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Autore: Ikumi91    28/03/2012    4 recensioni
[Remake della fanfiction "Obscure"]
Due anni sono passati dalla morte del dio Hades, ormai la pace regnava sulla Terra.
Almeno così sembrerebbe...
Un nemico ormai dimenticato da tempo reclamerà vendetta.
I Saint di Athena riusciranno a far ritornare la pace sul loro amato pianeta?
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quella mattina Saori si era svegliata in maniera abbastanza tranquilla, come ormai accadeva da molti mesi d’altronde, ed aveva deciso di farsi portare la colazione a letto con  quotidiano annesso, giusto per tenersi informata su quello che accadeva nel mondo.
Quando le era arrivato il vassoio con sopra il cibo aveva dato un leggero sguardo all’orologio che segnavano le 9:42 del mattino, dopo di che iniziò a mangiare. Mente si gustava il pasto aprì il giornale e sfogliandolo arrivò ad una notizia che riguardante l’Iraq; non era la prima volta che si riportavano notizie riguardo quel paese nell’ultimo periodo. Infatti vi erano stati dei lievi terremoti nelle vicinanze della capitale e non solo, pareva che il tasso degli incidenti e delle morti fossero aumentati, c’era chi che credeva che fosse terrorismo, altri l’inquinamento. 
Saori invece non credeva a nessuna delle due ipotesi; era già da qualche tempo che sentiva una sorta di campanellino d’allarme nella sua testa quando leggeva notizie riguardanti a quel paese arabo, ma non sapeva come interpretare quella sua sensazione. Pensava che era meglio non ignorare e magari fare qualcosa al riguardo, se poi si fosse trattato di un buco nell’acqua pazienza, almeno si sarebbe tolta ogni dubbio al riguardo. Più tardi avrebbe chiamato Tatsumi e gli avrebbe ordinato di fare qualche ricerca approfondita riguardante l’Iraq.
Qualche ora prima…
“Tesoro tutto bene, non è che hai la febbre?” Chiese Ingrid preoccupata per il suo unico figlio. Era da quando era andato a svegliarlo che lo vedeva sempre teso, con un colorito molto pallido e tremante. E la cosa strana era di averlo trovato già pronto per uscire; era seduto sul letto che fissava il vuoto davanti a sé. Cosa mai successa se non quando da bambino gli avevano promesso che il giorno successivo sarebbero andati al Luna Park per un’intera giornata.
“…” Edgard stava fissando la tazza contenente il suo tè ormai diventato tiepido.
“Tesoro?” Gli domando ancora una volta, appoggiandogli una mano su una spalla.
“AH!” Sussultò spaventato nel sentire la mano di sua madre. E si sentì come svegliato dopo un lungo stato di coma, o almeno così sembrava a lui.
“Tu non stai bene… Ora vado a prendere il termometro così vediamo quanto hai di febbre.” Disse inarcando una sopracciglia, e si avviò verso il bagno.
“NO! Sto benissimo, lo giuro!” Si alzò di scatto. “Ora vado a scuola, sìsì!” Si diresse si corsa verso l’uscita dove aveva appoggiato lo zaino e la giacca.
No, questo era veramente strano. Fin dai tempi dell’asilo Edgard aveva sempre odiato qual si voglia di tipo di edificio educativo, e vederlo che aveva fretta per andarci la faceva preoccupare. “Edgard!” E sentì sbattere la porta di casa; suo figlio era uscito. Tirò un sospiro preoccupato e si sedette su una delle sedie della cucina. E non aveva neanche toccato la colazione… 
Edgard non aveva badato a nessuno mentre camminava a passo spedito per la strada, ad un certo punto aveva pure rischiato di essere investito da un motorino da quanto era concentrato sui suoi pensieri. Era rimasto letteralmente shockato dall’incontro; era stato proprio un deficiente per accettare una cosa del genere,  perché sempre a lui dovevano capitare le peggiori sfighe? Ora non sapeva proprio che fare e di certo in quel momento non aveva la minima idea di come sciogliere un patto simile, e dubitava fortemente che nella biblioteca comunale esistessero libri sui patti con i demoni. E non conosceva nessuno in grado di porre fine ad un contratto del genere. E pensare che non credeva a queste cose, beh almeno aveva capito da dove provenivano quei sogni strani e visioni, era lui che lo stava contattando.
Ora la cosa migliore da fare era stare il più lontano possibile da casa poiché non aveva nessunissima intenzione di stare un minuto di più in quel posto, dato che ci stava quel coso in camera sua… Sperava almeno che non facesse del male alla sua famiglia. 
E non riusciva a togliersi quel tremore che teneva nel corpo… Aveva troppa paura e scappare non gli sembrava una soluzione, perché Quello l’avrebbe trovato subito. Oltre a quei pensieri non riusciva a formulare altro. E non poteva dirlo a nessuno. Si malediceva per la sua stupidità...
 La cosa più assurda per lui era che da moccioso poteva vederle quelle cose e pure parlarci, come cavolo aveva fatto a dimenticarsi di una cosa così importante e strana, perché per il momento tutto gli sembrava così strano e bizzarro; gli pareva di stare in un film dell’horror.  Almeno non come ‘L’Esorcista’, per ora almeno…
Finalmente era arrivato a scuola e non gli pareva vero di essere così felice di andarci, stava proprio male…
Da quanto era entrato a scuola si era diretto immediatamente in classe e rimase seduto sul suo banco per tutto il tempo, a guardar fisso la lavagna. Micheal aveva provato a parlarci ma da lui non era uscita nessuna parola, anzi, quando aveva provato a toccarlo si è scostato immediatamente, c’era rimasto veramente male. Ma non solo con lui, pure con altri compagni di classe, tranne con Anna, anche perché lei non era presente quel giorno.
Urgeva fare qualcosa.
Ma cosa? Pensava Micheal.
Durante la precedente ora di lezione, mentre il professore di letteratura aveva predetto che avrebbero fatto il ‘Faust’ Edgard si era alzato di scatto e aveva lanciato un urlo di spavento, l’intera classe era rimasta basita tant’è che il moro aveva chiesto di poter andare in bagno subito dopo quella reazione.
Ora doveva solo scoprire che aveva, ma prima doveva capire come riuscire a parlarci, sennò non avrebbe cavato un ragno dal buco.
Tanto valeva riprovarci.
“Ehy Ed!” Si avvicinò a lui con aria amichevole. Ma non ricevette nessuna risposta. Ritentò:“Yu-uuh! Terra chiama Edgard Steiner! Prontooo!” Si mise davanti a lui e si avvicinò al ragazzo, alla fine gli toccò una spalla. “Qui campo base  Micheal Heinrich richiede informazioni!”
“Non mi toccare.” Scrollò la spalla innervosito.
“… Scusa…” Indietreggiò di qualche passo e corrugò la fronte. “Beh, almeno sono riuscito a farti parlare!” Sdrammatizzò. “Comunque che hai? Sembri così teso… Problemi in famiglia per caso?”
“Non sono affari che ti riguardano.” Lo guardò torvo. “Ora mi lasceresti stare, per una buona volta nella mia vita?”
“…” Era rimasto basito da quella risposta, non sapeva che dire tranne un “Ok” uscì dalla sua bocca e si allontanò, ritornando nel suo banco. Pensare che con lui non si era mai rivolto con quel tono, doveva essergli successo qualcosa di realmente molto grave da farlo comportare in quel modo, perché sinceramente non riusciva a capire cosa avesse mai fatto lui, era sempre stato un buon amico… o almeno lo sperava.
Era una giornata particolarmente calda, pensò un povero guidatore mentre con la sua macchina si stava dirigendo verso il suo luogo di lavoro. Anche se caldi lo erano stati pure i precedenti giorni, non solo nella sua città; persino nelle zone circostanti, per non parlare pure di quelle morti improvvise… Chissà cosa stava succedendo al paese; forse era meglio non pensarci mentre guidava o avrebbe rischiato di distrarsi e non aveva per niente voglia di finire in ospedale, poi oggi avrebbe tenuto una riunione molto importante con dei clienti che, se la cosa andava in porto, avrebbe portato molti vantaggi.
Per far prima decise di prendere una strada secondaria meno trafficata; non voleva di certo arrivare in ritardo e poi con quella calura rischiava di morire arrostito dentro la macchina. 
Finalmente presa una scorciatoia in una vecchia strada, che per via della strada stretta vi era almeno un po’ d’ombra e mentre avanzava, sebbene un po’ lentamente dovette fermarsi di colpo tutto da un tratto.
Il motivo era che un uomo gli si presentò davanti all’improvviso e prontamente frenò la macchina, mancandolo solo per pochi centimetri. Costui lo guardò per un attimo con occhi terrorizzati e continuò a correre come un forsennato, manco lo stessero inseguendo, perché da quel che aveva potuto vedere non c’era nessuno alle sue calcagna. O almeno così gli era sembrato; perciò continuò per la sua strada fino a che non sentì un urlo disumano che gli fece letteralmente gelare il sangue. 
Frenò la macchina un’altra volta.
