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Autore: ellemalfoy    26/03/2012    2 recensioni
una storia che si svolge a Lucca, una città secondo me piena di magia, piena di misteri mai scoperti e di leggende mai raccontate ai futili turisti.
In questa storia si intrecciano sentimenti e problemi, problemi di ogni semplice adolesciente con quelli di un custode...leggete per scoprire altro, e se volete recensite(speroc he lo facciate in tanti)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ero una normalissima ragazza italiana di Lucca che frequentava il liceo classico nella città vecchia, quella circondata dalle mura antiche.

Mi chiamo Lia Degli Angeli, abito nella città vecchia e mia madre fa la dottoressa, e mio padre è un avvocato molto richiesto in campo industriale.

Anche quella mattina stavo andando nella mia noiosissima scuola come al solito.

In realtà io avrei preferito frequentare un liceo artistico per poi fare design, ma mia madre aveva detto che se fai un liceo classico è impossibile che diventi un fallito.

Detto da lei suonava un po' strano, è vero che a soldi era messa davvero bene, però era un quarantaduenne divorziata, mai risposata con la fissazione delle diete e di tisane depuranti al finocchietto selvatico...sembrava Luciana Litizzetto come si racconta nei suoi libri, peccato che lei esasperi tutto, io di mia madre non esaspero nulla.

Come tutti i lunedì mio padre mi accompagnò a scuola, il pomeriggio sarei tornata da mia madre.

Era così: venerdì pomeriggio andavo da mio padre, lui il lunedì mattina mi portava a scuola, il pomeriggio tornavo dalla mamma e ci restavo per il resto della settimana, il venerdì pomeriggio andavo dal papà e così iniziava di nuovo tutto da capo, come un circolo vizioso.

Entrai in classe con gli occhi ancora pieni di sonno e mi sedetti al mio posto: in ultima fila accanto alla finestra che dava sul vicolo dove c'era l'entrata, infatti, a un paio di finestre di distanza, c'era il grande portone di legno con le borchie in metallo e i due battenti circolari fermati dalla testa di leone.

I miei compagni entrarono un po' alla volta, sedendosi anche loro ancora con parte de cervello nel mondo dei sogni. A quell'ora ragionavamo come automi, facevamo quello che facevamo per abitudine.

Per esperienza sapevamo che comunque la prima ora ci avrebbe un po' svegliati, infatti, con somma felicità di tutti(ma nemmeno tanto, in realtà) avevamo ginnastica.

Ognuno di noi aveva portato la sacchetta di ginnastica e solo due o tre erano riusciti ad “ottenere” la giustifica, come a solito...e ovviamente non era il mio turno.

Si, turni.

Nella classe eravamo 27 e sarebbe stato un po' sospetto se quindici persone insieme avessero presentato la giustifica o avessero dimenticato a casa qualche cosa, quindi facevamo a turni.

Calcolando che ginnastica la avevamo una volta a settimana per due ore, una settimana si e una no un gruppo di persone a rotazione portava la giustifica.

Ogni gruppo era formato da tre persone, e io ero nell'ultimo gruppo, e ovviamente, ora che stavamo facendo le cose in cui ero più impedita, avevamo appena iniziato di nuovo il giro, quella settimana c'era il primo gruppo.

Appena arrivò in classe il professore ci alzammo in piedi, salutammo svogliatamente e, senza nemmeno aspettare che ce lo dicesse, ci sedemmo nuovamente, ognuno con il suo ritmo.

Appoggiai i piedi sulla sedia del banco vuoto accanto al mio, mi sdraiai leggermente di lato, appoggiai le braccia conserte sul tavolo e ci affondai il viso.

Dopo qualche minuto durante il quale il professore sistemò le solite cose sul registro mi accorsi della stranezza della cosa.

Scattai su, tirando giù i piedi dalla sedia con un piccolo urlettino.

Tutti si voltarono di me con l'aria del lunedì mattina(da zombie), non realmente interessati a quello che era successo.

Il professore mi osservò esasperato, osservò i miei occhi spalancati, la mano e coprire la bocca.

-Tutto bene Lia?-

Io scossi la testa e mi alzai in piedi, allontanandomi velocemente dal mio banco e indicandolo.

