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Autore: damnslyth    26/03/2012    4 recensioni
La mia convivenza con Louis Tomlinson era inconcepibile: si divertiva a stuzzicarmi mentre io mi divertivo a sbraitargli contro o a lanciargli oggetti. Casa mia, da placida e quieta che era, tra me, lui e le sue quattro sorelle si era trasformata in un manicomio e ancora mi stupivo di come Joanne non ci avesse ancora cacciato a suon di sberle. Pure mio padre, quell'uomo tanto buono quanto tranquillo, era sclerato! La verità è che, come ho sempre sostenuto, dopo la morte di mamma non avrebbe mai più dovuto avere altra donna, soprattutto se una di esse ha messo al mondo l'oggetto dei miei incubi...
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                    I would have never let you go

 

                                                     La compagna di papà.

 

 

Mi è sempre stato antipatico Louis Tomlinson. Era il tipico ragazzo dal sorriso spavaldo e malandrino che conquistava ogni essere umano dotato di due ovaie con un solo sguardo. Gli occhi belli ce li aveva, effettivamente; di un azzurro così limpido e intenso che faticavi a non perdercisi, ma il resto lasciava a desiderare. Poi ultimamente, per una ragione ignota, si era lasciato crescere i capelli e sembrava un fungo dei boschi. Non che fosse così male, aveva dei bei lineamenti, con una rivoluzione di stile sarebbe anche potuto diventare un sex symbol, ma per quanto mi riguardava in quel momento non mi diceva nulla. Con quei capelli non mi diceva nulla. E non ho mai sopportato la sua voce da checca isterica che mi tormentava nelle lunghi notti da diciassettenne.

Frequentavamo due corsi diversi ma nello stesso edificio: io il liceo musicale, lui quello normale. Aveva un anno in più di me e non ci vedevamo spesso, ma quelle poche volte mi era bastato per farmelo odiare. Negli anni precedenti non ero ciò che tipicamente poteva attribuirsi a una bella ragazza: abbondavo un po' nei fianchi e avevo l'acne giovanile in fronte e qualcosina anche sul mento. A diciassettenne anni dimagrii un po', ma non ero ancora tutto questo splendore immenso, anzi. Dicevo, iniziai a odiarlo perché mi lanciava spesso frecciatine sul mio aspetto fisico e io all'epoca ero di carattere molto debole: timida, chiusa, assimilavo tutto ciò che mi si diceva. Ero molto insicura e avrei voluto girare con un Mantello dell'Invisibilità come quello di Harry Potter; in più ero talmente cretina che credevo a ogni aspetto negativo che mi si faceva notare, rimanendoci male. Poi sono cambiata, completamente. E in parte è grazie anche a “mister fungo” che con le sue battute mi ha fatto crescere e capire che è solo un emerito deficiente immaturo che si diverte a fare il figo per i corridoi. Dopo essere diventata quella che sono ora, non ha più trovato gusto nel prendermi in giro e ha smesso. Non ho tra l'altro mai capito perché se la prendesse solo con me. Adesso ci evitiamo semplicemente, anzi, non ci vediamo quasi mai. Ma quelle poche volte che accade lo guardo con un astio e se non mi placo avrei la forza di scaraventarlo su Venere con un calcio in culo. Il giorno più brutto della mia vita, comunque, doveva ancora arrivare.

<< KIIIIIIIIM! >> si sbracciò Sam dal fondo del corridoio, poi corse verso di me.

<< Non urlare! >> l'ammonii roteando gli occhi.

<< Ti ricordo che abbiamo lezione di inglese insieme! >> esclamò entusiasta, per poi scostare con un colpo i suoi capelli color biondo scuro.

<< Non vedo l'ora, wow! >> esaltai sarcastica battendo le mani. Misi la cartella in spalle e poi entrai in aula. Come sempre ci dirigemmo per andare nei due banchi in fondo, ma quella particolare mattina il professore aveva avuto l'immensa voglia di fare simpaticone.

<< Humnel >> mi chiamò. << Sì? >>.

