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Autore: JhonSavor    25/03/2012    6 recensioni
Venezia è sicuramente uno dei fiori all'occhiello del Nord Italia, e ha per certo un glorioso passato, in quanto è stata una secolare repubblica indipentente... nel Settecento poteva godere della rappresentanza del nostro Feliciano che a suo modo viveva una vita tutta particolare, per così dire... Venezia è una terra di amore e di mistero, dopo tutto... cosa accadrebbe se qualcuno arrivasse direttamente dalla corte Asburgica a trovarlo e ci fosse qualcosa che Feliciano non può rivelare proprio a loro?
Una cosa semplice in due capitoli ma spero che vi piaccia lo stesso! Grazie a voi tutti! XD
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Sorpresa, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Hetalia: Storie di Nazioni'
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Cari lettori e lettrici! La fic su Gilbert è in corso di produzione, quella su Roma ristagna e quella di Inghilterra… beh insomma per quella ci sarà uno special veloce, veloce sul comico e poi si vedrà.
Quindi non vi preoccupate, il vostro JhonSavor non abbandona mai il suo fidato equipaggio! (?)
Comunque questa fic da due capitoli ha tra i suoi protagonisti Feliciano, per par condicio dato che un po’ di tempo fa ho raccontato di Lovino e della sua dolce metà, solo che ovviamente non sarà il solito deficiente a cui tutti siete abituati, e se siete mie lettori soliti lo avrete già intuito!
Ah che soddisfazione scrivere con lo stile storico! XD
Buona lettura e spero che vi piaccia!
 
 
 
Passando per Venezia
 
 
Prima parte: Dalla corte Asburgica
 
Venezia, anno del Signore 1796
 
Erano da poco passate le dieci e un pallido sole illuminava le acque della Laguna Veneta.
I rumori tipici di una città commerciale come quella di San Marco erano ritornati a farla da padroni dopo che le silenziose ombre della notte avevano lasciato loro il passo.
Attraverso i famosi canali che la percorrono come fossero delle strade, anzi esse sono le strade di Venezia, si potevano osservare barconi carichi di merci, spezie, tessuti e quant’altro, pronte per essere messe in vendita o trasportate nei magazzini di qualche ricco patrizio.
Ma insieme ad essi facevano capolino le ugualmente famose e tipiche gondole, che traghettavano i loro passeggeri da una parte all’altra della città, ovunque essi volessero andare e che per lo più servivano ricchi uomini e incantevoli dame, che potevano permettersi i loro servigi per muoversi più agevolmente e vivere a pieno la vita mondana della Venezia da bene.
E su una di queste vi stava una dama, elegantemente vestita, coperta da un leggero scialle e da un largo cappello che la proteggesse dalla brezza marina.
Il gondoliere aveva capito che era straniera ancor prima che salisse a bordo, ancor prima che gli chiedesse in un italiano dal forte accento tedesco, ma un accento curioso dovette ammetterlo in quanto era vicino all’austriaco ma aveva qualcosa di diverso, di portarla presso la sestiera* di Dorsoduro*.
Se l’aspetto non fosse bastato a dimostrare i suoi nobili natali, aveva addosso un dolce profumo che non poteva essere paragonato a quegli intrugli che certe donne poco dabbene indossavano per far colpo sugli uomini. Inoltre aveva modi molto eleganti e aggraziati… e certe cose, pensò lui, o le si ha per nascita o perchè le si ha apprese da qualche gran maestro delle cerimonie che si trovano nei palazzi reali, come quelli del Doge!
 
Una volta giunti a destinazione il gondoliere accostò e legata saldamente la barca al molo, si offrì galantemente di aiutare la donna a scendere.
-Molto gentile, grazie- gli rispose la donna con garbo
-Servo vostro, madame- fece lui in risposta
Gli sorrise e l’uomo pensò di non averne mai visto uno più bello… anche se non pareva sereno
Una volta accettata la tariffa, l’uomo trasse tutto il suo coraggio e le domandò –Madame, potrei sapere il vostro nome?-
Lei lo guardò stupita, con un sopracciglio leggermente inarcato
-Cosicchè, se mai mi chiedessero se abbia mai traghettato un angelo sulle belle acque della nostra Laguna, potrò fare il vostro-
La donna lo guardò per alcuni secondi, poi gli parlò con voce soave -Elizabetha… mi chiamo Elizabetha-
Subito dopo si incamminò voltando le spalle all’uomo, lasciandolo basito.
Rimontato sulla gondola, tolse la cima e riprese in mano la pertica, ripartendo pensoso in cerca di altri clienti
Elisabetta...
 