Con un po’ di titubanza uscì dall’abitacolo, se fosse stato più menefreghista avrebbe continuato per la sua strada, ma il suo sesto senso gli diceva che doveva fermarsi. Perciò appena chiuso lo sportello della sua macchina si diresse non poco lontano da dove aveva sentito quell’urlo, in un piccolo vicolo cieco (e sporco) tra l’altro.  “C’è qualcuno?” Chiese, mentre si guardava intorno. Continuò ad avanzare fino a quando non trovò un’ombra nera in un angolino. Per prima cosa pensò che fosse una qualche tipo di ombra di un oggetto, ma la forma non rappresentava nulla di quello che vi era presente, e non poco lontano c’era il corpo esamine, o meglio fatto a pezzi dell’uomo che aveva incrociato qualche minuto fa e gli venne il voltastomaco. Con una mano si coprì la bocca per contenere il conato di vomito ed andò a rimettere vicino ad un cassonetto. 
Per i primi secondi non riuscì a formulare nulla d’intelligente, se non che l’unica cosa da fare era quella di andarsene via come se non fosse successo nulla, tanto nessuno l’aveva visto e se nessuno aveva sentito quell’urlo significava che aveva una buona chance di farla franca, manco fosse stato lui l’assassino… In effetti chi è che avrebbe potuto fare una cosa del genere, magari era lui la causa di quelle morti. Sì, doveva essere così, pensò. Senza aspettare un secondo corse velocemente verso la macchina, ma malauguratamente inciampò sulle sue stesse scarpe e cadde a terra. Ci mancava solo questa. Si rialzò in fretta e furia ritornò nella sua macchina, poiché era preso dall’agitazione non riuscì ad accendere il motore siccome non riusciva a far entrare le chiavi dentro la fessura, dopo una decina di tentativi vi riuscì.
Un sospirò di sollievo fuori uscì dalla bocca dell’uomo.  Con la poca calma che gli restava accese il la macchina e partì velocemente solo che davanti a lui gli apparve quella strana ombra che vi era in quel vicolo e dal terrore svoltò con la macchina, andando a sbattere contro un muro. Fortuna che non si era fatto nulla e aprì la portiera lentamente, quando uscì non c’era più quella strana cosa. In un certo senso si tranquillizzò, ma non del tutto, poi con la macchina sfasciata e con tutto il ritardo che aveva accumulato sicuramente la riunione stava già iniziando e ci avrebbe rimesso la carriera. L’unica cosa da fare in quel momento era quello di trovare un telefono e chiamare un meccanico e poi un taxi.
Con una mano si scompigliò i capelli. Gli unici dolori che si sentiva era un leggero fastidio al collo, ma forse non era nulla di grave, fortuna che aveva messo la cintura di sicurezza appena si era seduto. Doveva ammettere che era partita abbastanza male come mattinata, molto velocemente cercò di uscire dalla via ed inciampò nuovamente… Solo che questa volta non riuscì ad alzarsi, era come se avesse le gambe bloccate, così girò lievemente la testa indietro per saperne il perché e rimase incredulo, perché sopra di lui non vide nulla; eppure pareva che qualcosa fosse addosso a lui. 
Ci provò svariate volte ma senza alcun risultato, provò a chiamare qualcuno ma non ricevette nessuna risposta, dubitava fortemente che con la batosta ricevuta prima e quel dolorino al collo fosse la causa,  provò nuovamente a chiamare qualcuno, ma davanti a lui apparve nuovamente quella strana ombra incontrata poco prima. 
Sobbalzò.
“Non avere timore di me, uomo…” Disse con voce calma ed allo stesso tempo cupa. “Giacché l’altro tuo simile non è riuscito a contenermi e sopportare il mio spirito, tu ne sarai in grado?” L’altro  non capiva il significato di quelle parole e non rispose. “ Proviamo, che ne dici?” E così dicendo si andò a depositare per poi scomparire dentro il corpo dell’uomo. Quest’ultimo, non riuscendo a sopportare la presenza, cominciò ad urlare per qualche minuto, fino a smettere all’improvviso. Per qualche secondo rimase immobile come un cadavere, poi con la voce mischiata a quello dell’uomo pronunciò: “ Finalmente sono riuscito a trovare un corpo adatto a me, ed ormai non dovrebbe mancare molto al risveglio della nostra signora.” Si rialzò. “Molto bene. E’ tempo che raggiunga gli altri.” 
E scomparve. Quando arrivò la polizia trovarono solo una macchina distrutta dalla parte del cofano e a pochi metri  di distanza un corpo martoriato, probabilmente il proprietario della macchina. Anche se la verità era tutt’altra. 
Grecia, Grande Tempio. 
Seika insieme a Shun e Seiya camminavano per le grandi stanze della Tredicesima casa mentre quest’ultimo le faceva da guida turistica, non che non ci fosse mai stata; ora che aveva deciso di stabilirvisi era giusto che dovesse conoscere ogni millimetro dell’edificio, o almeno così la pensava Seiya e ovviamente non mancavano di certo le sue uscite con qualche sua battuta su qualcosa. Doveva dire che Seika era stata parecchio indecisa ultimamente, però alla fine si era detta di sì, poi se non si sarebbe trovata bene avrebbe fatto ritorno nella sua vecchia casa, a  Rodorio. Magari sarebbe riuscita a riportare suo fratello in Giappone. 
Dovette ammettere che il palazzo era veramente immenso, più di quanto si aspettasse. Erano quasi arrivati ad un grosso salone che riconobbe subito, ossia quello delle udienze e dove si solito vi risiedevano il Gran Sacerdote oppure la Dea Athena. Solo che in quel momento era vuoto. 
“Milady non c’è a quanto pare.” Constatò Shun, guardando il trono di marmo vuoto. “Probabilmente è impegnata.” Continuò a dire.
“Già, ma siamo sicuri che la Kido sia d’accordo della mia permanenza?” Non era la prima volta che lo domandava, più che altro non riusciva ancora a crederci.
“Ovvio che sì! Anzi è stata molto felice di accettare!” Ripose prontamente il Saint di Pegasus. “Direi che il giro turistico sia finito, questa era l’ultima tappa! Allora che ne pensi, sorella?” Appoggiò le mani sui fianchi.
“Beh… Devo ammettere che è proprio un bel posto, molto adatto ad una Dea.” Disse.
Rimasero dentro la stanza per almeno un quarto d’ora continuando a parlare del più e del meno, poi entrò Saori insieme a Tatsumi, un po’ sorpresa nel vederli: “Ragazzi, che piacere vedervi; soprattutto te Seika, sono felice che tu abbia deciso di trasferirti qui, Seiya non ne vedeva l’ora.” Sorrise, mentre Seiya si grattò la punta del naso, poi si rivolse all’uomo vicino a lei: “Allora farai così Tatsumi, appena hai qualche notizia avvisami!”
“Certo signorina.” Tatsumi si inchinò ed uscì dalla stanza.
“Cosa sta succedendo mia Signora?” Chiese genuinamente Shun, incuriosito dalle parole della Dea.
“Nulla, voglio solo accertarmi di alcune cose.” Rispose gentilente al ragazzo dai capelli verdi; per il momento era meglio non dire nulla, per non causare preoccupazioni magari inesistenti in caso non vi fosse niente, se invece vi era qualcosa, solo in quella situazione avrebbe riferito agli altri. Cambiò argomento: “Dimmi Seika, hai già visto la tua stanza, la trovi di tuo gradimento?”
“Sì, è molto bella.” Ed era pure spaziosa, al dire il vero. Sicuramente con i suoi oggetti ne avrebbe riempito a malapena la metà.
“Sono contenta che ti piaccia, se hai problemi non esitare a riferirmeli.”
In qualche stanza più indietro una donna sui venticinque anni stava per commettere un danno irreparabile, ossia quello di rompere un vaso molto antico in perfette condizioni che però riuscì a prendere in tempo, con un sospiro di sollievo lo rimise al suo posto, solo che poco dopo fu ripresa dalla governante, una donna sulla cinquantina che faceva di nome Clio.
“Disgraziata! Guarda cosa stavi per combinare!” Le urlò dietro e con una mano le prese l’orecchio, facendo male alla povera donna.
“Mi scusi… è stato un momento di distrazione; non accadrà più!” Piagnucolò.
“Se fosse stata la prima volta ti avrei perdonato, ma questa è la settima volta che capita in una sola giornata, per non parlare degli altri giorni! Mi domando come abbia potuto prenderti in servizio qui al Grande Tempio…” Tolse la mano dall’orecchio della giovane, che ancora dolorante, si massaggiò l’orecchio. “E ora va vai da un’altra parte e vedi di non combinare guai!”
“Sì signora!” Prese a terra un panno per spolverare. Cambiò immediatamente stanza per la precisione quella adiacente alla Sala delle Udienze, sentendo delle voci si avvicinò maggiormente ed aprì lievemente alla porta, giusto per colmare la sua curiosità e vide la Dea Athena in compagnia di due Saint e una ragazza mai vista prima. Fece un passo più avanti, giusto per capire chi fosse, solo che venne nuovamente rimproverata da Clio.
“Ma cosa devo fare con te?” La sgridò. 
“Mmh.. sono veramente insopportabili ‘sti Ateniesi!” Disse a bassa voce.
“Cosa hai detto?”
“NIENTE!” Si girò di scatto, solo che appoggiando tutto il suo peso fece aprire buona parte della porta, facendola cadere all’indietro, creando un piccolo tonfo che interferì nel piccolo gruppo fino ad interrompere le chiacchere.
“Che sta succedendo?” Disse Saori preoccupata.
Clio: “ Mi scusi per averla interrotta mia Dea.” S’inchinò lievemente. “Ma questo impiastro ne combina sempre di tutti i colori”
La dea osservò per qualche attimo la donna che si stava lentamente alzando dal pavimento, poi si rivolte a quella più anziana: “Non si preoccupi, sono cose che possono succedere, dopotutto.”
