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Autore: MartiSpunk    26/03/2012    3 recensioni
Robert Pattinson: donnaiolo che lotta contro se stesso, pur di smetterla, pur di vivere come si deve.
Kristen Stewart: ragazza americana che possiede due identità. Di giorno una semplice donna e figlia di papà, di notte spogliarellista per uno strip club.
I due si incontreranno una notte a Londra, e daranno un taglio netto alle loro convinzioni. Si innamoreranno e capiranno che la vita non è sesso, ma amore.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Robert Pattinson
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Everything smells of you.
Capitolo 3
Unexpected moments.

 
Pov Robert
 
 
14 Dicembre 2009

«Rob? Puoi spiegarmi chi è questa nanerottola qua?».
Nanerottola? Di quale nanerottola sta parlando? 
Mi alzo dal letto, confuso, strizzo gli occhi e apro la porta della camera, uscendone mezzo addormentato. Giungo verso Tom che è affacciato alla piccola finestra della cucina e sbraita parole pesanti a qualcuno, fuori, in mezzo alla strada. Lo guardo interdetto e gli poggio una mano sulla spalla, poi mormoro con voce rauca: «Che succede?».
«Qui c'è una che ti cerca. Dice che ti conosce da un po' e deve parlarti. Ma chi minchia è? Adesso te la fai anche con le nanerottole?».
«Aspetta, ci penso io».
Spalanco la finestra più che posso e esco la testa fuori. Mi guardo intorno ma non riesco a vedere nessuno. Eppure Tom diceva che c'era qualcuno per me. Che si fosse sbagliato? 
Poi, una voce mi chiama dal basso. 
«Ehi, qui sotto, testa bionda!».
Testa bionda. Ricordo che qualcuno mi chiamava così... tanto tempo fa. E quel tempo è stato pessimo o forse per qualche piccolo o grande dettaglio insignificante. 
«Dove sei?», chiedo alla voce piccola e dolce che proviene dal vuoto.
«Suvvia, Rob. Non riesci a capire chi sono? E comunque... sotto!».
Non riesco a crederci. E' lei, la mia piccola. E' lei! L'unica persona al mondo che mi abbia mai capito... lei! 
Mi apro in un sorriso lucente, ridacchiando di gioia e dando un colpo al davanzale della finestra. «Dio, non ci posso credere! Caroline! Piccola mia. Caroline, amore mio!».
«Quanto mi sei mancato, fratellone».
«Aspetta, ti faccio salire». Sbatto la finestra e mi precito al piano di sotto; apro la porta d'ingresso senza problemi - serratura scassata - e a velocità disumana percorro tutto il pianerottolo, fino ad arrivare alla porta principale. 
Ed eccola lì. Lì, che mi aspetta a braccia aperte e con un sorriso timido e poco accennato stampato in viso. 
I capelli biondi le arrivano alla vita, è fatta più alta e ha un po' più di guanciotte. Il suo nasino è tenero come sempre e le simpatizza il volto. Porta gli occhiali e spesso li aggiusta, tentando di non farli scivolare. 
Tiene un libro e una cartella giallo canarino in mano: la vedo stringere a sé quegli oggetti in maniera esageratamente forte. Sembra che si spaventi che qualcuno glieli rubi e glieli porti via da lei.
Senza neanche pensarci un secondo la prendo per le gambe e l'avvicino al mio viso, sfiorando il mio naso con il suo e posizionandola fra le mie braccia. Le dò un piccolo bacio in fronte e mi lascio scappare un risolino. 
«Sei cresciuta parecchio. Mi piaci, mi piaci», commento, cercando di raggiungere il piano di sopra a passo lento e pesante.
«Tu puzzi di sigarette e birra allo stesso tempo. Non mi piaci», confessa, scuotendo la testa. 
Sbuffo. «Be', abituati. Perché mi ritroverai sempre in questo stato, giorno e notte, notte e giorno».
«Dov'è finito il mio Robert? Il mio fratellone? Il mio fesso messo in piedi? Il mio orsachiotto da sbaciucchiare? Il ragazzo con cui giocavo con le Barbie quando ero piccola?». Si lascia andare ad una risata fragorosa, cercando di sfottermi.
Riapro la porta e la metto giù. Le faccio segno di entrare, alzando un sopracciglio e facendola passare, gentilmente. «Benvenuta nella mia dimora, signorina».
«Dimora?», chiede, scettica. «Io la paragonerei perlopiù a un rifugio per topi».
