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Autore: Una Certa Ragazza    26/03/2012    2 recensioni
Ho scritto questo racconto per un concorso. Mi aspettavo di tutto dal tema, tranne questo: parlare della felicità. E non è mica facile. Ad ogni modo ce l'ho messa tutta per riuscire a dare un'idea di cosa sia senza doverla per forza definire, cosa che mi sembrava e mi sembra impossibile in partenza. Ok, l'introduzione fa schifo. Se riuscite ad avere la forza di andare oltre ritenetevi degli eletti: dopo un inizio del genere avete del fegato XD
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 CHIEDIMI se SONO FELICE



 

-Hai finito i compiti, Letizia?-

La voce di sua madre raggiunse la bambina attraverso strati di pensieri estremamente importanti, tipo cosa scrivere sotto al titolo: "Pensierino sulla felicità".

All'inizio Letizia aveva pensato di scrivere che si era sentita felice quando a Natale aveva ricevuto il set completo di "Sally lava-e-stendi", ma qualcosa le diceva che la maestra Gloria non sarebbe stata soddisfatta di quella risposta. E in quel momento si era resa conto che nessuna delle cose che aveva in mente andavano bene per il pensierino.

-Non riesco a fare il compito di italiano, mamma.- si lamentò.

-Qual è il problema, cucciola?- disse la donna, entrando nella stanza e accarezzando i capelli della bambina.

-Non so cosa scrivere.- aggrottò le sopracciglia - Quand'è una volta che sei stata felice, mamma?-

-Quando siete nati voi, tu e tuo fratello.-

-Ma questo non posso scriverlo alla maestra!- replicò Letizia. "Felicità è quando sono nata io". Suonava male.

Sua madre rise -Beh, puoi scrivere che la felicità è quando nasce un bambino.-

-Ma la maestra lo sa che non ho mai avuto un bambinio.- la contraddisse molto ragionevolmente Letizia - Penserà che la sto prendendo in giro.-

La mamma fece un "ooh" impressionato e scherzoso, poi disse: -Prova a chiedere a papà, allora, magari ti sa dire qualcosa. -

Letizia saltò giù dalla sedia e andò alla porta. Prima di uscire si girò: -Mamma, tu sei felice?-

-Sì, sempre.-

Letizia sorrise e corse in soggiorno -Papà, cos'è che ti fa felice? Ma che non siano bambini, eh.-

Il padre la scostò delicatamente per riuscire a vedere meglio la tv.

-Eh, io sono felice quando l'inter vince. -disse, con la voce di un condannato a morte.

-E adesso sei felice? - chiese Letizia, preoccupata per il tono di sconforto del padre.

-No. Stiamo perdendo due a zero.- poi si alzò di scatto e urlò alla televisione: -E fischia fallo, accidenti! -

Letizia uscì dalla stanza. Poteva anche scrivere che era felice per le vittorie dell'Inter, ma sarebbe stata una bugia, visto che a lei del calcio non era mai importato nulla.

Nel corridoio passò davanti alla stanza di suo fratello Mirco e si fermò. La felicità le dava l'idea di essere una cosa che conosci molto bene se hai molte esperienze, e certo uno non poteva farsi molte esperienze se restava a casa a leggere come faceva Mirco.

Ma uno che aveva letto così tanti libri qualcosa sulla felicità doveva pur saperla, perciò entrò.

Il ragazzo come al solito sembrò non essersi accorto del suo ingresso, assorbito com'era nella lettura e nell'ascolto del suo Mp3.

-Mirco, Mirco!- lo chiamò lei.

Il fratello si tolse le cuffie - Che c'è?-

-Cosa posso scrivere sulla felicità?- Sul volto di Mirco si accese un sorriso ispirato -Ah, la felicità... "Felicità raggiunta, si cammina per te su fil di lana: all'occhio sei barlume che vacilla, al piede teso ghiaccio che si incrina, e dunque non ti tocchi chi più t'ama..."-

Letizia non era sicura di aver capito bene. In ogni caso non poteva scrivere questo alla maestra, qualunque cosa fosse.

