Eccomi qui! Questa volta, a
ben nonsoquantigiorni dalla mia ultima
fanfiction (ma ormai vi sarete abituati, ci vivo quasi, qui dentro!)
inauguro
una serie di cinque one shot, ognuna incentrata su uno dei cinque
sensi. La
coppia protagonista (indovinerete mai?) è ovviamente
Sherlock/John!
Sperando di non aver fatto (cinque volte) troppo male, vi auguro buona
lettura!
S.
Tatto
tàtto ['tatto]
s.m.
Senso che, mediante il contatto
con la pelle, permette
di riconoscere la forma, la consistenza e le caratteristiche esterne di
oggetti
e persone.
*
Sotto
la luce artificiale della lampadina, la pelle di Sherlock sembrava
quasi
risplendere, come se godesse di un proprio bagliore. Aveva tolto il
cappotto e
sfilato la sciarpa lanciandoli distrattamente sul divano, ma per John
era stato
decisamente meglio così. Meno capi d’abbigliamento
aveva indosso, più Sherlock
Holmes appariva terribilmente attraente all’ormai rassegnato,
innamorato dottor
John Watson.
Adesso il medico era in piedi, appoggiato allo stipite della porta ad
osservare
Sherlock chino sul suo microscopio, con le dita lunghe e affusolate che
regolavano, ingrandivano e mettevano a fuoco con meticolosa dovizia.
Avrebbe
voluto sfiorare il volto di Sherlock, in quel momento.
Lo desiderava spesso, questo era vero, ma il solo pensiero di poterlo
accarezzare durante quei lunghi pomeriggi, sere e notti passate a
vagliare
prove e analizzare indizi, dandogli un piacevole sollievo da quel
lavoro lungo
e stancante, lo faceva sentire…bene.
Sfiorò
con la mente i riccioli scuri, immaginando la consistenza che avrebbero
potuto
avere tra le sue dita; toccò con la mente la linea della sua
mascella, gli
zigomi spigolosi eppure così perfetti, accarezzò
con dolcezza, anche se solo
con lo sguardo, la linea affusolata del collo e del mento. Il suo cuore
prese a
battere veloce come un treno quando immaginò di accarezzare
l’arco perfetto e
buffo delle labbra del detective con le proprie, dolcemente e con
lentezza così
da assaporare ogni piccola sensazione, ogni suo respiro, pelle contro
pelle.
John chiuse gli occhi, distogliendo l’attenzione dal suo
coinquilino più che
poté, anche se con scarsi risultati.
Ripensò
poi, mentalmente, a quante volte Sherlock lo avesse sfiorato, da quando
vivevano nello stesso appartamento e rimase sconvolto e deluso da
quanti pochi
dati la sua mente riuscì a racimolare. C’era stato
qualche contatto fugace, una
pacca sulla spalla, uno sfiorarsi accidentale, sovrappensiero. Ma mai
nulla che
fosse seriamente voluto, premeditato. E fu costretto ad ammettere che
forse,
ancor più che accarezzarlo lui stesso, desiderava
con tutto il cuore che Sherlock
prendesse l’iniziativa. John sospirò. Si
ritrovò a pensare, neppure fosse un
sedicenne alla sua prima cotta, che ricevere anche solo una fugace
carezza da
Sherlock sarebbe riuscito a renderlo felice e euforico come mai nella
vita.
Peccato che con lui, che rifuggiva i contatti umani ed emotivi come
fossero
solo fonti di contagio, era più facile vincere alla Lotteria.
Perso in quella lunga e deprimente riflessione però, quasi
non si accorse che
Sherlock aveva abbandonato il microscopio per spostarsi verso il
salotto,
armeggiando nello scaffale dei libri, probabilmente alla ricerca di uno
dei
suoi testi da consultare per il caso.
John
lo guardò, mettendolo a fuoco pian piano, come se fosse una
malridotta macchina
fotografica anteguerra. Seguì ogni suo movimento, rapito dal
modo dolce e
decisamente comico con cui si mordeva le labbra alla ricerca del libro.
“John, hai visto ‘Chimica Applicata’ da
qualche parte?” domandò poi senza
guardarlo, ancora assorto nella ricerca. John sussultò, come
risvegliatosi da
una sorta di trance.
Si guardò intorno e individuò il tomo di cui
parlava Sherlock, che lui aveva
provvisoriamente sistemato come fermaporta all’ingresso, date
le dimensioni.
Quando
lo porse al detective, questi sbuffò, osservando il viso del
medico e il libro.
“Tanto lavoro, tanta ricerca, tanta dedizione da parte di
qualcuno, per poi finire
come fermaporta. Pazzesco” affermò, ma John vide
una nota di divertimento sul suo
volto. Prese il libro dalle mani di John e fece per tornare al suo
lavoro. Poi
però si bloccò, come colpito da qualcosa che lo
aveva costretto a fermarsi. E
quel qualcosa, John lo notò con un certo spavento,
riguardava sé stesso.
Era
come quando si cammina per la strada, guardando distrattamente le
vetrine e
all’improvviso si scorge qualcosa d’interessante.
John si sentiva esattamente
come un manichino in una vetrina, contemplato da un molto interessato
passante.
Sherlock
lo stava scrutando in viso, come se stesse cercando di leggervi
qualcosa,
qualcosa che John non riusciva a comprendere. Sherlock piegò
la testa come per
osservarlo da diverse angolazioni e poi annuì, con una certa
soddisfazione.
Allungò una mano verso John e lentamente, con una grazia che
il medico non si
sarebbe mai aspettato, passò le dita tra i suoi capelli,
accarezzandoli e
scompigliandoli a piena mano, con attenzione, e scendendo poi piano
verso la
guancia, che accarezzò con dolcezza, una dolcezza che
mandò letteralmente su di
giri il già decisamente provato John.
Sherlock
era come rapito, dal suo stesso gesto. John si sorresse allo stipite,
senza
parole.
“Hai
tagliato un po’ i capelli, vedo. Stai…molto
bene” disse il detective,
zittendosi subito dopo, come se si fosse reso conto
all’improvviso di ciò che
aveva detto. Per una frazione di secondo al medico sembrò
arrossire addirittura,
ma John non era sicuro di poter far affidamento sui propri sensi, in
quel
momento. Sherlock gli aveva fatto un complimento. Sherlock Holmes
l’aveva toccato,
sfiorato, accarezzato, quasi. E non era drogato, ubriaco o
quant’altro.
Sherlock lo aveva toccato nel pieno possesso delle sue
capacità fisiche e
mentali.
“G-Grazie”
John boccheggiò, rosso in viso come una specie di semaforo
impazzito
perennemente fermo sullo stop. Sherlock distolse lo sguardo e
tornò velocemente
al suo microscopio, affondando lo sguardo nel suo libro, come se
puntare
nuovamente gli occhi su John gli avesse fatto rischiare
l’autocombustione.
Vivere con Sherlock era una continuo turbinio di sorprese,
pericolose la maggior parte delle volte ma anche estremamente
piacevoli e singolari come quella di poco prima.
John rise, incredulo, sollevato, eccitato.
E
soprattutto, al diavolo tutto, veramente
felice come un ragazzino.