«Mi sei mancata, topolina».
«Ehi, non chiamarmi così. Mi sento una cretina», mi accusa, puntandomi un dito contro.
«Oh, mi scusi. Accetterà il mio umile perdono, Miss Caroline?». La guardo di sottecchi.
Alza gli occhi al cielo. «D'accordo, non cambi mai. E... anche tu mi sei mancato, ma penso di avertelo già detto, no?».
«Sentirselo dire più di una volta non è poi così male».
Sorride. «Oh. Mi sei mancato, Rob».
«Chi cazzo era?». La voce di Tom ci fa voltare entrambi. Si trova dall'altro lato della stanza con tanto di dentifricio in mano e spazzolino tra i denti.
Lo guardo senza tradire emozioni. «Tom, ti presento mia sorella, Caroline. Caroline, ti presento il mio compagno di "dimora", nonché migliore amico e minchione allo stato puro, Tom».
Lui mi guarda esasperato, poi ridacchia. «Tuo fratello è sempre molto gentile e sincero. Piacere di conoscerti, Caroline». Si avvicina verso di noi e stringe con serietà la mano di mia sorella, poi mi da un pugno leggero sul petto. 
Si volta per andare via. «Ah, Caroline?». Errato.
«Sì?».
Si lecca il labbro inferiore. «Vedi spesso Lizzy?».
«Praticamente dormo, vivo, respiro, con lei».
«E' fidanzata?».
Caroline lo osserva, interessata. Ha capito tutto. «Per tua fortuna si è appena lasciata. Ma non cercare di acchiapparla, non ne vale la pena. Vuole restare da sola e... non desidera condividere il letto con qualcun altro, se non con la sottoscritta».
Tom spalanca la bocca, sorpreso. Non si aspettava una risposta del genere, glielo si legge negli occhi. «Ehm, puoi dirmi quanti anni hai?».
«Ehi, amico. Non si chiede l'età ad una donna. E' maleducazione», gli faccio notare, trattenendo una risata. Caroline mi stringe mi abbraccia all'improvviso, e, lusingato da quel gesto spontaneo, le accarezzo la guancia rosea. 
«Ne ho undici. Ma ne dimostro molti di più, mentalmente, lo ammetto. Okay?».
«Caroline Pattinson, sei tale e quale a tuo fratello», abbozza un sorriso. «Credo che andremo molto d'accordo noi due», aggiunge.
«Tom, per piacere, puoi andare a farti fottere?», chiedo in maniera teatrale e sfoggiando uno sguardo esasperato. Solo Tom può cogliere il tutto il doppiosenso. «Vorrei restare da solo con la mia sorellina. E' da tipo... un secolo che non ci vediamo, e sto letterlamente impazzendo». 
«Mi dileguo. Caroline, è stato un piacere conoscerti, e... salutami Lizzy, okay?». Prende un'asciugamano e se lo mette in spalla. 
«Certamente. Ma non illuderti troppo, io ti avviso».
Tom trattiene una risata, dondolandosi. «Allora mi piacerà illudermi».
E' praticamente fissato. E' super convinto che mia sorella Lizzy sia segretamente innamorata di lui dalla prima volta che l'ha visto. Cioè, tre anni fa; ma contento lui una volta tanto.
Come può una donna innamorarsi di un uomo del genere? Un uomo che per campare suona in mezzo alla strada e violenta donne? Un uomo di questo tipo? Un uomo come me e lui. 
Pur vedendola ogni morte di papa, conosco perfettamente mia sorella Lizzy. Come del resto conosco Victoria o Caroline. 
Lizzy non è una ragazza che uscirebbe con Tom. Non lo farebbe mai. Lizzy è romantica, un'incredibile sognatrice che vive in un mondo tutto suo. E' un'idealista al cento per cento, desidera una vita serena e fuori da ogni regola. Vorrebbe vivere dentro una fiaba: brama dalla voglia di incontrare un vero e proprio principe azzurro. 
Sono davvero sorpreso che si sia lasciata con Alex. Dall'ultima volta che ci siamo visti, erano entrambi uniti e sdolcinati. Mi davano il vomito, ecco. La loro separazione sarà dovuta a qualcosa di molto grave, senza dubbio.
Ma in ogni caso... se l'incantevole "Dall'ultima volta che ci siamo visti", risale ad anni fa... be', mi sto prendendo per il culo.
«D'accordo, adesso puoi lasciarci soli?», chiedo, indicando sia me che Caroline. 
Tom mi guardo comprensivo. «Okay. Io fra qualche minuto ho appuntamento con Helen e Cassie al bar. Ci si becca in giro, allora», risponde. Apre la porta del bagno dietro di lui, afferra dal divano dei vestiti puliti ma ugualmente malconci, e si chiude dentro.