Verso sera, in una piccola casetta non poco distante da Rodorio, nella zona della soffitta un trio era seduto intorno ad una piccola candela, in modo da far luce all’ambiente scuro. Uno dei due uomini portava dei capelli neri e mossi, ed era più tosto pallido e mingherlino all’apparenza, l’altro uomo invece era quasi l’opposto: carnagione abbronzata, muscoloso e con dei capelli biondi raccolti da una coda alta e portava una barba e dai lineamenti duri. La donna invece aveva i capelli ricci e castani.
Iniziò a parlare il tizio dai capelli biondi: “Allora Nives che ci racconti?” Chiese serio.
La donna interpellata spostò una sua ciocca di capelli dietro le spalle ed iniziò a dire: “ Da quanto ho potuto osservare Athena non è quasi mai da sola; c’è quasi sempre qualcuno con lei. In particolar modo quel Saint di Pegasus. Per ora non sospetta nulla di quello che sta accadendo alla Terra e di Gold Saint ne è presente soltanto uno, ossia quello di Gemini. Da quel ho sentito in giro è un ex traditore, ed era gemello dell’ultimo Gran Sacerdote, anch’esso un traditore… O almeno così ho capito…” Si grattò una guancia, non molto convinta delle  parole appena dette. “Poi… Poi… Sì! Bisognerebbe stare attenti a cinque Bronze  Saint, dicono che abbiamo raggiunto l’ottavo senso e che abbiamo sconfitto non solo Poseidone, ma persino Hades!” Pronunciò le ultime frasi preoccupata.
“Quindi è rimasto solo un Gold Saint, significa che quella guerra contro Hades ha portato a molte perdite importanti” Disse asettico l’uomo pallido.
“… Più che altro alcuni erano giù morti prima….” Gli disse.
“Contro Poseidone?” Domandò il biondo
Nives scrollò la testa. “No, alcuni sono morti contro i Bronze che ho citato prima…” Il biondo la guardò con occhi confusi, così la donna continuò a parlare: “Beh, purtroppo essendo da loro da poco più di una settimana non sono riuscita a ricavare molto, ma… Vi ricordate del Gran Sacerdote traditore? Ecco… Da quel che so si scontrò contro la Dea stessa e dalla sua parte aveva praticamente tutto il Santuario, così Athena avendo solo dalla sua parte questi bronzini hanno fatto la scalata delle Dodici case e alcuni, se non la metà, perirono.” Terminò con un sospiro.
Il moro rimase in silenzio ed iniziò a pensare: se questi cinque Cavalieri erano così forti bisognava stare attenti, ma poiché gli era stato ordinato di indebolire le difese del Grande Tempio non bastava di certo uccidere qualche soldato di poco valore, perciò aveva pensato che creare un po’ di disordini all’interno sarebbe stata una buona idea. Poi con questa notizia le cose si facevano più interessanti del previsto e più facili poiché i fiori all’occhiello del Santuario erano praticamente tutti morti, indi metà del lavoro era già stato svolto. “ Quindi per ora non hanno scoperto nulla, nessun sospetto, neanche su di te?”
“No… Però oggi sono riuscita ad avvicinarmi ad Athena, più o meno… Se non fosse stato per quella vecchia antipatica forse sarei riuscita a ricavare anche qualche notizia in più, forse. Comunque dobbiamo ringraziare quelli se non ci hanno ancora scoperto!” Si toccò un piccolo braccialetto che portava al polso sinistro. “ Meno male che abbiamo questi.”
“Ma non basta, poi tu che lavori proprio da lei devi essere la più cauta; un solo errore e ci potrebbero scoprire, tu ti faresti scoprire.” Parlò il biondo.
“Lo so Ignis, lo so… Non ti preoccupare per me!”
“Non sto dicendo questo. E’ solo che rivorrei una vita normale e loro ce ne hanno promesso una, se tutto andrà come vogliono.” La donna ci rimase un po’ male, ma non lo diede a vedere. 
“Per una volta tanto ha ragione lui, devi stare attenta. Comunque stanotte inizieremo col piano.”
Ormai era notte fonda e quasi tutti dormivano al Santuario, se non qualche guardia che faceva la ronda notturna; non viera quasi nessun tipo di rumore nei paraggi, a parte quello del vento tra le foglie degli alberi. 
Era riuscita ad entrare di soppiatto nella Terza Casa, ossia quella dei Gemelli e come si aspettava era completamente buia e silenziosa, ora doveva solo capire da che parte erano le stanze private del Gold Saint. Purtroppo non riusciva a percepire bene il cosmo del custode, perciò ci mise qualche minuto in più, però appena entrata in stanza lo trovò a dormire sul suo letto. In apparenza sembrava caduto in un sonno profondo; meglio per lei, meno problemi. 
Così con la sua coda iniziò ad avvolgerlo lentamente, sembrava tutto per perfetto, se non fosse che Kanon si svegliò di soprassalto sentendo il tocco freddo della creatura e riuscì a liberarsi in tempo dalla morsa.
Il Gold Saint saltò dal suo letto in modo da distanziarsi e rimase stupito da quello vide, non avrebbe mai creduto di poter osservare nella sua vita una cosa del genere: una Lamia. 
Non riuscì ad formulare altro che la creatura partì all’attacco, avventandosi su di lui con l’inconveniente di prendersi un pugno in pieno muso, così da portare il Gold in vantaggio. Doveva fare molta attenzione ai movimenti poiché la stanza non era poi molto spaziosa e la Lamia era abbastanza grande da occuparne la metà per via della coda. 
“Il mio naso, maledetto!” Si toccò il naso grondante di sangue. “La pagherai!”
Kanon senza aspettare altro espanse il suo cosmo e lanciò un nuovo attacco che la creatura riuscì ad evitare grazie alla sua agilità, solo che il colpo andò a bucare una parete della camera. Se in quel momento avesse fatto meno problemi avrebbe usato uno dei suoi colpi per neutralizzare il nemico, ma trovandosi in un ambiente non molto spazioso e ristrutturato da poco non gli pareva giusto distruggerlo.
Così iniziò a dire: “Chi sei e chi ti manda?” Domandò un po’ alterato.
“Non sono affari che ti riguardano.” Rispose acida la donna mezzo serpente.
“Invece credo proprio di sì.”
E così continuò il combattimento per almeno una ventina di minuti, portando in svantaggio la creatura e l’unica soluzione che trovò fu quella di fuggire dalla finestra, sebbene fosse chiusa, ma non era un problema. Così con tutta la forza che possedeva in corpo, e prima che Kanon la potesse colpire, balzò contro il vetro della finestra che riuscì a spaccare con facilità e fuggire dal Gold Saint. Il Saint dei Gemelli provò ad inseguirla, solo che sparì in un attimo dalla sua vista e non ne percepiva il suo cosmo. 
L’uomo si girò trovandosi praticamente tutta la stanza distrutta e tra le macerie raccolse i suoi abiti e si vestì in maniera adeguata e partì verso la Tredicesima Casa, sperando che Athena non fosse in pericolo.
Nello stesso istante in Austria, nella camera di Edgard…
Il ragazzo era ormai allo stremo; non riusciva più a sopportare la situazione e a momenti voleva pure piangere, purtroppo però era ormai era troppo tardi. Avrebbe voluto chiedere aiuto a qualcuno, a Micheal magari, lui magari avrebbe trovato una soluzione a tutto… Ora che ci pensava era quasi sempre lui a tirarlo fuori dai guai e gli dispiaceva averlo trattato in quel modo, tutta colpa della sua stupidità. Quanto odiava l’essere che era nella sua stanza, se ne fosse stato capace l’avrebbe mandato via. Alzò lo sguardo e lo vide lì, poco distante da lui che giocava con una delle sue penne.
Ora aveva assunto le sembianze di un uomo alto dai capelli bianchi, stesso valeva per gli occhi. Dall’aspetto sembrava uno che aveva superato i trenta. Il castano sospirò e parlò con aria frustrata.
“Quindi sei sempre accanto a me, giusto? Mi segui ovunque, pure a scuola…”
“Esatto!” Rispose sorridente. “Sai, non voglio di certo perderti di vista, non voglio che tu mi combini delle sciocchezze e poi avendo un patto con me, mi pare anche il minimo. E non fare quella faccia; sei anche abbastanza fortunato.” Ridacchiò. “ Comunque avrei un po’ di fretta, quindi che ne dici se ci affrettiamo?”
“Cosa?”
“Beh… Credi che mi sarei avvicinato a te per nulla?” Posò la penna su un mobiletto poco distante a lui. “Credo che tu l’abbia capito.”
“In verità no…” Era molto confuso e non capiva il senso delle sue parole.
La presenza sospirò divertita. “ Caro mio, tu sei l’unico che tu possa contenere il mio spirito, fai parte di me, come io di te.” Il castano era ancor più confuso di prima. “Lasciamo perdere, non mi va di spiegarti ogni singola cosa.” Ridacchiò nuovamente. “Comunque ora ce ne andremo da qui che mi sono stufato di questo posto!” Ghignò.
Erano le sette del mattino e Micheal si era alzato già da mezz’ora e si stava finendo di prepararsi per andare a scuola, con ancora un asciugamano trai capelli sentì lo squillo di un telefono, un po’ sorpreso andò a rispondere.
“’Ma rispondo io!” così corse verso la cucina e mise la cornetta all’orecchio destro. “Qui casa Wolff… Ah, signora Steiner… N-no… Edgard non è qui, perché? Successo qualcosa?” Chiese  preoccupato, non sarà mica scappato di casa? “Come non c’è in casa? … Si, ok… Non si preoccupi… Certo… Farò avere sue notizie non appena so qualcosa, prego non si figuri, vedrà che si troverà… A presto.” Chiuse la chiamata e mezzo shockato si sedette su una delle sedie della  cucina. Edgard non c’era in casa, un tipo come lui a quell’ora figurarsi se aveva voglia di uscire… O era scappato… o non lo sapeva… Non riusciva a connettere bene in quel momento… Fatto sta che Edgard era scomparso.

