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Autore: Natalja_Aljona    27/03/2012    1 recensioni
Natal'ja vende fiammiferi e sogna la Rivoluzione.
Siberiana fin nelle ossa e nel sangue, nel cuore e nell'anima, nipote di uno dei capi dei Decabristi ed ultima erede della famiglia russa più temuta dallo zar, è quasi impazzita in prigione ma sa che non è finita.
Geórgos vive per la guerra e per il cielo di Sparta.
Nato durante la Guerra d'Indipendenza Greca e nipote del capo dei Kléftes, i briganti e i partigiani del Peloponneso, ogni notte spara alle stelle perché ha un conto in sospeso con gli Dei.
Feri è uno zingaro ungherese, il terzogenito di Kolnay Desztor, il criminale del secolo, e il più coraggioso dei suoi fratelli.
Legge il destino tra le linee della mano, e tre anni di galera e lavori forzati non sono bastati a fargli smettere di credere nel suo.
Nikolaj, ussaro polacco e pianista mancato, crede di aver perso tutto.
Sa che l'epilessia, i complessi d'inferiorità nei confronti del padre morto, l'ossessione per sua cugina e i suoi sogni infranti lo uccideranno, ma la sua morte vuole deciderla lui, e a ventidue anni s'impicca per disperazione e per vendetta.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Duecentosedici


Duecentosedici

Una sorella troppo straordinaria

Maledetta come me

 

La sua pelle sconosciuta
Assomigliava un po’ alla mia
E profumava, profumava di malinconia
E la notte che scendeva
Non sembrava vera, lei…
Solo lei, gli occhi suoi
Come stelle sulle strade

(Lei, Gianna Nannini)

 

Aveva pensato ch’era bello, Gee, sempre.

Lui era bello come sua sorella.

Come Natal’ja.

Lei non era così bionda, non era così libera.

Lei era Clitemnestra.

I suoi occhi erano d’un azzurro cupo che tutti trovavano meraviglioso, ma lei sognava il grigiazzurro di Alja e Niko.

Si era sempre sentita esclusa dal passato di sua sorella per quella mancata tonalità.

Aveva i capelli di miele, d’avorio, Natal’ja.

Chiarissimi e luminosi.

Favolosamente mossi.
E così lunghi, poi, troppo lunghi.

I suoi erano biondi, sì, ma tendenti al rosso, sabbia e fuoco, e le sfioravano la vita.

Lei era Clitemnestra.

Assomigliava ad Anželika, tanto.

Natal’ja era il ritratto di Julyeta.

Era uguale a lei.

Quando era con loro risultava adorabile, adorabile, Clitemnestra.

Non luminosa come sua madre.

Non sfrontata come sua sorella.

Adorabile, ma chi era adorabile, poi, a Forradalom?

 

Aveva pensato ch’era bello, Gee, come il sole.

Lui era abbagliante come sua sorella.

Il marito di Natal’ja.

Le era mancato il fiato, la prima volta.

Poi era corsa ad abbracciare Natal’ja.

Una sorella troppo straordinaria.

Le voleva bene, Lys, tantissimo.

E Clitemnestra lo sapeva.

Le aveva presentato Geórgos, uno scapestrato, a suo parere, adorabile quasi quanto lei.

E le era parsa la parola più bella del mondo, adorabile.

Ma era lui, il più bello del mondo, in verità.

E quando era riuscita a sussurrare il suo nome, quel Clitemnestra il cui suono splendeva come un raggio di luna tra le steppe siberiane, insolito e incantevole qual era, il sorriso di Gee le aveva provocato le vertigini, ancora.

L’ho scelto io, sai?

A sette anni Clitemnestra aveva conosciuto un uomo dallo sguardo di un dio, l’uomo che aveva scelto il suo nome.

Lui aveva ventiquattro anni e il destino d’Achille.

Lui era innamorato di sua sorella, e Clitemnestra aveva ingoiato il suo ennesimo complesso d’inferiorità.

 

Possiamo avere molto, mamma
E perderci altrettanto

(Tutto non fa te, Laura Pausini)

 

Natal’ja non c’era, non c’era mai.

