CAPITOLO VI
Uno strano
incontro.
Anch’essa doveva aver
vissuto l’incubo della guerra: alcune case erano distrutte, un silenzio
raggelante correva per le vie e della popolazione calda di Sephiro nessuna
traccia, solo volti incupiti e diffidenti che, sospettosi, si voltavano al loro
passaggio.
La maggior parte degli
uomini si era accampata fuori dalle mura della città. Le tre ragazze, Xato e
qualche suo fedele subalterno si diressero verso la prima locanda, desiderosi di
mettere qualcosa sotto i denti e di trovare un letto comodo. Avrebbero riposato
poco però: il comandante aveva già avvertito che l’indomani, all’alba, sarebbero
ripartiti.
Le ragazze erano
completamente a pezzi. Tutte quelle ore di viaggio avevano indolenzito i muscoli
delle cosce, per non parlare delle loro povere schiene: una sedia e un piatto
caldo sembrava in quel momento quanto di meglio la vita potesse
offrirgli.
Entrarono. Il tepore
dell’ambiente, misto ai profumi della cucina inebriava i sensi intorpiditi degli
astanti.
Anemone, Luce e Marina
si accomodarono ad un tavolo; Xato e gli altri si sedettero al
bancone.
“Allora fanciulle cosa
posso servirvi” fece una donna di mezz’età.
E Marina: “Quello che
vuole.. abbiamo così fame che mangeremmo qualsiasi cosa”. Resasi conto che le
sue parole potevano essere fraintese, aggiunse “Ogni volta che siamo state su
Sephiro, abbiamo sempre assaggiato cibi buonissimi, sono sicura che anche qui è
tutto delizioso”.
La donna la guardò con
aria stralunata, non le capitava tutti i giorni di servire persone che
provenivano da altri pianeti… anzi non le era mai successo! Ma se ne andò senza
far domande.
Al bancone però una
persona si era voltata. Xato lanciò un’occhiataccia a Marina, chiaramente con
l’invito a tenere la bocca chiusa.
Appena il comandante si
rigirò, la ragazza gli cacciò la lingua, facendo divertire le
compagne.
“Certo che quell’uomo è
sempre di una simpatia travolgente!” fece Anemone
ironica.
“Si…però ho notato che
fra te e lui c’è un certo feeling” ribattè Marina “in fondo è proprio un bel
ragazzo… un po’ burbero… ma davvero un fisico tutto muscoli” disse guardandola
ammiccante.
“Ma sei impazzita! Non
c’è persona che mi faccia saltare i nervi più di quella… è borioso, arrogante e
io non lo trovo così attraente come dici tu!” disse con aria un po’
sdegnosa.
“Beh chi disprezza, vuol
comprare!” aggiunse Luce.
“Luce, ti ci metti pure
tu!”
Marina continuò: “Ah
quindi vorresti dire che non è gran bell’uomo…già… scordavo tu non hai occhi che
per Ferio!”.
Le parole le morirono in
bocca.
Il viso di Anemone
impallidì improvvisamente.
Marina dispiaciuta cercò
di scusarsi, ma l’amica la rincuorò: “Non ti preoccupare, non hai detto nulla di
male! E poi devo abituarmi a pensare che questa volta, se saremo in difficoltà,
non potrò sperare nel suo aiuto… anzi è lui il nostro nemico…e quando lo avremo
di fronte non dovrò dimenticarlo” disse con amaro
sorriso.
Scese il silenzio al
tavolo delle ragazze… nel frattempo qualcuno… un po’ più in là… aveva ascoltato
con vivo interesse il discorso delle tre.
La loro cena arrivò, e
con essa tornò anche il buon umore. Marina per farsi perdonare, cercò di
rallegrare Anemone, iniziando a tormentare Luce, rubando dal suo piatto
succulenti pezzi di carne, alla sua minima distrazione. Luce per dispetto aveva
trangugiato tutto lo sciroppo di frutta di Marina, fra le urla isteriche di
quest’ultima.
“Come farei senza di
voi, amiche mie…Certo che, però, più che tre cavalieri magici sembriamo tre
bambine dell’asilo” pensò sorridendo e guardando avanti a sé vide Xato che
alzava il calice verso di lei, a mo’ di simbolico
brindisi.
Anemone rispose con un
cenno della testa. Meglio far buon viso a cattivo gioco: inimicarsi il
comandante avrebbe significato non poter più chiedergli le informazioni che le
servivano.
Mentre le ragazze
continuavano la loro cena, Xato, e il suo fido Taro che lo seguiva come un
cagnolino, uscirono dalla locanda a sgranchirsi le gambe, al che Luce esclamò:
“Ragazze, ma secondo voi, potrei chiedergli se sa qualcosa in più su dove possa
essere Lantis?”.