Elizabetha Héderváry, Matrona d’Ungheria, Seconda dell’Impero Asburgico, passeggiava tranquillamente lungo le vie interne di Venezia.
Non vedeva l’ora di bussare alla porta di Feliciano; avere l’occasione di rivedere il suo vecchio amico italiano la faceva sentire particolarmente felice.
Aveva ottenuto dei giorni di permesso per allontanarsi da Vienna e andare praticamente in vacanza.
Ma se dovesse spiegare come si fosse sentita ad allontanarsi  dalla capitale avrebbe usato una sola parola: sollevata.
Perchè la sua partenza l’aveva vissuta come una fuga, una fuga finita bene.
Doveva ritirarsi in un posto solare, lontano da tensioni politiche, affianco a persone con cui potesse confidarsi appieno, e Feliciano era la persona giusta.
Colui che tutti chiamavano il Custode del Nord Italia, attualmente Rappresentante della Serenissima Repubblica di Venezia*, per lei era un caro amico.
Si conoscevano da secoli e lo stimava come pochi altri al mondo.
Si era stupita la prima volta che l’aveva visto: si aspettava una persona completamente diversa, era pur sempre l’uomo che aveva condotto alla vittoria le città della Lega alla vittoria contro l’Impero*, si aspettava un guerriero possente, un soldato, mentre aveva trovato quello che a prima vista appariva  come un ragazzino, un’artista, uomo di lettere; ma scoprì che in realtà era molto di più: la sua apparente indifferenza e superficialità nascondevano quella di un fine politico e stratega.
Era un forte che amava vestirsi e vivere da semplice.
Era un uomo che amava divertirsi e dedicarsi agli affari di commercio.
Era un uomo che scindeva completamente la sua vita tra l’essere un Regnum e l’essere Feliciano Massimo Vargas*.
E in un mondo come il loro non era una cosa che tutti erano in grado di fare o di potersi permettere o concedere.
Inoltre il suo animo era gentile e pronto all’ascolto.
Insomma per lei quell’italiano era diverso da molti degli uomini con cui aveva avuto a che fare.
 