<< Non ti voglio più là in fondo: tu e Callaway fate troppo chiasso. Vieni qui davanti >>.

Sbuffai stizzita e obbedii, buttando malamente lo zaino accanto al banco e fiondandomi con poca eleganza sulla sedia. Una voce famigliare alla mia sinistra mi fece trasalire: << Che eleganza >>.

Lentamente, con grande orrore, voltai lo sguardo verso l'individuo: era lui. Aveva un sorriso ebete stampato in faccia e mi fece l'occhiolino. Rimasi interdetta per lungo tempo fino a quando poi boccheggiai: << Che ci fai tu qui? >>.

<< Sono finito in punizione e dato che non si fidano a lasciarmi fuori dalla classe mi hanno mandato qua >> rispose con un ghigno rivoltante.

<< Non dovrebbero fidarsi nemmeno a lasciarti vicino a me >> sibilai guardandolo di sbieco. Lui avvicinò il volto a pochi centimetri dal mio: << Come siamo rancorose, Humnel >>.

C'era odio tra noi, si vedeva lontano un miglio. Con uno scatto mi voltai, dedicando la mia attenzione al professore e per la prima volta in vita mia dopo lunghi tempi ascoltai tutto ciò che proferì. Non che non stessi attenta a scuola, ma con quel professore era impossibile. La distanza tra me e Louis era grande: entrambi eravamo agli estremi del proprio banco, e quando lui posava qualcosa anche solo di un millimetro sul mio, glielo lanciavo a terra.

Finita la lezione raccattai velocemente tutto e poi uscii sollevata.

<< Com'è stato l'incontro ravvicinato con Tomlinson? >> stuzzicò Sam facendomi l'occhiolino.

<< Rivoltante >> risposi semplicemente dirigendomi in palestra per educazione fisica.

<< Non è così brutto! >> sbuffò e una mia occhiata bastò per farla destare immediatamente. Ci cambiammo e, mentre legavo i miei lunghi capelli neri, dissi: << Devo ancora scoprire con chi diamine si sente mio padre >>.

<< Non te l'ha ancora detto? >> chiese distrattamente, mettendosi le ginocchiere per pallavolo.

<< No >> risposi cupa. << Sapevo che frequentava qualcuna, in questi anni l'ha sempre fatto con varie donne, ma non mi ha mai presentato nessuna di esse e io non mi sono mai interessata della loro identità. Adesso però, da quanto ho capito, è una cosa seria e mi ripete “Attendi Kimberly, te la presenterò presto!” >>.

<< Che meraviglia >> sospirò complice, e io annuii. Mia madre morì quando avevo otto anni e da quel momento mio padre aveva detto che non avrebbe mai più avuto altre donne importanti perché amava ancora mia mamma, ma sembrava aver cambiato idea. Non che mi dispiacesse il fatto che si rifacesse una vita, se lo meritava, aveva sofferto molto, ma per me sarebbe stata sempre una cosa non favorevole. Ero molto legata a mio padre e anche gelosa, ho sempre voluto essere l'unica donna della sua vita dopo mia mamma, però sapevo anche che era un pensiero egoista e dovevo vedere la sua felicità. Ad ogni modo, non avrei accolto facilmente la presunta nuova fiamma.

Entrammo in palestra e iniziammo a scaldarci. Mentre mi allungavo sentii alcune ragazze spettegolare accanto a me.

<< Hai sentito? I genitori di Louis hanno divorziato! >>.

<< Da quanto? >>.

<< Qualche mese... lui la tradiva però non andavano più d'accordo da un po', e a quanto pare lei ha trovato di meglio >>.

<< Povero Louis >>.

<< Oh, povero cucciolo! >> esclamai da finta piagnucolante a Sam, che mi ammonì. << Dai, non è una bella cosa... >>.

<< Qualcuno ha mai provato pietà per me? No, quindi >> sbottai andando a prendere una palla.

<< Ma non per questo devi smettere di provarlo per gli altri! >> esclamò.