Anemone guardò l’amica:
negli occhi aveva una luce molto
simile a quella che lei sapeva accendersi nei suoi, quando pensava a Ferio. Una
luce che stava diventando fioca, perché non c’era più il suo principe ad
alimentarla.
“Sì però cerca di non
dare a vedere quanto ci tieni a lui, non voglio che il comandante ferisca i tuoi
sentimenti… magari inserisci la domanda in un discorso più vago e generale” le
suggerì Anemone.
“Dai, andiamo, ti
accompagno” fece Marina tirandola per un braccio.
“Io, intanto vado in
bagno ragazze”. Probabilmente se fosse andata anche lei, Xato avrebbe dato
maggiore sfoggio del suo sadismo.
Dopo un po’ di tempo,
non vedendo rientrare le amiche, decise di andare da
loro.
Uscì dall’osteria, ma
non scorgendo nessuno si diresse verso il retro della
costruzione.
Sentiva il ciarlare di
Luce e Marina e il ribattere del comandante, però prima di svoltare l’angolo e
raggiungere gli altri, qualcosa la bloccò.
I suoi calzoncini si
erano impigliati in un chiodo sporgente: se avesse cercato di liberarli con la
forza li avrebbe probabilmente strappati: così provò con delicatezza a sfilare
la stoffa dal ferro che la avvinceva.
Mentre lei maneggiava lì
dietro, Marina e Luce si allontanavano dalla parte opposta: evidentemente
avevano concluso la loro chiacchierata con Xato, rimasto solo con
Taro.
“Quelle ragazzine fanno
un po’ troppe domande per i miei gusti” fece il comandante “mi raccomando
tienile sempre sotto controllo, non vorrei andassero in giro a ficcare il
naso…devono restare sempre con noi, potrebbero riservarci qualche
sorpresina!”
“Non si preoccupi, sarò
ben attento!” rispose l’altro uomo.
Anemone si appiattì
contro il muro e nel farlo il chiodo le graffiò la gamba. Ma doveva evitare di
essere vista da Xato proprio in quel momento, e così, al diavolo il
pantaloncino, con un colpo secco si liberò del piccolo gancio metallico e si
diresse a ritroso verso l’ingresso della locanda.
Marina e Luce, intente a
parlare non si avvidero neanche che Anemone era appena rientrata, proprio da
dove erano venute loro un attimo prima e quando l’amica si sedette al tavolo,
Luce le disse con voce bassa : “Purtroppo Xato non sa nulla di Lantis, o forse non mi ha voluto dire
niente per non turbarmi”.
“Come no…” pensò
Anemone.
“Invece ci ha detto che
Presea sta bene… era stata ferita in battaglia, ma si è già ripresa. Sai ha
parlato molto di noi a Xato”.
“Mi fa molto piacere”.
Ma Anemone, per quanto tenesse alla loro vecchia amica, non riusciva a non
ripensare alle parole del comandante, al modo in cui le aveva pronunciate: “Non
voleva che loro “ficcassero il naso”, ma dove? cosa voleva
nascondere?
La sua confusione
aumentava.
Da un lato c’era da
tener conto che Xato non si era mai dimostrato interessato a quello che loro
potessero pensare, ed era sempre pronto a sputare veleno sulle persone che
avevano conosciuto e amato su Sephiro; quell’uomo non le aveva sin dall’inizio
ispirato una gran fiducia e quanto aveva sentito poco prima non poteva che
avvalorare i suoi dubbi.
Dall’altro però,
Guruclef non le avrebbe mai messo in mano al comandante, se non avesse avuto
piena stima di lui
Ciò che poi le ronzava
nella testa era che quei suoi sospetti non fossero alimentati da seri indizi di
verità nascoste, che Xato non aveva loro rivelato, quanto piuttosto dal
desiderio di trovare un appiglio a cui afferrarsi per sperare che ci fosse una
qualche spiegazione di quello che stava succedendo sul pianeta… di ciò che aveva fatto
Ferio.
Anemone era immersa nei
suoi pensieri, mentre Luce e Marina si diressero verso il bagno. Aveva deciso di
non dire niente… era inutile dare loro altri pensieri e poi avrebbe fatto la
solita figura di quella che si preoccupa per
niente.
Xato non era rientrato,
così Anemone si avvicinò al bancone. “Mi scusi mi può dare un po’
d’acqua”
“Certo” fece l’oste
versandole da bere.
“Ho notato che molti
edifici sono stati distrutti… io non sono di queste parti… mi chiedevo com’è
successo” fece timidamente.
L’uomo la guardò. Lei
era la tipica ragazza che ispirava fiducia alla gente e che con la sua
gentilezza sapeva anche conquistare i cuori più duri. Lo sapeva bene un certo
principe.