Arrivò infine a destinazione: il palazzo di Feliciano era davvero imponente, sontuoso tra i più belli della città.
Serie di trifore in marmo, al cui interno vi si potevano scorgere finestre dalle grandi vetrate, ornavano la facciata dell’edificio, nella cui parte superiore si affacciava due balconate: la prima più esterna e priva di una copertura, mentre la seconda era interna al perimetro del piano ed era racchiusa da una loggia con capitelli in stile corinzio.
Lungo il resto della facciata altre bifore si alternavano agli stemmi in marmo delle famiglia Vargas, mentre una serie di decorazioni, sempre in marmo, ornavano i vari piani.
Alla fine afferrò il battente del portone e picchio contro il batacchio che generò un forte suono ridondante.
Passarono alcuni istanti ma non sentì alcunchè.
Allora riprovò, stavolta battendo ripetutamente e con maggiore forza.
Ancora una volta silenzio.
Ungheria era pronta a ricominciare il battere quando sentì dei chiari passi provenire dall’interno.
La porta si aprì e ai suoi occhi si presento il suo caro amico italiano, che al contrario la guardò leggermente stupito.
-Elizabetha?-
-Feliciàn!- gli ripose lei entusiasta
Il ragazzo inarcò un sopracciglio -Que faites-vousà Venise?*-
L’ungherese lo guardò, stranita da quella accoglienza; di solito si era dimostrato più che contento di vederla, mentre ora sembrava quasi distaccato.
-N-n'es-tu pas content de me voir?*- gli domandò con un tono leggermente dispiaciuto ma mantenendo un espressione risoluta
A quella domanda Feliciano sembrò risvegliarsi di scatto da un sonno profondo, iniziando a parlare molto velocemente e incespicando anche nei verbi
-Ma no! No, no, no! Contento molto di vederti essere! Figurarsi!*-
Ungheria lo osservò meglio, stavolta lei con un sopracciglio alzato: era vestito con solo una camicia di lino addosso e un paio di pantaloni di velluto scuro, e l’aria leggermente insonnolita; doveva essersi svegliato da poco.
Ci fece caso solo allora: perchè si era presentato lui personalmente ad aprirle e non un servitore come normalmente sarebbe dovuto essere?
Inoltre continuava a guardarsi intorno con fare circospetto.
-Feliciano è successo qualcosa? Mi sembri un po’ strano…-
-Che? No per niente-
-E allora come mai ci sei tu e non il tuo maggiordomo ad aprire alla porta?-
Stavolta gli rispose  con prontezza -Perchè ho dato la giornata libera alla servitù e sono senza di loro da ieri sera-
Almeno aveva ricominciato a ordinare le frasi nuovamente in senso compiuto.
Elizabetha continuò a fissarlo e nonostante all’apparenza fosse tornato padrone di se, capiva che era ancora nervoso.
Feliciano cambiò espressione e le sorrise –Scusa se sono sembrato sgarbato è che non mi avevi fatto sapere niente del tuo arrivo, mi sarei organizzato meglio-
Detto questo le prese la mano e gliela baciò con garbo –Mi perdoni?-
Di fronte a quegli occhi furbi non potè che rispondere anch’ella con un sorriso –Certo, non è importante-
In quel momento, prima che uno dei due amici potesse anche solo pensare di aprire bocca, dall’apertura della porta fuoriuscì una donna dai vestiti sgargianti ma molto eleganti ma soprattutto molto scollati, dalle curve morbide e i capelli castano scuri, che afferrò il ragazzo per le spalle e lo baciò con passione, strusciandogli le mani addosso.
Feliciano più per istinto che per volontà vera, le cinse i fianchi come a trattenerla a se.
Tutto questo scambio di effusioni avvenne sotto gli occhi di una esterrefatta, e molto imbarazzata a dire il vero, Ungheria che sentì chiaramente le guance farsi più rosse del normale.
Dopo aver finito di mangiargli la faccia, la donna si staccò e dopo avergli fatto l’occhiolino, gli sussurrò qualcosa in dialetto veneto stretto, ma con tono talmente provocante che era davvero difficile non immaginare cosa gli avesse detto.
Ungheria difatti, anche se non aveva inteso, si sentì ancora più avvampare.
Poi senza dir altro, si voltò e se ne andò, non senza salutarlo un ultima volta, stavolta con un più casto cenno della mano.
Elizabetha vide chiaramente la Repubblica di Venezia, risponderle a sua volta con un cenno e uno sguardo leggermente da ebete, o così lo intese lei, stampato sul volto.
Poi si baciò la mano e vi soffiò sopra come per spedirle un bacio di vento, quando la mano di Ungheria gli si frappose di fronte e la vide stringersi a pugno con forza.
Anche se fu solo un’impressione gli sembrò quasi di sentire il suo bacio volante andare in frantumi sotto quella tremenda stretta.
Si voltò a guardarla e la sua espressione lo fece impallidire.
La cosa più vicina alla ferocia che traspariva dagli occhi della donna che gli venne in mente fu quella di un branco di lupi famelici.
E lui non potè far altro che metterla sul ridere
-Hai, hai visto… che curioso modo che hanno di salutare da queste parti?-
Capì subito che era stata una mossa sbagliata.
-Ora capisco tutto…- incominciò a dire.
Il ragazzo deglutì vistosamente.
-Sei diventato un… un… KURVAPECÉR!!!-
Spiazzato da quel grido Feliciano non riuscì a staccarle gli occhi di dosso
-Un che?-
Ma non le lasciò il tempo di rispondere; grazie alla vista acuta che lo aveva reso famoso, vide subito che un gran numero di finestre delle abitazioni vicine si stavamo aprendo, avendo il grido della Rappresentate chiaramente attirato la curiosità e lo stupore dei veneziani di tutto Dorsoduro.
All’istante trasse la donna con uno strattone al di là della porta, richiudendosela alle spalle, e mettendosi così al sicuro da occhi, e orecchi soprattutto, indiscreti.
Scampato il pericolo di uno scandalo ridiresse l’attenzione alla sua amica, che ora appariva più infuriata che mai: si metteva le mani tra i capelli, mentre camminava su e giù per il largo atrio, tirando dei pestoni tali al terreno che non seppe dirsi se rimanere stupito del fatto che non si fossero ancora spaccati o i suoi tacchi oppure il pavimento.