Sempre dai Desztor, sempre in Piazza degli Eroi.

Con i suoi figli.

Sua sorella, luminosa e irraggiungibile, con loro era diversa.

Rideva, sognava, s’infuriava come solo lei sapeva fare, e in quei momenti la vedeva tirar la treccia a Line, mandar all’inferno Niko ed insultare Aiace.

Come se fossero i suoi amici, i suoi fratelli.

Era una madre bambina, Natal’ja.

Le bastavano loro, forse.

 

Cynthia un po’ l’aveva capita.

Lei la conosceva bene, la vita con un fratello ch’era un raggio di sole.

A loro pesava tanto, troppo, un solo giorno con Alja e Gee.

Assurdi e perfetti, Alja e Gee.

Cynthia aveva pianto per un ruolo a Sparta che non spettava a lei, in ginocchio davanti a un fratello bello come un dio e sempre, sempre maledettamente coraggioso.

Clitemnestra, a Natal’ja, invidiava tutto.

L’aspetto fisico, il carattere, la famiglia.

Avrebbero dovuto nascere in un’altra famiglia, Cynthia e Clitemnestra.

Avrebbero dovuto essere figli unici, Alja e Gee.

In cuor loro sapevano bene entrambe che Alja e Gee le adoravano.

Nonostante tutto.

Ed era facile, forse, era facile, certo, amare due sorelle così.

Tanto con loro non potevano competere.

Era facile amarle, in queste condizioni.

Ma perché, perché Natal’ja non chiamava Clitemnestra, qualche volta, per andare in Piazza con Jànos, invece che Céline?

Ma perché, perché George non chiamava Cynthia, qualche volta, per andare in palestra con Theodorakis, invece che Dimokratìa?

Alja e Gee avevano scelto le loro sorelle.

Loro dovevano ancora meritarli, Alja e Gee.

 

Quanto ti manca per dire che sei felice?

(Nessuno Sa, Laura Pausini)

 

-Clitemnestra, basta! Non sono una dea! Guarda, guarda il mio polso. Leggi questi numeri. Mi invidi anche per questo?

Tu hai avuto un’infanzia felice!-

-Quei numeri ti hanno fatta diventare quella che sei…-

-E allora forse era meglio essere una dannata codarda piuttosto che passare nove mesi in prigione-

-Non lo pensi davvero…-

-Solo perché odio la codardia più della prigione-

-Tu sei sempre stata così! Una ribelle, una Rivoluzionaria… Ma quei numeri ti hanno aiutata… In un certo senso-

Le aveva tirato uno schiaffo, quel giorno, Natal’ja.
E un attimo dopo l’aveva stretta a sé.

-Mi dispiace tanto, Stacey…-

-Voglio essere come te-

-Sarai molto meglio, te lo giuro-

 

Avrai gli occhi di tuo padre

E la sua malinconia

(Celeste, Laura Pausini)

 

E adesso, sulla tomba di Natal’ja, sorrideva, Clitemnestra.

Non aveva più rivali, non aveva più sorelle.

Lachesi gliene aveva data solo una…

Una sorella troppo straordinaria.

E soffocando le lacrime per la sua morte, sorrideva per quello che le aveva insegnato.

Il coraggio non lo regalavano in prigione.

Lei non aveva bisogno di essere Natal’ja.

Era andata in Inghilterra, da Harold.

Era sempre stato il contrario, per loro.

Natal’ja era cresciuta con Akakij, Clitemnestra con Harold.

Natal’ja avrebbe dovuto essere figlia di Akakij, Clitemnestra di Harold.

Clitemnestra voleva essere guardata come guardavano lei.

Con la stessa…ammirazione.

Non aveva quel suo viso straordinario…

Non aveva quel suo sguardo incandescente…

Non aveva quel suo sorriso da capogiro…

E poi era bella per quello che diceva, Natal’ja.

Per quello che pensava, per quello in cui credeva.

Lei cosa diceva, cosa pensava, in cosa credeva?

Non ci sarebbe mai stata un’altra Natal’ja…

Solo Céline, fin dalla nascita, era come lei.

Senza che le fosse insegnato niente, era diventata così.

