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Autore: _joy    27/03/2012    2 recensioni
E – diciamocelo – cosa sarà mai una mail importante nell’ordine delle priorità dell’universo?
Ordine che ha fatto sì che oggi Ben Barnes – BEN BARNES – sia seduto a pochi metri da me?
Gin/Ben
[Serie "Forever" - Capitolo I]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forever'
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Che sonno. 

Non ho praticamente chiuso occhio stanotte.

Innanzitutto, continuavano a tornarmi in mente flash della giornata di ieri: Ben che sorride, che mangia, che fa il turista attento, che mi parla di etimologia. Ben che mi prende la mano e che si lascia accarezzare i capelli. Mi sembra un sogno. Non mi sembra possibile che sia successo a me. Cioè, lo so che è successo a me, ma giuro: stanotte, in due o tre occasioni, ne ho persino dubitato. Sono arrivata al punto di svegliare Francesca per farmelo confermare, al che lei si è ovviamente incavolata ma, dopo avermi urlato dietro di tutto, ha confermato che sì, era Ben Barnes; sì, ha mangiato e parlato con noi; sì, ha fatto finta di essere il mio ragazzo.

Oh, Signore! Come facevo a dormire? 

E poi, un’ansia indicibile. Ieri sera, alla fine, se ne è andato con Tommaso e Livia. Lo rivedrò? Tornerà oggi? È seriamente concepibile pensare che trascorra un altro giorno delle sue vacanze in questo paesetto, che ha già visitato ieri? Sì, certo, oggi la manifestazione propone altri incontri, ma non è che posso sperare che torni? O sì? Oddio, l’ansia mi distrugge. Perché io, francamente, credo di no. Cioè, io non credo che tornerei. Quindi, cosa significa? Che non lo vedrò mai più? 

Io non ce l’ho fatta a chiedergli il numero. Non ce l’ho proprio fatta. Quando ha salutato me e Francesca avrei voluto chiederglielo, ma non mi sono venute le parole. Temevo di essere invadente. Cioè, Ben Barnes. Che non solo si è prestato a farmi da finto fidanzato per evitarmi la lavata di testa del capo. Mi ha pure procurato un’intervista con il Tg1 per uno dei nostri ospiti. Ci mancava solo che gli chiedessi di donare il sangue ed eravamo a posto.

Sospiro e rigiro il cucchiaino nella tazza. Sono nel nostro B&B e sto facendo colazione. 

«Buongiorno!»

Ecco Francesca.

«Ciao Fra» sospiro.

«Perché quell’aria triste? Non sto per ucciderti perché mi hai svegliata stanotte» dice scherzosa.

«Scusa. È solo che…»

«Ma no, dai. Capisco. È stata una giornata assurda!» sorride. «Insomma: come sta stamattina la ragazza di Ben Barnes?»

«Fra!!!»

Mi guardo attorno terrorizzata. Per fortuna non c’è nessuno. 

«Ma che dici? Sei matta?»

Ma lei ride. Cosa c’è di divertente, insomma? Nella mia vita si sta consumando un dramma!

«Fra, ti prego. Sono disperata. E se non lo vedrò mai più?»

«Ma come, scusa? Non gli hai chiesto se oggi viene?»

La mia faccia evidentemente parla da sola, perché lei sbuffa.

«Ma insomma! Cosa hai in testa? Cosa gli hai detto quando vi siete salutati?»

«Gli ho detto…»

«Sì?»

«Gli ho detto… “Ehm…ciao”»

Francesca ha l’aria di una che pensa seriamente che io non sia normale. 

«Ok. E poi?»

«E poi… basta»

Alza gli occhi al cielo.

«Sei un caso disperato. Qualsiasi altra ragazza al tuo posto avrebbe dato un braccio per avere questa occasione e tu che fai? Non gli parli, non gli chiedi il numero, lo saluti dicendogli “ciao”. Fortuna che sei la persona più estroversa che conosco»

«Fra sì, d’accordo, sono estroversa di solito. Sono chiacchierona. Anzi, diciamo pure che sono logorroica»

Lei annuisce, con un sospiro comico. Va bene, parlo tanto, e allora?

«L’unica cosa è che ora le circostanze mi sembrano un tantino estreme, no?»

«Non sono d’accordo»

«No?»