Quella mattina Saori si era svegliata in maniera abbastanza tranquilla, come ormai accadeva da molti mesi d’altronde, ed aveva deciso di farsi portare la colazione a letto con  quotidiano annesso, giusto per tenersi informata su quello che accadeva nel mondo.
Quando le era arrivato il vassoio con sopra il cibo aveva dato un leggero sguardo all’orologio che segnavano le 9:42 del mattino, dopo di che iniziò a mangiare. Mente si gustava il pasto aprì il giornale e sfogliandolo arrivò ad una notizia che riguardante l’Iraq; non era la prima volta che si riportavano notizie riguardo quel paese nell’ultimo periodo. Infatti vi erano stati dei lievi terremoti nelle vicinanze della capitale e non solo, pareva che il tasso degli incidenti e delle morti fossero aumentati, c’era chi che credeva che fosse terrorismo, altri l’inquinamento.
Saori invece non credeva a nessuna delle due ipotesi; era già da qualche tempo che sentiva una sorta di campanellino d’allarme nella sua testa quando leggeva notizie riguardanti a quel paese arabo, ma non sapeva come interpretare quella sua sensazione. Pensava che era meglio non ignorare e magari fare qualcosa al riguardo, se poi si fosse trattato di un buco nell’acqua pazienza, almeno si sarebbe tolta ogni dubbio al riguardo. Più tardi avrebbe chiamato Tatsumi e gli avrebbe ordinato di fare qualche ricerca approfondita riguardante l’Iraq. 


