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Autore: fantasie    24/10/2006    1 recensioni
Ancora una volta il richiamo di Sephiro...e i cavalieri magici sono pronti a farvi ritorno per aiutare il pianeta e ritrovare se stesse. Amare sorprese, però, attendono Anemone!
Genere: Romantico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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cinque anni dopo

CAPITOLO VI

Uno strano incontro.

 Finalmente la sera giunsero in una piccola città.

Anch’essa doveva aver vissuto l’incubo della guerra: alcune case erano distrutte, un silenzio raggelante correva per le vie e della popolazione calda di Sephiro nessuna traccia, solo volti incupiti e diffidenti che, sospettosi, si voltavano al loro passaggio.

La maggior parte degli uomini si era accampata fuori dalle mura della città. Le tre ragazze, Xato e qualche suo fedele subalterno si diressero verso la prima locanda, desiderosi di mettere qualcosa sotto i denti e di trovare un letto comodo. Avrebbero riposato poco però: il comandante aveva già avvertito che l’indomani, all’alba, sarebbero ripartiti.

Le ragazze erano completamente a pezzi. Tutte quelle ore di viaggio avevano indolenzito i muscoli delle cosce, per non parlare delle loro povere schiene: una sedia e un piatto caldo sembrava in quel momento quanto di meglio la vita potesse offrirgli.

Entrarono. Il tepore dell’ambiente, misto ai profumi della cucina inebriava i sensi intorpiditi degli astanti.

Anemone, Luce e Marina si accomodarono ad un tavolo; Xato e gli altri si sedettero al bancone.

“Allora fanciulle cosa posso servirvi” fece una donna di mezz’età.

E Marina: “Quello che vuole.. abbiamo così fame che mangeremmo qualsiasi cosa”. Resasi conto che le sue parole potevano essere fraintese, aggiunse “Ogni volta che siamo state su Sephiro, abbiamo sempre assaggiato cibi buonissimi, sono sicura che anche qui è tutto delizioso”.

La donna la guardò con aria stralunata, non le capitava tutti i giorni di servire persone che provenivano da altri pianeti… anzi non le era mai successo! Ma se ne andò senza far domande.

Al bancone però una persona si era voltata. Xato lanciò un’occhiataccia a Marina, chiaramente con l’invito a tenere la bocca chiusa.

Appena il comandante si rigirò, la ragazza gli cacciò la lingua, facendo divertire le compagne.

“Certo che quell’uomo è sempre di una simpatia travolgente!” fece Anemone ironica.

“Si…però ho notato che fra te e lui c’è un certo feeling” ribattè Marina “in fondo è proprio un bel ragazzo… un po’ burbero… ma davvero un fisico tutto muscoli” disse guardandola ammiccante.

“Ma sei impazzita! Non c’è persona che mi faccia saltare i nervi più di quella… è borioso, arrogante e io non lo trovo così attraente come dici tu!” disse con aria un po’ sdegnosa.

“Beh chi disprezza, vuol comprare!” aggiunse Luce.

“Luce, ti ci metti pure tu!”

Marina continuò: “Ah quindi vorresti dire che non è gran bell’uomo…già… scordavo tu non hai occhi che per Ferio!”.

Le parole le morirono in bocca.

Il viso di Anemone impallidì improvvisamente.

Marina dispiaciuta cercò di scusarsi, ma l’amica la rincuorò: “Non ti preoccupare, non hai detto nulla di male! E poi devo abituarmi a pensare che questa volta, se saremo in difficoltà, non potrò sperare nel suo aiuto… anzi è lui il nostro nemico…e quando lo avremo di fronte non dovrò dimenticarlo” disse con amaro sorriso.

Scese il silenzio al tavolo delle ragazze… nel frattempo qualcuno… un po’ più in là… aveva ascoltato con vivo interesse il discorso delle tre.

La loro cena arrivò, e con essa tornò anche il buon umore. Marina per farsi perdonare, cercò di rallegrare Anemone, iniziando a tormentare Luce, rubando dal suo piatto succulenti pezzi di carne, alla sua minima distrazione. Luce per dispetto aveva trangugiato tutto lo sciroppo di frutta di Marina, fra le urla isteriche di quest’ultima.

“Come farei senza di voi, amiche mie…Certo che, però, più che tre cavalieri magici sembriamo tre bambine dell’asilo” pensò sorridendo e guardando avanti a sé vide Xato che alzava il calice verso di lei, a mo’ di simbolico brindisi.

Anemone rispose con un cenno della testa. Meglio far buon viso a cattivo gioco: inimicarsi il comandante avrebbe significato non poter più chiedergli le informazioni che le servivano.

