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Autore: Ghen    25/03/2012    0 recensioni
Spoiler per chi segue solo la programmazione italiana e spoiler 1x18.
E a quel punto le venne in mente che lei non era più quella di una volta, che non avrebbe potuto strappare il cuore di Henry, che quel suo stesso incantesimo l’aveva resa… debole.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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the cure

to the curse

Si guardò attorno interdetta e poi uscì dalla casa del sindaco, lasciando la porta aperta. Non aveva detto una sola parola e avrebbe pensato che nemmeno ce ne fossero, se sarebbe riuscita a pensare, in un momento come quello.
Fuggì, semplicemente.
Risalì nella macchina da sceriffo e mise in moto subito; solo quando arrivò a destinazione spense il motore e rimase lì, seduta senza fare niente, con la testa per aria.
Il suo fissare un punto inesistente era così ipnotico che anche Archie, passeggiando con Pongo al guinzaglio, si fermò all’improvviso voltandosi per un attimo, prendendo curiosità. Quando capì che ciò che prendeva tanto interesse era nei pensieri di Emma e non per la strada, decise di accostarsi.
Picchiettò sul vetro e la donna si voltò lentamente, con sguardo assente, finché non decise di tornare in sé e di scendere il finestrino.
«Ehi, Emma… Tutto bene? Aveva uno strano sguardo…».
La donna decise di interromperlo subito: non sarebbe riuscita a spiegargli, non qualcosa che ancora lei stessa non si spiegava.
Aprì la portiera della macchina e Archie si allontanò, alzò poi le braccia all’aria. «Non ora, non adesso», dichiarò senza degnarlo di sguardo, finché non si bloccò e incrociò i suoi occhi con quelli dell’uomo. «Henry… Henry cosa le ha detto riguardo allo sconfiggere la Regina Cattiva?».
Archie sembrava rifletterci ed Emma si pentì subito di avergli fatto quella domanda, riprendendo passo verso l’ufficio. «Lasci stare», scosse le braccia. Sembrava voler dire altro ma tacque e l’uomo restò perplesso sulla soglia dell’auto.
 
 
Regina si sedette dinanzi alla scrivania e come stanca afferrò la testa sulle sue mani.
Com’era potuto accadere? Da quando le cose le erano così tanto sfuggite di mano?
Aveva… visto. E ora non poteva più tornare indietro.
Henry bussò alla porta aperta e Regina alzò uno sguardo terrorizzato che non passò inosservato al bambino, che stranito fece come mezzo passo indietro.
«Io vado a giocare al parco», disse. «Mi… Mi aspettano alcuni amici».
Si accorse di come la stava guardando, suo figlio, ed ebbe come paura di quello sguardo. «Stai andando da quella donna, non è vero?», le chiese senza mezzi termini.
Solo inutili bugie: sapeva dove andava e sapeva che non aveva amici, proprio come lei.
Henry restò perplesso sulla porta, se risponderle con la verità o insistere, quale delle due gli avrebbe permesso di uscire, finché la donna, senza aspettare risposta, concluse. «Vai». Il bambino non se lo fece ripetere due volte e stringendo la cinghia del suo zaino uscì di casa.
Che cosa doveva fare, ora che conosceva la verità? Si chiese.
Morsicò talmente forte le labbra che sentì l’amaro sapore ferroso del sangue.
Quello era suo figlio. Poteva ancora capovolgere la situazione: se strappava il cuore al bambino e lo stritolava davanti agli occhi di lei, era come avere la vittoria in pugno. Quella donna sarebbe stata completamente in suo potere.
Non poteva credere di averla vista nascere e nascondere in quell’armadio, che la protette dall’incantesimo. Dal suo incantesimo. E a quel punto le venne in mente che lei non era più quella di una volta, che non avrebbe potuto strappare il cuore di Henry, che quel suo stesso incantesimo l’aveva resa… debole.
Scacciò un urlo senza pari e con un gesto veloce del braccio gettò tutto quello che c’era sul lato destro della scrivania per terra. Si placò ma vedendo del sangue uscire da un graffio che si era appena fatta, l’ira nei suoi occhi si accese più che mai.
 