Qualche ora prima…

“Tesoro tutto bene, non è che hai la febbre?” Chiese Ingrid preoccupata per il suo unico figlio. Era da quando era andato a svegliarlo che lo vedeva sempre teso, con un colorito molto pallido e tremante. E la cosa strana era di averlo trovato già pronto per uscire; era seduto sul letto che fissava il vuoto davanti a sé. Cosa mai successa se non quando da bambino gli avevano promesso che il giorno successivo sarebbero andati al Luna Park per un’intera giornata.
“…” Edgard stava fissando la tazza contenente il suo tè ormai diventato tiepido.
“Tesoro?” Gli domando ancora una volta, appoggiandogli una mano su una spalla.
“AH!” Sussultò spaventato nel sentire la mano di sua madre. E si sentì come svegliato dopo un lungo stato di coma, o almeno così sembrava a lui.
“Tu non stai bene… Ora vado a prendere il termometro così vediamo quanto hai di febbre.” Disse inarcando una sopracciglia, e si avviò verso il bagno.
“NO! Sto benissimo, lo giuro!” Si alzò di scatto. “Ora vado a scuola, sìsì!” Si diresse si corsa verso l’uscita dove aveva appoggiato lo zaino e la giacca.
No, questo era veramente strano. Fin dai tempi dell’asilo Edgard aveva sempre odiato qual si voglia di tipo di edificio educativo, e vederlo che aveva fretta per andarci la faceva preoccupare. “Edgard!” E sentì sbattere la porta di casa; suo figlio era uscito. Tirò un sospiro preoccupato e si sedette su una delle sedie della cucina. E non aveva neanche toccato la colazione…

Edgard non aveva badato a nessuno mentre camminava a passo spedito per la strada, ad un certo punto aveva pure rischiato di essere investito da un motorino da quanto era concentrato sui suoi pensieri. Era rimasto letteralmente shockato dall’incontro; era stato proprio un deficiente per accettare una cosa del genere,  perché sempre a lui dovevano capitare le peggiori sfighe? Ora non sapeva proprio che fare e di certo in quel momento non aveva la minima idea di come sciogliere un patto simile, e dubitava fortemente che nella biblioteca comunale esistessero libri sui patti con i demoni. E non conosceva nessuno in grado di porre fine ad un contratto del genere. E pensare che non credeva a queste cose, beh almeno aveva capito da dove provenivano quei sogni strani e visioni, era lui che lo stava contattando.
Ora la cosa migliore da fare era stare il più lontano possibile da casa poiché non aveva nessunissima intenzione di stare un minuto di più in quel posto, dato che ci stava quel coso in camera sua… Sperava almeno che non facesse del male alla sua famiglia.
E non riusciva a togliersi quel tremore che teneva nel corpo… Aveva troppa paura e scappare non gli sembrava una soluzione, perché Quello l’avrebbe trovato subito. Oltre a quei pensieri non riusciva a formulare altro. E non poteva dirlo a nessuno. Si malediceva per la sua stupidità...
La cosa più assurda per lui era che da moccioso poteva vederle quelle cose e pure parlarci, come cavolo aveva fatto a dimenticarsi di una cosa così importante e strana, perché per il momento tutto gli sembrava così strano e bizzarro; gli pareva di stare in un film dell’horror.  Almeno non come ‘L’Esorcista’, per ora almeno…
Finalmente era arrivato a scuola e non gli pareva vero di essere così felice di andarci, stava proprio male…

Da quanto era entrato a scuola si era diretto immediatamente in classe e rimase seduto sul suo banco per tutto il tempo, a guardar fisso la lavagna. Micheal aveva provato a parlarci ma da lui non era uscita nessuna parola, anzi, quando aveva provato a toccarlo si è scostato immediatamente, c’era rimasto veramente male. Ma non solo con lui, pure con altri compagni di classe, tranne con Anna, anche perché lei non era presente quel giorno.
Urgeva fare qualcosa.
Ma cosa? Pensava Micheal.
Durante la precedente ora di lezione, mentre il professore di letteratura aveva predetto che avrebbero fatto il ‘Faust’ Edgard si era alzato di scatto e aveva lanciato un urlo di spavento, l’intera classe era rimasta basita tant’è che il moro aveva chiesto di poter andare in bagno subito dopo quella reazione.
Ora doveva solo scoprire che aveva, ma prima doveva capire come riuscire a parlarci, sennò non avrebbe cavato un ragno dal buco.
Tanto valeva riprovarci.

