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Autore: Marciux    26/03/2012    4 recensioni
Cinque anni prima della lotta per salvare il mondo. Sephiroth è convocato a Nibelheim per la sua ultima missione da SOLDIER, ma non può immaginare che cosa il destino abbia in serbo per lui. Un personaggio insospettabile trama alle spalle degli altri, celato nell'ombra. Il Pianeta è vittima di minacce ben diverse da quelle contro cui Cloud e gli altri combattono.
Genere: Azione, Generale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aeris Gainsborough, Sephiroth, Un po' tutti, Vincent Valentine
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: FFVII
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Capitolo IV

 

L'ultima scalata è quella più difficile, la più tragica. La notte si tinge del bagliore del fuoco, conferendo al monte un aspetto infernale. La divisa si fa sempre più pesante e mi sento soffocare; vorrei alleggerirmi almeno della lunga giacca in pelle, ma non mi fermo nemmeno un solo istante. Alle mie spalle, di tanto in tanto, sento ancora la voce di Zack che mi chiama, ma io la ignoro. Lui potrà anche avere buone intenzioni, ma conosco bene la ShinRa. Tutto quello che posso fare è allontanarmi il più velocemente possibile. Intanto, Jenova si fa sempre più vicina.

 

Il reattore, come al solito, rappresenta un mondo totalmente a parte. Fuori il caos infuria sul piccolo villaggio, ma qui tutto procede come al solito, gli ingranaggi continuano inesorabilmente a girare, e il Mako si trasforma in energia. Se solo l'incendio propagasse sin qui, sarebbe una catastrofe. La sala rossa sembra attendermi. Il mio cuore batte all'impazzata, mentre salgo lentamente la fatidica scalinata, gli occhi fissi sulla grande porta metallica che mi separa dal mio obiettivo. Alle mie spalle risuonano dei passi lontani, affrettati. Mi stanno raggiungendo.

 

«Apriti, maledetta porta!»

 

I passi si fermano improvvisamente, alla base della scalinata. Mi volto appena, credendo di trovare Zack, e invece...

 

«Sephiroth! Come hai potuto farci questo?»

 

Tifa brandisce Masamune, in alto sopra di sé - non ricordo di averla persa - un piede posato sul primo gradino della scala. Sembra stravolta e i suoi stivali sono rovinati dalle bruciature. Ha affrontato l'incendio solo per raggiungere me? Non so come rispondere. Che cosa posso dirle? L'ira, il terrore, la disperazione le segnano i tratti del viso e io non posso fare più niente.

 

«Il mio papà... come hai potuto?» grida ancora, in lacrime, e corre all'impazzata verso di me, risalendo la scalinata.

 

Masamune si innalza su di me, fredda e severa, ma non osa attaccare il suo padrone. Afferro il polso di Tifa, immobilizzandolo, e la guardo nei suoi occhi lucidi, pieni d'odio.

 

«Scusami» sussurro, piano.

 

Con uno strattone, libero la katana dalla debole presa di Tifa. È quasi al rallentatore che vedo la ragazza perdere l'equilibrio, spaventata per la potenza di quel contrattacco, cadere sulle scale e rotolare diversi metri più in basso. Non si muove più. La disperazione mi assale, ancora più di quanto già non avesse fatto sinora.

 

Tranquillo. Non è morta.

 

Sento altri passi frettolosi, in lontananza. Saranno Zack e gli altri soldier. Si occuperanno loro della ragazza, io devo proseguire per la mia strada da solo. Impugno Masamune con entrambe le mani e, in un batter d'occhio, la porta metallica si squarcia a metà, aprendo la via verso Jenova. Senza indugiare oltre, la supero.


Un silenzio religioso mi circonda. Il laboratorio è piuttosto piccolo, con pianta circolare, e si estende più che altro in altezza. Cammino lentamente, cercando di contenere il rumore degli stivali sul pavimento in metallo, in segno di rispetto per l'atmosfera quasi sacra che mi circonda. Giungo su una piattaforma rotonda, ampia, il cui perimetro non combacia con le pareti della stanza. Probabilmente, sotto i miei piedi, il laboratorio si estende per altri piani. Dall'estremità della piattaforma, davanti a me, un largo tubo rosso risale sino a raggiungere, alla parete di fronte, i piedi di una statua; più che altro un'armatura. Jenova. Lungo tutta la superficie della stanza si intreccia una fitta rete di cavi e tubi, la maggior parte dei quali confluisce verso la corazza.