«Allora, cosa facciamo?». Mia sorella mi lancia un'occhiata incuriostita e si butta sulla poltrona nero di fogna. 
«Non so, tu cosa vuoi fare?». 
«Non ne ho idea, lo stavo giusto chiedendo a te», sbotta, sarcastica.
Mi apro in un sorriso sghembo. «Ehi, cosa sono quelli?», chiedo, notando che porta ancora al petto quelle cartelle colorate. Mi avvicino per prenderle, ma le mi blocca improvvisamente.
«Scusa», ansima, rossa di vergogna. «Non credo sia una buona idea».
«Oh, scusa tu. Non pensavo...».
«No», continua nuovamente, «non pensare e basta. Sono solo delle cose praticamente insignificanti. Lascia stare».
«La prossima volta non mi impiccerò più, lo prometto», sospiro. 
La prossima volta? Quale prossima volta? Siamo sicuri che ritornerà da me? Per stare un po' con me? Per passare qualche oretta con il sottoscritto? Ma fammi il piacere. 
Non lo farebbe nessuno. E a questo punto... neanche lei. Passare del tempo con uno stronzo psicopatico come me? Meglio farsi sbranare interi da un leone. Molto meglio.
E allora perché è qui? Eh boh.
«E comunque», ribatto, deciso, «niente di ciò che fai tu è insignificante». Nel mio volto si sfuma un sorriso, cosa assolutamente insolita. 
Non sorrido, né rido mai. Non lo faccio da un tempo che sembra... eterno, lunghissimo. E con molti precedenti, altroché. 
Benché non sia un tipo loquace e gioioso già di mio... sento che nella mia vita non ci sarà mai un posto per la serenità. Sento che la felicità, lo star bene... non si adatterà mai alla mia persona. 
La mia anima tormentata è troppo forte. La depressione, il pessimismo, il masochismo, le crisi isteriche, le urla, la musica, la mia chitarra, i gemiti, il sesso, il calore...
Quella.
Lei.
«Rob?!».
Sento la voce di Tom rimbombare per la stanza. Ha urlato come un pazzo da chissà dove.
Mi guardo intorno, intontito e profondamente scettico. I suoi sbalzi d'umore frequenti mi danno alla testa. Che cazzo gli prende?
Caroline arrossisce e mi lancia uno sguardo incerto e allo stesso tempo terribilmente imbarazzato. Mi mordo un labbro e faccio una smorfia d'orrore, mentre becco Tom in boxer neri attillati, nascosto tra la porta di camera sua, e la finestra del soggiorno. 
«Ehi, che succede?», chiedo.
«Ma ancora qui stai?». Mi guarda male, infilando i pantaloni sotto il letto e ammassandoli insieme ad altri. «Devi andare subito via. E portati anche la bambina».
«Perché? Fino a prova contraria qui ci vivo pure io».
«Helen e Cassie hanno cambiato programma all'ultimo minuto, merda», si lagna, guardandomi. «I loro fidanzati vogliono vederle adesso e quindi non posso andarle a trovare a casa loro. Arrivano fra qualche minuto... diciamo fra dieci. Dunque, se non vuoi scandalizzare Caroline con le mie porcate... fuori di qui».
«Ti rendi conto? Adesso sono privato pure di stare dentro "casa" mia, e con mia sorella... che oltretutto, non vedo da un secolo!», sbotto, digrignando fra i denti.
«Oh!». Tom mi da un cazzotto alquanto forte, facendomi sbattere contro la parete e barcollare all'indietro. Mi riprendo poco dopo. Ho la faccia tutta rossa, il che significa che se continua lo mando all'ospedale.
«Devi finirla con queste merdate da introverso. Sembri un fantasma! Non esci mai, non violenti mai nessuna, non fai sesso da un bel po'!».
«Tre giorni non sono un bel po'. Devi smetterla tu, okay? Non voglio stop».
Il mio migliore amico. Perché non mi capisce, davvero? Perché sono tutti attaccati al sesso? 
«Porto Caroline al parco. Voglio uscire di qui. Sai, hai ragione. E' molto meglio», sbotto, dandogli le spalle bruscamente e dileguandomi, dirigendomi verso mia sorella.
«Caroline, vieni qui. Andiamo al parco, ti va?». Il mio tono di voce è piuttosto incazzato. Dovrei sembrar carino e spensierato, come qualsiasi bravo fratello, ma è inutile. 
Lei annuisce solamente e mi da la mano. La stringo forte e apro la porta.
«Fanculizzati!», urlo, sbattendola forte. 
Finalmente un po' di pace.
 
