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Autore: Gan_HOPE326    22/10/2006    9 recensioni
In mezzo ad una landa desolata Gohan viene allenato dal suo maestro Piccolo in vista dell'arrivo sulla Terra di Vegeta e Nappa. Non è una vita facile, ed il bambino sarà costretto ad imparare una dura lezione...
Genere: Triste, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Gohan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Istinto di sopravvivenza

Istinto di sopravvivenza

di Gan_HOPE326

 

Altre fiction dello stesso autore: “Un Raggio di Sole”, “Un giorno da scagnozzi”, “Dragonball – A legend dies”.

Questa fanfic si ambienta nel periodo in cui Gohan si allena sull’isola deserta con Piccolo, circa sei mesi prima che Vegeta arrivi sulla Terra. E’ un storia che riprende con maggiore approfondimento alcuni temi già accennati nell’anime, e soprattutto che racconta un momento fondamentale nella nascita del legame profondo che, negli anni, legherà sempre il figlio di Goku e quello del Grande Mago Piccolo. Ho cercato di renderla molto emozionante, quasi ‘shockante’, ma non per questo OOC, anzi, spero proprio di avere descritto bene soprattutto Gohan. Una piccola nota: la storia era stata concepita come one-shot, poi è cresciuta un poco ed ha finito per diventare una piccola fanfic a capitoli, che comunque saranno solo quattro. Un grazie particolare a lilly81 (spero che tu possa leggerlo di persona), perché la sua storia “Gravity Room” mi ha dato quell’umore giusto, un po’ malinconico, grazie al quale è nata questa “Istinto di sopravvivenza”. A tutti: buona lettura e commentate numerosi!

 

Capitolo 1 – A un battito d’ali da casa

 

Anche nei momenti più neri basta davvero poco per ritrovare la serenità.

Dopo un’intera giornata di allenamento massacrante, una lotta senza mai fine né vincitore con il suo nuovo maestro, Gohan, al tramonto del sole, si sentiva solo e consumato, gli sembrava di essere un vecchio arnese che implorava di essere gettato via. Quando si sentiva così, Gohan non poteva evitare di pensare alla casa che lo aspettava, lontano, oltre il mare, e alla mamma che gli raccontava le favole prima di dormire, che gli rimboccava le coperte del letto, ma questi ricordi gli erano resi ancora più dolorosi dalla vista della sabbia e delle rocce che adesso erano il suo nuovo letto, la sua nuova casa.

Gohan aveva imparato a dimenticare il più possibile tutto ciò ed a vivere immerso in quel duro presente in cui doveva combattere per mangiare e per non essere mangiato; tuttavia, ancora, nelle sere più malinconiche, quando il vento soffiava il proprio disprezzo per tutti gli esseri viventi spazzando quelle terre aride, un ricordo di vaga tenerezza e una morbidezza rosa ed indefinibile che portava con sé l’odore di casa bussavano al suo cuore.

Nessun bambino di quattro anni può rinunciare all’affetto, che desidera ricevere e donare in ugual misura, e il piccolo Sayan non faceva eccezione. Nella solitudine di quell’isola sperduta come un miracolo di colore e di suono, un giorno gli era venuto incontro un uccellino dal piumaggio variopinto che cinguettava con insolita dolcezza: sorridendo, il piccolo Gohan l’aveva accolto tra le proprie mani, l’aveva accudito e preso con sé. Così, quando si sentiva solo e sfinito dopo l’ennesima lotta con Piccolo, che ormai  da quasi un mese lo allenava personalmente, si sdraiava sulla sabbia, chiudeva gli occhi e si abbandonava al melodioso canto di Kirù, che dalla gabbietta di legno che il bambino gli aveva costruito intrecciava note sempre diverse. Grazie all’incantesimo dei suoi gorgheggi, lo scirocco sabbioso diventava una dolce brezza di primavera; la nuda e fredda terra, un soffice cuscino; il tocco dell’erba che carezzava la sua guancia, le labbra profumate della mamma che veniva a dargli il bacio della buonanotte.

Viveva tutto il giorno nel deserto, Gohan, ma la sera, finalmente, tornava a casa.

 

E poi cambiò tutto.

 

-         Cos’è quella roba? – sibilò Piccolo, intravedendo la gabbia.

 Gohan gli rispose fiducioso che lì ci teneva il suo uccellino Kirù. Non vedeva assolutamente niente di male in questo: perché il suo maestro avrebbe dovuto prendersela?

-         Noi siamo qui per allenarci, non per accudire animaletti indifesi! - era stata la risposta adirata.

Gohan non sapeva che dire. Riuscì solo a balbettare:

-         Ma Kirù è mio amico… io gli voglio bene!

-         Se davvero gli volessi bene – disse allora Piccolo – lo lasceresti libero di fare la sua vita, e tu penseresti alla tua. Nessuno migliora in una gabbia, lo vedi da solo. Tu stesso hai imparato di più in sei mesi da solo qui che in anni trascorsi a casa con la mammina ad oziare. Questa è la legge della vita, Gohan. Bisogna combattere per sopravvivere, il tuo amato Kirù contro i predatori, tu contro i Sayan. Chi vince vive, perché merita di farlo. Chi perde non è importante.

A Gohan questa ramanzina era piaciuta poco, e decise di ribattere, radunando tutto il proprio coraggio:

-         Tu dici sempre che devi conquistare il mondo ed uccidere mio padre. Cosa ne sai della legge della vita? Sai solo fare del male!

Ma Piccolo non si fece certo zittire, anzi. Più minaccioso e infuriato che mai, afferrò Gohan per il colletto, lo sollevò all’altezza dei propri occhi e gli parlò scandendo bene ogni sillaba:

-         Tu non hai idea di quanto io conosca questa legge, Gohan. Possiedo in me tutti i ricordi di mio padre, e ti posso assicurare che la gente fa cose terribili quando è messa alle strette. Infliggigli abbastanza dolore, e chiunque può diventare uno spietato assassino interessato solo alla propria vita. Persino tuo padre, Gohan. Tu lo credi solo un uomo buono e gentile, vero? – Piccolo sogghignò – Bene, io ricordo ogni momento del giorno in cui il Grande Mago Piccolo fu ucciso da lui, e ti giuro che anche se Goku, allora, era solo un ragazzino, negli occhi aveva un odio ed una furia demoniaci. Avrebbe voluto graziare persino suo fratello Radisc, ma con mio padre non esitò un attimo, fu solo spietato, deciso ad ucciderlo al costo della propria vita, e nient’altro. LO VOLEVA MORTO, GOHAN. Rifletti bene su questo: anche tu potresti diventare così, con il giusto stimolo. Persino il tuo Kirù potrebbe. Perciò abbandona questi sogni, ed entra nella realtà. Siamo ognuno per conto nostro. Preoccupati di te stesso, e dimentica tutti gli altri.

Detto questo, lasciò cadere  terra Gohan, che sbalordito e spaventato lo fissava con occhi sgranati. Dopo avergli rivolto un’ultima occhiata, Piccolo si voltò e si alzò in volo. Il bambino, invece, che risentiva della stanchezza di una giornata di allenamenti, fu sopraffatto dal sonno, e dormì profondamente per molte ore.

 

 

  
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