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Autore: fallapart_    27/03/2012    0 recensioni
Cinque lettere per narrare un rapporto evanescente, sentimenti non ricambiati, un amare e soffrire allo stesso tempo. Un'original molto personale, decisamente ermetica e autobiografica; uno sfogo che reprimevo da troppo tempo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Caro Davíð,
la prima neve di dicembre mi ricorda i nostri ultimi giorni insieme. Non solo perché il profumo che mi s’insedia nelle narici e mi riempie il petto d’aria gelida è lo stesso che c’era allora – un rimando malinconico alla pace di quelle ore di té caldo, risate sotto le luci natalizie e respiri che disegnavano forme nell’aria – ma anche perché, proprio come quei giorni, la neve è quell’elemento sereno, pacificatore, piacevolmente piatto, che trascina con sé tutto il silenzio del mondo; è proprio nell’ammirare tutta quella poesia che non posso fare a meno di pensare a tutte le cose che mi impedirà di fare, segregandomi in una fredda prigione con una forza troppo grande per essere contrastata. Se io e te fossimo un poema, la neve sarebbe il principale tópos letterario contenuto nei nostri versi – forse perché i nostri giorni felici hanno avuto tempo un inverno per marcire e rompersi, e tutti i ricordi che ho di te sono coperti di ghiaccio; o forse perché i sentimenti che mi legano a te le somigliano, perché la bufera in sé è durata poco, una scossa nel fiume di monotonia che scorreva imperterrito nella valle della mia esistenza, ma una volta posatasi sul terreno spoglio, la neve ha impiegato mesi e mesi a sciogliersi, anzi, non se n’è mai andata del tutto.
Oggi, come allora, l’ho guardata seduta accanto al camino acceso, incartando pacchetti per le persone più care – come sempre, mi illudo che lasciando qualcosa di materiale alle persone, queste non si dimentichino di me – e non ho potuto fare a meno di pensare a quanto sarebbe semplice se la Natura stessa mi seppellisse, cancellando con un processo perfettamente necessario il mio corpo e i rimorsi che si porta dentro.
È passato un anno da quando ho tradito i miei desideri più profondi e segreti, rivelandoteli nell’illusione che per te potessero essere importanti. Nevicava anche quel giorno, il giorno in cui una crepa ha solcato il terreno ai nostri piedi, lasciando il vuoto a dividerci in eterno. Non so quanto serva cercare di colmare quella spaccatura invalicabile con le parole, con questi fogli di carta che di tuo hanno solo l’indirizzo, perché sono nulle le speranze che tu ne legga anche solo una.
Dietro le tende di cotone scorgo la signora Ármannsdóttir spazzare con insistenza il selciato, sebbene la nevicata sia ancora nel pieno del suo svolgimento, e di fatto i suoi sforzi siano vanificati dall’ostinazione dei fiocchi, che continuano a cadere dove ha appena finito di pulire; quasi si ricompone da sé il mistero della mia disperata insistenza. È comprensibile che tu concentri ogni sforzo nel tentativo di cancellarmi, ma continuerò, per inerzia, a posarmi sulla tua strada – per mesi, per anni, finché la mia lenta, inesorabile caduta non avrà fine.
Tua,
Iðunn
  
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