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Autore: northernlight    27/03/2012    1 recensioni
Tanti capitolo per una nuova protagonista inserita nel meraviglioso mondo dei Coldplay. Un fortuito incontro che non si sa ancora a cosa porterà.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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VI.

Passeggiammo per strada entrambi con le mani infilate io nel mio cappotto grigio e lui nelle tasche della sua giacca di pelle. L’aria fredda mi pizzicava le guance bollenti.

“Allora” esordì Guy “prima che corressi ad aprire la porta e spegnessi lo stereo, stavi ascoltando Mylo Xyloto, vero?”

“Sì, avevo voglia di qualcosa di nuovo e mi sono ricordata del vostro album.”

“Allora?”

“Allora cosa?”

“Eh, che te ne pare? Impressioni del primo ascolto?”

“Boh, non so, non conosco molto di voi però rispetto al vostro – uhm – standard? È totalmente diverso, però mi piace. È nuovo, fresco, frizzante. Hurts Like Heaven mi piace tantissimo, su quella traccia la voce di Chris è divina così come le entrate di Jonny e la sua chitarra.”
Svoltammo nella strada della caffetteria, ancora qualche metro e saremmo arrivati.

“Poveri noi bassisti, non ci si fila nessuno” ironizzò.

“Dovevi cambiare mestiere, allora, o suonare altro.”

“Povera piccola ingenua” disse maliziosamente “mi fa piacere che tu non conosca niente di noi.”
Lo guardai accigliata, infatti non riuscivo a capire cosa volesse dire.

Che idiota’ fu l’unica cosa che riuscì a pensare in quel momento. Passò qualche secondo di interminabile silenzio e mi costrinsi a parlare.

“Devo dirtelo, Guy” proseguii “mi sembri molto a tuo agio a girare per la città nonostante la tua popolarità. Voi star di solito non girate con delle guardie del corpo enormi?”

“Ma io non sono una star. Conduco una vita normalissima, sono solo il bassista dei Coldplay” disse tra una risata e l’altra per poi fare innocentemente spallucce. Eravamo arrivati, lui mi aprì la porta e mi fece entrare.

“Prego, madame, si accomodi.”
Lo fulminai con lo sguardo e lui scoppiò a ridere. Ci sedemmo accanto ad una vetrata che dava su un delizioso giardino coloratissimo e attendemmo la ragazza delle ordinazioni. Io presi l’ennesimo earl grey della giornata nel giro di un’oretta e lui un cappuccino al caramello.

“Ah e anche un muffin” aggiunse lui “il più grasso, grosso, calorico e colorato muffin che avete a disposizione. Per lei” aggiunse infine indicandomi. La ragazza delle ordinazioni sembrava molto confusa e continuava a fissarlo, probabilmente stava cercando di capire dove avesse già visto quel ragazzo, perciò decisi di ironizzare sulla cosa quando lei andò via.

“Hai fatto colpo, eh?” balbettai sorridendo.

“Probabilmente sta solo cercando di capire dov’è che può avermi visto. Te l’ho detto, non mi si fila nessuno. In genere sono poche le persone che mi fermano per strada, oltretutto è sabato mattina presto, anche i paparazzi hanno una vita… spero!”
Le nostre ordinazioni arrivarono. Il muffin era coperto da glassa verde ed era davvero enorme.

“Di solito è Chris a catalizzare l’attenzione su di se” disse Guy proseguendo il discorso di prima.

“E ti dispiace? Cioè, ti dispiace che l’attenzione sia solo su di lui?” dissi zuccherando il mio tè.

“No, assolutamente. Mi trovo in una posizione abbastanza buona, cioè faccio parte di una delle migliori band del mondo – modestamente – e al contempo riesco anche a mantenere un certo anonimato. Chris, poi… lui catalizza tutto su di se perché non vuole appesantirci anche con queste cose. Adora essere sotto pressione, è abituato e quando è in questa situazione dà il meglio di sé cosa che il resto della band non riesce a fare.”
Lo osservai mentre zuccherava il suo cappuccino mentre io restavo zitta ad ascoltarlo.

“Come vedi, non tutti mi riconoscono” sussurrò mentre altra gente ci passava accanto “e ti ringrazio per aver scelto un tavolo così nascosto dagli altri.”
Solo allora mi accorsi che avevamo un separé attorno.

“Sinceramente non l’ho scelto di proposito, avevo totalmente dimenticato di essere in compagnia del bassista dei Coldplay” sussurrai in risposta.

“Perché sussurriamo come due ladri?” disse sorridendo. Scoppiai a ridere come una stupida. Era piacevole stare in sua compagnia, tutto sommato, ed era molto interessante. Nell’arco di poco tempo la nostra discussione toccò vari argomenti: musica, letteratura, tecnologia e anche la comune passione del viaggiare. Dopo di che rimanemmo un attimo in silenzio. Ognuno guardava la sua tazza senza dire niente. Ma non era un silenzio imbarazzante, anzi, era un silenzio dolce, riflessivo in cui ognuno era racchiuso in sé stesso. Poi fu lui a rompere il ghiaccio.

“Oh, a proposito, stavo per dimenticarlo” disse come se si fosse svegliato da un sonno profondo “martedì è il compleanno di Ava, la prima figlia di Will e Marianne, e volevo chiederti se ti andasse di venire alla festa che le hanno organizzato. Non è niente di che, ecco, ha organizzato tutto Gwyneth e perciò il tutto si svolgerà nella loro casa nelle zone di Belsize Park.”
Rimasi senza parole, non sapevo che dire: un quasi perfetto sconosciuto stava davvero invitandomi alla festa di compleanno di una bambina a casa di due star famosissime? Probabilmente avevo sul volto un’espressione da ebete totale, perché lui mi toccò lievemente la mano che stringeva la tazza.

“Ehi, stai bene? Non ti ho mica chiesto di fare una rapina” disse in tono triste “ecco perché sussurravamo prima…”

“No no, è solo che, beh, non capita tutti i giorni un invito del genere e… e non so cosa dirti! Non saprei come comportarmi, cosa indossare, cosa… cosa…”
Mi afflosciai sulla sedia senza parole. Guy rimescolò ancora una volta il suo cappuccino come se stesse ripescando le parole.
“Beh, capisco che tu sia un po’ spaventata della cosa dato che alla fine nemmeno ci conosciamo ma vorrei che tu capissi che prima di essere quello che siamo, eravamo banali studenti senza una vita sociale. Ecco e lo siamo ancora, nel senso, al di fuori del palco siamo persone normalissime” disse scegliendo con cura le parole “e per quanto riguarda il ‘oddio, cosa mi metto?’, beh, guardati, sei perfetta con un jeans e una maglia e non hai bisogno di altro.”
Mentre diceva queste cose mi guardava in viso e io, terribilmente imbarazzata, distolsi lo sguardo sul cielo nuvoloso fuori dalla vetrata.

“Mmh, questo silenzio lo prendo per un sì, vero?”  ironizzò visto che continuai a restare in silenzio. Sbuffai e sorrisi.

“Sai che quando ti ci metti sei veramente insopportabile? E va bene, vengo!”
Presi dalla borsa la mia agendina rossa e gli chiesi di segnarmi l’indirizzo e l’orario in modo da potermi regolare con i miei impegni.

“Non c’è bisogno. Su questo non ci sono problemi, passerò a prenderti io personalmente” disse sogghignando “alle ventuno e trenta precise.”

“Sei odioso” aggiunsi imbronciata.
  
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