Duecentosedici
Una sorella troppo straordinaria
Maledetta come me
La sua pelle
sconosciuta
Assomigliava un po’ alla mia
E profumava, profumava di malinconia
E la notte che scendeva
Non sembrava vera, lei…
Solo lei, gli occhi suoi
Come stelle sulle strade
(Lei, Gianna Nannini)
Aveva
pensato ch’era bello, Gee, sempre.
Lui era
bello come sua sorella.
Come Natal’ja.
Lei non
era così bionda, non era così libera.
Lei era Clitemnestra.
I suoi
occhi erano d’un azzurro cupo che tutti trovavano meraviglioso, ma lei sognava
il grigiazzurro di Alja e Niko.
Si era
sempre sentita esclusa dal passato di sua sorella per quella mancata tonalità.
Aveva i
capelli di miele, d’avorio, Natal’ja.
Chiarissimi
e luminosi.
Favolosamente mossi.
E così
lunghi, poi, troppo lunghi.
I suoi
erano biondi, sì, ma tendenti al rosso, sabbia e fuoco, e le sfioravano la
vita.
Lei era Clitemnestra.
Assomigliava
ad Anželika, tanto.
Natal’ja
era il ritratto di Julyeta.
Era uguale a lei.
Quando
era con loro risultava adorabile, adorabile,
Clitemnestra.
Non luminosa come sua madre.
Non sfrontata come sua sorella.
Adorabile,
ma chi era adorabile, poi, a Forradalom?
Aveva
pensato ch’era bello, Gee, come il sole.
Lui era
abbagliante come sua sorella.
Il marito di Natal’ja.
Le era
mancato il fiato, la prima volta.
Poi era
corsa ad abbracciare Natal’ja.
Una sorella troppo straordinaria.
Le voleva
bene, Lys, tantissimo.
E Clitemnestra lo sapeva.
Le aveva
presentato Geórgos, uno scapestrato, a suo parere, adorabile quasi quanto lei.
E le era
parsa la parola più bella del mondo, adorabile.
Ma era lui, il più bello del mondo, in verità.
E quando
era riuscita a sussurrare il suo nome, quel Clitemnestra
il cui suono splendeva come un raggio di luna tra le steppe siberiane, insolito
e incantevole qual era, il sorriso di Gee le aveva provocato le vertigini,
ancora.
L’ho scelto io, sai?
A sette
anni Clitemnestra aveva conosciuto un uomo dallo sguardo di un dio, l’uomo che aveva scelto il suo nome.
Lui aveva
ventiquattro anni e il destino d’Achille.
Lui era
innamorato di sua sorella, e Clitemnestra aveva ingoiato il suo ennesimo
complesso d’inferiorità.
Possiamo avere molto, mamma
E perderci altrettanto
(Tutto non fa te,
Laura Pausini)
Natal’ja
non c’era, non c’era mai.
Sempre
dai Desztor, sempre in Piazza degli Eroi.
Con i suoi figli.
Sua
sorella, luminosa e irraggiungibile, con loro era diversa.
Rideva,
sognava, s’infuriava come solo lei sapeva fare, e in quei momenti la vedeva
tirar la treccia a Line, mandar all’inferno Niko ed insultare Aiace.
Come se
fossero i suoi amici, i suoi fratelli.
Era una madre bambina, Natal’ja.
Le
bastavano loro, forse.
Cynthia
un po’ l’aveva capita.
Lei la
conosceva bene, la vita con un fratello ch’era un raggio di sole.
A loro
pesava tanto, troppo, un solo giorno con Alja e Gee.
Assurdi e perfetti, Alja e Gee.
Cynthia
aveva pianto per un ruolo a Sparta che non spettava a lei, in ginocchio davanti
a un fratello bello come un dio e sempre, sempre
maledettamente coraggioso.
Clitemnestra,
a Natal’ja, invidiava tutto.
L’aspetto
fisico, il carattere, la famiglia.