 
Emma continuava ad andare su e giù per l’ufficio. Si appoggiò ad una porta e portò i capelli biondi indietro. Quello che era successo… era… vero?
Aveva visto se stessa, neonata, in mezzo alla strada e quel bambino trovarla. Aveva visto se stessa in quel piccolo armadio di legno. Aveva visto se stessa protetta dalle spade di uomini vestiti di nero, protetta da un uomo, che si ferì, da un uomo che sembrava proprio… David.
Era proprio certa che quella bambina era lei? La copertina era quella.
Scosse la testa e si morsicò le labbra.
Aveva anche visto la sua nascita. La sua nascita, tra le braccia di quelli che dovevano essere i suoi genitori: David e Mary Margaret.
Perché stava succedendo quello? Perché era successo nel momento in cui… nel momento in cui… Non riusciva nemmeno a pensarlo. Perché Regina l’aveva fatto e perché aveva visto quelle visioni?
«Hei», quella voce la fece sobbalzare. Vide Henry spedito entrare nella stanza e poggiare il suo zaino a terra accanto ad una sedia. «Dobbiamo andare avanti con l’Operazione Cobra. Forse mia madre sta tramando qualcosa di nuovo, l’ho vista piuttosto strana oggi», si voltò e strabuzzò gli occhi vedendola con quell’aria confusa e assorta. «Che succede?».
«Tua madre era strana?», domandò tentando di ricomporsi, davanti al bambino. Non voleva che la vedesse così provata e non voleva che ricominciasse a parlare dell’Operazione Cobra. Era una sciocchezza. Erano tutte sciocchezze. Anche quelle visioni che aveva avuto erano solo delle sciocchezze.
La verità era fatta di prove tangibili: non esistevano le fiabe, non esistevano le Regine Cattive e non era possibile che i suoi genitori fossero delle persone che dimostravano i suoi anni.
Per la prima volta da quando stava a Storybrooke aveva paura davvero: da quando Henry era entrato nella sua vita e l’aveva portata in quel luogo tutto era cambiato, aveva finalmente dei legami e una vita che cominciava ad amare. Se tutta Storybrooke doveva rivelarsi un’illusione… l’avrebbe distrutta. Ma in fondo non era possibile, perché quello che era successo – pensava – non poteva essere vero. Aveva avuto delle allucinazioni, che potevano anche sembrare lontanamente reali, ma restavano tali, e forse erano solo programmi della sua stanchezza.
«Sì… Anche tu sei strana», rispose Henry.
«Senti, ragazzino, oggi sono piuttosto stanca, perché non vai a giocare e ci rivediamo più tardi?».
«Ma dobbiamo fare qualcosa per l’Operazione Cobra! E se mia madre oggi stesse tramando qualcosa? Aveva un’aria veramente terrificante…».
«Terrificante?», alzò un sopracciglio.
Cosa poteva nascondere quella di terrificante? Dopo quello che era successo… beh, terrificante poteva essere lei, non Regina. E arrabbiata. Insomma, aveva fatto tutto da sola e cosa si aspettava, che restasse lì e ne parlassero come se niente fosse? Aveva fatto bene ad andarsene, con o senza allucinazioni.
Quella donna era pazza. Dal momento che aveva messo piede a Storybrooke tentava di scacciarla, di minacciarla, di spiarla e di arrestarla, e infine tra una discussione senza capo né coda la bacia? Era completamente fuori di testa.
«Senti, ragazzino, non ho paura di tua madre. E oggi comunque sono veramente impegnata. Ci rivediamo più tardi».
«Ma non eri stanca?». Dopo un’occhiata di troppo Henry si convinse ad andarsene, per il momento. «Va bene», riprese lo zaino in spalle. «Torno tra poco… Ma tu pensa all’Operazione Cobra, perché secondo me sta per succedere qualcosa», disse alla porta per poi uscire.
Appena se ne fu andato afferrò la sedia davanti a quel pc dove solitamente sedeva il bambino e prese il suo posto, infilando poi la chiave aprì il cassetto dove era custodito il libro di Henry. Lo tirò su e poggiandolo sulla scrivania lo aprì: le immagini, prima di ogni altra cosa, presero il suo interesse. Non aveva mai fatto caso quanto alcuni dei volti che vedeva lì raffigurati sembravano simili alla gente di Storybrooke. Scosse la testa e lì per lì fu tentata di richiudere il libro: non erano simili, tentava di convincersi, erano solo dei disegni, e tutto questo stava succedendo solo perché la sua testa era stata provata dalle allucinazioni della stanchezza, provata allo stesso tempo dalle assurde teorie di Henry.