§§§
 
«Quindi... papà e mamma sentono la mia mancanza?», sbuffo, portando una sigaretta alla bocca. L'ennesima della giornata.
«Lo dicono sempre. Ancora non capiscono perché tu te ne sia andato», sospira. Mi lancia un'occhiata burbera e si porta una mano alla testa.
Alza gli occhi al cielo. «Buttala via quella sigaretta!».
«Neanche per idea!».
«Hai la ragazza?», chiede, improvvisamente.
Potrei rispondere: "Sì, cioè, nella mia testa da cazzo. E' una ragazza che ho conosciuto al pub tre sere fa e ne sono perdutamente innamorato... si dice così? Be', forse. So solo che è più grande di me - davvero? - e che ha un fondoschiena da urlo. Mi faccio seghe mentali su di lei ogni secondo della mia vita. Insomma, è una prostituta, perciò diciamo... sì, diciamo che comprende il mio lavoro. Mi piace, quindi?"
No, meglio dire la verità.
«Mi piace una ragazza, ma... l'avrò vista mezza volta, e forse lei non si ricorda neanche come cazzo ho il volto, per cui».
«Come si chiama?».
Allarme. Come si chiama? Dio, non lo ricordo. Inizia con la "K" se non ricordo male... 
Karen, Kate, Kim, Kimberlee... KRISTEN.
«Kristen!», urlo come un coglione. Tutti si voltano a squadrarmi con gli occhi sgranati. 
Cazzo.
«Carino», commenta Caroline, regandomi un dolce sorriso. Quanto mi è mancata? Quanto? Un casino, Dio.
Ricambio e abbasso lo sguardo. 
Davvero. Dove è andata a finire quella prostituta? E quegli occhioni verdi? Li penso ancora e ancora e ancora...
Il suo corpo, i suoi movimenti, il suo accento americano, i suoi denti a castoro terribilemente teneri e innocenti. La sua bocca. 
E come scordarsi quel bacio selvaggio? Violento e aggressivo, potente e disperato.
Qualcuno mi tamburella la spalla. E' una mano fredda e piccola, molto piccola. Ma non è di mia sorella Caroline.
«Scusa, ti sei seduto sopra la mia giacchetta». Non ci posso credere.
La penso e appare dal nulla? Come diavolo è possibile? Manco avessi i poteri magici. 
Spalanco la bocca, trattenendo a stento la sorpresa. Rivederla non era nei miei piani, semmai nei miei sogni. E adesso, SBAM, eccola qui. Che mi chiede di alzarmi perché le sto sgualcendo la giacchetta con il culo. 
Perfetto. Davvero molto romantico.
Mi giro, sorridendo come un idiota. «Ciao, Kristen».
Spero non se la prendi molto. Cioè, ricordo almeno il suo nome. 
L'unica risposta sono degli occhi verdi e raggianti, sgranati e interdetti.
 