Avrebbero dovuto nascere in un’altra famiglia, Cynthia e Clitemnestra.
Avrebbero dovuto essere figli
unici, Alja e Gee.
In cuor
loro sapevano bene entrambe che Alja e Gee le adoravano.
Nonostante tutto.
Ed era
facile, forse, era facile, certo, amare due sorelle così.
Tanto con
loro non potevano competere.
Era facile amarle, in queste condizioni.
Ma
perché, perché Natal’ja non chiamava Clitemnestra, qualche volta, per andare in
Piazza con Jànos, invece che Céline?
Ma
perché, perché George non chiamava Cynthia, qualche volta, per andare in
palestra con Theodorakis, invece che Dimokratìa?
Alja e Gee avevano scelto le loro
sorelle.
Loro
dovevano ancora meritarli, Alja e Gee.
Quanto ti manca per
dire che sei felice?
(Nessuno Sa, Laura
Pausini)
-Clitemnestra,
basta! Non sono una dea! Guarda, guarda il mio polso. Leggi questi numeri. Mi invidi anche per questo?
Tu hai
avuto un’infanzia felice!-
-Quei numeri ti hanno fatta diventare
quella che sei…-
-E allora
forse era meglio essere una dannata codarda piuttosto che passare nove mesi in
prigione-
-Non lo
pensi davvero…-
-Solo
perché odio la codardia più della prigione-
-Tu sei
sempre stata così! Una ribelle, una Rivoluzionaria… Ma quei numeri ti hanno aiutata… In un certo senso-
Le aveva
tirato uno schiaffo, quel giorno, Natal’ja.
E un attimo dopo l’aveva stretta a sé.
-Mi
dispiace tanto, Stacey…-
-Voglio
essere come te-
-Sarai
molto meglio, te lo giuro-
Avrai gli occhi di
tuo padre
E la sua malinconia
(Celeste, Laura
Pausini)
E adesso,
sulla tomba di Natal’ja, sorrideva, Clitemnestra.
Non aveva più rivali, non aveva
più sorelle.
Lachesi
gliene aveva data solo una…
Una sorella troppo straordinaria.
E
soffocando le lacrime per la sua morte, sorrideva per quello che le aveva
insegnato.
Il coraggio non lo regalavano in
prigione.
Lei non
aveva bisogno di essere Natal’ja.
Era
andata in Inghilterra, da Harold.
Era
sempre stato il contrario, per loro.
Natal’ja era cresciuta con Akakij,
Clitemnestra con Harold.
Natal’ja avrebbe dovuto essere
figlia di Akakij, Clitemnestra di Harold.
Clitemnestra
voleva essere guardata come guardavano lei.
Con la
stessa…ammirazione.
Non aveva
quel suo viso straordinario…
Non aveva
quel suo sguardo incandescente…
Non aveva
quel suo sorriso da capogiro…
E poi era
bella per quello che diceva, Natal’ja.
Per
quello che pensava, per quello in cui credeva.
Lei cosa
diceva, cosa pensava, in cosa credeva?
Non ci
sarebbe mai stata un’altra Natal’ja…
Solo Céline,
fin dalla nascita, era come lei.
Senza che
le fosse insegnato niente, era diventata così.
Come
quella stella di sua madre…
Sua sorella.
Hai il sorriso di
chi può
Cambiare tutto
intorno a sé
(Tu sei bella come
sei, Mal)
Quando
Jànos l’aveva fermata sulla porta di casa, Clitemnestra aveva avuto paura.
J. D., lo scapestrato di Budapest, con
la sigaretta sempre tra le labbra e una frase per distruggere chi era meno
coraggioso di lui.
Il migliore amico di Natal’ja.
Era stato
fin troppo gentile, invece.
Di quella
gentilezza che, da uno come lui, faceva male.
-Io, lo
sai, non sono la persona più indicata per dirti che sei migliore di Natal’ja, semplicemente perché non me l’hai ancora
dimostrato.