Mentre le ragazze continuavano la loro cena, Xato, e il suo fido Taro che lo seguiva come un cagnolino, uscirono dalla locanda a sgranchirsi le gambe, al che Luce esclamò: “Ragazze, ma secondo voi, potrei chiedergli se sa qualcosa in più su dove possa essere Lantis?”.

Anemone guardò l’amica: negli occhi  aveva una luce molto simile a quella che lei sapeva accendersi nei suoi, quando pensava a Ferio. Una luce che stava diventando fioca, perché non c’era più il suo principe ad alimentarla.

“Sì però cerca di non dare a vedere quanto ci tieni a lui, non voglio che il comandante ferisca i tuoi sentimenti… magari inserisci la domanda in un discorso più vago e generale” le suggerì Anemone.

“Dai, andiamo, ti accompagno” fece Marina tirandola per un braccio.

“Io, intanto vado in bagno ragazze”. Probabilmente se fosse andata anche lei, Xato avrebbe dato maggiore sfoggio del suo sadismo.

 

Dopo un po’ di tempo, non vedendo rientrare le amiche, decise di andare da loro.

Uscì dall’osteria, ma non scorgendo nessuno si diresse verso il retro della costruzione.

Sentiva il ciarlare di Luce e Marina e il ribattere del comandante, però prima di svoltare l’angolo e raggiungere gli altri, qualcosa la bloccò.

I suoi calzoncini si erano impigliati in un chiodo sporgente: se avesse cercato di liberarli con la forza li avrebbe probabilmente strappati: così provò con delicatezza a sfilare la stoffa dal ferro che la avvinceva.

Mentre lei maneggiava lì dietro, Marina e Luce si allontanavano dalla parte opposta: evidentemente avevano concluso la loro chiacchierata con Xato, rimasto solo con Taro.

“Quelle ragazzine fanno un po’ troppe domande per i miei gusti” fece il comandante “mi raccomando tienile sempre sotto controllo, non vorrei andassero in giro a ficcare il naso…devono restare sempre con noi, potrebbero riservarci qualche sorpresina!”

“Non si preoccupi, sarò ben attento!” rispose l’altro uomo.

Anemone si appiattì contro il muro e nel farlo il chiodo le graffiò la gamba. Ma doveva evitare di essere vista da Xato proprio in quel momento, e così, al diavolo il pantaloncino, con un colpo secco si liberò del piccolo gancio metallico e si diresse a ritroso verso l’ingresso della locanda.

Marina e Luce, intente a parlare non si avvidero neanche che Anemone era appena rientrata, proprio da dove erano venute loro un attimo prima e quando l’amica si sedette al tavolo, Luce le disse con voce bassa : “Purtroppo Xato non sa nulla  di Lantis, o forse non mi ha voluto dire niente per non turbarmi”.

“Come no…” pensò Anemone.

“Invece ci ha detto che Presea sta bene… era stata ferita in battaglia, ma si è già ripresa. Sai ha parlato molto di noi a Xato”.

“Mi fa molto piacere”. Ma Anemone, per quanto tenesse alla loro vecchia amica, non riusciva a non ripensare alle parole del comandante, al modo in cui le aveva pronunciate: “Non voleva che loro “ficcassero il naso”, ma dove? cosa voleva nascondere?

La sua confusione aumentava.

Da un lato c’era da tener conto che Xato non si era mai dimostrato interessato a quello che loro potessero pensare, ed era sempre pronto a sputare veleno sulle persone che avevano conosciuto e amato su Sephiro; quell’uomo non le aveva sin dall’inizio ispirato una gran fiducia e quanto aveva sentito poco prima non poteva che avvalorare i suoi dubbi.

Dall’altro però, Guruclef non le avrebbe mai messo in mano al comandante, se non avesse avuto piena stima di lui

Ciò che poi le ronzava nella testa era che quei suoi sospetti non fossero alimentati da seri indizi di verità nascoste, che Xato non aveva loro rivelato, quanto piuttosto dal desiderio di trovare un appiglio a cui afferrarsi per sperare che ci fosse una qualche spiegazione di quello che stava succedendo sul pianeta…  di ciò che aveva fatto Ferio.

Anemone era immersa nei suoi pensieri, mentre Luce e Marina si diressero verso il bagno. Aveva deciso di non dire niente… era inutile dare loro altri pensieri e poi avrebbe fatto la solita figura di quella che si preoccupa per niente.

Xato non era rientrato, così Anemone si avvicinò al bancone. “Mi scusi mi può dare un po’ d’acqua”

“Certo” fece l’oste versandole da bere.

“Ho notato che molti edifici sono stati distrutti… io non sono di queste parti… mi chiedevo com’è successo” fece timidamente.