«No. Va bene, hai una cotta adolescenziale pazzesca per Ben Barnes. Incredibilmente, Ben Barnes si materializza qui, in mezzo al niente, quando ci sei anche tu. Ok, qui finisce la parte assurda e incredibile. Ora guarda quella reale. È simpatico, educato e gentile. Non è per niente uno che si atteggia, che fa il presuntuoso o l’arrogante perché è famoso. Ci ha invitate a pranzo. Si è fermato a parlare con noi anche se non ci conosce. Anzi, ti dirò di più. L’unico che gli ha parlato di lavoro è stato Arnaldo e lui sembrava infastidito, non è proprio il tipo da “oh-sì-parliamo-di-me-e-della-mia-carriera-mondiale-ma-guardate-come-sono-bravo”. Quindi?»

«… Quindi?»

«Quindi» riprende esasperata «Voglio dire che, se è stato così gentile e disponibile, potevi tranquillamente chiedergli cosa fa oggi. Non vuoi fare amicizia con lui?»

Voglio fare amicizia con Ben? No: voglio sposarlo e farci dieci figli. Il che mi sembra un po’ diverso. Francesca mi guarda in viso e sospira.

«Gin, non iniziare»

«A fare cosa?»

«Lo sai. A farti i tuoi viaggi mentali. Per favore, per favore. Devi smetterla di vivere ogni cosa come se la leggessi nelle pagine di un romanzo. Questa è la vita vera. A fare così, ti perdi delle occasioni. Guarda già solo il fatto che hai spiccicato tre parole in sei ore. Sono sicura che pensavi a quale fosse la frase magica per sorprenderlo e lasciarlo senza fiato, hai scartato tutto quello che ti è venuto in mente e quindi sei rimasta zitta. Se invece avessi parlato di più, Ben saprebbe quanto sei simpatica e spiritosa. E dolce.»

Da quando Francesca è così esperta della sottoscritta? E come diavolo fa a sapere cosa stavo pensando?

«Ma Fra» piagnucolo «Davvero, non ci sono riuscita. Mi si è azzerato il cervello. Mi sono venuti in mente tre pensieri in tutta la giornata: 

1 – sei bellissimo;

2 – sei fidanzato?;

3 – ti rivedrò mai più?

Capisci che non potevo dirgli nessuna di queste tre cose!»

«Ma iniziare con una cosa tipo, che ne so, se gli piace la Toscana, se ha visitato qualche altra città italiana, al limite se gli piace la pasta con il pomodoro…no?»

«Ma sono cose…irrilevanti! Sciocchezze! Frasi che si dicono a un estraneo con cui non ti frega niente di parlare! Domande che si leggono su Cioè! Allora, tanto valeva che gli chiedessi  se porta ancora i boxer di Hello Kitty dopo che glieli ha regalati una fan in Giappone e lui lì se li metteva perché non aveva più mutande pulite!»

«Cosa???? Hello Kitty???» Francesca è basita, ma si riprende «Senti Gin. Il tuo problema è questo: non riesci a viverti il presente, sei sempre protesa con la testa a quello che succederà tra un’ora, tra un giorno, tra un anno. Se ti succede una cosa bella nemmeno te ne accorgi perché stai già pensando che se dici così o fai cosà allora la perderai e non ti ricapiterà mai più. Devi vivere il momento. Davvero, ti perdi un sacco di cose. Per non dire che a trent’anni sarai esaurita, di questo passo.»

Ha ragione. Lo so che ha ragione. È vero che sono così. Non lo faccio apposta: insomma, il mio cervello deve essere tarato in questa maniera. Credete che sia divertente? No, appunto. Il problema è che io non ci riesco, a non fare così. Cioè, mi viene naturale. Come si fa a non pensare? Io non sono capace. E siccome penso, i miei pensieri evolvono spontaneamente in tutte le direzioni. Oddio, forse sono matta.

Francesca rincara la dose: «Quindi, per non aver trovato la frase magica che avrebbe annullato ogni resistenza in Ben Barnes e che lo avrebbe convinto a chiederti in moglie in trenta secondi, hai ben pensato che restare zitta tutto il giorno fosse una buona soluzione, vero? Uffa, Ginevra. Non ci siamo. Non hai visto ieri mattina? Sei salita su un tavolo gridando a tutti quei giornalisti di smetterla di importunarci e lo hai affascinato, e lui si è avvicinato per parlarti. È facile. Tu sapresti coinvolgerlo. È solo che l’unica che non lo sa sei tu»

«Sì, certo» borbotto «Come no. Affascinato»

Insomma, perché non capisce? Io voglio la favola, come diceva Julia Roberts in Pretty Woman. E mentre inizio ad immaginarmi Ben che viene da me salendo su una scala antincendio in ferro, con un mazzo di fiori in mano (peccato che qui siamo a pianoterra e che non c’è la scala antincendio esterna, perché sarei tentata di buttare un’occhiata fuori dalla finestra, sai mai arrivasse davvero), lei ribatte tranquilla, spalmandosi la marmellata su un toast:

«Certo. È proprio quello che mi ha detto lui»

Cosa?