Tuttavia, nonostante pensasse di richiudere quelle pagine, fu comunque presa dalla lettura. C’era una Regina, e sembrava davvero Cattiva, ma non era per niente simile a Regina dalle illustrazioni. Oh, capì più avanti nella lettura, che quello che stava leggendo accadeva ancor prima che la Regina Cattiva diventasse sia Regina che Cattiva, ovvero ciò che Henry credeva fosse il passato di sua madre.
Rise, in certi punti. Quella che doveva essere Regina, secondo il loro figlio in comune, era una ragazzina spensierata e innamorata, totalmente diversa da come immaginava. Più avanti però la narrazione prendeva un tono più serio ed Emma si fece seria altrettanto. Quello che stava accadendo in quelle pagine… era terribile. Come poteva quello essere un libro per bambini? La Regina Cattiva, no… la madre della futura Regina Cattiva, aveva fatto uccidere il suo unico amore e l’aveva costretta a sposarsi uccidendo anche la sua spensierata innocenza. L’uomo che era costretta a sposare era il Re Leopold, il padre di Snow White. Ripensava, in quel momento, che Snow White secondo la folle teoria di Henry era sua madre, ed era Mary Margaret là a Storybrooke. Era stata Snow White a non mantenere il segreto dell’amore della giovane futura Regina Cattiva: era colpa sua se la madre l’aveva mandato a morte.
Chiuse il libro, in un attimo di ansia, e si mantenne la testa fra le braccia.
Secondo Henry, il movente di Regina era questo, per far cadere le colpe su Mary Margaret sull’omicidio di Kathryn Nolan. La cosa buffa, in quel momento, è che le sembrò che Henry avesse davvero ragione.
Regina aveva scatenato la maledizione perché era stanca della felicità raggiunta da Snow White, mentre a lei aveva rovinato l’esistenza.
No. Scosse la testa ancora una volta, per poi sorridere. Quello era solo un libro e Henry era solo un bambino. Le fantasie dei bambini non facevano parte della realtà.
Per un attimo ripensò a lei, quando era bambina: non c’era spazio per l’immaginazione e la fantasia, ogni volta che tentava di crearne una la realtà gliela spazzava via, dagli adulti e il loro grigiore, dai problemi di non avere una famiglia e una vita che valesse la pena vivere.
Ridacchiava, pensando che più per Regina, quella fiaba era adatta a lei: l’innocenza era stata spezzata e uccisa da un adulto senza cuore, solo che invece di essere divenuta una Regina Cattiva, Emma era solo diventata… Emma, una ragazza che non credeva più a niente.
«Emma…»… Quella voce risuonava nella testa. Era una voce che ricordava, familiare, e poi vide il suo volto, che sorrideva. La riconosceva, era Mary Margaret. No… pensò poi di essersi sbagliata, mentre l’immagine si faceva più nitida: quella donna aveva i capelli più lunghi e il suo viso pareva sofferente. Perché piangeva così? Delle mani la strapparono dalle sue braccia e si sentì improvvisamente più triste. Ora riconosceva quella scena, faceva parte delle sue illusioni, quelle che aveva avuto quando Regina l’aveva baciata. Sembrava così… reale.
«Emma… Mamma».
Sua madre?
Si svegliò e alzando leggermente la testa vide Henry al suo fianco. Allora era lui che la chiamava?
«Ti sei addormentata», le sorrise il bambino, e poi fissò il libro. «Stavi prendendo appunti per l’Operazione Cobra?», fece entusiasta.
Emma storse gli occhi e lentamente alzò la testa dalla scrivania; stava per dirgli quanto quelle fiabe non avessero niente a che fare con Regina quando una scossa di terremoto improvvisa fece spaventare entrambi e afferrò il bambino, che a sua volta prese con sé il libro. Lo prese fra le sue braccia e si nascosero sotto la scrivania. La scossa durò diversi intensi minuti. Videro parti dell’intonaco cadere, i vetri delle finestre rompersi, il letto della cella ballare. Era la più violenta scossa che avessero mai sentito a Storybrooke.
Quando finì, Emma si guardò circospetta e solo quando pensò che la scossa non sarebbe tornata di lì a breve fece uscire il bambino dall’improvvisato nascondiglio.
Entrambi si guardarono intorno, in mezzo al disastro. Henry subito corse verso l’uscita ed Emma stava per raggiungerlo, quando incuriosita si fermò a dare un’occhiata alla scrivania, domandandosi come mai questa non si mosse. La vide ancora perfettamente attaccata al muro e scoprì delle viti. Era stata solo fortuna. Veloce uscì dall’ufficio.
 