-Cosa succede?-

Tolsi lentamente la mano dalla bocca e iniziai a respirare normalmente.

-C'è un altro banco accanto al mio...-

Il professore si passò esasperato una mano sul viso.

-Vedo che la sua perspicacia del lunedì mattina è peggiorata e batte di gran lunga gli altri...ha vinto il primo premio.-

Mi voltai verso il muro e gli feci il verso mimando solamente con le labbra e facendo le facce strane.

Quando fui di nuovo seduta iniziò a spiegare ciò che aveva interrotto il mio riposino scolastico mattutino.

-Come Lia ha avuto l'occasione di farci notare ci sono due banchi e due sedie in più, di cui uno lei ha già preso il possesso per i suoi riposini scolastici a quanto pare. Questo perché da oggi nella vostra classe ci saranno due nuovi alunni che dovrebbero arrivare a momenti. I genitori del primo sono americani ma ha sempre vissuto qui in Italia, l'altro invece si è appena trasferito qui da Firenze. Spero che siate così gentili da farli integrare come si deve.-

Come se l'avesse fatto apposta, in quel momento entrarono quelli che a quanto pare erano i nuovi ragazzi, accompagnati dal preside.

-Buongiorno ragazzi.-

Come un'orda di zombie del film horror ci alzammo a salutare il preside, sedendoci questa volta quando ci fece un cenno.

Di solito non pretendeva che ci alzassimo alle prime ore del mattino, in particolare il lunedì, a quanto pare però voleva far bella figura con i due nuovi arrivati.

Quando appresi per un ragionamento del mio arguto cervello che uno dei due si sarebbe seduto accanto a me arrossii, mi schiacciai contro la finestra e tirai su le gambe, appoggiandole sulle sedia tutte rannicchiate, cingendole con le braccia.

-Signor Sancez, si sieda pure accanto alla ragazza con i capelli castani, quella accanto alla finestra che la guarda in cagnesco. Deve superare l'aspetto truce, è una ragazza davvero simpatica e molto divertente...è anche un'ottima alunna.-

Il fatto che il preside della scuola fosse anche un amico di mio padre a volte veniva a mio favore, altre era un po' una cosa orribile...però pazienza, erano cose che si potevano sopportare.

Sancez era un ragazzo abbastanza alto, sicuramente più di me, il fisico atletico abbastanza muscoloso, vestito bene con abiti di marca, i capelli castani leggermente mossi più lunghi in una striscia centrale e corti sui lati...quando si avvicinò potei vedere il verde chiarissimo dei suoi occhi, era tanto chiaro che faceva impressione, forse lo avrei definito quasi trasparente.

Si sedette accanto a me e mi sorrise gentile, scoprendo i denti bianchi e perfetti che risaltavano tantissimo con la carnagione abbronzata.

-Ciao, io sono Daniel Sancez.-

Mi porse una mano che io guardai con aria schifata. La mia prima regola sul trattamento dei fighi che arrivavano e rovinavano la mia vita era la seguente:Non dare nessuna confidenza.

-Ho capito...senti, dobbiamo per forza iniziare con il piede di guerra o possiamo farne a meno?-

Notai qualche cosa...capito.

-Hai un leggero accento americano, non hai vissuto sempre qui in Italia, quindi.-

Suonava come un'accusa detta così, e forse un po' lo era, voleva dire che non aveva detto la verità ai professori.

Vidi chiaramente la sua espressione stupida, probabilmente nessuno aveva mai indovinato così il suo accento, ma io avevo un talento nel riconoscimento delle lingue che avevo sprecato non andando al liceo linguistico, tanto più che riuscivo benissimo a replicarli.(Miss “Modestia” è stata eletta...Lia Degli Angeli!)

-Si...comunque è in casa mia che parliamo inglese, da piccolo parlavo solo inglese.-

Annuii e osservai attentamente anche l'altro ragazzo, Alec Fiorentini.

Lui aveva i capelli biondi, la pelle candida, gli occhi azzurri...anche i suoi potevano essere definiti quasi trasparenti. Era leggermente più basso di Daniel e un po' più robusto, ma i tratti del viso erano molto più dolci.

Quando vidi che era attento alla spiegazione del professore di ginnastica mi concentrai su di lui.