«COSA??????»

Mi guarda rassegnata. 

«Cosa… quando…» farfuglio senza ritegno.

«Me lo ha detto lui ieri. Che lo hai colpito quando ti sei comportata così, che si vede che sei una ragazza decisa. Ah, e anche che sei davvero abbronzata» aggiunge, quasi ripensandoci.

Eh? Ma che c’entra? Oddio, a Ben non piacciono le donne abbronzate? Calma, andiamo con ordine.

«Francesca!!!!!» tuono, probabilmente svegliando chiunque nel raggio di 15 chilometri. «Ben ti ha…parlato di me?»

«Sì» dice lei tutta tranquilla, come se stesse parlando del tempo «Ieri in piazza. Mi ha chiesto chi eri»

Poi vede la mia faccia e aggiunge: «Ecco quello che intendevo. Non te l’ho detto proprio per questo motivo. Non scegliere i fiori per il matrimonio perché, per l’amor del Cielo, ha solo fatto una domanda. E poi Gin, affascinare qualcuno non significa che è tutto fatto e siete a posto per la vita. Significa che lo hai colpito. Probabilmente, con il tuo comportamento folle del resto della giornata, hai annullato qualunque passo avanti potevi aver fatto prima.»

Io la guardo con l’aria di un cucciolo semi-annegato  e lei sospira:

«Devi capire, Gin, che quando sei te stessa hai tutte le potenzialità del mondo. Potrei persino credere che, se c’è una persona – una fan - capace di conquistare Ben, potresti essere tu. In potenza, puoi. Non ti manca niente. Ma incasinerai tutto con le tue paranoie, ci scommetto. Hai già iniziato. Quindi: o sei te stessa e ti giochi tutte le tue carte o, se hai intenzione di trasformarlo nel film mentale dell’anno, ti dico subito che io non ci sto, chiaro? Non voglio nemmeno sentirne parlare»

È diventata un drago: deve essersi trasformata stanotte. Sarà per colpa di quello che ha mangiato a cena?

Come se non mi avesse strapazzata come una centrifuga, beve tranquilla il suo caffè e si alza.

«Andiamo?»

«No» borbotto, contrita e vergognosa. Perché lo so, nel profondo del cuore, che ha ragione. Ma non è che io sia fiera di me, anzi. Io ci provo a cambiare. È che non ci riesco. 

«Ho ancora fame» esito, poi dico tutto d’un fiato: «Comunque, non dovrei mangiare, perché l’unica tizia cui è stato associato il nome di Ben è magra e allampanata e pare un palo della luce. E se gli piacciono le donne così, allora tanto vale lasciar perdere, visto che io non sono proprio il tipo.»

Incrocio la sguardo di una Francesca esterrefatta. 

«Lasciamo perdere» le dico «Mi passi la Nutella, per favore?»

Due ore dopo, sono nel pieno di una folle giornata di lavoro. Sto cercando di raccogliere i dati di affluenza della giornata di ieri mentre aggiorno per la quindicesima volta nell’ultima mezz’ora l’agenda delle interviste.

«Ah no, guarda. Spostiamo questa intervista alle 16 precise, appena prima dell’inizio della conferenza»

Maledetto capo. Se me la fa cambiare ancora, gliela faccio mangiare. Attacco il telefono e ribatto: 

«Portiamo via troppo tempo all’ospite. Va anche microfonato: è una tv e non si può fare l’intervista sotto le scale del palco, in mezzo al casino. Prima dell’intervento è sempre un brutto momento…» intercetto l’occhiata furibonda del capo e sospiro. «Ok, ok, prima dell’intervento ». So già che scontenterò tutti e poi lì me la dovrò cavare da sola.

Francesca è sepolta sotto una valanga di cartelle stampa da assemblare. 

«Tutto ok Fra?» le chiedo.

Arnaldo sbuffa. «E che cosa non dovrebbe andare bene, scusa? Sarà capace di assemblare tre cartelle, no?»

Francesca arrossisce. Maledetto stronzo. La tratta sempre così perché lei è molto remissiva e lui il classico coglione che scambia la timidezza per mancanza di palle. Non le affida mai niente di davvero importante e so che lei ne soffre. Alla luce di quello che prova per lui, deve essere anche peggio: penserà di non valere niente. Lasciamo perdere il fatto che lui lo pensa praticamente di tutto il mondo, tranne che di se stesso. Sto per dargli una rispostaccia, quando lui mi precede.

«Ben oggi viene, Ginevra?» 