<< Ma si tratta di Tomlinson! Vabbé, lascia perdere >> sospirai allenandomi. E, come al solito, immaginai la sua faccia al posto della palla e feci delle schiacciate da spaccare il suolo.

 

Aspettavo da mezz'ora seduta seduta sul bracciolo della poltrona mentre mio padre guardava ogni due secondi l'orologio.

<< Adesso arriva... >> ripeté per l'ennesima volta. Sbuffai incrociando le braccia e poi guardai altrove. << Ti piacerà >> mi disse con un sorrisino, e io non risposi. << Kim, promettimi che le darai una possibilità >>.

<< Dipende da come si atteggia >> risposi scrollando le spalle. Mi fissò severo e io annuii controvoglia. La porta suonò e andai ad aprire: mi trovai tre bambine, tra cui due gemelle, e una ragazzina tutte dai capelli biondi e gli occhi azzurri, tranne una che li aveva sul verde-marrone. Le fissai e le due gemelline mi salutarono vivacemente con la mano: << Ciao, sei tu Kimberly? >>.

Io annuii e loro mi saltarono letteralmente addosso. Un po' a disagio diedi loro delle pacche sulla schiena e poi le allontanai dalle mie gambe con gentilezza.

<< Abituati >> mi disse la più grande, con un sospiro. << Sono appiccicose >>.

<< Non dire così di tua sorella! >> esclamò scherzosa una donna molto carina dai capelli castani e un sorriso a me troppo famigliare. Mio padre mi raggiunse e mi diede una pacca sulla schiena prima di salutare le ragazze, che a quanto pare aveva già conquistato la loro simpatia. Un momento... sarebbero state le mie future sorellastre? MA NEANCHE' PER SOGNO, PAPA' E' MIO!

<< Sei molto bella >>. La suddetta donna mi sorrise gentile e io le feci un sorriso da falsa cordiale: << Sì, e lo sono di più se per le tue figlie cerchi un altro pad... AHI! >>. Mio fratello, vent'anni tendenti al due e mezzo, il quale viveva da solo in una casa vicino ed era sbucato da chissà dove, mi fece destare. << Oh, grazie mille! Anche lei lo è >>.

Mi fece un sorriso nervoso: << Dammi pure del tu >>. Mi faceva pena per il modo in cui si atteggiava: era palesemente in ansia, ma per ora non la conoscevo e quindi non potevo dire un granché di lei. Il fatto che avesse quattro figlie e che mio papà ne avrebbe acquisito altre quattro oltre me mi mandava in bestia.

<< Entrate >> disse mio padre con una delle gemelle in braccio e io lo fulminai male. Mi fece uno sguardo ammonitore e io borbottai tre me e me prima di trascinarmi senza voglia in salotto. Ci sedemmo tutte, tranne le gemelle che apparivano particolarmente vivaci e curiose: gironzolavano e ridevano divertite. La più grande si guardava intorno, mentre l'altra sfoderava un sorriso paffuto e timido. Calò un silenzio imbarazzante, rotto da mio padre: << Dunque... Lei è Charlotte, ma tutti la chiamano Lottie, ha quattordici anni. Lei è Felicity e ne ha dieci, poi ci sono le gemelle, Daisy e Phoebe che ne hanno sette... >> indicò.

<< No, io sono Phoebe, lei e Daisy! >> ribatté una delle due. Non avrei mai imparato a distinguerle.

<< Scusami tesoro... >> ribatté a disagio, grattandosi il capo. << Loro sono i miei figli: Kevin e Kimberly, rispettivamente venti e diciassette anni >>.

<< Piacere! >> sorrise Charlotte, amichevole. Ricambiai solo perché mio padre aveva un cipiglio molto spaventoso. Sembravano tutte predisposte a essere simpatiche con me, peccato che io forse ci avrei messo un po' di più.

<< E lei è Joanne >> concluse mio papà, indicando la donna. Lei strinse la mano a entrambi, e mio fratello gliela baciò: << Piacere mio, miss >>. Simulai un conato di vomito: ma quanto era lecchino mio fratello? Le gemelle scoppiarono in una risata cristallina e non potei non venirne contagiata: erano l'allegria in persona.