Come quella stella di sua madre…

Sua sorella.

 

Hai il sorriso di chi può

Cambiare tutto intorno a sé

(Tu sei bella come sei, Mal)

 

Quando Jànos l’aveva fermata sulla porta di casa, Clitemnestra aveva avuto paura.

J. D., lo scapestrato di Budapest, con la sigaretta sempre tra le labbra e una frase per distruggere chi era meno coraggioso di lui.

Il migliore amico di Natal’ja.

Era stato fin troppo gentile, invece.

Di quella gentilezza che, da uno come lui, faceva male.

-Io, lo sai, non sono la persona più indicata per dirti che sei migliore di Natal’ja, semplicemente perché non me l’hai ancora dimostrato.

Noi crediamo in te, tutti. Soprattutto Lys. Molte delle cose che l’han resa la stoica eroina del quartiere, non le ha volute lei.

Nessuna persona sana sceglierebbe di passare avventure del genere. Come me.

Da Forradalom scappano i codardi, non chi è un po’ insicuro.

Certo, lei per me è una dea, questo nessuno lo cambierà. Le voglio troppo bene, non ti posso aiutare.

Ma tu ce la puoi fare sul serio, Clit. Lo dice anche il Capitano!-

E a tutto questo lei era riuscita a rispondere solo:

-Non chiamarmi più Clit, però-

-Questo non te lo posso garantire. I soprannomi non se li scelgono mai da soli, i ragazzi di Forradalom-

-Io non…-

-Non sei ancora entrata nella banda, ma vivi qui. Sei nata qui, Clit. Come Natal’ja-

-Lei è così bella…-

-Anche tu lo sarai!-

-Non ho i geni di Nikolaj…-

-Allora forse sarai l’unica intelligente della famiglia-

-Ma lei…-

-Clit, lei che diavolo sa fare? Vendere fiammiferi ti sembra un mestiere? Se non rubasse sarebbe già crepata.

Vive di sogni. Oh, sì, e poi sa leggere la mano. Anch’io, se vuoi. Siamo zingari, tesoro.

Viviamo di sogni, non di ambizioni. Tu puoi fare di meglio. Puoi avere un futuro concreto, che non ti porti alla follia.

Essere come lei senza il suo coraggio ti ucciderà. Vivere così per lei è il massimo, e Khristos, anche per noi!

Io con le cavallette non cavo un ragno dal buco, credimi. Eppure lei rifila cerini e io contrabbando insetti verdi.

Che futuro, eh? Non possiamo condannarti a questo, se vuoi una vita meno effimera… Una vita che non ti sfugga mai dalle mani.

Feri che fa? Feri spara, anche alle mosche. Avrebbe potuto fare il gladiatore, lui, non so quanti secoli fa.

Il nostro futuro è negli ideali. Il tuo, Clittie, cercalo! Hai la mia benedizione-

-Una ragione di vita?-

-Non sarà diventare come lei, la tua. Perché non ce la farai. Sei Clitemnestra, e sei fantastica a modo tuo.

Anche se dobbiamo ancora capire che diavolo di modo è, il tuo!

Cioè, per farti un esempio… Io ho capito di essere innamorato di Helga slogandomi una caviglia.

Ho sentito una fitta allucinante e mi son detto: “Diamine, sì, la amo!”. Poi sono svenuto-

-E’ sempre così… Uhm… Violento?-

-Dipende. Vuoi una cavalletta?-

-Verde?-

-Ne ho solo così-

-Oh, va bene…-

-Non chiamarla Natal’ja!-

-Perché?-

-Non ti permetterò di uccidere di complessi una mia protetta!-

-Giusto…-

-Stai meglio, adesso?-

-Forse…-

Jànos aveva sorriso, rubandole un fugace bacio su una guancia.

-Auguri, allora. E passa domani per la cavalletta. Stasera le parlerò di te…-

-Alla cavalletta?-

-Problemi?-

-No, no…-

 

Con un mio ruolo definito

Così felice d’esser nato

(Cervo a primavera, Riccardo Cocciante)

 

Natal’ja.

Lei si chiama Natal’ja.