Quasi mi prende un colpo solo a sentirlo nominare. Mi cade la penna di mano e balbetto qualcosa ma per fortuna vengo salvata dal trillo del mio telefono. Un numero che non conosco. Ormai il cellulare è incandescente, da quante telefonate ricevo. Secondo voi abbiamo un telefono aziendale? Ecco, appunto, dobbiamo usare il nostro personale.

«Pronto?» dico, professionale.

«Ginevra? Sono Ben, ciao»

È Ben????? Come fa ad avere il mio numero????

«Oh. Ciao…» balbetto.

«Scusa se ti disturbo. È un brutto momento?»

Mi disturba, secondo lui? Mi ha appena trasformato la giornata da schifo totale in paradiso.

«No, no, che dici? Non c’è problema. Io… sono al lavoro, ma…»

Commetto l’errore di alzare lo sguardo e vedo il capo lanciarmi l’occhiata da: “So-che-non-è-una-telefonata-di-lavoro-e-ti-avverto-che-ho-poca-pazienza”. Distolgo gli occhi di corsa. Guardo Francesca e la vedo cercare di nascondere un sorrisetto.

Oh no.

A confermare le mie peggiori paure, Ben mi dice:

«Stamattina Francesca mi ha mandato un messaggio. Dice che mi volevi chiamare per chiedermi di vederci oggi, ma non avevi il mio numero. Così lei mi ha lasciato il tuo…»

Francesca ha il numero di telefono di Ben? Come ha fatto a chiederglielo?!

E non solo! Stamattina, mentre mi disperavo perché pensavo che non avrei più rivisto Ben, lei lo aveva! Poteva darmelo!! Non che io avrei mai osato chiamarlo, ma sapere di avere il suo numero in rubrica mi avrebbe fatta stare molto, molto meglio. 

E mi ha pure cazziata, oltre a tutto questo.

La ucciderò. Oh, se la ucciderò. Lentamente e con dolore, per giunta.

Resto zitta come una perfetta idiota e, giuro, sento Ben sorridere attraverso il telefono.

«Guarda che potevi chiedermelo ieri…» aggiunge dolcemente.

Io riesco solo a pensare a una cosa: vendetta, tremenda vendetta!

Così, inconcepibilmente, mi vengono le parole:

«Tesoro, c’è qui Arnaldo che mi chiedeva di te proprio ora» sento Ben gemere, ma lo ignoro. Peggio per lui! Non può non sapere che effetto fa sulle persone. Anzi, che effetto fa su di me: come facevo a chiedertelo ieri, di vederci ancora? Ero troppo impegnata a ricordarmi come si fa a parlare. E questa è la tua punizione, bello mio: vedrai, un’altra mezz’ora con il capo e ti passa la voglia di farmi venire un infarto. Proseguo imperterrita:

«Non vedo l’ora di vederti (non devo nemmeno fingere entusiasmo, perché è assolutamente vero, fino all’ultima sillaba). A che ora passi?»

«Ehm…non so…» esita. Non vorrei, ma scoppio a ridere. Gli ho fatto davvero paura.

«Dai, tranquillo. Scherzavo. Cioè, non scherzavo. Ma ci sono io, vedo di risolvere in qualche modo (resto vaga, perché il capo ha capito che è Ben al telefono e si sta letteralmente bevendo ogni parola che dico)»

«Io vengo, ma mi devi promettere…»

Non lo lascio finire. Non posso farlo parlare, c’è Arnaldo che si sbraccia per dirmi chissà cosa ma io lo ignoro serena.

«Tesoro. Certo, ho capito. Prometto. Tesoro»

Parlo in codice, sperando che afferri. In realtà, uso un codice che ho appena inventato e non so nemmeno bene con quali criteri, ma Ben capisce.

«Ok, capito. Non puoi parlare. Basta che mi tieni quel tizio lontano. Molto lontano.»

«Sarà fatto. Un’altra cosa…porta Tommaso, ok? Francesca non vede l’ora di rivederlo…»

Sento un rumore alla mia destra: Francesca ha rovesciato metà delle cartelle stampa. Ah! Uno a uno, siamo pari.

«Davvero?» Ben è contento. «Perfetto! Veniamo per le 18?»

Così tardi? Morirò nell’agonia, nel frattempo!

«Ok. Ma solo se ti fermi a cena.»

«Andata! Ci vediamo dopo!»

Lo saluto e attacco. Mi concentro al volo sul capo, per evitare di guardare Francesca – basita – e scoppiarle a ridere in faccia.

«Ben arriva dopo. Non è un problema, vero? Cosa mi dicevi, per le interviste?»