 

«Tu... sei mia madre?» sussurro piano, ma con fare nervoso.

 

L'unica cosa che dona vita alla statua è il riflesso delle tetre luci al neon alle pareti. Il viso è una maschera dall'aspetto inquietante, con sottili fessure al posto degli occhi. Il busto ha forme femminili, con rigogliosi seni metallici. Al posto delle braccia due ali spiegate, scolpite con cura, piuma per piuma. I capelli son costituiti da un intreccio di cavi che scendono dal soffitto.

 

Percorro la piattaforma e mi arrampico lungo il tubo rosso, sfidando l'oscurità che incombe sotto di me. Infine raggiungo Jenova. La statua è ovviamente un falso. Jenova sarà dietro, o forse dentro di essa?

 

Un vibrare alla tasca interrompe i miei ragionamenti su come giungere al mio obiettivo. Ti prego, non adesso.

 

«Gaiana, in realtà son molto impegnato. Non ho tanto tempo, ora...»

«Ma certo! Ovviamente! Avrei dovuto pensarlo! E tu ti rendi conto che ormai manchi da una settimana? Quando hai intenzione di tornare?» domanda la sua voce, con tono minaccioso.

«Presto, molto presto. Ma non posso dirti quando, esattamente» dato che non so neanche se ritornerò.

«Perché parli a voce così bassa, scusa?» mi interrompe lei, disinteressata.

«Beh... il paziente riposa. Scusami, Gaiana, ma...»

«Ah, quindi avete smesso di giocare con i Sahagin?»

«Senti, ti garantisco che quanto tornerò avrai un resoconto dettagliato, va bene?»

Alle mie spalle risuonano passi frettolosi, probabilmente sulle scale che portano a questa stanza. Il tempo stringe.

«Lo so che tu stai facendo il possibile per rimandare i pranzi da mia madre. Sappi che è tutto inutile. Appena potrai prenderti un po' di ferie... La terra promessa!»

«La terra promessa?!» esclamo io, sconcertato, dimenticando di parlare a bassa voce.

«Ma sì, andiamo a passare un finesettimana alla villetta di mia madre, quella vicino a Rocket Town!»

«... tua madre? Oh, senti, io...»

I passi son sempre più vicini e non ho altra scelta. Il mio cellulare scivola dalla mia mano e precipita verso il basso. La caduta è lunga e non sento l'impatto col suolo.

 

«Sephiroth!»

 

Ecco qua. Tempismo perfetto. Il mio cervello lavora febbrilmente, escogitando un piano per uscire da questa situazione piuttosto imbarazzante.


«Sephiroth!» urla ancora la voce di Zack, probabilmente sulla piattaforma. «Perché hai ucciso gli abitanti del villaggio? Perché hai ferito Tifa?»


 

Nella mia mente si accavallano milioni di plausibili risposte, una più stupida dell'altra. Son in trappola.

 

«Rispondimi, Sephiroth!»

 

Non posso fare altro che proseguire per la mia strada, sperando di cavarmela. Afferro con entrambe le mani l'armatura di Jenova, per le spalle, e la tiro a me con tutte le forze. Pian piano la corazza cede e, in un'esplosione di cavi elettrici spezzati, riesco a portare alla luce la vera Jenova, custodita in un grande cilindro di vetro, immersa in un liquido trasparente. I suoi lunghi capelli argentati fluttuano attorno alla sua testa come tentacoli, e l'unico occhio visibile oltre le ciocche si illumina di un fucsia fosforescente. Spero sia solo una mia impressione, ma sembrerebbe fissarmi, anche se con sguardo assente. Dietro la sua schiena noto delle ali rattrappite e storte verso il basso, per il ristretto ambiente. Non hanno nulla a che vedere con le grandi ali piumate promesse dalla statua. Il suo corpo è femminile e si tinge di un'opaca tonalità bluastra.

 

Abbandono la struttura di metallo e cavi ancora sibilanti che ho fra le mani, lasciandola cadere nel vuoto e, ancora una volta, non sento il rumore del suo presumibilmente brusco atterraggio. Continuo ad osservare il mostro sotto vetro, ignorando il blaterare del SOLDIER.

 

«Finalmente ci incontriamo» sussurro io, inarcando le sopracciglia. «Ora devo trovare il modo di portarti fuori di qui senza essere disturbato dai...»