“Ehy Ed!” Si avvicinò a lui con aria amichevole. Ma non ricevette nessuna risposta. Ritentò:“Yu-uuh! Terra chiama Edgard Steiner! Prontooo!” Si mise davanti a lui e si avvicinò al ragazzo, alla fine gli toccò una spalla. “Qui campo base  Micheal Heinrich richiede informazioni!”
“Non mi toccare.” Scrollò la spalla innervosito.
“… Scusa…” Indietreggiò di qualche passo e corrugò la fronte. “Beh, almeno sono riuscito a farti parlare!” Sdrammatizzò. “Comunque che hai? Sembri così teso… Problemi in famiglia per caso?”

“Non sono affari che ti riguardano.” Lo guardò torvo. “Ora mi lasceresti stare, per una buona volta nella mia vita?”
“…” Era rimasto basito da quella risposta, non sapeva che dire tranne un “Ok” uscì dalla sua bocca e si allontanò, ritornando nel suo banco. Pensare che con lui non si era mai rivolto con quel tono, doveva essergli successo qualcosa di realmente molto grave da farlo comportare in quel modo, perché sinceramente non riusciva a capire cosa avesse mai fatto lui, era sempre stato un buon amico… o almeno lo sperava.

 

Era una giornata particolarmente calda, pensò un povero guidatore mentre con la sua macchina si stava dirigendo verso il suo luogo di lavoro. Anche se caldi lo erano stati pure i precedenti giorni, non solo nella sua città; persino nelle zone circostanti, per non parlare pure di quelle morti improvvise… Chissà cosa stava succedendo al paese; forse era meglio non pensarci mentre guidava o avrebbe rischiato di distrarsi e non aveva per niente voglia di finire in ospedale, poi oggi avrebbe tenuto una riunione molto importante con dei clienti che, se la cosa andava in porto, avrebbe portato molti vantaggi.
Per far prima decise di prendere una strada secondaria meno trafficata; non voleva di certo arrivare in ritardo e poi con quella calura rischiava di morire arrostito dentro la macchina.
Finalmente presa una scorciatoia in una vecchia strada, che per via della strada stretta vi era almeno un po’ d’ombra e mentre avanzava, sebbene un po’ lentamente dovette fermarsi di colpo tutto da un tratto.
Il motivo era che un uomo gli si presentò davanti all’improvviso e prontamente frenò la macchina, mancandolo solo per pochi centimetri. Costui lo guardò per un attimo con occhi terrorizzati e continuò a correre come un forsennato, manco lo stessero inseguendo, perché da quel che aveva potuto vedere non c’era nessuno alle sue calcagna. O almeno così gli era sembrato; perciò continuò per la sua strada fino a che non sentì un urlo disumano che gli fece letteralmente gelare il sangue.
Frenò la macchina un’altra volta.
Con un po’ di titubanza uscì dall’abitacolo, se fosse stato più menefreghista avrebbe continuato per la sua strada, ma il suo sesto senso gli diceva che doveva fermarsi.
Perciò appena chiuso lo sportello della sua macchina si diresse non poco lontano da dove aveva sentito quell’urlo, in un piccolo vicolo cieco (e sporco) tra l’altro.  “C’è qualcuno?” Chiese, mentre si guardava intorno. Continuò ad avanzare fino a quando non trovò un’ombra nera in un angolino. Per prima cosa pensò che fosse una qualche tipo di ombra di un oggetto, ma la forma non rappresentava nulla di quello che vi era presente, e non poco lontano c’era il corpo esamine, o meglio fatto a pezzi dell’uomo che aveva incrociato qualche minuto fa e gli venne il voltastomaco. Con una mano si coprì la bocca per contenere il conato di vomito ed andò a rimettere vicino ad un cassonetto.
Per i primi secondi non riuscì a formulare nulla d’intelligente, se non che l’unica cosa da fare era quella di andarsene via come se non fosse successo nulla, tanto nessuno l’aveva visto e se nessuno aveva sentito quell’urlo significava che aveva una buona chance di farla franca, manco fosse stato lui l’assassino… In effetti chi è che avrebbe potuto fare una cosa del genere, magari era lui la causa di quelle morti. Sì, doveva essere così, pensò. Senza aspettare un secondo corse velocemente verso la macchina, ma malauguratamente inciampò sulle sue stesse scarpe e cadde a terra. Ci mancava solo questa. Si rialzò in fretta e furia ritornò nella sua macchina, poiché era preso dall’agitazione non riuscì ad accendere il motore siccome non riusciva a far entrare le chiavi dentro la fessura, dopo una decina di tentativi vi riuscì.
Un sospirò di sollievo fuori uscì dalla bocca dell’uomo.  Con la poca calma che gli restava accese il la macchina e partì velocemente solo che davanti a lui gli apparve quella strana ombra che vi era in quel vicolo e dal terrore svoltò con la macchina, andando a sbattere contro un muro. Fortuna che non si era fatto nulla e aprì la portiera lentamente, quando uscì non c’era più quella strana cosa. In un certo senso si tranquillizzò, ma non del tutto, poi con la macchina sfasciata e con tutto il ritardo che aveva accumulato sicuramente la riunione stava già iniziando e ci avrebbe rimesso la carriera. L’unica cosa da fare in quel momento era quello di trovare un telefono e chiamare un meccanico e poi un taxi.
Con una mano si scompigliò i capelli. Gli unici dolori che si sentiva era un leggero fastidio al collo, ma forse non era nulla di grave, fortuna che aveva messo la cintura di sicurezza appena si era seduto. Doveva ammettere che era partita abbastanza male come mattinata, molto velocemente cercò di uscire dalla via ed inciampò nuovamente… Solo che questa volta non riuscì ad alzarsi, era come se avesse le gambe bloccate, così girò lievemente la testa indietro per saperne il perché e rimase incredulo, perché sopra di lui non vide nulla; eppure pareva che qualcosa fosse addosso a lui.
Ci provò svariate volte ma senza alcun risultato, provò a chiamare qualcuno ma non ricevette nessuna risposta, dubitava fortemente che con la batosta ricevuta prima e quel dolorino al collo fosse la causa,  provò nuovamente a chiamare qualcuno, ma davanti a lui apparve nuovamente quella strana ombra incontrata poco prima.
Sobbalzò.