Ci sono mille donne con il suo nome, in Russia, ma nessuna è come lei.

Io mi chiamo Clitemnestra, Clitemnestra Kathleen Ul’janova.

E non riuscirò mai a fare del mio nome la Rivoluzione che ha saputo inventare lei.

Sarebbe stato meglio chiamarsi Natal’ja e cambiare il mondo, piuttosto che Clitemnestra e non avere un futuro.

 

Se tutto mi è dato

Tutto non fa te

(Tutto non fa te, Laura Pausini)

 

Dopo la morte di Natal’ja, un sospiro di sollievo e un nodo in gola.

La morte di Natal’ja l’aveva rovinata.

Aveva un futuro da cercare e un clima impossibile in cui farlo.

Aveva dieci anni, quel giorno…

Anche esanime tra la neve, sepolta al campo di rose, sua sorella le impediva di essere se stessa…

Senza il coraggio straordinario e la bellezza eclatante di Natal’ja.

 

Clitemnestra, la sorella dell’eroina.

Con Céline e Malin, qualche volta si sentiva ancora a disagio.

Line identica ad Alja, e Malin identica a Jàn.

Alcesti Caelie, una ragazzina celeste, divina, e Malintzin Natal’ja, la piccola ungherese con la benedizione di Lys.

Per loro era stato naturale, fin dal primo giorno, vivere per la Rivoluzione.

Non la consideravano alla loro altezza, forse.

Nikolaj non la degnava d’uno sguardo.

Era di due anni più piccolo, lui, ma parlava di navi, vele e gomene come un uomo vissuto, un uomo di mare.

Se mai gli capitava di trovarsi accanto a lui quand’era preda di una crisi epilettica, le gridava dietro i peggiori insulti.

Non era un ragazzino fragile e malato, Niko.

Non lo era mai stato.

Era dannatamente coraggioso, proprio come suo padre.

La sua compagnia non faceva per lei.

Con Line e la Desztor, poi, aveva una complicità invidiabile.

Lei non poteva più raggiungerli, ormai.

 

Rinnegare sua sorella.

Quanto avrebbe voluto farlo…

E non essere più la bambina dagli occhi azzurri, solo azzurri, di Forradalom.

Sua sorella a ventitré anni era diventata leggenda.

Sua sorella era Natal’ja.

 

Non si poteva vivere, con una come lei.

Clitemnestra non sapeva vivere con una come lei.

Gli sguardi dei ragazzi del quartiere…

Per Lys splendevano, ardevano.

Faceva impazzire tutti, lei.

Chi non l’amava, l’ammirava.

E Gee, lui…

Si idealizzavano a vicenda, forse, Alja e Gee, ma nel modo più bello del mondo.

Era un sogno, e mai un errore.

A vederli insieme, anche da lontano…

Spezzavano il cuore, perché erano meravigliosi.

Una sola carezza bruciava sulla guancia di Natal’ja, brillava tra i suoi capelli.

E a Gee rimaneva tra le dita, il suo sorriso.

E parlavano, parlavano di tutto, dei tramonti, delle battaglie…

Del cielo che avevan rubato in prigione prima di fingere di morire per l’ultima volta, a giocarsi la grazia sulla forca solo per conquistarsela da soli.

Avevano segreti con il mondo intero, ma non tra di loro.

Era bello, troppo bello, il modo in cui si parlavano loro.

 

Erano invidiati e temuti da tutti, Alja e Gee.

Anche da lei.

Abbagliavano il cielo, incendiavano le strade.

Quasi senza rendersene conto.

Non ci si poteva accostare a loro senza essere certi del proprio valore.

Clitemnestra non ci riusciva.

La criminale russa e il terrorista greco.

La Rivoluzionaria e l’eroe.

La sovversiva politica e il brigante.

Nella loro bellezza zingaresca, sfuggente, d’altri tempi.

Dalla Guerra di Troia all’Ottocento.

Un esametro dattilico d’amore.

Lys, l’Esmeralda delle steppe, e Gee, l’Achille di Sparta.

 

Clitemnestra non aveva mai imparato a vivere con la presenza di Natal’ja.

A superare il sole che sua sorella aveva negli occhi.