«Sì. Ehm…» già mi immagino cosa vuole chiedermi. « Se Ben viene a trovarti dopo, magari potrei prendere un caffè con voi…» sì, certo.

«Bè, non è una buona idea, temo» dico con la mia migliore espressione da finta innocente. «Sai, sto cercando di aiutare Tommaso facendogli incontrare Francesca e un quinto elemento…» faccio sfumare la voce. Arnaldo mi guarda perplesso. Arrivaci, coglione! Non ti vogliamo.

Francesca balbetta qualcosa, ma io intervengo, ignorandola e rivolgendomi ancora a lui:

«Sai, a Tommaso lei piace davvero molto. E non mi stupisce affatto: è una persona meravigliosa, oltre che molto carina. E io e Ben pensiamo siano una bellissima coppia »

Arnaldo le lancia un’occhiata dubbiosa. Lei arrossisce come un peperone. Io, elegantemente, mi defilo e vado in bagno.

Quando torno, Arnaldo è sparito e Francesca è nevrastenica. Fortuna che non può urlarmi addosso perché ci sono tre giornalisti nell’area stampa, che usano i computer.

«Buongiorno» dico loro con voce flautata. La giornata è decisamente migliorata. Vedrò Ben tra otto ore! 

«Posso fare qualcosa per aiutarvi? Avete la cartella stampa?» aggiungo.

Uno grugnisce qualcosa sul fatto che sta scrivendo un pezzo. Scommetto qualunque cosa che invece sta su facebook. Mi giro verso Francesca e le sorrido. Blocco il suo scatto d’ira sul nascere.

«Allora, hai visto come ti guardava Arnaldo?»

Lei chiude la bocca di scatto. Sono sicura che la mia dolce collega stava per farmi a pezzi.

«Cosa? Come?»

Sospiro, fintamente esasperata. Ah, stavolta tocca a me dare saggi consigli! Ma, a parte che mi scotta ancora il fatto di essere stata trattata come una bimbetta scema (ho i brividi al pensiero che Francesca abbia scritto a Ben che volevo vederlo ma ero troppo codarda per chiederglielo io, detta proprio in soldoni), io a Fra voglio bene davvero. 

«Fra, diciamocelo: ti piace un coglione. E non ti azzardare a dirmi di no» faccio, appena lei apre bocca.

«Ma se proprio, proprio deve piacerti lui» bisbiglio, tanto per conservare un minimo di privacy (non che ai giornalisti freghi qualcosa: io ho sentito di quei discorsi…. Prima o poi ci scriverò un libro) «allora vediamo di agire!»

«Ma che dici? Sei matta? Non posso “agire”. È il mio capo!»

«E quindi? Allora è solo un film mentale?» chiedo, serafica.

Lei mi guarda male.

«No, ma…»

«Bene, perché non avrebbe senso. Allora, o te lo togli dalla testa, oppure…»

«Oppure?» mi chiede ansiosa.

«Oppure ti fidi di me» le sorrido. «Io, del resto, sono molto brava quando si tratta degli altri»

Lei improvvisamente ride e la tensione tra noi si scioglie.

«È vero. È quando si tratta di te che sei un disastro!»

Ci rimettiamo a lavorare, ma oggi quasi non mi pesa. Ho il numero di Ben Barnes salvato in rubrica. Lo vedrò di nuovo, più tardi. Nemmeno Arnaldo che mi fa tutto un discorso su come sia importante per la nostra agenzia acquisire un cliente come Ben – “E perché mai, in nome del Cielo, non mi hai detto che stavi insieme ad un attore così famoso? Con la crisi che c’è… sai, io devo fare delle… ehm, riflessioni … (su cosa devi riflettere, esattamente? Su quanto poco mi paghi?) E potremmo fare l’ufficio stampa a Ben Barnes!” (No, che non potremmo. Come faremmo io e Francesca da sole a seguire una cosa tipo la campagna stampa de Le Cronache di Narnia? È una campagna stampa mondiale. Due ragazze di 27 e 28 anni. Da sole. Non saprei nemmeno da dove iniziare; noi abbiamo sempre seguito cose importanti, sì, ma non titaniche. E nazionali, mica planetarie! Non che a lui freghi qualcosa) – riesce a rovinarmi il buonumore: lo guardo sorridendo come una cretina e biascico una risposta poco impegnativa, troppo felice di vederlo così ansioso. Ah! Ora mi tratta con i guanti, per paura che io dica a Ben che il mio capo è uno stronzo!

Sei ore e mezzo. E lo rivedrò. 

Forse faccio anche in tempo a farmi venire in mente qualcosa per aiutare Francesca.

 
 
 
   
 
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