“Non avere timore di me, uomo…” Disse con voce calma ed allo stesso tempo cupa. “Giacché l’altro tuo simile non è riuscito a contenermi e sopportare il mio spirito, tu ne sarai in grado?” L’altro  non capiva il significato di quelle parole e non rispose. “ Proviamo, che ne dici?” E così dicendo si andò a depositare per poi scomparire dentro il corpo dell’uomo. Quest’ultimo, non riuscendo a sopportare la presenza, cominciò ad urlare per qualche minuto, fino a smettere all’improvviso. Per qualche secondo rimase immobile come un cadavere, poi con la voce mischiata a quello dell’uomo pronunciò: “ Finalmente sono riuscito a trovare un corpo adatto a me, ed ormai non dovrebbe mancare molto al risveglio della nostra signora.” Si rialzò. “Molto bene. E’ tempo che raggiunga gli altri.”

E scomparve. Quando arrivò la polizia trovarono solo una macchina distrutta dalla parte del cofano e a pochi metri  di distanza un corpo martoriato, probabilmente il proprietario della macchina. Anche se la verità era tutt’altra.


Grecia, Grande Tempio.

Seika insieme a Shun e Seiya camminavano per le grandi stanze della Tredicesima casa mentre quest’ultimo le faceva da guida turistica, non che non ci fosse mai stata; ora che aveva deciso di stabilirvisi era giusto che dovesse conoscere ogni millimetro dell’edificio, o almeno così la pensava Seiya e ovviamente non mancavano di certo le sue uscite con qualche sua battuta su qualcosa. Doveva dire che Seika era stata parecchio indecisa ultimamente, però alla fine si era detta di sì, poi se non si sarebbe trovata bene avrebbe fatto ritorno nella sua vecchia casa, a  Rodorio. Magari sarebbe riuscita a riportare suo fratello in Giappone.
Dovette ammettere che il palazzo era veramente immenso, più di quanto si aspettasse. Erano quasi arrivati ad un grosso salone che riconobbe subito, ossia quello delle udienze e dove si solito vi risiedevano il Gran Sacerdote oppure la Dea Athena. Solo che in quel momento era vuoto.

“Milady non c’è a quanto pare.” Constatò Shun, guardando il trono di marmo vuoto. “Probabilmente è impegnata.” Continuò a dire.
“Già, ma siamo sicuri che la Kido sia d’accordo della mia permanenza?” Non era la prima volta che lo domandava, più che altro non riusciva ancora a crederci.“Ovvio che sì! Anzi è stata molto felice di accettare!” Ripose prontamente il Saint di Pegasus. “Direi che il giro turistico sia finito, questa era l’ultima tappa! Allora che ne pensi, sorella?” Appoggiò le mani sui fianchi.
“Beh… Devo ammettere che è proprio un bel posto, molto adatto ad una Dea.” Disse.
Rimasero dentro la stanza per almeno un quarto d’ora continuando a parlare del più e del meno, poi entrò Saori insieme a Tatsumi, un po’ sorpresa nel vederli: “Ragazzi, che piacere vedervi; soprattutto te Seika, sono felice che tu abbia deciso di trasferirti qui, Seiya non ne vedeva l’ora.” Sorrise, mentre Seiya si grattò la punta del naso, poi si rivolse all’uomo vicino a lei: “Allora farai così Tatsumi, appena hai qualche notizia avvisami!”
“Certo signorina.” Tatsumi si inchinò ed uscì dalla stanza.
“Cosa sta succedendo mia Signora?” Chiese genuinamente Shun, incuriosito dalle parole della Dea.
“Nulla, voglio solo accertarmi di alcune cose.” Rispose gentilente al ragazzo dai capelli verdi; per il momento era meglio non dire nulla, per non causare preoccupazioni magari inesistenti in caso non vi fosse niente, se invece vi era qualcosa, solo in quella situazione avrebbe riferito agli altri. Cambiò argomento: “Dimmi Seika, hai già visto la tua stanza, la trovi di tuo gradimento?”
“Sì, è molto bella.” Ed era pure spaziosa, al dire il vero. Sicuramente con i suoi oggetti ne avrebbe riempito a malapena la metà.
“Sono contenta che ti piaccia, se hai problemi non esitare a riferirmeli.”

In qualche stanza più indietro una donna sui venticinque anni stava per commettere un danno irreparabile, ossia quello di rompere un vaso molto antico in perfette condizioni che però riuscì a prendere in tempo, con un sospiro di sollievo lo rimise al suo posto, solo che poco dopo fu ripresa dalla governante, una donna sulla cinquantina che faceva di nome Clio.

“Disgraziata! Guarda cosa stavi per combinare!” Le urlò dietro e con una mano le prese l’orecchio, facendo male alla povera donna.
“Mi scusi… è stato un momento di distrazione; non accadrà più!” Piagnucolò.
“Se fosse stata la prima volta ti avrei perdonato, ma questa è la settima volta che capita in una sola giornata, per non parlare degli altri giorni! Mi domando come abbia potuto prenderti in servizio qui al Grande Tempio…” Tolse la mano dall’orecchio della giovane, che ancora dolorante, si massaggiò l’orecchio. “E ora va vai da un’altra parte e vedi di non combinare guai!”
“Sì signora!” Prese a terra un panno per spolverare. Cambiò immediatamente stanza per la precisione quella adiacente alla Sala delle Udienze, sentendo delle voci si avvicinò maggiormente ed aprì lievemente alla porta, giusto per colmare la sua curiosità e vide la Dea Athena in compagnia di due Saint e una ragazza mai vista prima. Fece un passo più avanti, giusto per capire chi fosse, solo che venne nuovamente rimproverata da Clio.
“Ma cosa devo fare con te?” La sgridò.
“Mmh.. sono veramente insopportabili ‘sti Ateniesi!” Disse a bassa voce.
“Cosa hai detto?”
“NIENTE!” Si girò di scatto, solo che appoggiando tutto il suo peso fece aprire buona parte della porta, facendola cadere all’indietro, creando un piccolo tonfo che interferì nel piccolo gruppo fino ad interrompere le chiacchere.
“Che sta succedendo?” Disse Saori preoccupata.
Clio: “ Mi scusi per averla interrotta mia Dea.” S’inchinò lievemente. “Ma questo impiastro ne combina sempre di tutti i colori”
La dea osservò per qualche attimo la donna che si stava lentamente alzando dal pavimento, poi si rivolte a quella più anziana: “Non si preoccupi, sono cose che possono succedere, dopotutto.”


Verso sera, in una piccola casetta non poco distante da Rodorio, nella zona della soffitta un trio era seduto intorno ad una piccola candela, in modo da far luce all’ambiente scuro. Uno dei due uomini portava dei capelli neri e mossi, ed era più tosto pallido e mingherlino all’apparenza, l’altro uomo invece era quasi l’opposto: carnagione abbronzata, muscoloso e con dei capelli biondi raccolti da una coda alta e portava una barba e dai lineamenti duri. La donna invece aveva i capelli ricci e castani.