Noi
crediamo in te, tutti. Soprattutto Lys. Molte
delle cose che l’han resa la stoica eroina del quartiere, non le ha volute lei.
Nessuna
persona sana sceglierebbe di passare
avventure del genere. Come me.
Da
Forradalom scappano i codardi, non chi è un po’ insicuro.
Certo,
lei per me è una dea, questo nessuno lo cambierà. Le voglio troppo bene, non ti
posso aiutare.
Ma tu ce
la puoi fare sul serio, Clit. Lo dice anche il Capitano!-
E a tutto
questo lei era riuscita a rispondere solo:
-Non
chiamarmi più Clit, però-
-Questo
non te lo posso garantire. I soprannomi non se li scelgono mai da soli, i ragazzi di Forradalom-
-Io non…-
-Non sei
ancora entrata nella banda, ma vivi qui. Sei nata qui,
Clit. Come Natal’ja-
-Lei è
così bella…-
-Anche tu
lo sarai!-
-Non ho i
geni di Nikolaj…-
-Allora
forse sarai l’unica intelligente della famiglia-
-Ma lei…-
-Clit, lei che diavolo sa fare? Vendere
fiammiferi ti sembra un mestiere? Se non rubasse sarebbe già crepata.
Vive di sogni. Oh, sì, e poi sa leggere la mano.
Anch’io, se vuoi. Siamo zingari, tesoro.
Viviamo di sogni, non di
ambizioni. Tu
puoi fare di meglio. Puoi avere un futuro concreto, che non ti porti alla
follia.
Essere
come lei senza il suo coraggio ti ucciderà. Vivere così per lei è il massimo, e
Khristos, anche per noi!
Io con le
cavallette non cavo un ragno dal buco, credimi. Eppure lei rifila cerini e io
contrabbando insetti verdi.
Che
futuro, eh? Non possiamo condannarti a questo, se vuoi una vita meno effimera…
Una vita che non ti sfugga mai dalle mani.
Feri che
fa? Feri spara, anche alle mosche. Avrebbe potuto fare il gladiatore, lui, non
so quanti secoli fa.
Il nostro futuro è negli ideali. Il tuo, Clittie, cercalo! Hai la mia benedizione-
-Una
ragione di vita?-
-Non sarà
diventare come lei, la tua. Perché non ce la farai. Sei Clitemnestra, e sei
fantastica a modo tuo.
Anche
se dobbiamo ancora capire che diavolo di modo
è, il tuo!
Cioè, per
farti un esempio… Io ho capito di essere innamorato di Helga slogandomi una
caviglia.
Ho
sentito una fitta allucinante e mi son detto: “Diamine, sì, la amo!”. Poi sono
svenuto-
-E’
sempre così… Uhm… Violento?-
-Dipende.
Vuoi una cavalletta?-
-Verde?-
-Ne ho
solo così-
-Oh, va
bene…-
-Non
chiamarla Natal’ja!-
-Perché?-
-Non ti
permetterò di uccidere di complessi una mia protetta!-
-Giusto…-
-Stai
meglio, adesso?-
-Forse…-
Jànos
aveva sorriso, rubandole un fugace bacio su una guancia.
-Auguri,
allora. E passa domani per la cavalletta. Stasera le
parlerò di te…-
-Alla
cavalletta?-
-Problemi?-
-No, no…-
Con un mio ruolo
definito
Così felice d’esser
nato
(Cervo a primavera,
Riccardo Cocciante)
Natal’ja.
Lei si chiama Natal’ja.
Ci sono mille donne con il suo
nome, in Russia, ma nessuna è come lei.
Io mi chiamo Clitemnestra,
Clitemnestra Kathleen Ul’janova.
E non riuscirò mai a fare del mio
nome la Rivoluzione che ha saputo inventare lei.
Sarebbe stato meglio chiamarsi
Natal’ja e cambiare il mondo, piuttosto che Clitemnestra e non avere un futuro.