L’uomo la guardò. Lei era la tipica ragazza che ispirava fiducia alla gente e che con la sua gentilezza sapeva anche conquistare i cuori più duri. Lo sapeva bene un certo principe.

“E’ la guerra, signorina. Chi ne paga le conseguenze è la gente indifesa, che vorrebbe solo vivere tranquillamente” le rispose l’oste. Sembrava molto nervoso, quasi spaventato.

“Mi dispiace… Ma dovete aver fiducia, c’è anche chi lotta perché su Sephiro possa tornare la pace!” ribatté Anemone.

“Ah davvero… beh non mi sembra che nessuno abbia fatto molto per noi”

“Ma Guruclef è… “

Ma l’uomo la interruppe: “Guruclef? Il vecchio saggio se ne sta rinchiuso nel suo castello e che cosa fa per noi?”

La donna che le aveva servite e che era lì vicino, sembrava condividere quelle idee.

“Di cosa state parlando così animatamente?” La voce potente di Xato fece sobbalzare sia Anemone che l’oste.

“Niente.. mi stavo complimentando con la loro cucina… ho mangiato deliziosamente” mentì la ragazza. L’uomo al bancone, dal canto suo sembrò sollevato da quella risposta, visto che, mentre Xato era distratto, rivolse un cenno di ringraziamento ad Anemone.

Intanto ancora una volta degli occhi e delle orecchie indiscrete non si erano persi nulla di quella discussione.

 

Marina era già sotto le coperte che ronfava profondamente. Luce anche si era cambiata e si stava infilando a letto. Solo Anemone era ancora vestita a pensare agli ultimi avvenimenti.

“Dai spogliati e mettiti a dormire, non faremo molte ore di sonno e domani ci attende un’altra giornata faticosa” disse Luce mentre poggiava la testa sul cuscino.

Nonostante la stanchezza, Anemone voleva cercare di dare un senso alle cose, ma era convinta che le mancassero troppi pezzi del mosaico.

“Luce, ma tu non trovi che Xato sia un po’ strano?”

“In che senso…uaaaa” chiese la ragazza sbadigliando.

“Non so… non mi convince. Fa un po’ troppo il misterioso…. Poi non ci ha mai chiesto nulla di noi…Insomma lui non ci conosceva, ma non ci ha mai fatto nessuna domanda… neanche sulle nostre precedenti permanenze su Sephiro! ”

Non udendo risposta si voltò verso Luce: era già sprofondata in un sonno pesante.

Sorrise e si lasciò andare sul cuscino, con gli occhi rivolti al soffitto. “Mah… la popolazione sembra allo sbaraglio… Non hanno più fiducia in Guruclef.. e anche Xato non sembra attirarsi molte simpatie…. beh questo però è normale… con i suoi modi. Ma che sta succedendo su questo pianeta?”

Già… Sephiro sembrava destinato a non trovare pace da quando Zagato aveva sconvolto gli equilibri del sistema. Chi lo sa se aveva mai pensato che la sua decisione di liberare Emeraude dal suo destino avrebbe comportato tutte quelle conseguenze per il pianeta. Mah forse era troppo innamorato per porsi il problema.

Troppo innamorato. Al punto da mettersi contro tutto e tutti e forse con la consapevolezza che quella scelta l’avrebbe portato a morte certa.

Pensare queste cose avrebbero potuto anche scatenare in lei qualche invidia… ma non era così. Sapeva che anche Ferio più di una volta aveva messo a repentaglio la sua vita per lei.

Così nel deserto, quando aveva rischiato di finire nelle fauci del mostro di Ascot. E ancor più quando aveva assaltato l’astronave della principessa Aska per riportarla su Sephiro.

E a quei ricordi restava aggrappata… nessuno glieli avrebbe portati via… non Xato… non Guruclef.. e nemmeno colui che era stato il protagonista di quei momenti.

Quello era il vero Ferio… l’unico e il solo Ferio… che lei aveva amato e che nessuno poteva portarle via.

 

“ANEMONE”

“Chi sei?”

“Non ha importanza!”

“Sto sognando?”

“Lo sai che su Sephiro i sogni e la realtà possono essere molto vicini… quello che desideri nel tuo cuore può anche realizzarsi se ci credi!”

"Io credo di conoscerti... sei Windam vero?"

“Te l’ho detto…non ha importanza…”

“Cosa devo fare…come posso aiutare Sephiro?”

“Nello stesso modo in cui puoi aiutare te stessa”

“E cioè?”

“Ascoltando il tuo cuore… è lì la tua forza… non dimenticarlo mai cavaliere magico dell’aria”

“Ma io non posso…non posso dare ascolto al mio cuore… lui non vuole capire… e io non posso lasciarlo fare…”

“E invece solo dandogli ascolto… vedrai la verità”

“E se invece lui dovesse ingannarmi?”