-Sei una disgrazia! Una cosa vergognosa! Un, un…-
-Un ku-kurvapecér?-
-Esatto! Proprio così!-
E lui non aveva ancora capito che diavolo fosse un kurvacepér, ma di sicuro non era qualcosa di positivo.
Ungheria smise di girare su se stessa per appiccicargli addosso un paio di occhi inquisitori –Da quando sei diventato un libertino?-
Sospirò -Ah… è quello che significa kurvacepér?-
-No! Nella tua lingua significa puttaniaro!-
Feliciano nonostante la pronuncia non proprio esatta capì perfettamente cosa intendesse dire
-Sono scandalizzata! Cosa pensi che direbbe il tuo reverendissimo zio*, se lo venisse a sapere?-
-Oh andiamo Eliza, non vorrai metterti a fare questo discorso, qui, con me, dopo tutto questo tempo che non ci vediamo? E poi è tutto un malinteso…-
-Immagino – lo ribeccò sarcastica – Perchè la… donna che è appena uscita non è una di quelle che riempiono le case chiuse?-
-Non ti permetto simili insinuazioni- le rispose lui per le rime – quella donna è un’appartenente ad una nobile famiglia veneziana e…-
-Feliciano, onestamente, a chi la vuoi dare a bere?-
Il silenzio scese implacabile per alcuni istanti su i due contendenti: la Serenissima Repubblica messa con le spalle al muro dalla Reale Ungheria.
-Eliza… quella signorina è la nipote di un membro del Gran Consiglio, ci siamo conosciuti ad una festa, succede…-
Ungheria presa in contropiede da quella rivelazione –Davvero?-
-Si, davvero Eliza, qui da noi è facile che nascano storie di questo tipo… insomma ormai siamo anche un paese politicamente neutrale*, dovremo pure trovare un modo per ammazzare il tem…-
-Non ho voglia di battute di spirito, quindi non azzardarti a finire la frase!-
Feliciano si ammutolì di botto.
Ungheria mosse qualche passo ancora, nel silenzio più assoluto dell’atrio, il suono sordo delle sue scarpette, sul ricco pavimento in marmo.
-Davvero è come dici? – si voltò verso di lui, con occhi leggermente colpevoli, le mani congiunte sul petto – Mi spiace averti fatto questa scenata, è che non riesco a pensare che uno come te possa ridursi a fare il cascamorto con tutte quelle che incontra…-
Feliciano non potè far altro che alzare leggermente le spalle e le mani –Sono cose che possono succedere, Eliza, tutti sbagliano*-
Lei gli si avvicinò piano –Ti chiedo perdono, sono stata inqualificabile-
-No…- la strinse a se con gentilezza per farle capire che non doveva preoccuparsi – eri solo preoccupata per me, non potrei mai prendermela per una cosa del genere. Siamo amici, no?-
Ungheria non rispose, beandosi di quell’abbraccio confortante e sicuro, come un porto durante la tempesta.
-Si…-
Feliciano era davvero il suo migliore amico, la persona più cara che avesse, il fratello che non aveva mai avuto.
-Ciò non toglie che quella là sia una sgualdrina…-
Un peso come di piombo, calò sopra il capo dell’italiano.
-B-beh… in fondo deve piacere a me…-
-Però potresti avere un po’ più di buon gusto-
-Ungheria per favore, taci-
Restarono così ancora per un po’ quando dalla scala che conduceva ai piani superiori, aperta sull’atrio dalla parte opposta al portone, non si udirono dei passi veloci, ma eleganti.
Dei passi che avevano lo stesso suono di quelli di Ungheria.
Dei passi di donna.
-Signor Vargas!-
Quella voce flautata ebbe l’effetto di immobilizzare i due sul posto, così com’erano.
Dalle scale scese velocemente una donna vestita in ugual modo a quella uscita poco prima ma diversa dal colore dei lunghi capelli, che erano biondi, e dal portamento più aggraziato e meno, si potrebbe dire, provocante nel portamento.
-Oh, vedo che è in… compagnia, non la disturberò oltre non si preoccupi- disse con tono garbato
Nonostante la vedessero avvicinarsi, i due Rappresentanti non sciolsero l’abbraccio, ne si mossero in alcun modo… Feliciano semplicemente si limitava a mantenere il contatto visivo con la sua, ormai non più, ospite.
-La volevo ringraziare per la magnifica occasione… è stata una nottata di passione, come non ne avevo passate da tempo-
Il Custode del Nord non potè rispondergli alcunchè, sia perchè la donna dopo un educato inchino si fiondò subito verso il portone, sia perchè un pizzicotto al fianco gli fece indirizzare lo sguardo sulla sua amica che ora lo fissava con un intensità tale che se avesse potuto, lo avrebbe ucciso.
-Ungheria… – prendere le distanze era la cosa più strategicamente indicata da fare in una situazione come quella – n-non trasecoliamo… l-lascia che ti spieghi…-
-Quindi non solo te la spassi con una sgualdrina ma ti piacciono pure queste altre sporcaccionate? Sei… sei… credo che kurvacepér sia riduttivo a questo punto…-
Feliciano cercò di poggiarle una mano sul braccio ma lei gli schiaffeggiò la mano –Non osare toccarmi, pervertito…-
Si allontanò piano di un passo all’indietro; il fatto che si stesse trattenendo era un bene, significava che la voleva mettere sul verbale ma anche così la situazione sarebbe potuta degenerare… per consolarsi si disse che poteva anche andar peggio.
La porta si riaprì e dall’apertura fece capolino la testa bionda della dama di prima – Signor Feliciano, mi stavo dimenticando… volevo chiederle di ringraziare quel suo amico straniero e se…- la donna arrossì un poco – se volesse gradire ancora la mia compagnia io… sarei ben felice di concedergli il mio tempo-
La porta si richiuse con un tonfo sordo.
Feliciano Massimo Vargas si sentì morire.
Non appena la dama aveva finito di pronunciare la frase, il volto di Elizabetha Héderváry si sfigurò in una maschera sconvolta: le labbra ridotte a strisce sottili, gli occhi sgranati e le gote tinte di un rosso vermiglio acceso, lo avevano praticamente paralizzato.
E fu in quel momento che capì che non c’era mai un limite al peggio.
 