-Quando sei felice, tu?-domandò invece.

-Quando trovo un bel libro. E per bello, intendo Bello.-

Sì, sì, bello, si era capito, ma la signora Gloria sapeva meglio di chiunque altro che a Letizia non piaceva leggere.

-Vado dai nonni.- decretò alla fine.

La casa dei nonni in realtà era la sua stessa casa, solo che era al piano di sopra e per entrarci bisognava passare dalla scala all'esterno della villetta a schiera.

Bussò, e non dovette attendere a lungo prima che la porta si aprisse. A volte si chiedeva se la nonna non stesse lì di guardia tutto il giorno ad aspettare che qualcuno bussasse.

-Letizia! Vieni, Giobbe, che c'è Letizia!-

Il nonno non doveva venire proprio da nessuna parte, visto che era già lì in salotto a fumare la pipa e a leggere il giornale, ma alle parole della moglie ripiegò il quotidiano e sorrise alla bambina.

-Vuoi un bicchiere d'acqua e zucchero? Vuoi una merendina?- chiese la nonna, avviandosi già verso la cucina.

Letizia scosse la testa - No, devo fare un compito. Qual è stata una cosa che vi ha fatto felici?-

La nonna si voltò sorpresa, poi ci pensò su e disse, senza esitare: - Quando abbiamo capito che era finita la guerra. Vero Giobbe?-

-Oh, altrochè!-

-Ok, grazie!- e senza aggiungere altro Letizia uscì.

Poteva scrivercelo questo nel pensierino? "Felicità è quando finisce una guerra."

Certo, era una cosa che sapevano tutti, però lo avrebbero scritto anche metà dei suoi compagni, di questo ne era convinta. E poi lei non aveva mai visto una guerra vera, come poteva avere la certissima certezza che la sua fine l'avrebbe resa felice?

Beh, ci avrebbe pensato su. Magari poteva andare a chiedere a zia Agnese...

Arrivata in fondo alle scale aveva tutta l'intenzione di tornare a casa e... e un attimo dopo non ce l'aveva più.

Laggiù, tra le case basse, sopra la stradina che portava alla spiaggia, c'era il sole stampato su un cielo azzurro davvero azzurro.

Letizia si sentì come se dovesse ricordare una cosa importantissima, qualcosa avvenuta in un sogno o quando era una neonata e di certo non poteva aver pensato "sono al mondo anch'io". Però non le veniva in mente nè un nome nè un'immagine per quel ricordo.

Esitante, il piede si mosse, e poi il passo diventò una corsa, e poi la corsa un urlo di gioia che le usciva dalla bocca senza mai diventare una parola.

Si fermò all'inizio della spiaggia.

Il sole non era abbastanza in alto da scottare ma neppure era al tramonto, era proprio giusto. Non scaldava la pelle nè le ossa, ma qualcosa che stava ancora più giù.

"cosa c'è sotto alle ossa?" pensò distrattamente Letizia.

C'erano delle grida scherzose e distanti, ma la bambina era sola sulla spiaggia e davanti a lei c'era solo il mare. Tutte le ombre, quella della ringhiera e quella del muretto e quella della grande villa disabitata di fronte alla spiaggia stavano dietro di lei.

Era lei la prima ombra davanti al mare.

E il mare era ubriaco, cantava. Aveva dentro tutti i verdi e tutti gli azzurri del mondo e glieli offriva uno ad uno, come una collana di perle.

Letizia sentì che aveva trovato il ricordo. Il nome non lo sapeva, ma non importava.

Un'onda si infranse sulla battigia.

-Oh!- fece Letizia, e si dimenticò della maestra Gloria, del compito e della domanda che doveva fare.



 

   
 
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