Pov Kristen
 
Rimango immobile per minuti interminabili, battendo le palpebre in maniera veloce e sconcertata. Ho la testa fra le nuvole, il corpo molle e la testa vuota. Completamente vuota.
Riesco solo a pensare: "E' lui. Il ragazzo del pub. Quel belloccio da quattro soldi. Quello stronzo".
Vorrei chiedergli perché mi sta rivolgendo la parola. O meglio, perché sta riscaldando con il culo la mia giacchetta. Maleducato.
Vorrei piombargli addosso, farlo mio e magari baciarlo un po'. E allo stesso tempo vorrei prenderlo con forza, scaraventarlo contro la statua che si trova a pochi passi da noi, e dargli un violentissimo calcio nelle palle.
Che confusione. 
Attenzione Kristen Jaymes Stewart. Ripensa a ciò che ti ha detto tre sere fa. Ripensa a tutto il dolore che ti ha fatto provare quella dannata sera, anche solo conoscendoti da poco.
Stai attenta. Non farti illudere dal visetto d'angelo che si ritrova: non essere così ingenua e cretina.
Intanto che la mia mente fantastica e si interroga continuamente sul che fare, lì, imbabolata davanti a lui, con un'espressione indecifrabile e da perfetta idiota, lui entra ed esce costantemente una sigaretta dalla labbra. 
E ci gioca. Mi sta letteralmente provocando, e la cosa non va affatto bene.
Una nuvoletta di fumo mi arriva in piena faccia, entrando su per il naso e facendomi tossire. E poi ne arriva un'alta, e un'altra, e un'altra...
«Ti hanno mangiato la lingua?», sbotta senza preavviso.
Abbozzo un sorrisetto sarcastico e incrocio entrambe le braccia, puntando i miei occhi sui suoi. Azzurri, ma spenti e senza ombra di felicità.
«Piacere di rivederti, anch'io», rispondo, con la lingua fra i denti. 
Ridacchia. «Che ci fai da queste parti? Niente seghe oggi?». Durante l'ultima frase abbassa la voce, ricordando che non siamo soli. C'è una bambina accanto a noi.
«Chi è lei?», chiedo, ignorando la sua domanda.
Mi guarda scettico, come se la domanda sia così insensata da divertirlo. Come se sia così ovvia.
«Mia sorella, Caroline». 
La biondina mi passa accanto, sfiorando il mio braccio contro il suo. Mi porge la mano, gentilmente, e io la stringo, mimando un "ciao" appena accennato.
«Tu sei la ragazza di Robert?», mi chiede, tutto a d'un tratto. 
Merda. Merda. Merda.
«Le hai detto che sono la tua ragazza?», urlo, allarmata.
Un tizio chiede di abbassare la voce, ma io lo ignoro del tutto e fisso con gli occhi di fuori il viso furbetto di Robert Pattinson.
Lui si apre in un sorriso mozzafiato. Ho bisogno di aria, cazzo. 
«Certo che no. Le ho solo detto che sei interessante», dichiara, come se fosse così naturale.
Improvvisamente una luce chiara proveniente dal cielo, limpido e azzurrino, mi investe, facendomi intontire, più di quanto non l'abbia già fatto Robert con i suoi sorrisi.
E la scena inizia a girare proprio sotto i miei occhi. 
 
"«Era per una scommessa», sbotta sarcastico. «E ho vinto, grazie».
«'Fanculo! Stronzo! Stronzo! Ti odio, figlio di puttana! Ti odio!».
Inizio ad urlare come una pazza. Ho voglia di sputargli in faccia, di picchiarlo. Istintivamente corro verso di lui e faccio per allungare il pugno verso la sua guancia, ma qualcuno mi blocca sul nascere. 
E' Mark, il proprietario dello strip club. Cerco di liberarmi dalla presa ma è impossibile; le sue mani mi schiacciono il ventre prepotentemente e la sua gamba mi imprigiona la coscia. 
Stringo maggiormente il pugno destro, quello in cui la mira è più decisa e la forza più potente. Lo allungo, lo avvicino, lo stringo fino a sentirmi le dita indolenzite.
«Basta Kristen! Ehi, ehi, calma. Sta andando via, vedi? Basta problemi, sta andando via. Ritorna in te, ti prego. Kristen!».
Prima di poter oppormi sono già sprofondata tra le sue braccia."
 