 

Un sibilo dietro il mio orecchio destro mi avverte della lenta entrata in scena della Buster Sword di Zack. Il suo taglio è minacciosamente puntato contro la mia gola, con una presa tremante.

 

«... seccatori.»

 

«Sephiroth... Tu... hai completamente perso la testa!»

 

Sospiro. Non sarebbe difficile liberarmi da questa situazione, ma non sempre trovo piacevole menar le mani, specie se con ex colleghi. Con un rapido scatto, ruoto su me stesso e oppongo alla spada di Zack la mia Masamune, costringendolo ad indietreggiare lungo il tubo rosso. Purtroppo per lui, la differenza fra noi due è lampante, e un istante più tardi si ritrova catapultato qualche metro indietro, in ginocchio sulla piattaforma. Mi avvicino lentamente a lui, deciso a metterlo fuori combattimento prima che possa ancora intralciarmi. Devo solo concentrarmi e non fare cretinate: non voglio nessuno sulla coscienza!

 

«Io... mi fidavo di te! Non sei il Sephiroth che conoscevo» ansima Zack, rialzandosi con difficoltà.

 

Solleva la Buster Sword sopra la sua testa, ma ancora una volta questa viene intercettata dall'impeto della mia spada; stavolta, con un grido di dolore, il SOLDIER viene sbalzato oltre la porta e lo sento cadere giù per la scalinata, raggiungendo Tifa.

 

Non c'è tempo da perdere. Volto le spalle al nemico e risalgo verso Jenova. Basta una carezza della mia katana per mandare in frantumi il vetro che mi separa da lei. Sopra di me risuona un sistema d'allarme e il liquido viene trasferito attraverso il tubo su cui poggio i piedi, liberando il corpo del Cetra. Senza tante cerimonie, passo a fil di lama il collo della mia presunta madre e mi impossesso della sua testa, con quei capelli che ora ricadono lisci verso il basso. Prossimo obiettivo: guadagnare l'uscita. Qualcuno, però, non la pensa al mio stesso modo.

 

Urlo di dolore, quando improvvisamente sento una fredda lama ferire il mio fianco destro, lacerando i miei vestiti. Il bruciore si acuisce ancora quando lo spadone viene estratto. Mi volto lentamente, piegato su di me per la ferita, e vedo chi è stato ad attaccarmi. Il viso nascosto dal casco, non riesco ad identificare quale, ma si tratta di uno dei due soldier, che regge quasi con difficoltà la spada di Zack. Piccolo, nella sua divisa blu, sembra quasi terrorizzato dal gesto che ha appena compiuto; ma poi l'audacia ha la meglio e impugna la Buster Sword con forza.

 

«Come... osi?» gli sibilo contro, la voce spezzata dal dolore. Se solo non mi avesse preso alla sprovvista, avrei potuto ridurlo in polvere in meno di un secondo.

 

Gli indirizzo contro un montante un po' debole, ma lui si fa da parte e Masamune colpisce il suo casco, facendolo volar via e rivelandomi il volto del mio avversario. Ha i capelli biondi, acconciati in grandi ciocche sparate in tutte le direzioni. I suoi occhi son chiari e impauriti.

 

«Ridammi Tifa! Ridammi la mia famiglia! Ridammi il mio villaggio!» ruggisce, correndo verso di me e tentando un fendente.

 

Cerco di schivarlo, facendo attenzione a non lasciar cadere la testa di Jenova da sotto il mio braccio destro, ma stavolta mi colpisce alla spalla sinistra, provocandomi una ferita ancora più dolorosa della precedente.

 

«Bas... Bastardo!»

 

Prima che continui a distruggermi, mi faccio coraggio e tento un affondo, ma con la spalla in queste condizioni non riesco ad avere successo. Il ragazzo afferra la lama della katana, lacerando la pelle nera dei guanti e versando il sangue delle proprie mani. Con sforzo immane spingo Masamune verso di lui e finalmente lo colpisco, penetrando nel suo ventre. Lui spalanca la bocca e stringe gli occhi, incapace di emettere alcun suono. Poi stringe ancora più forte la lama e, urlando dal dolore, la estrae dal proprio corpo. Cade in ginocchio e sputa sangue per terra, tossendo. È ora di concludere questo gioco al massacro, se non voglio uccidere questo ragazzino.