Terra nell’aria, smossa dal terremoto, si respirava come nebbia.
Emma raggiunse Henry, fermo in mezzo alla strada, come tanti altri abitanti della cittadina. Tutti stavano intorno alla strada, osservando impietriti come quel terremoto aveva ridotto ogni cosa. Tutta Storybrooke era stata messa in ginocchio: non sembrava più la stessa, dai cartelloni a terra, dalla strada spaccata in due, dai muri ridotti in macerie e dalla paura nei volti dei cittadini stessi. Nessuno gridava al ferito, ma erano molti quelli ricoperti di polvere.
«Bisogna andare a vedere se è rimasto qualche ferito», subito disse Emma, ma il figlio la fermò alla giacca da sceriffo. «Tu devi restare in un luogo sicuro, potrebbero presentarsi altre scosse».
 «No, no», gridò lui. «Non capisci! È la maledizione».
«Senti, ragazzino, non è il momento adatto per queste cose», incurvò la testa, tentando un sorriso. Sapeva quanto Henry volesse davvero dare la colpa a quello che era successo alla maledizione, ma un giorno anche lui – pensava – avrebbe aperto gli occhi com’era successo a lei.
«No, dev’essere per forza successo qualcosa», insistette Henry. «La maledizione si dev’essere indebolita! Avevo visto mia madre con una faccia terrificante, te l’avevo detto».
«Ascoltami, Henry», si abbassò alla sua altezza, poggiando le mani sulle spalle del bambino. «Sono stata a casa tua, oggi. Tua madre era esattamente come tutti gli altri giorni, non aveva nulla di diverso».
«E cos’è successo? Qualcosa dev’essere successo, qualcosa che è cambiato», insistette.
«Abbiamo discusso».
«Come sempre?».
Emma tornò in piedi, pensando bene a come dire quelle parole. «Henry… No, in effetti qualcosa è successo». Si bloccò per osservarlo, e quando capì che lui era lì immobile ad ascoltarla, decise di mentire. Decise di mentire davvero, proprio come quando gli disse che suo padre era un eroe, eppure stavolta non ci riuscì. Forse, una parte di lei, credeva davvero alla maledizione e sperava che potesse finire dicendo la verità, sperava che lui l’avrebbe aiutata ancora, e che stavolta le avrebbe dato una ragione valida per cui i suoi genitori l’avevano abbandonata. «Tua madre… Stavamo discutendo e lei mi ha baciata».
«Ti ha baciato?», strabuzzò gli occhi.
«Sì, ma non è success-», il bambino la bloccò all’istante.
«Anche Graham ti aveva baciato. E lui aveva detto di aver visto chi era quando lo aveva fatto».
«Non ti seguo», scosse la testa. Era meravigliata dal fatto che Henry continuasse con le sue teorie nonostante gli avesse appena detto che la sua madre adottiva aveva baciato la sua madre naturale.
«Aveva visto chi era: il Cacciatore. E se a mia madre è successa la stessa cosa… Oh no», il suo sguardo si fece scuro.
«Che cosa “oh no”?».
«Abbiamo perso il nostro vantaggio», la fissò dritta negli occhi. «Mia madre ha scoperto che sei la figlia di Snow White. Cercherà di ucciderti».
«Oh ragazzino, so che tua madre non è tutta zucchero e miele, ma da qui a pensare di uccidermi…».
Il loro discorso restò sospeso, gli sguardi di Emma ed Henry, come quelli degli altri cittadini in zona, restarono tutti intrappolati dalla stessa visione: i vetri e i muri di Storybrooke venivano giù come niente, uno dopo l’altro seguendo un percorso preciso, quello verso di loro. Infatti,  non lontano da questi, c’era la causa scatenante, coperta dalla polvere che si alzava nell’aria.
Regina era sospesa a mezz’aria, le braccia spalancate, il fumo sotto i suoi piedi. Indossava ciò nessuno mai le vide indossare a Storybrooke, ma solo nel luogo dal quale provenivano. Tutti restarono a bocca aperta ed alcuni preferirono scappare. Il mantello le ondeggiava tra il vento. Sul viso portava un maestoso e ben ritrovato sorriso.
«Oh mio Dio», sussurrò Emma, ad occhi spalancati.
Henry alzò il viso verso di lei e la donna ricambiò con uno sguardo allarmato.
Sì, ora lo credeva. Come poteva insistere con la fantasia di Henry quando questa aveva incontrato la sua realtà, quella che le avevano imposto da bambina?
 