Osservai i tratti perfetti del suo viso, così armonici che pareva un viso scolpito dagli angeli.

Dopo qualche minuto di non attenzione alla lezione arrivai alla conclusione che era un viso senza tempo, poteva avere 2 come 100 anni...a giudicare dal suo sguardo avrei detto più cento, i suoi occhi parevano aver visto tutto quello che si può voler vedere prima di morire, eppure ero sicura che fossero ancora avidi di ammirare le bellezze del mondo.

Fortunatamente il professore decise di graziarci tutti quanti e non fece lezione pratica, ma solo teorica...peccato, quelli che avevano la giustificazioni si erano saltati il turno.

Dopo due ore c'era il primo intervallo.

Insieme a Beatrice andai in bagno come al solito.

Non avevamo davvero bisogno di andare in bagno, ma tutte le ragazze della nostra classe andavano in bagno durante l'intervallo, o meglio, tutte le femmine della scuola si infilavano in bagno come pescetti in una scatola di sardine, di conseguenza i corridoi erano popolati da indecenti esseri di sesso maschile e di qualche raro esemplare molto intimidito di sesso femminile che portava in quegli ambienti un poco di decenza.

Mi misi davanti allo specchio.

Quando ero in prima superiore una volta, verso la fine dell'anno, mi ci ero messa davanti, poi era arrivata una di quinta e mi aveva detto di spostarmi, io mi ero rifiutata e lei mi aveva risposta che mi dovevo levare perché non c'era mica scritto sopra il mio nome. A quel punto io avevo avuto la risposta pronta dicendole che invece c'era, così le avevo indicato in un angolino in basso, in mezzo alle altre scritte, il mio nome.

Lei ci era rimasta malissimo e se ne era andata...ce vittoria vittoriosa.

Vedendomi non si sarebbe mai detto che fossi una ragazza dal carattere così forte, ero piuttosto bassina, abbastanza magra e solo il portamento fiero mi faceva sembrare un tantino più rispettabile, ma nemmeno tanto.

Presi una spazzola e iniziai a pettinarmi i capelli castano cenere, rendendoli più lisci di quel che in verità erano, finivano in boccoli e a me non piaceva.

Poi tirai fuori dalla borsa che mi ero portata dietro una matita per occhi, il mascara, il fondotinta e il blush e iniziai la restaurazione stendendo il fondotinta sulla pelle dal pallore nobile, elegante, non quello malato che avevano certe persone. Passai a truccare con mascara e matita nera gli occhi grigio chiarissimo, mettendoli in risalto.

Solitamente il lunedì arrivavo a scuola struccata e non ancora in tiro per via delle prime due ore di ginnastica, mi sistemavo negli spogliatoi, ma fortunatamente nei bagni femminili c'era lo specchio.

Mentre mi sistemavo Beatrice si sistemava accanto a me e parlava senza mai fermarsi di come fossero belli, perfetti, intelligenti e di sicuro agilissimi i due nuovi arrivati.

Il fatto che fossero arrivati nello stesso giorno due ragazzi così belli e così perfetti era un po' strano, per di più erano entrambi nella nostra classe e la cosa era ancora più strana, ma non ci feci caso, come tutti del resto.

Le due ore dopo erano una di storia e l'altra di latino, quindi mi andava bene, in latino ero un asso e in storia me la cavavo.

Per tutto il tempo io e Daniel non ci rivolgemmo mai la parola, io invadevo il suo banco quando scrivevo e prendevo appunti, con l'astuccio, lui non faceva niente e non diceva nulla. Volevo vedere fino a che punto arrivava la sua pazienza, ma nulla di tutto quello che facevo lo faceva arrabbiare, anche quando mi appoggiai con la schiena alla finestra e misi i piedi sulla sua sedia si arrabbiò, si limitò spostarsi un po' e a sorridermi.

Dopo il secondo intervallo riprovai, ma nulla, nessun risultato accettabile.

Prima ero da sola vicino alla finestra perché avevo delle abitudini durante le lezioni che davano fastidio, lo facevo apposta per stare da sola e i miei compagni alla fine mi avevano aiutata.