§§§
 
«Kristen? Kristen, mi senti? Kristen?».
«Come sta?».
«Cazzo, è da tre ore esatte che non si sveglia».
Una mano calda e rassicurante mi accarezza la guancia infreddolita. Gemo, portandomi una mano alla testa e farfugliando parole insensate.
«Grazie a Dio, ti sei ripresa». Un respiro ugualmente vellutato mi tocca in maniera impercettibile e si allunga su tutto il viso.
Non posso credere che sia la persona a cui sto pensando.
«Rob... Robert?», impasto, agitandomi.
«Ehi, ehi». Pur non vedendolo, sento e sono sicura, che sta sorridendo. E' una bella sensazione.
«Che cosa è successo? D-d-dove mi trovo?». Dico l'ultima frase balbettando, e lui mi sfiora nuovamente.
Soltanto dopo aver sentito un leggero fruscio passare tra le mie gambe, e tra i capelli, scompigliandoli, capisco che siamo fuori.
«Sei svenuta improvvisamente e... Dio, mi hai fatto prendere un colpo», ansima, ancora preoccupato.
«Non era mia intenzione, scusa», rispondo, arrossendo. «E' che oggi non ho mangiato... per... praticamente tutto il giorno».
Il suo tono di voce suona severo. «E perché mai?».
Fissa il mio corpo scheletrico e sospira.  Abbasso lo sguardo verso il prato verde. Siamo entrambi accucciati in una panchina, sotto un albero di quercia, grande e spettacolare. La mia testa si trova tra le sue gambe e i miei capelli volano insieme al vento che ci circonda.
«Non lo so».
«Sei strana forte», sussurra. Sembra che non stia scherzando.
Mi lascio scappare una risata, involontariamente. Lui inclina leggermente la testa, fino a toccare la mia fronte e la sua risata si unisce alla mia, immediatamente.
Per mia fortuna non c'è nessuno al parco. Il deserto, ecco cos'è. 
E così...
«Aspetta, ma dov'è tua sorella?», chiedo, disorientata.
Corruga la fronte. «E' venuta a prenderla l'altra mia sorella, Lizzy».
«Okay, fammi capire. Sei l'unico uomo della casa?».
«Tralasciando mio padre, be', sì». Il suo sguardo si ghiaccia, ma scuote la testa, e ritorna in sé. «Non ho voglia di parlarne».
Evito altre domande che potrebbero solamente irritarlo, e alzo la testa per guardarlo meglio.
«Com'è strana la vita. Fino a poco fa ti odiavo, e adesso mi stai quasi simpatico», sorrido.
«Uuuh...».
«Ho detto quasi, coglione», rispondo acida. Robert respira a fondo e sprofonda nello schienale della panchina, socchiundendo gli occhi.
«Kristen?», sussurra, a fior di labbra.
«Che c'è?».
«Perdonami. Sono solo uno stronzo. Scusami, non dovevo giocarti in quel modo così meschino», dice con voce tremante. Sembra sia sull'orlo del pianto. «Con te non ho alcuna intenzione di giocare», aggiunge, serio.
Sorrido spontaneamente e mi lascio coccolare dalla sua mano, intenta a lambire ogni particolare del mio viso. 
Odoro il suo profumo. Non faccio conto del fumo, della birra, di niente. Ha un non so che di caramellato; davvero molto dolce.
«Solo un ragazzo speciale può dire certe cose», mormoro, mordendomi un labbro.
E forse, Kristen, quel ragazzo speciale che intendi tu, è molto di più di quanto tu creda. E questi momenti inaspettati, ne sono la prova più concreta.



 
OKAY. OKAY. OKAY.
Ritardo assurdo, completamente assurdo.

Ho lavorato un casino su questo capitolo, ci ho fatto i bagni, i sudori, i pianti e blablabla, sicuramente non vi interessa.
Spero vi sia piaciuto e... be', alla prossima, gentaglia. (♥)
- MartiSpunk.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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