Se tutto mi è dato
Tutto non fa te
(Tutto non fa te,
Laura Pausini)
Dopo la
morte di Natal’ja, un sospiro di sollievo e un nodo in gola.
La morte di Natal’ja l’aveva
rovinata.
Aveva un
futuro da cercare e un clima impossibile in cui farlo.
Aveva
dieci anni, quel giorno…
Anche
esanime tra la neve, sepolta al campo di rose, sua sorella le impediva di
essere se stessa…
Senza il coraggio straordinario e
la bellezza eclatante di Natal’ja.
Clitemnestra, la sorella
dell’eroina.
Con
Céline e Malin, qualche volta si sentiva ancora a disagio.
Line identica ad Alja, e Malin
identica a Jàn.
Alcesti
Caelie, una ragazzina celeste, divina,
e Malintzin Natal’ja, la piccola ungherese con la benedizione di Lys.
Per loro
era stato naturale, fin dal primo giorno, vivere
per la Rivoluzione.
Non la
consideravano alla loro altezza, forse.
Nikolaj
non la degnava d’uno sguardo.
Era di
due anni più piccolo, lui, ma parlava di navi, vele e gomene come un uomo
vissuto, un uomo di mare.
Se mai
gli capitava di trovarsi accanto a lui quand’era preda di una crisi epilettica,
le gridava dietro i peggiori insulti.
Non era
un ragazzino fragile e malato, Niko.
Non lo era mai stato.
Era
dannatamente coraggioso, proprio come suo padre.
La sua
compagnia non faceva per lei.
Con Line
e la Desztor, poi, aveva una complicità invidiabile.
Lei non poteva più raggiungerli, ormai.
Rinnegare sua sorella.
Quanto
avrebbe voluto farlo…
E non
essere più la bambina dagli occhi azzurri, solo
azzurri, di Forradalom.
Sua
sorella a ventitré anni era diventata leggenda.
Sua sorella era Natal’ja.
Non si
poteva vivere, con una come lei.
Clitemnestra non sapeva vivere con
una come lei.
Gli
sguardi dei ragazzi del quartiere…
Per Lys splendevano, ardevano.
Faceva
impazzire tutti, lei.
Chi non
l’amava, l’ammirava.
E Gee,
lui…
Si
idealizzavano a vicenda, forse, Alja e Gee, ma nel modo più bello del mondo.
Era un sogno, e mai un errore.
A vederli
insieme, anche da lontano…
Spezzavano il cuore, perché erano
meravigliosi.
Una sola
carezza bruciava sulla guancia di Natal’ja, brillava tra i suoi capelli.
E a Gee
rimaneva tra le dita, il suo sorriso.
E
parlavano, parlavano di tutto, dei tramonti, delle battaglie…
Del cielo
che avevan rubato in prigione prima di fingere di morire per l’ultima volta, a
giocarsi la grazia sulla forca solo per conquistarsela da soli.
Avevano
segreti con il mondo intero, ma non tra di loro.
Era bello, troppo bello, il modo
in cui si parlavano loro.
Erano
invidiati e temuti da tutti, Alja e Gee.
Anche da lei.
Abbagliavano
il cielo, incendiavano le strade.
Quasi senza rendersene conto.
Non ci si
poteva accostare a loro senza essere certi del proprio valore.
Clitemnestra non ci riusciva.
La
criminale russa e il terrorista greco.
La
Rivoluzionaria e l’eroe.
La
sovversiva politica e il brigante.
Nella
loro bellezza zingaresca, sfuggente, d’altri tempi.
Dalla
Guerra di Troia all’Ottocento.
Un
esametro dattilico d’amore.
Lys, l’Esmeralda delle steppe, e
Gee, l’Achille di Sparta.
Clitemnestra
non aveva mai imparato a vivere con la presenza di Natal’ja.
A superare il sole che sua sorella
aveva negli occhi.
Lei aveva
fatto di tutto per non farla sentire inferiore.
Le aveva parlato, anche Jànos le aveva parlato.
Clitemnestra non doveva sentirsi
inferiore.