La Emma bambina voleva credere che un giorno i suoi genitori sarebbero passati a prenderla, che avevano avuto dei contrattempi, e che doveva smettere di piangere altrimenti non l’avrebbero ritrovata. La Emma bambina voleva credere che i suoi veri genitori avrebbero aperto la porta dell’ufficio dove ogni volta veniva rispedita dopo che gli ennesimi nuovi padre e madre non la volevano più con sé, e che l’avrebbero ripresa. La Emma bambina voleva credere che esistevano, da qualche parte, e che ripetere prima di addormentarsi una preghiera gliel’avrebbe riportati.
La Emma bambina era durata molto poco, cresciuta in fretta, delusa, quando ogni giorno si accorgeva sempre più che i suoi veri genitori non sarebbero mai arrivati e che gli adulti intorno a lei la volevano grande, e forte, perché nella vita niente regala niente.
Una Regina Cattiva faceva parte della fantasia. I genitori adottivi, malauguratamente, della realtà.
Una realtà.
La sua.
La sua di quando era bambina.
Ma la Regina Cattiva, che esisteva quant’era vero che esisteva lei, probabilmente aveva lasciato i segni della sua maledizione anche sulla sua anima, nonostante Snow White e James, il Prince Charming, avevano cercato di proteggerla.
 