“E’ la guerra,
signorina. Chi ne paga le conseguenze è la gente indifesa, che vorrebbe solo
vivere tranquillamente” le rispose l’oste. Sembrava molto nervoso, quasi
spaventato.
“Mi dispiace… Ma dovete
aver fiducia, c’è anche chi lotta perché su Sephiro possa tornare la pace!”
ribatté Anemone.
“Ah davvero… beh non mi
sembra che nessuno abbia fatto molto per noi”
“Ma Guruclef è…
“
Ma l’uomo la interruppe:
“Guruclef? Il vecchio saggio se ne sta rinchiuso nel suo castello e che cosa fa
per noi?”
La donna che le aveva
servite e che era lì vicino, sembrava condividere quelle
idee.
“Di cosa state parlando
così animatamente?” La voce potente di Xato fece sobbalzare sia Anemone che
l’oste.
“Niente.. mi stavo
complimentando con la loro cucina… ho mangiato deliziosamente” mentì la ragazza.
L’uomo al bancone, dal canto suo sembrò sollevato da quella risposta, visto che,
mentre Xato era distratto, rivolse un cenno di ringraziamento ad
Anemone.
Intanto ancora una volta
degli occhi e delle orecchie indiscrete non si erano persi nulla di quella
discussione.
Marina era già sotto le
coperte che ronfava profondamente. Luce anche si era cambiata e si stava
infilando a letto. Solo Anemone era ancora vestita a pensare agli ultimi
avvenimenti.
“Dai spogliati e mettiti
a dormire, non faremo molte ore di sonno e domani ci attende un’altra giornata
faticosa” disse Luce mentre poggiava la testa sul
cuscino.
Nonostante la
stanchezza, Anemone voleva cercare di dare un senso alle cose, ma era convinta
che le mancassero troppi pezzi del mosaico.
“Luce, ma tu non trovi
che Xato sia un po’ strano?”
“In che senso…uaaaa”
chiese la ragazza sbadigliando.
“Non so… non mi
convince. Fa un po’ troppo il misterioso…. Poi non ci ha mai chiesto nulla di
noi…Insomma lui non ci conosceva, ma non ci ha mai fatto nessuna domanda…
neanche sulle nostre precedenti permanenze su Sephiro!
”
Non udendo risposta si
voltò verso Luce: era già sprofondata in un sonno
pesante.
Sorrise e si lasciò
andare sul cuscino, con gli occhi rivolti al soffitto. “Mah… la popolazione
sembra allo sbaraglio… Non hanno più fiducia in Guruclef.. e anche Xato non
sembra attirarsi molte simpatie…. beh questo però è normale… con i suoi modi. Ma
che sta succedendo su questo pianeta?”
Già… Sephiro sembrava
destinato a non trovare pace da quando Zagato aveva sconvolto gli equilibri del
sistema. Chi lo sa se aveva mai pensato che la sua decisione di liberare
Emeraude dal suo destino avrebbe comportato tutte quelle conseguenze per il
pianeta. Mah forse era troppo innamorato per porsi il
problema.
Troppo innamorato. Al
punto da mettersi contro tutto e tutti e forse con la consapevolezza che quella
scelta l’avrebbe portato a morte certa.
Pensare queste cose
avrebbero potuto anche scatenare in lei qualche invidia… ma non era così. Sapeva
che anche Ferio più di una volta aveva messo a repentaglio la sua vita per
lei.
Così nel deserto, quando
aveva rischiato di finire nelle fauci del mostro di Ascot. E ancor più quando
aveva assaltato l’astronave della principessa Aska per riportarla su Sephiro.
E a quei ricordi restava
aggrappata… nessuno glieli avrebbe portati via… non Xato… non Guruclef.. e
nemmeno colui che era stato il protagonista di quei
momenti.
Quello era il vero
Ferio… l’unico e il solo Ferio… che lei aveva amato e che nessuno poteva
portarle via.
“ANEMONE”
“Chi
sei?”
“Non ha
importanza!”
“Sto
sognando?”
“Lo sai che su Sephiro i
sogni e la realtà possono essere molto vicini… quello che desideri nel tuo cuore
può anche realizzarsi se ci credi!”
"Io credo di conoscerti... sei Windam vero?"
“Te l’ho detto…non ha
importanza…”
“Cosa devo fare…come
posso aiutare Sephiro?”
“Nello stesso modo in
cui puoi aiutare te stessa”
“E
cioè?”
“Ascoltando il tuo
cuore… è lì la tua forza… non dimenticarlo mai cavaliere magico
dell’aria”
“Ma io non posso…non
posso dare ascolto al mio cuore… lui non vuole capire… e io non posso lasciarlo
fare…”
“E invece solo dandogli
ascolto… vedrai la verità”
“E se invece lui dovesse
ingannarmi?”