Eppure
non riusciva a ribellarsi a quella sensazione.
Avevo anch’io
Io
Qualcosa da sperare
Davanti a me
(Invece no, Laura
Pausini)
Cynthia
la capiva davvero.
George
non aveva mai saputo aiutarla, Natal’ja ci aveva provato.
George le voleva bene a modo suo.
E lei…
Lei aveva Aiace.
L’ardente
e fugace infatuazione per Gee, poi, le era passata.
Sempre più tenue, sempre meno
dolorosa.
Aveva
sette anni e lui ventiquattro.
Era stato un amore infantile.
Aiace…
Aiace era suo figlio.
Clitemnestra
l’aveva sposato.
Aiace era
innamorato di lei, non del ricordo di Natal’ja.
Aiace a Natal’ja
aveva voluto un bene dell’anima, ma in Clitemnestra non cercava lei.
Si era innamorato, sì, perché dopo le battaglie c’era lei.
Lei che neanche se
la sognava, la guerra, lei che non era entusiasta delle strategie militari
com’era sempre Natal’ja.
Perché era bella, sì, ma a modo suo.
Non aveva le parvenze fatate di Natal’ja, ma era
ugualmente straordinaria.
Straordinaria come
sua sorella.
Con i suoi capelli quasi rossi e gli occhi solo azzurri.
Lei era
Clitemnestra.
E non sarebbe mai, mai, mai dovuta cambiare.
Tu sei bella come
sei
Non cambiare gli
occhi tuoi
Porti il sole dove
vai
Non dimenticarlo mai
(Tu sei bella come
sei, Mal)
Note
Maledetta
come me: Maledetta primavera, Loretta Goggi.
E sono
riuscita a scrivere anche di Clitemnestra, finalmente.
Era da
tempo che volevo farlo, ed eccolo, il suo capitolo.
Ho
immaginato che la sua situazione dovesse essere molto simile a quella di
Cynthia, perché Alja e Gee…beh, non sono esattamente abituati a restare sullo
sfondo.
Sono dannatamente abbaglianti, anche senza
volerlo.
Per Cyn,
come sappiamo, non è andata molto bene, anche se alla fine è riuscita a
ritrovare suo fratello, a perdonarlo, a sorridergli ancora.
Per Clit
è stato un po’ diverso, perché Lys non voleva assolutamente perderla -neanche
Gee con Cyn, ma lui in queste cose è un disastro, si sa ;)-, e anche i forradalmi le volevano bene, al
contrario dei Kléftes con Cynthia…
E,
insomma, il discorso con Jàn è abbastanza decisivo, sorvolando sul modo in cui
si è accorto di amare Hell, in cui è meglio che Clit non lo imiti ;)
C’è la
questione dell’aspetto fisico, in cui Clit si sente molto, troppo diversa da
Lys, che equivale al luogo di nascita per Cyn -Liverpool anziché Sparta-, il
carattere, che lei e Cynthia hanno abbastanza in comune, e, soprattutto, il
desiderio di essere ammirata, guardata come guardano Alja a Forradalom -una sorella troppo straordinaria, che anche lei tende ad idealizzare-, e lei
mai.
L’esclusione
quasi involontaria di quando Lys sembra preferire i suoi figli a lei, anche se,
ovviamente, è diverso, e coinvolgerli di più nella Rivoluzione.
Clit, poi, caratterialmente è molto simile ad Harold, come lo era Lys ad Akakij.
Per questo, in quanto a padri, è stato un po' il contrario, per loro ;)
Lys è cresciuta con Akakij, e Stacey -anche Clitemenstra è una ragazza dai milleuno soprannomi ;)- con Harold.
Poi,
Aiace. E’ un po’ la sua rivincita, lui. Perché Aiace, di Clit, è innamorato
davvero, e perdutamente, come Gee con Lys.
E
Clitemnestra con lui li dimentica, i suoi complessi.
Bene,
spero che vi sia piaciuto! ;)
A presto,
Marty