«Lei è vera», sibilò Emma.
«Più vera che mai… E sta arrivando qui», disse Henry.
Regina era ormai a pochi metri dai due e il suo sorriso si spense. Con sguardo arrabbiato arruffò il naso, e gli indicò. «Lui… è mio figlio».
Emma si frappose tra lei ed Henry e Regina sembrò non gradire affatto quel gesto. La donna ringhiò e accecata dalla rabbia mosse il braccio destro contro un negozio, che crollò come se fosse stato accartocciato.
Emma deglutì. Questa nuova Regina aveva poteri che mai si aspettava di vedere, e soprattutto, cominciava a sentir la mancanza di quella che conosceva.
«La vedo piuttosto arrabbiata», esclamò Emma.
«Tu sei l’unica che può spezzare la maledizione e ha paura che le porti via ciò che ha costruito».
Che ha costruito…?
Emma restò immersa nei suoi pensieri. Se la fiaba che aveva letto nel libro di Henry, su di lei, era vera… Regina aveva ragione di esser arrabbiata. Sua madre aveva ucciso il suo amore e la sua innocenza, ma non aveva giustificazioni riguardo l’esser divenuta malvagia. Lei e Regina avevano subito ingiustizie simili, ma al contrario lei non si sentiva una Regina Cattiva.
Regina si era sentita giustificata a diventar simile a sua madre: ma non esisteva giustificazione, qualsiasi cosa succeda, per le nostre azioni… Pensava Emma.
«L’avevo avvertita, no, Miss Swan? Che non aveva idea di quel che sarei stata capace di fare», disse Regina, interrompendo i suoi pensieri.
Come avrebbe potuto sconfiggere una Regina Cattiva? Altri avevano deciso che lei sarebbe stata la prescelta, ma nessuno forse immaginava che sarebbe stata una normalissima umana, senza poteri che le permettessero di combattere. E ci sarebbe stato bisogno di combattere, in fondo?
«Ehi, ragazzino, il tuo libro dice come sconfiggere la Regina del Male?».
«Emh… No», sorrise innocentemente. «Le ultime pagine parlavano della tua nascita, ma non dicevano altro. E le avevi bruciate».
«Mi stai prendendo in giro?!», si voltò a lui meravigliata. «Va bene», strinse le labbra. Prese passo, decisa, in un qualche modo bisognava sistemare quella situazione.
«Cos’hai intenzione di fare?», urlò Henry.
«Sconfiggere la Regina Cattiva», sorrise Emma. «Tu stai al sicuro».
«Sconfiggere me?», rise Regina. «Credi davvero di poterlo fare? Sei soltanto lo sceriffo di una piccola cittadina che non è nientemeno che un’illusione. Un’illusione che io ho creato. Non appartieni a questo posto e non hai nulla per sconfiggermi! Anche se sei la figlia di Snow White, le cose non cambiano. Sei un nulla che è arrivato qui per caso… Tremotino quella volta disse il falso. Tu non puoi niente contro di me».
Ma Emma non si lasciò travolgere da quelle parole e senza paura si avvicinò a lei, tentando di mantenere la calma. «Perché mi hai baciato?».
Quella domanda lasciò perplessa Regina. Non ci mise così poco a formulare qualcosa da risponderle. «Dove vuole arrivare con questo, Miss Swan? Le cose non cambieranno anche se l’ho baciata: lei ha rovinato tutto».
«Notavo come, leggendo la tua storia, ci sia qualcosa di simile alla mia. Te la sei presa con Snow White, ma la verità è che le cose non sempre vanno come vorremmo andassero. Quando ero bambina avrei voluto svegliarmi e scoprire che era stato tutto un incubo, che avevo una famiglia che mi voleva bene ed eravamo felici. Ma ho aspettato quel giorno invano. Potrei dire che è stata colpa tua, a causa della maledizione, ma la verità è che è una cosa che è successa e non ha senso prendermela con te».
Regina restò a fissarla imperterrita, senza dire una parola, e lentamente cominciò a toccare di nuovo terra coi piedi.
Perché l’aveva baciata?
La maledizione non aveva solamente privato a tutti del loro lieto fine, ma era stato impresso anche in lei stessa. Anche Regina era stata maledetta dalla sua stessa maledizione. Ventotto lunghi anni a vivere come una persona qualunque, era stato l’arrivo di Emma a risvegliare in lei la vera se stessa che era stata assopita dalla maledizione. Regina aveva ritrovato la vena di combattere per quel poco, che difficoltosamente, aveva guadagnato: Henry. Lei voleva ricominciare a vivere a Storybrooke, ma non era mai riuscita ad avere l’amore che avrebbe voluto da suo figlio. Non capiva che c’era qualcosa che non riusciva a permetterglielo. Se l’era presa con Snow White per quello che le era successo e non c’era stato più verso di farle cambiare idea, voleva vendicarsi e quello era stato il risultato. La vendetta non le aveva comunque permesso di essere felice. Ed ora, perché non riusciva ad avere l’amore di Henry, affidava lo stesso la colpa agli altri.
La verità era che vedeva Emma simile a lei. Aveva un dolore dentro che non riusciva a colmare e Regina riusciva vederlo solo perché provava lei stessa dolore.
Aveva rovinato tutto… Poteva essere una persona qualunque, perché proprio la figlia di Snow White? Si domandava.
Una persona qualunque avrebbe potuto… ricambiare. La figlia di Snow White invece, era lì solo per sconfiggerla.
«Tu non sai niente di me», sussurrò Regina.
La terra ricominciò a tremare e la gente ad urlare.
Henry pensò che la maledizione fosse ormai agli sgoccioli, che qualcosa sarebbe accaduta di lì a presto.
«Mi dispiace per quello che ti è successo… Ma puoi sempre ricominciare», disse seria.
A Regina calarono alcune lacrime, ripensando al suo defunto padre, che credeva in lei e invece accecata dal rancore non aveva creduto e infine ucciso. La maledizione non l’aveva portata a nulla e solo un forte vuoto si era preso cura di lei per quei ventotto anni. Poteva rifiutare ciò che le veniva detto e strapparle il cuore, come aveva fatto quella volta con lui, ma qualcosa la bloccava: Emma era colei che avrebbe potuto distruggere la maledizione e forse non la poteva toccare… o forse, pensava, l’aveva baciata perché c’era qualcos’altro.
Avrebbe mai potuto strappare il cuore di chi amava?
Emma in quel momento si sentì di fare ciò che mai avrebbe immaginato: si era avvicinata e l’aveva abbracciata. L’unica cura che esisteva per distruggere una maledizione nata dal dolore, era l’amore.
Regina l’abbracciò a sua volta e chiuse gli occhi. Decise: avrebbe ricominciato… avrebbe ricominciato da lì.
 