Ogni singola persona era impazzita per quello che riuscivo a fare, invece durante la quarta ora, quella di matematica, si era anche girato e mi aveva sorriso. A quel punto non avevo resistito, andai in crisi isterica.

-Basta!-

Mi ero alzata di scatto e avevo buttato la matita sul banco con forza, la faccia trasfigurata dall'isteria.

Il professor Vincenzi mi aveva guardato in cagnesco e si era alzato a sua volta, solo che più lentamente, aveva posato le mani sulla cattedra, da quella posizione, da dove ero io, si vedeva benissimo lo spiazzo senza capelli al centro della testa grazie alla sua enorme gobba.

Era risaputo che chi interrompeva le sue lezioni non aveva un futuro facile, ma io ero davvero disperata.

-Dica signorina Degli Angeli, non ha capito qualche cosa delle equazioni di terzo e quarto grado?-

Deglutii, vedere quei suoi occhi neri mi faceva venire voglia di tornare a sedermi, ma dovevo, dovevo assolutamente ribellarmi a quel ragazzo sempre calmo, con una psiche di ferro.

-No professore, mi scusi, ho solo sbagliato a fare l'equazione e mi sono un tantino spazientita.-

Mi risedetti depressa, più in difficoltà di prima.

Non solo non ero riuscita a far arrabbiare Daniel, ma nemmeno a ribellarmi...era davvero troppo, non ero più me stessa...quella era guerra dichiarata!

Appena la scuola finii mi fiondai fuori spintonando chiunque mi si parasse davanti, non mi importava se per molti ero solo una piccola ragazzina di terza superiore di sedici anni, che quindi mi sarebbero venuti a cercare per dirmi di quanto fossi scema.

Nella strada aspettai il solito autobus per conto mio, incenerendo con lo sguardo chiunque mi sorridesse.

Vidi Daniel e Alec salire su una limousine nera proprio lì davanti.

Daniel mi indicò con un cenno e si mise a ridacchiare con Alec.

Rimasi lì a picchiettare per terra con il piede, poi, prima che potessero salire in macchine, chiamai Daniel, dovevo mettere in chiaro un paio di cosette.

Li raggiunsi e fissai malissimo Alec che stentava a trattenere le risate davanti alla mia faccia imbronciata.

-Senti, mettiamo in chiaro una cosa super fotomodello.-

Lui annuì e afferrò meglio la spallina dello zaino che aveva sulla spalla.

-Io e te non andremo mai d'accordo, mai e poi mai diventerò una di quelle ragazze che ti vanno dietro...non ci parleremo se non per necessità, e tu non copierai mai da me ne greco ne latino. Chiaro?-

Lui sollevò le spalle e annuì di nuovo.

-Nessun problema, tanto magari non rimango nemmeno tutto l'anno se non trovo quello che cerco.-

Sollevai un sopracciglio scettica cercando qualche cosa da rispondere, e mi accorsi che per la prima volta nella mia vita non sapevo che cosa rispondere, non avevo la risposta pronta.

Rimasi lì a boccheggiare mentre i due salivano sulla lussuosa macchina e si allontanavano.

Quando tornai dove si aspettava il pullman mi accorsi anche dei averlo perso, quindi i casi ora erano due: o aspettavo quello dopo, che sarebbe arrivato dopo una mezzora abbondante, o tornavo subito a casa, e in massimo mezz'oretta sarei arrivata.

Alla fine optai per aspettare il pullman, tanto non avevo nulla da fare.

 

Buongiorno o buonasera o voi che siete arrivati fino in fondo.

Questa è la mia prima fan fiction originale e mi è venuta in mente questo week end, quando mia madre e mio padre mi hanno trascinato, contro la mia volontà, a Lucca, una città che secondo me è piena di magia. Lì ho capito che avevano fatto la cosa giusta, così ho tirato fuori un block notes, una penna e ho iniziato a prendere appunti per la storia(anche al ristorante, ho preso appunti sui piatti buonissimi che ho mangiato). Se qualcuno di voi quindi ha visto a Lucca una pazza che andava in giro con cardigan e maglietta nera e il naso attaccato ad un blocchetto di fogli mentre scriveva...quella sono io!

Spero che volgiate lasciare una recensione.

Bacioni

Elle Malfoy

   
 
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