“Non avere paura… lascia che sia lui a guidarti… lascia che sia lui a trovare la strada.”

“Ma io…”

 

Anemone aprì gli occhi. Doveva essersi addormentata. Era ancora vestita e sdraiata sul letto non disfatto.

Si alzò, non sapeva bene per quanto aveva tenuto gli occhi chiusi. Ma sicuramente doveva al più presto mettere il pigiama e infilarsi a letto se non voleva rischiare il giorno dopo di essere ancora più a pezzi di quello che non era già.

Mentre però cominciava a sfilare la maglietta, attraverso le sottili pareti, udì dei rumori provenire dalla camera accanto, che, per quanto ricordasse, era quella di Xato.

Sembrava che qualcuno la stesse rovistando da cima a fondo; si sentivano i cassetti e gli armadi che venivano aperti, setacciati e poi richiusi.

Doveva dare un’occhiata.

Uscita nel buio corridoio, si avvicinò alla porta della camera.

Era socchiusa. Con la mano molto delicatamente la sospinse in avanti, per capire cosa stesse succedendo all’interno.

La stanza era illuminata fiocamente e Anemone riuscì solo a scorgere un’ombra che spulciava l’interno di un forziere, intenta evidentemente a trovare qualcosa.

Non era di certo Xato, si trattava di una persona molto più bassa ed esile.

Anemone si fece avanti, ma in quel preciso momento la porta scricchiolò, facendo sobbalzare sia la stessa ragazza, che la figura che aveva di fronte.

Questi con un balzo fu davanti alla soglia e Anemone potè vederlo: “Ma che ci fai tu qui? Chi sei?”

Aveva davanti un bambinetto che doveva avere all’incirca dieci o dodici anni, capelli e occhi nerissimi. La sua maglietta aveva uno strappo su di un braccio e i calzoni corti lasciavano scoperte le ginocchia, che recavano due profonde sbucciature.

Il ragazzino estrasse una spada dal fodero che portava a tracolla e la puntò al collo di Anemone: “Zitta, se fiati sei morta!”

La ragazza, nonostante fosse a pochi centimetri dalla lama, non si sentiva affatto impaurita: “Non voglio farti del male…non preoccuparti. Ma se il comandante Xato ti trova qui, allora si che potresti essere nei guai”

Ma non fece in tempo a pronunciare queste parole, che alle sue spalle, come se lo facesse apposta ad arrivare nel momento meno opportuno, tuonò la voce del guerriero: “Dannato moccioso che ci fai nella mia stanza?”

Il ragazzino preso alla sprovvista aveva indietreggiato. Xato invece scostando bruscamente Anemone era entrato nella camera e aveva sguainato la propria spada.

“Xato… ma sei impazzito… è un bambino” gridò la ragazza, ma non era servito a nulla, il guerriero si era già scagliato contro di lui.

Il ragazzino ebbe però il riflesso di afferrare una coperta poggiata ai piedi del letto: gliela gettò addosso e con una capriola superò l’uomo e uscì di colpa dalla stanza.

Xato strappò via la coperta dal volto e si gettò imprecando all’inseguimento del bambino.

Anemone non aveva avuto il tempo di rendersi ben conto di quello che stava succedendo, che li vide sfrecciare come due saette fuori dalla camera.

Non ci pensò due volte e cominciò a corrergli dietro: Xato sembrava parecchio arrabbiato e visto il modo con cui aveva attaccato il ragazzino, Anemone temeva potesse fargli del male.

Si lanciarono giù per le scale e uscirono dalla locanda: la notte era fredda e buia, tutto taceva intorno e le invettive di Xato risuonavano nell’aria.

“Xato fermati… che vuoi fargli” gridò Anemone, ma l’uomo non si voltò nemmeno a guardarla, continuando ad inseguire il bambino.

Corsero per alcuni minuti e Anemone ormai stava perdendo i due dal suo campo visivo.

Si erano lasciati le case alle spalle e si stavano così inoltrando nella fitta vegetazione che circondava il paesino.

Si ritrovò accerchiata dagli alberi: l’aria umida penetrava fra i tessuti leggeri dei suoi vestiti; intorno era tutto nero, non una luce, e neanche una stella a illuminare quella notte.

Doveva trovarli; non poteva lasciare il ragazzino fra le grinfie di un quel comandante infuriato.

 

                                                                                                                                                                                                                  - continua -

 

Mmh... cara Kirby mi dispice ma non ti lascerò scoprire tutto tanto facilmente... dovrai continuare a seguire la mia ficcy! Un bacio

  
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