<< Piacere di conoscervi >> disse lei, sfregandosi le mani sulle gambe. << Come forse avrete intuito, io e vostro padre ci frequentiamo da un po' ed è una cosa seria... speriamo davvero che accogliate la notizia con felicità, perché l'ultima cosa che vorrei è creare scompiglio >>. Sembrava sincera, ma non mi interessava una cippa. Almeno per il momento. Proseguì: << Ho anche un figlio, ma è a calcio. Arriverà tra poco! >>.

Perfetto, un marmocchio in più” pensai alzando gli occhi al cielo. Una delle gemelle mi tamburellò sulla gamba: << Sei bella. Come fai? >>. Inarcai le sopracciglia, perplessa: << Bella a me? Ma se sono pustolosa! E anche se faccio pallavolo e sono la capitana di una squadra ho sempre due prosciutti al posto delle gambe >>.

<< Ma cosa dici! >> esclamò Joanne, perplessa. << Le donne in carne piacciono di più. Come Marilyn Monroe. E le pustole, quelle andranno via >>.

<< Grazie >> risposi dopo un momento di esitazione.

<< Tranne a nostro fratello, lui si sceglie sempre le stecchine. E' perché è un bambino immaturo di quattro anni >> convenne Charlotte. La mamma le diede un colpetto. Allora quest'altro “fratello” era pure una peste. Rimanemmo in silenzio per un po' e io iniziai a farmi una ragione del tutto, provando a trovare cose positive. In effetti ce n'erano molte: due delle bambine erano simpatiche, l'altra molto chiusa e la più grande amichevole. Almeno non mi sarei ritrovata con adolescenti scorbutiche e aggressive. Forse il tutto non era male: papà sarebbe stato più allegro, la casa meno morta e non mi sarei sentita più sola... Poteva funzionare.

<< Noi pensavamo pian piano di vivere insieme in un futuro imminente... >> tentò mio padre, prendendo un bel respiro. << Con calma, ovvio, per gradi. Quando lo vorrete voi >>.

<< A me va bene >> annuì Kevin, scrollando le spalle.

<< Certo, tu vivi da solo >> sbuffai stizzita.

<< Tu non vuoi? >> chiesero le gemelle, tristi e con gli occhi lucidi, e mi spezzarono il cuore. Stetti in silenzio per un po' e poi sospirai: << E va bene, lo accetterò >>. Joanne scattò in piedi e mi abbracciò felice, ricambiai un po' a disagio. Lo stesso fecero le altre, Felicity con timidezza. Anche mio papà eseguì lo stesso, felice e commosso, e capii che glielo dovevo: << Grazie >>.

Feci il mio primo sorriso, quando suonò la porta e andai ad aprire. Con mio grandissimo disprezzo, senza un motivo giustificabile, mi ritrovai Tomlinson davanti alla porta. I sorrisi svanirono all'istante dalle nostre facce.

<< Che ci fai qui? >> infierii con una smorfia. Lui indietreggiò, lesse più volte il foglietto che aveva in mano con un indirizzo, guardò quello scritto accanto alla porta e poi mi fissò: << Mia mamma deve avermi dato il foglio sbagliato >>.

<< Ma di che parli? >>.

<< No Lou, è quello giusto! >> esclamarono all'unisono le gemelle, uscendo dalla porta e saltandogli addosso. << Vivremo insieme! >>. E in quel momento sbiancammo entrambi...

<< N-non dirmi c-che sono le tue s-sorelle... >>.

<< N-non dirmi che sei la figlia del compagno di mia madre... >>.

<< Vi conoscete già? >> domandò ilare mio padre, seguito da tutti gli altri.

Scattai verso di lui così velocemente che mi venne il torcicollo: << E' LUI? E' LUI L'ALTRO FIGLI DI JOANNE? >>.

La donna annui, un po' confusa: << S-sì... >>.

