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Autore: FairLady    27/03/2012    2 recensioni
Roxie e la sua vita. Tanto soddisfacente nel lato professionale, quanto incasinata e sconnessa in quello privato. Chissà se certi muri, eretti con tanta volontà e determinazione, riusciranno un giorno ad essere abbattuti?!
Revisione in corso.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ian Somerhalder, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! Scusate il ritardo ma ho avuto qualche problema..... eccomi qui.... l'ho scritto un pò di fretta perciò mi scuso per eventuali errori...
anche in questo caso doveva essere un pò diverso...ma alla fine la storia va avanti da se.... :) attendo i vostri commenti!
un abbraccio. 


Arrivai a casa fradicia ed infreddolita. Avrei giurato che un isolato sotto la pioggia sarebbe stato una passeggiata. Un gioco da ragazzi. Ed invece stavo rischiando l’assideramento. O forse i miei fremiti erano riconducibili ad altro?
Mi appoggiai al mobile dell’ingresso per riprendere fiato e scrutai la donna riflessa nello specchio. Solo in quel momento feci i conti con la mia idiozia. Come avevo potuto lasciare Ian al ristorante con quell’atteggiamento da bambina stupida? Non me lo spiegavo. Eppure c’era una voce dentro di me, sicura e logica, che mi parlava e mi capiva. 
Ian era il primo uomo che dopo tanto tempo aveva risvegliato in me qualcosa di simile all’attrazione. Molto forte. Un impellente desiderio di contatto, identico al potere che spinge una falena a toccare la luce. 
Come una farfalla che, attirata dai colori di una pianta carnivora, vi si appoggia, per poi venire intrappolata e masticata. Uccisa. 
Certo che, Roxie, paragonare un uomo ad una pianta carnivora!
Ma è così che mi sono sempre sentita alla fine di una relazione. Non che abbia avuto chissà quante esperienze, per carità! Ma quella scottata sono sempre stata io. 
Ultimo in ordine cronologico, dopo il quale decisi che mai a nessun altro uomo avrei permesso di andare oltre al “ciao, come ti chiami?”, Nicholas. 
Stavo già facendo un bagno caldo, quando, come un cadavere che tornava a galla con la piena, il ricordo di Nick mi fece trasalire. 
Il dramma di quando m’innamoravo era sempre stato uno: l’annullamento di me stessa. E la cosa peggiore era che tutti gli idioti di cui m’innamoravo, mi avevano sempre lasciata fare! Nessuno che si accorgesse di quanto fossi stupida, di quanto fossi penosamente zerbina pur di tenerli legati a me. Mai uno di loro che con amore, tentasse di farmi trovare il giusto equilibrio tra IO e NOI. 
Fino a che, esausta e svuotata di ogni risorsa, mi abbandonavano sul ciglio di un rapporto che non poteva più stare in piedi. O meglio, finché non trovavano qualche sgallettata meno impegnativa. 
Era inutile che nel profondo dentro me serbassi qualche speranza per il futuro. Per quanto nel mio cuore avessi ancora voglia di innamorarmi e di trovare il mio “per sempre felici e contenti”, la mia vita sentimentale era destinata a ripetersi all’infinito. Ero una calamita per disgraziati. Tanto valeva evitare le situazioni. Non interessarmi. 
Non innamorarmi più. 
Mi addormentai sul divano con la tv accesa e quando mi svegliai era appena sorto il sole. Mi sentivo meglio rispetto alla sera prima. Mi sentivo comoda, sollevata. Come quando indossi le pantofole dopo un giorno intero di tacco 12, in piedi, sulla ghiaia. Avevo solo un fastidio. Una cosa che guastava leggermente quel riacquistato senso di me stessa: 
Ian e il modo in cui lo avevo lasciato. 
Presi il cellulare, che non avevo più controllato da non so quanto, e vi trovai un suo sms della sera prima.
“Ciao Roxanne. Non so cosa sia realmente capitato stasera. Mi auguro solo di non aver fatto qualcosa di sbagliato od incauto. Spero di sentirti per parlare del progetto. Ciao. I.”
Nonostante l’ora, gli risposi. 
“Ciao Ian. Scusami per ieri ma non ero propriamente in me. Stanchezza! Chiama appena puoi, così ci mettiamo d’accordo sul da farsi. A presto. Roxanne.”
Sospirai, sentendomi un po’ più leggera, e andai a letto. Ne avevo proprio bisogno. 
 
Dormii tutta la mattina e gran parte del pomeriggio. Nessuno mi aveva disturbato. Nessuno mi aveva cercato. Era il lato positivo di non avere famiglia, fidanzati o simili. Non dover dar conto a nessuno se non a me stessa. 
Quando mi alzai dal letto ebbi un lieve capogiro, causato forse dal troppo riposo. Non ero certo abituata a dormire più di quattro/cinque ore per notte e quella volta superai di gran lunga il mio record personale. Mi feci una doccia e accesi il pc. 
Scrissi ad Anne, in Europa per lavoro, di quello che mi stava capitando. Era l’unica a cui riuscissi a raccontare tutto quello che la mia mente bacata partoriva. E forse era l’unica in generale, disposta ad ascoltarmi. Quando la mail fu completa, la rilessi. 
Le mie sensazioni verso Ian, quello che mi aveva fatto provare in quelle ultime ore, erano lì nero su bianco. Trovarmele davanti, leggerle, gli dava un non so che di autentico. Le rendeva reali. E mi spaventai di nuovo, come era accaduto la sera prima. 
Se nessuno lo sa è come se non fosse mai successo. Se non lo dico ad alta voce allora posso cancellare tutto. 
Chiusi la finestra della email. “C’è un messaggio non inviato. I dati verranno persi. Continuare?” “Si, si. Cancella…” Cliccai su si e spensi il computer. 
In quell’istante il cellulare prese a squillare. Il display sembrava diventare sempre più grosso e la suoneria sempre più forte mentre leggevo il nome: Ian. 
Avrei dovuto tirare fuori tutta la mia forza di volontà e concentrazione per mettere a tacere quel cuore balordo che aveva ripreso a battere furioso. Avrei dovuto mettercela davvero tutta! 
“Pronto…”
“Ciao Roxie… - mi aveva chiamata Roxie! – ti ho chiamato adesso perché immaginavo volessi riposare.”
“Ciao – sospirai senza volere mentre stavo divagando su quanto bene suonasse il mio nome pronunciato dalla sua voce – in effetti mi sono alzata da poco…” non seppi che altro dire. Ero già in un brodo di giuggiole.
“Se ti senti meglio potremmo vederci … - fece una pausa o forse era così che volevo immaginare io – per il progetto. Dobbiamo metterci in opera…”
Respirai più a fondo un paio di volte, cercando di tranquillizzarmi.
“Dammi il tempo di vestirmi e ci vediamo da Buck’s sulla Main Street.”
Potevo percepire che stava sorridendo. Sorrisi anche io, d’istinto.
“D’accordo, a dopo.”
Tu-tu-tu-tu
Potevo farcela. Salvavo vite umane. Operavo cuori. Asportavo tumori. E non ero in grado di resistere a semplici e meccaniche pulsioni fisiche? 
Mi vestii, presi la borsa ed uscii. A noi due mister Somerhalder.
   
 
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