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Autore: lala_g    22/10/2006    3 recensioni
"A quella frase Margareth si impietrì. Le lacrime tenute a freno, per sembrare più calma, ripresero a sgorgare dai suoi occhini azzurri, che oramai le bruciavano, una morsa le strinse lo stomaco e la sua espressione ora era arrabbiata. Scappò in camera sua."
Una bimba frustrata che scappa di casa e vive la sua piccola avventura per la città di Napoli.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Margareth era una bambina di circa otto anni insieme a sua madre e suo padre viveva in un palazzone del centro storico di Napoli.
A quel tempo, la città, era caratterizzata dall’aria fresca e da grandi palazzoni con giardini pensili al loro interno, che rendevano il paesaggio “presentabile”.
I negozi non mancavano e le strade erano popolate da persone e qualche carrozza, di quelle raffinate ed eleganti, che potevano permettersi solo le persone benestanti.
La villa di Margareth non era grandissima, quanto bastava per farla sentire sola.
La bimba infatti veniva spesso trascurata dai genitori.
Erano due persone di alto rango, che svolgevano compiti importanti per la città.
Agli occhi di Margareth però; erano solo due persone che le erano state portate via da quello stupido impegno.
Margareth non aveva amici, essendo una persona ricca, non aveva bisogno di andare a scuola, infatti aveva un maestro privato, che, secondo lei era li, solo, per farla star male, come uno di quei mostri delle favole che, con tanta fatica, aveva imparato a leggere.
L’unica persona, anzi cosa, che teneva compagnia alla bimba, era una bambola, Susan.
Margareth si divertiva a passare il tempo con Susan, la bambola era vecchia e malandata, ma, agl’occhi della bimba, appariva bella ed elegante, perché in fondo, non importava se era vestita con uno di quei bei vestiti, che vedeva nelle vetrine dei negozi, quelle rare volte che usciva con la mamma e il papà, a lei bastava uno straccetto, e Susan era la più bella.
Quel giorno Margareth come al solito aveva pranzato da sola perché i suoi genitori, erano dovuti andare ad un “Pranzo di lavoro”. Margareth non sapeva esattamente in cosa consisteva un “Pranzo di lavoro”, ma quando il maggiordomo, uomo alto sulla cinquantina, gliel’aveva riferito, il suo sguardo si era subito rabbuiato.
Era in camera con Susan quando accidentalmente, tirando troppo la bambola, un braccino di candida porcellana era stato tirato via.
Margareth non capì subito cosa era successo, e si ritrovò ad osservare le sue mani paffutelle, che tenevano il corpo della bambola e il suo braccino.
Quando la bambina se ne rese conto, iniziò a piangere. Continuò tutto il pomeriggio a guardare la parte rotta della sua Susan.
Come poteva essere accaduto? Lei così attenta a ciò a cui teneva, possibile di averla rotta?
No non poteva! Doveva essere un brutto sogno, eppure la bambola era li, rotta.
Margareth provò a chiudere gli occhi e a riaprirli, sperando che a quel gesto qualcosa sarebbe cambiato, come nelle fiabe.
Ma niente!
Era oramai pomeriggio inoltrato, forse le 17:00 quando i genitori di Margareth tornarono a casa. Lei sentendo la porta aprirsi, corse dal secondo piano, dov’era la sua camera, giù per le scale, con gli occhioni azzurri ancora rossi dal pianto, i lunghi capelli castani arruffati, dato che per il dispiacere si era nascosta sotto le calde coperte del suo letto cercando conforto in quel tepore, invano.
La mamma di Margareth, una donna abbastanza giuvane, con capelli biondo scuro e occhi azzurri, inginocchiandosi, probabilmente fingendosi interessata ai problemi della bimba, chiese cosa aveva, questa, ancora tirando su col nasino, le spiegò la situazione, dicendole dell’errore commesso a tirar troppo la bambola.
La mamma guardò il marito, aveva un aria indifferente, lui si affrettò a dire queste parole: “ Beh tesoro, ne compreremo un'altra”.