[To be continued…]
 
* Quartiere
 
* Uno dei sei quartieri storici di Venezia, che chiude a Sud il Canal Grande
 
* In occasione della guerra contro Federico I Hohenstaufen detto il Barbarossa, Feliciano guidò l’esercito coalizzato della Lega, inviato dallo Stato Pontificio, avendo visto questa presa di coscienza collettiva come il segno che i tempi erano ormai maturi; Feliciano ricopre (in questa versione dei fatti) in un certo qual senso il ruolo del leggendario Alberto da Giussano
 
* Al contrario di molti altri suoi simili, Feliciano non è mai stato un Rappresentante fisso ma bensì ricoprì il ruolo di Custode delle terre del Nord Italia, mentre passava da un potentato all’altro quando uno di essi mostrava di possedere una chiara egemonia sugli altri.
 
* Noticina: fino a quando America non si è ribellato e si è trasformato in una Nazione di sua spontanea volontà appoggiando i Padri Fondatori, l’essere un Rappresentante e l’essere una persona normale, non erano assolutamente viste come cose separate. Ci sono delle regole naturali che legano i vari R. alla propria condizione, regole che non possono essere eluse, e tra queste si pensava che ci fosse anche questa condizione. Insomma per farla semplice: un tempo Galles e Monaco non si sarebbero mai potuti sposare senza il consenso dei loro “capi” perchè avrebbe comportato problemi dinastici, politici e sociali; ma oggi nessuno avrebbe da ridire se James Caerdydd e Beatrix Bonnefoy (le loro identità da civili) convolassero a giuste nozze. Il perchè della rivoluzione americana come punto di riferimento (anche se il botto lo si avrà con quella del 1789) è perchè in quell’occasione venne promulgato nella Dichiarazione d’Indipendenza il Diritto alla Rivoluzione.
 
* Che cosa ci fai a Venezia?
 
* Non sei forse contento di vedermi?
 
* Ovviamente Feliciano non è dislessico ma sta ancora parlando in francese, non azzeccando la costruzione della frase correttamente…
 
* Indovinate un po’ chi è? XD
 
* La Repubblica di Venezia dopo la definitiva perdita dei territori del mediterraneo orientale a favore dei turchi (1718) si chiuse alla politica internazionale definendosi un paese neutrale, come l’Austria dopo la seconda guerra mondiale. Nonostante tutto però compì ancora operazioni militari contro la pirateria barbaresca fin nelle loro basi africane.
 
* Qui Feliciano è un maledetto fetente… la frase la si può intendere in vari modi… XD
 
 
Okay che cos’è questa cosaaa?!
Trattasi di un capitolo in cui si mostra che come i grandi uomini possono ritrovarsi a vivere momenti assurdi o particolarmente comici, anche se a priori non si direbbe, anche le Nazioni-Rappresentanti possono ritrovarsi in situazioni similari!

Non sono molto convincente vero? Beh non so che dire risponderò ai vostri eventuali dubbi nel prossimo capitolo okay? XD
Ciao e a presto!

  
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