 

Mi trascino lentamente in direzione della porta, la testa di Jenova sempre sotto il braccio destro. Ancora una volta, la Buster Sword mi sbarra la strada.

 

«Tu... non... uscirai... di qui» biascica il soldier, ansimando. Si solleva, con difficoltà, e torna in posizione d'attacco, scrutandomi con sguardo esasperato. «Tu... non... dopo aver... Tifa...»

 

Le nostre spade si scontrano ancora, ma stavolta è la rabbia del mio nemico a prevalere. Indietreggio sempre di più. Se impugnassi Masamune con due mani potrei farcela... Ma non posso lasciar andare Jenova. Pian piano mi ritrovo in trappola. Dietro di me il vuoto, davanti a me la spada. Son circondato dalla morte. Se non altro posso scegliere quella che preferisco.

 

Spingo Masamune verso l'alto, liberandomi della pressione della Buster Sword, e, chiudendo gli occhi, mi volto e salto verso il buio, in caduta libera verso la fine dei miei giorni.

 

***

 

Inizio a riprendere coscienza di quello che accade attorno a me quando improvvisamente la mia caduta rallenta, sino a diventare una dolce discesa. Qualche istante più tardi sono inginocchiato su un pavimento duro e irregolare, in mezzo al buio pesto. I miei occhi non riescono a distinguere nulla, neanche le mie mani. Non ricordo se avevo con me Masamune quando mi son lasciato cadere. Chissà dove è adesso. E Jenova?

 

Per un po' di tempo mi convinco del fatto di essere morto. Certo, un po' noioso come aldilà; non che sapessi cosa aspettarmi, d'altronde! Non ho fame, non ho freddo, non provo nessun dolore. Le mie ferite sembrano essere svanite. Non ci sono dubbi, direi!

 

In lontananza scorgo improvvisamente un minuscolo puntino luminoso. Galleggia a mezz'aria. Tendo la mano per cercare di afferrarlo, ma è irraggiungibile. Pian piano ingrandisce, forse si sta avvicinando. Sento anche un accenno di musica, anche se non riesco a capire che cosa la produca. Tutto si spiega, all'interno della mia mente: quello è solo il viaggio per l'aldilà – che ora si sta avvicinando. Si direbbe qualcosa di... fulgido ed etero.

 

La musica si fa più vicina e chiara e, turbato, capisco che è un canticchiare spensierato. Qualcosa non mi convince.

 

La luce si fa sempre più vicina, accecando i miei occhi; quando riesco ad abituarmi di nuovo ad essa, mi ritrovo davanti alla sagoma di una donna. Regge tra le mani una torcia puntata verso il basso, che illumina in parte la sua veste rosa.

 

«Finalmente! Sei leggermente in ritardo. Credevo arrivassi almeno un'ora fa, ma a quanto pare hai avuto qualche contrattempo» dice, con una voce acuta ma dolce. Vorrei vedere il suo viso, questo buio mi innervosisce.

 

«Chi sei? Dove siamo? Che... che cosa succede?» domando, con la voce secca di chi non parla per ore.

 

«Alla prima domanda risponderò dopo, con più calma. Per quanto riguarda la seconda, ci troviamo diverse centinaia di metri sotto Nibelheim, se non ricordo male. Non deve essere stato un viaggio piacevole, immagino. Ad ogni modo, vorresti essere così cortese da seguirmi all'interno della mia dimora?».

 

Una piccola mano candida emerge dall'oscurità, tesa verso di me. Non ho capito niente di quello che ha detto, son troppo stordito per riuscire a ragionare. Ad ogni modo, credo di non essere morto. La mano si avvicina ancora, come per invitarmi a prenderla. Forse è questo che vuole?

 

«Capisco che tu sia piuttosto... stordito, caro Sephiroth, ma qui il tempo scarseggia. Alzati, per favore, raccogli la tua spada e seguimi»

 

In quella voce c'è qualcosa di vagamente minaccioso che mi convince ad obbedire agli ordini. Tastando il pavimento roccioso attorno a me riesco a recuperare Masamune, poi afferro la mano e quella mi tira a sé, costringendomi in piedi.

 

«Ecco fatto. Andiamo?»

 

La ragazza si volta, mostrandomi nella penombra una lunga treccia scura. Poi inizia a camminare, lungo quello che credo essere un corridoio scavato nella roccia, e io non posso fare altro che seguirla, con il terribile presentimento di non essere ormai più padrone del mio futuro.

  
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