 
 
Emma aprì gli occhi lentamente e guardò attraverso le tende della finestra. Un’altra mattina era iniziata. Mise i piedi fuori dal letto e restò immobile, dopo essersi stropicciata gli occhi.
Ricordava… tutto.
Era una situazione strana: ricordava che Regina l’aveva baciata e di aver scoperto che tutte le bizzarre teorie di Henry sulle fiabe erano la verità. Aveva accettato di essere la figlia di Snow White, ovvero Mary Margaret, e di aver sconfitto la maledizione da una Regina veramente Cattiva.
Ci rise su, vestendosi.
Vide che Mary Margaret era già uscita di casa, sentì uno strano effetto nel constatarlo, e indossando la giaccia da sceriffo uscì di casa anche lei.
Trovò Henry da Granny e l’accompagnò fino a scuola, mentre il bambino non faceva che parlare dell’Operazione Cobra. Dopo aver fatto quello strano sogno non le sembrò quasi più lo stesso sentir parlare di quelle fiabe e della Regina Cattiva. Salutò Henry e voltandosi notò Regina. S’incantò nel vederla, aveva qualcosa di… diverso: sorrideva.
Sorrideva diversamente a come aveva sempre fatto ed Emma si chiese così se, forse, una maledizione non si fosse veramente spezzata.
Sorrise anch’essa e di buon umore s’incamminò verso il suo ufficio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 




 
 
 
 
***
 
Non chiedetemi niente! Non ho idea di come sia uscita ‘sta cosa… Cioè, sì, volevo scrivere una piccola fan fiction senza pretese e vagamente SwanQueen, solo che poi mi è uscito fuori tutto un patra-trac! Ho perfino tolto dalla scena personaggi che sarebbero potuti comparire per finirla il prima possibile XD Infatti, non credo che ‘sta cosa sia granché, ma fa nulla, volevo scrivere qualcosa giusto per divertirmi e bon.
 
Lo spoiler sta per l’episodio 1x18, dove vedremo il passato di Regina. E, naturalmente, per gli episodi finora usciti in America, per chi segue solo la programmazione italiana. Per il resto… dai, è tutto inventato da me, quindi chissà come andrà a finire :)
Beh sì, ammetto comunque che un finale SwanQueen non ci starebbe affatto male nella serie <3 XD
 
Era da molto tempo che non scrivevo una fan fiction e, comunque, non credo scriverò ancora su Once Upon a Time XD Per quanto ami questo telefilm, mi basta seguire la serie e disegnare ogni tanto qualche sketch cretino sui personaggi XD
Ciao, ciao da Ghen =^____^=
 
   
 
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