“Non avere paura… lascia
che sia lui a guidarti… lascia che sia lui a trovare la
strada.”
“Ma
io…”
Anemone aprì gli occhi.
Doveva essersi addormentata. Era ancora vestita e sdraiata sul letto non
disfatto.
Si alzò, non sapeva bene
per quanto aveva tenuto gli occhi chiusi. Ma sicuramente doveva al più presto
mettere il pigiama e infilarsi a letto se non voleva rischiare il giorno dopo di
essere ancora più a pezzi di quello che non era
già.
Mentre però cominciava a
sfilare la maglietta, attraverso le sottili pareti, udì dei rumori provenire
dalla camera accanto, che, per quanto ricordasse, era quella di
Xato.
Sembrava che qualcuno la
stesse rovistando da cima a fondo; si sentivano i cassetti e gli armadi che
venivano aperti, setacciati e poi richiusi.
Doveva dare un’occhiata.
Uscita nel buio
corridoio, si avvicinò alla porta della camera.
Era socchiusa. Con la
mano molto delicatamente la sospinse in avanti, per capire cosa stesse
succedendo all’interno.
La stanza era illuminata
fiocamente e Anemone riuscì solo a scorgere un’ombra che spulciava l’interno di
un forziere, intenta evidentemente a trovare
qualcosa.
Non era di certo Xato,
si trattava di una persona molto più bassa ed
esile.
Anemone si fece avanti,
ma in quel preciso momento la porta scricchiolò, facendo sobbalzare sia la
stessa ragazza, che la figura che aveva di fronte.
Questi con un balzo fu
davanti alla soglia e Anemone potè vederlo: “Ma che ci fai tu qui? Chi
sei?”
Aveva davanti un
bambinetto che doveva avere all’incirca dieci o dodici anni, capelli e occhi
nerissimi. La sua maglietta aveva uno strappo su di un braccio e i calzoni corti
lasciavano scoperte le ginocchia, che recavano due profonde
sbucciature.
Il ragazzino estrasse
una spada dal fodero che portava a tracolla e la puntò al collo di Anemone:
“Zitta, se fiati sei morta!”
La ragazza, nonostante
fosse a pochi centimetri dalla lama, non si sentiva affatto impaurita: “Non
voglio farti del male…non preoccuparti. Ma se il comandante Xato ti trova qui,
allora si che potresti essere nei guai”
Ma non fece in tempo a
pronunciare queste parole, che alle sue spalle, come se lo facesse apposta ad
arrivare nel momento meno opportuno, tuonò la voce del guerriero: “Dannato
moccioso che ci fai nella mia stanza?”
Il ragazzino preso alla
sprovvista aveva indietreggiato. Xato invece scostando bruscamente Anemone era
entrato nella camera e aveva sguainato la propria
spada.
“Xato… ma sei impazzito…
è un bambino” gridò la ragazza, ma non era servito a nulla, il guerriero si era
già scagliato contro di lui.
Il ragazzino ebbe però
il riflesso di afferrare una coperta poggiata ai piedi del letto: gliela gettò
addosso e con una capriola superò l’uomo e uscì di colpa dalla
stanza.
Xato strappò via la
coperta dal volto e si gettò imprecando all’inseguimento del
bambino.
Anemone non aveva avuto
il tempo di rendersi ben conto di quello che stava succedendo, che li vide
sfrecciare come due saette fuori dalla camera.
Non ci pensò due volte e
cominciò a corrergli dietro: Xato sembrava parecchio arrabbiato e visto il modo
con cui aveva attaccato il ragazzino, Anemone temeva potesse fargli del
male.
Si lanciarono giù per le
scale e uscirono dalla locanda: la notte era fredda e buia, tutto taceva intorno
e le invettive di Xato risuonavano nell’aria.
“Xato fermati… che vuoi
fargli” gridò Anemone, ma l’uomo non si voltò nemmeno a guardarla, continuando
ad inseguire il bambino.
Corsero per alcuni
minuti e Anemone ormai stava perdendo i due dal suo campo
visivo.
Si erano lasciati le
case alle spalle e si stavano così inoltrando nella fitta vegetazione che
circondava il paesino.
Si ritrovò accerchiata
dagli alberi: l’aria umida penetrava fra i tessuti leggeri dei suoi vestiti;
intorno era tutto nero, non una luce, e neanche una stella a illuminare quella
notte.
Doveva trovarli; non
poteva lasciare il ragazzino fra le grinfie di un quel comandante
infuriato.
- continua -
Mmh... cara Kirby mi dispice ma non ti lascerò scoprire tutto tanto facilmente... dovrai continuare a seguire la mia ficcy! Un bacio