<< O MIO DIO, NON CI POSSO CREDERE! >> esclamammo entrambi nello stesso tempo, per poi guardarci in cagnesco. Presi una scarpa dall'entrata e gliela lanciai: << TU NON CI METTI PIEDE IN CASA MIA! >>.

<< Stanne certa che preferisco morire piuttosto di farlo! >> esclamò indignato, schivandola.

<< Louis! >>.

<< Kimberly! >>.

Mio padre mi rimproverò e idem Joanne con suo figlio.

<< Si può sapere perché vi trattate così? >> chiese mio papà, allibito.

<< E' LUI, E' QUELLO CHE ANNI FA MI PRENDEVA IN GIRO! E' uno schifoso, viscido, figlio di... >> urlai fuori di me, e mio fratello mi prese da dietro tappandomi la bocca.

Joanne sembrava smarrita, e mio padre si irrigidì preoccupato.

<< Sarà un piacere poterlo fare tutti i giorni >> sogghignò Louis facendomi l'occhiolino.

Kevin mi trascinò dentro, sprofondandomi sulla poltrona: << Stammi a sentire: papà è felice con Joanne, e dovrai fartene una ragione >>.

<< NO! >> mi ribellai come una bambina piccola, e inutile dire che ci azzuffammo per i seguenti dieci minuti finché la porta si spalancò, e tutti trovarono me sopra mio fratello con una mano sulla sua guancia.

<< Oh, ehm... >> biascicai prima di fare un sorriso bello ampio e accarezzargliela. << Voleva carezze >>.

<< Carezze? >> ridacchiò Louis, e Charlotte gli mollò uno scappellotto. Appena sentii la sua voce ebbi un cipiglio omicida. Mi alzai, ricomponendomi, e mi sedetti all'estremo di uno dei due divani, e la mia futura famigliola fece lo stesso.

<< Dovrete trovare una soluzione, o meglio, devi trovarla >> annunciò mio padre, guardandomi severo. << Louis ha detto che per lui non è problema >>.

<< Ma davvero? Che bravo ragazzo >> risposi con ironia, poi smisi a un richiamo visivo di mio padre.

<< Dato che tra una settimana finisce scuola, Louis verrà già a convivere con noi, in modo che vi abituiate >>.

<< Non ci pensare nemmeno! >> esclamai indignata.

<< Non le sembra un po'... troppo? >> chiese, e questa volta aveva l'aria preoccupata e pallida anche lui.

<< Dammi pure del tu e no, è la cosa giusta >> annuì.

<< Papà, ricordati quello che mi hai sempre promesso >> dissi fissandolo intensamente. Lui ricambiò e poi sospirò: << Mi dispiace, non vale per un tuo capriccio >>.

Spalancai la bocca, arrabbiata e delusa, poi mi alzai e mi fiondai in camera mia, notando che Joanne era veramente afflitta.

Entrai e sbattei la porta, poi presi a pugni un cuscino: << A quel paese Louis e la sua allegra famigliola! Non lo sopporto! Cosa ho fatto di male? >> piagnucolai prima di buttarmi nel letto a pancia in giù.

<< Suvvia cara, sarà una bella convivenza >> disse una vocina irritante. Mi alzai e lo sbattei fuori a calci nelle gambe: << VIA DALLA MIA CAMERA! >> poi chiusi la porta a chiave e chiamai Samantha.

<< Pronto? >>.

<< Prendi una corda e corri subito a casa mia per impiccarmi all'istante >>.

 

 

Salve a tutti :) questo è solo un capitolo di introduzione, spero vi sia piaciuto lo stesso!
Ebbene sì, Kim e Lou dovranno presto convivere: ce li vedete sullo stesso tetto? Si “odiano” in una maniera assurda e infantile!
La storia si incentra nel 2010, ovvero quando poi Louis fa il provino per X-Factor e viene preso, poi dopo farò un salto di uno o due anni e si arriverà al nostro presente.
Aspetto recensioni o critiche, devo sapere se vale la pena continuare!
Un bacio ;)

  
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