rimarranno imprigionate in un luogo impenetrabile e io le custodirò, fino alla prossima volta. Allora faranno capolino, ancora, per necessità.
Ho bisogno di te, Lucius; mi è indispensabile la tua irruenza per liberarmi dell'angoscia che sento in agguato, pronta a rendere la mia mente instabile, ancora una volta.

Ti accarezzo il petto, lentamente, godendo di ogni attimo di turbamento che quest'azione -apparentemente così banale- mi provoca.
Fino a questo momento del tutto ciechi, i miei occhi riacquistano la vista quando sento le tue labbra sfiorarmi i capelli, la tua barba ispida pungermi la fronte.
Mi divincolo con dolcezza da un abbraccio troppo carico di sentimenti, per indietreggiare di qualche passo e ammirare la tua bellezza e per comunicarti con lo sguardo che ti appartengo, che puoi fare di me ciò che vuoi.
Sorridi distrattamente e, dopo avermi guidata al letto, mi fai sedere e mi sfili le calze con calma.
Sono inebriata dai tuoi gesti lenti e misurati, quasi languidi.
All'improvviso i tuoi occhi, abbacinanti, mi incatenano. Mi afferrano violenti, per porre fine alla tranquillità ostentata prima.
Mi dico sedotta.
La mia mente è annebbiata e ti sono grata per questo.
Mi sfilo, in un solo gesto, il vestito di pizzo bianco e il reggiseno.
Mi guardi, sembri affascinato. Da cosa?
Mi piacerebbe saperlo, ma non so se ti crederei.
Mi stendo sul letto, in mutande. Osservo le ossa del mio bacino: non sono mai state così sporgenti, mi fanno impressione.
Ti sbottoni la camicia, non lentamente -come pensavo avresti fatto- ma con frenesia.
La lasci cadere ai tuoi piedi, incurante.
Ti getti su di me con foga, premi con le tue labbra sulle mie per insinuarti al mio interno.

E' un bacio appassionato, un preludio scontato e un omicidio annunciato.

Le tue mani fredde mi accarezzano la schiena. Avverto distintamente qualcosa di importante e influente morire dentro di me... Sei tu, Lucius, che torturi fino all'ultimo, insostenibile, spasmo di dolore i demoni di Narcissa Black?