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Autore: LovelyKim    28/03/2012    6 recensioni
Sette giorni, forse pochi per conoscersi, ma abbastanza per innamorarsi. Temari torna a Konoha dopo molto tempo, godendosi le "ferie forzate" imposte da Gaara, e ritrova un vecchio amico, ormai divenuto uomo. Ed è così che la kunoichi dall'infallibile acutezza e coraggio sorprendente, dovrà vedersela con l'unico nemico che non avrebbe mai pensato di affrontare: l'amore.
Ogni capitolo è introdotto da una citazione tratta da un brano musicale. Scritta per la Black Week dedicata a loro.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Shikamaru/Temari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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As I Lay Me Down - Capitolo 1

 

Arrivo – As I Lay me down


I Wonder why I feel so high
Though I am not above the sorrow
Heavy hearted 
Till you call my name
And it sound like church bells
Or the whistle of a train
on a summer evening
I'll run to meet you
Barefoot barely breathing
As I Lay me down to sleep
Yes I pray
That you will hold me dear
Though I'm far away

I'll whisper your name into the sky
and I will wake up happy.
(As I Lay Me Down - Sophie B. Hawkins)


 

La luce del sole era dorata e accarezzava la terra con timida dolcezza. La rugiada del mattino rispondeva a quel tocco coprendo l’erba e i fiori di diamanti liquidi, e il monologo gentile degli uccelli si alzava dalle chiome degli alberi come un simpatico benvenuto. 
Era passato molto tempo dall’ultima volta che era tornata a Konoha. Dalla sua memoria, molte cose si riproponevano energiche: l’odore fresco della foresta lussureggiante, il chiacchiericcio allegro dal centro città, il silenzio pensoso negli angoli più riparati della periferia; e l’aria, soprattutto, che sembrava frizzare ad ogni respiro e lasciava sulle labbra un sapore dolce e salato insieme.
Temari attraversò le grandi porte del Villaggio nascosto, immettendosi nel flusso di viaggiatori provenienti da tutte le terre conosciute. Erano trascorsi quasi tre anni dall’epico scontro con Tobi, l’uomo mascherato, ed ecco che il Villaggio della Foglia rifioriva come se si fosse trattato di secoli. Aveva sempre ammirato la capacità di ripresa di quel popolo: sembrava che nulla potesse far venire meno l’incredibile forza di volontà di quella gente.
Camminò lentamente per le strade affollate e chiassose, facendo lo slalom tra i venditori ambulanti, le bancarelle e i chioschi di ramen e bibite. Il vento che s’insinuava tra i palazzi, sfiorandola e sollevandole appena le vesti, non era freddo né rovente come quello di Suna, ma tiepido e tranquillo. Arrivò al palazzo dell’Hokage dopo mezz’ora di cammino; comunicò il nome e la ragione della visita ad alcuni burocrati presenti, e si accomodò ad aspettare su una panchina. Nemmeno un minuto dopo, un coro di grida ed esclamazioni soffocate le giunse dal piano di sopra. Scambiò un’occhiata veloce con la signorina che l’aveva accolta; l’espressione nei suoi occhi era rassegnata e imbarazzata, e diceva che non era nulla di cui preoccuparsi. Infatti, qualche secondo dopo, un gruppo di funzionari vestiti di tutto punto e visibilmente irritati entrarono, sbattendo la porta con rabbia. Temari li guardò con la coda nell’occhio, chiedendosi che diavolo stesse succedendo.
-I signori hanno finito? – domandò la ragazza da dietro il bancone.
-Finito?! Non abbiamo neanche iniziato! – abbaiò uno. – L’Hokage non c’è! Ma si può lavorare, dico io, in queste condizioni? Non eravamo stati convocati per discutere degli Esami Chunin?! E lui….lui non c’è!? – concluse, sbattendo il pugno sulla scrivania. La povera assistente chinò il capo, mortificata.
-Sono spiacente. Se volete lasciare il vostro numero, io…
Temari si alzò, sbuffando. Avrebbe voluto togliersi quella scocciatura prima possibile, consegnare i documenti e prendersi qualche giorno per visitare Konoha, prima di tornare a casa. Invece, a causa di quell’incredibile sfaticato di Naruto, doveva rimandare i suoi programmi. Percorse il corridoio chiedendosi se non fosse il caso di andare lei stessa ad acciuffare il biondastro per costringerlo ad adempiere ai suoi doveri, quando una figura familiare si staccò dalla parete per venirle incontro.
In principio non lo riconobbe. La pettinatura era la stessa, coi capelli un po’ più lunghi che parevano ciuffi d’ananas, l’andatura trasandata e le mani sprofondate nelle tasche, nell’atteggiamento di chi non ha un solo pensiero al mondo. La kunoichi si fermò a fissarlo, quasi inconsciamente, con il cuore che accelerava un po’ di più mano a mano che riconosceva le fattezze di quel volto.
-Yo. – fu il saluto, laconico, di Shikamaru.
-Nara. – fu la risposta, altrettanto evasiva, ma carica di sorpresa.
-Cosa ci fai qui? Missione diplomatica?
-Qualcosa del genere. Dovevo consegnare delle proposte da parte di Gaara, ma sembra che sia venuta inutilmente. – concluse, un po’ piccata.
L’altro ridacchiò sotto i baffi. – Naruto è un ottimo Hokage. Sa farsi amare dal popolo e, dopo il casino con Sasuke e Tobi, si è dimostrato inaspettatamente saggio. Solo che non è particolarmente tagliato per gli affari burocratici, ecco.
Temari alzò un sopracciglio, dedicandogli una lunga occhiata ironica, senza però commentare. In realtà non stava ascoltando veramente. Qualcosa era cambiato in Shikamaru, lo avvertiva, ma non riusciva ad afferrare il dettaglio. Il modo in cui teneva le spalle dritte mentre fissava il giardino forse, o il sorriso leggermente più sicuro di se’, o le labbra che erano diventate un po’ più piene. Qualcosa ci doveva essere. Accortosi della sua occhiata, anche lui si voltò a guardarla. I loro sguardi si incrociarono per un attimo, e accadde una cosa strana: Temari sentì improvvisamente freddo, poi subito dopo caldo, poi un pizzicore agli occhi, e una sensazione di vuoto allo stomaco. La lingua le si annodò nella bocca inaridita, e non fu in grado di pronunciare neanche una sillaba. Poi il ragazzo tornò a fissare il cielo, e lei si sentì come se le avessero tolto un peso dalle spalle. 
-Ci si vede, allora. – fece, passandogli vicino. Lui annuì. La kunoichi uscì dal palazzo, incontro alla folla energica, con il chiaro sentore si essersi lasciata alle spalle qualcosa di importante

  
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