Margareth rimase allibita a quelle parole, come potevano sostituire così Susan? La sua Susan?
Non se lo sapeva spiegare, continuò a controbattere quella decisione fin quando il padre, scocciato, le aveva risposto, con tono secco e indispettito, che, o avrebbe comprato una bambola nuova o sarebbe rimasta senza. A quella frase Margareth si impietrì. Le lacrime tenute a freno, per sembrare più calma, ripresero a sgorgare dai suoi occhini azzurri, che oramai le bruciavano, una morsa le strinse lo stomaco e la sua espressione ora era arrabbiata. Scappò in camera sua.
Come poteva suo padre dirle cose del genere? Questa domanda la tormentava.
Decise di prendere la bambola e scappare, scappare lontano da quella prigione lussuosa, lontano da quelle persone, che ora, ai suoi occhi, apparivano mostri, proprio come il maestro.
Cominciò a correre per le strade del centro storico, attirando su di se molti sguardi stupiti.
Quando si calmò si rese conto di dov’era, si trovava in un enorme piazza, San Domenico Maggiore.
Era in uno dei più bei decumani di Napoli, un piccolo sorriso comparve sulle sue labbra.
Avanzava lentamente, in quando scorse una cappella. Non era molto grande, ma appariva elegante.
Una costruzione semplice all’esterno, rettangolare, abbellita da decorazioni e statue, che probabilmente rappresentavano principi.
Ma una fu che attirò la sua attenzione, era un immagine scolpita di Cristo coperto da un velo.
Era incredibile!
Tutto era nel marmo, ogni più piccolo particolare: le pieghe del velo il letto su cui era steso, i cuscini, tutto.
Rimase incantata ad osservarlo per un po’. Al tramonto, il sole che entrava attraverso i vetri di una finestra, rendeva l’atmosfera piacevole, e incominciava dei giochi di luce, che si riflettevano sul marmo.
Margareth espresse un desiderio, anche se in fondo sapeva che non si sarebbe avverato; -Tentar no nuoce- disse fra se, chiuse gli occhi e lo espresse.
Uscì dalla cappella quando il sole oramai era quasi sparito, il cielo tinto di arancione le dava un senso di tranquillità.
Imbocco uno dei cardini che collegava le strade principali, e li, vide il negozio più bello della sua vita, un piccolo negozietto, illuminato da piccole lampade con luce soffusa. Sparse qua e la c’erano bambole di tutte le grandezze, decise di entrare, doveva saperne di più!
Seduto su una sedia c’era un uomo di mezz’età che stava apportando delle modifiche ad una bambola, questi alzò lentamente lo sguardo andando a fissare Margareth.
Lei stento un Buonasera per poi chiedere cosa stesse facendo, il signore non rispose, e andò a fissare la bambola che la bimba stringeva ancora tra le mani.
“Che cosa è successo alla tua bambola?” chiese cortese
Margareth si intristì “ si è rotta il braccino”.
Il signore sorrise, lasciò la bambola oramai ultimata per terra, e chiese a Margareth se poteva dare un occhiata alla sua.
Lei annuì, il signore dopo aver osservato Susan, ricominciò a parlare:
“Io sono il dottore delle bambole e questo è il mio Ospedale”
la bimba rimase sorpresa, lui proseguì;
“Posso curarla?”
“lo farebbe davvero” chiese lei speranzosa
il signore lo prese per un Sì, indi sistemò in poco la bambola.
Non chiese nulla alla bimba.
Margareth dopo essere uscita da “l’ospedale delle bambole” tornò in quella cappella e lesse un cartello che diceva : -Cappella di San Severo-
Entrò e lesse un secondo cartello, riguardante la bellissima scultura di prima, diceva: -Cristo Velato-
Osservò la scritta, e poi il monumento, preferì solo una parola prima di andarsene: “Grazie”.

Fine

Note dell'autrice: Salve a tutti, questa è la seconda Fanfic che pubblico, vi informo che la storia è tratta da un tema fatto in classe l'annos corso, e lòa vicenda non è realmente accaduta. Ringrazio tutti quelli che la leggeranno e spero la commenteranno.
Kiss Lala
  
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