Lei aveva fatto di tutto per non farla sentire inferiore.

Le aveva parlato, anche Jànos le aveva parlato.

Clitemnestra non doveva sentirsi inferiore.

Eppure non riusciva a ribellarsi a quella sensazione.

 

Avevo anch’io

Io

Qualcosa da sperare

Davanti a me

(Invece no, Laura Pausini)

 

Cynthia la capiva davvero.

George non aveva mai saputo aiutarla, Natal’ja ci aveva provato.

George le voleva bene a modo suo.

E lei…

Lei aveva Aiace.

 

L’ardente e fugace infatuazione per Gee, poi, le era passata.

Sempre più tenue, sempre meno dolorosa.

Aveva sette anni e lui ventiquattro.

Era stato un amore infantile.

Aiace…

Aiace era suo figlio.

Clitemnestra l’aveva sposato.

 

Aiace era innamorato di lei, non del ricordo di Natal’ja.

Aiace a Natal’ja aveva voluto un bene dell’anima, ma in Clitemnestra non cercava lei.     

Si era innamorato, sì, perché dopo le battaglie c’era lei.

Lei che neanche se la sognava, la guerra, lei che non era entusiasta delle strategie militari com’era sempre Natal’ja.

Perché era bella, sì, ma a modo suo.

Non aveva le parvenze fatate di Natal’ja, ma era ugualmente straordinaria.

Straordinaria come sua sorella.

Con i suoi capelli quasi rossi e gli occhi solo azzurri.

Lei era Clitemnestra.

E non sarebbe mai, mai, mai dovuta cambiare.

 

Tu sei bella come sei

Non cambiare gli occhi tuoi

Porti il sole dove vai

Non dimenticarlo mai

(Tu sei bella come sei, Mal)

 

 

 

 

 

 

Note

 

Maledetta come me: Maledetta primavera, Loretta Goggi.

 

E sono riuscita a scrivere anche di Clitemnestra, finalmente.

Era da tempo che volevo farlo, ed eccolo, il suo capitolo.

Ho immaginato che la sua situazione dovesse essere molto simile a quella di Cynthia, perché Alja e Gee…beh, non sono esattamente abituati a restare sullo sfondo.

Sono dannatamente abbaglianti, anche senza volerlo.

Per Cyn, come sappiamo, non è andata molto bene, anche se alla fine è riuscita a ritrovare suo fratello, a perdonarlo, a sorridergli ancora.

Per Clit è stato un po’ diverso, perché Lys non voleva assolutamente perderla -neanche Gee con Cyn, ma lui in queste cose è un disastro, si sa ;)-, e anche i forradalmi le volevano bene, al contrario dei Kléftes con Cynthia…

E, insomma, il discorso con Jàn è abbastanza decisivo, sorvolando sul modo in cui si è accorto di amare Hell, in cui è meglio che Clit non lo imiti ;)

C’è la questione dell’aspetto fisico, in cui Clit si sente molto, troppo diversa da Lys, che equivale al luogo di nascita per Cyn -Liverpool anziché Sparta-, il carattere, che lei e Cynthia hanno abbastanza in comune, e, soprattutto, il desiderio di essere ammirata, guardata come guardano Alja a Forradalom -una sorella troppo straordinaria, che anche lei tende ad idealizzare-, e lei mai.

L’esclusione quasi involontaria di quando Lys sembra preferire i suoi figli a lei, anche se, ovviamente, è diverso, e coinvolgerli di più nella Rivoluzione.
Clit, poi, caratterialmente è molto simile ad Harold, come lo era Lys ad Akakij.
Per questo, in quanto a padri, è stato un po' il contrario, per loro ;)
Lys è cresciuta con Akakij, e Stacey -anche Clitemenstra è una ragazza dai milleuno soprannomi ;)- con Harold.

Poi, Aiace. E’ un po’ la sua rivincita, lui. Perché Aiace, di Clit, è innamorato davvero, e perdutamente, come Gee con Lys.

E Clitemnestra con lui li dimentica, i suoi complessi.

Bene, spero che vi sia piaciuto! ;)

 

A presto,

Marty

 

  
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