Iniziò a parlare il tizio dai capelli biondi: “Allora Nives che ci racconti?” Chiese serio.
La donna interpellata spostò una sua ciocca di capelli dietro le spalle ed iniziò a dire: “ Da quanto ho potuto osservare Athena non è quasi mai da sola; c’è quasi sempre qualcuno con lei. In particolar modo quel Saint di Pegasus. Per ora non sospetta nulla di quello che sta accadendo alla Terra e di Gold Saint ne è presente soltanto uno, ossia quello di Gemini. Da quel ho sentito in giro è un ex traditore, ed era gemello dell’ultimo Gran Sacerdote, anch’esso un traditore… O almeno così ho capito…” Si grattò una guancia, non molto convinta delle  parole appena dette. “Poi… Poi… Sì! Bisognerebbe stare attenti a cinque Bronze  Saint, dicono che abbiamo raggiunto l’ottavo senso e che abbiamo sconfitto non solo Poseidone, ma persino Hades!” Pronunciò le ultime frasi preoccupata.
“Quindi è rimasto solo un Gold Saint, significa che quella guerra contro Hades ha portato a molte perdite importanti” Disse asettico l’uomo pallido.
“… Più che altro alcuni erano giù morti prima….” Gli disse.
“Contro Poseidone?” Domandò il biondo
Nives scrollò la testa. “No, alcuni sono morti contro i Bronze che ho citato prima…” Il biondo la guardò con occhi confusi, così la donna continuò a parlare: “Beh, purtroppo essendo da loro da poco più di una settimana non sono riuscita a ricavare molto, ma… Vi ricordate del Gran Sacerdote traditore? Ecco… Da quel che so si scontrò contro la Dea stessa e dalla sua parte aveva praticamente tutto il Santuario, così Athena avendo solo dalla sua parte questi bronzini hanno fatto la scalata delle Dodici case e alcuni, se non la metà, perirono.” Terminò con un sospiro.
Il moro rimase in silenzio ed iniziò a pensare: se questi cinque Cavalieri erano così forti bisognava stare attenti, ma poiché gli era stato ordinato di indebolire le difese del Grande Tempio non bastava di certo uccidere qualche soldato di poco valore, perciò aveva pensato che creare un po’ di disordini all’interno sarebbe stata una buona idea. Poi con questa notizia le cose si facevano più interessanti del previsto e più facili poiché i fiori all’occhiello del Santuario erano praticamente tutti morti, indi metà del lavoro era già stato svolto. “ Quindi per ora non hanno scoperto nulla, nessun sospetto, neanche su di te?”
“No… Però oggi sono riuscita ad avvicinarmi ad Athena, più o meno… Se non fosse stato per quella vecchia antipatica forse sarei riuscita a ricavare anche qualche notizia in più, forse. Comunque dobbiamo ringraziare quelli se non ci hanno ancora scoperto!” Si toccò un piccolo braccialetto che portava al polso sinistro. “ Meno male che abbiamo questi.”
“Ma non basta, poi tu che lavori proprio da lei devi essere la più cauta; un solo errore e ci potrebbero scoprire, tu ti faresti scoprire.” Parlò il biondo.
“Lo so Ignis, lo so… Non ti preoccupare per me!”
“Non sto dicendo questo. E’ solo che rivorrei una vita normale e loro ce ne hanno promesso una, se tutto andrà come vogliono.” La donna ci rimase un po’ male, ma non lo diede a vedere.
“Per una volta tanto ha ragione lui, devi stare attenta. Comunque stanotte inizieremo col piano.”

Ormai era notte fonda e quasi tutti dormivano al Santuario, se non qualche guardia che faceva la ronda notturna; non viera quasi nessun tipo di rumore nei paraggi, a parte quello del vento tra le foglie degli alberi.
Era riuscita ad entrare di soppiatto nella Terza Casa, ossia quella dei Gemelli e come si aspettava era completamente buia e silenziosa, ora doveva solo capire da che parte erano le stanze private del Gold Saint. Purtroppo non riusciva a percepire bene il cosmo del custode, perciò ci mise qualche minuto in più, però appena entrata in stanza lo trovò a dormire sul suo letto. In apparenza sembrava caduto in un sonno profondo; meglio per lei, meno problemi.
Così con la sua coda iniziò ad avvolgerlo lentamente, sembrava tutto per perfetto, se non fosse che Kanon si svegliò di soprassalto sentendo il tocco freddo della creatura e riuscì a liberarsi in tempo dalla morsa.
Il Gold Saint saltò dal suo letto in modo da distanziarsi e rimase stupito da quello vide, non avrebbe mai creduto di poter osservare nella sua vita una cosa del genere: una Lamia.
Non riuscì ad formulare altro che la creatura partì all’attacco, avventandosi su di lui con l’inconveniente di prendersi un pugno in pieno muso, così da portare il Gold in vantaggio. Doveva fare molta attenzione ai movimenti poiché la stanza non era poi molto spaziosa e la Lamia era abbastanza grande da occuparne la metà per via della coda.

“Il mio naso, maledetto!” Si toccò il naso grondante di sangue. “La pagherai!”

Kanon senza aspettare altro espanse il suo cosmo e lanciò un nuovo attacco che la creatura riuscì ad evitare grazie alla sua agilità, solo che il colpo andò a bucare una parete della camera. Se in quel momento avesse fatto meno problemi avrebbe usato uno dei suoi colpi per neutralizzare il nemico, ma trovandosi in un ambiente non molto spazioso e ristrutturato da poco non gli pareva giusto distruggerlo.

Così iniziò a dire: “Chi sei e chi ti manda?” Domandò un po’ alterato.
“Non sono affari che ti riguardano.” Rispose acida la donna mezzo serpente.
“Invece credo proprio di sì.”

 
E così continuò il combattimento per almeno una ventina di minuti, portando in svantaggio la creatura e l’unica soluzione che trovò fu quella di fuggire dalla finestra, sebbene fosse chiusa, ma non era un problema. Così con tutta la forza che possedeva in corpo, e prima che Kanon la potesse colpire, balzò contro il vetro della finestra che riuscì a spaccare con facilità e fuggire dal Gold Saint. Il Saint dei Gemelli provò ad inseguirla, solo che sparì in un attimo dalla sua vista e non ne percepiva il suo cosmo.
L’uomo si girò trovandosi praticamente tutta la stanza distrutta e tra le macerie raccolse i suoi abiti e si vestì in maniera adeguata e partì verso la Tredicesima Casa, sperando che Athena non fosse in pericolo.


Nello stesso istante in Austria, nella camera di Edgard…
Il ragazzo era ormai allo stremo; non riusciva più a sopportare la situazione e a momenti voleva pure piangere, purtroppo però era ormai era troppo tardi. Avrebbe voluto chiedere aiuto a qualcuno, a Micheal magari, lui magari avrebbe trovato una soluzione a tutto… Ora che ci pensava era quasi sempre lui a tirarlo fuori dai guai e gli dispiaceva averlo trattato in quel modo, tutta colpa della sua stupidità. Quanto odiava l’essere che era nella sua stanza, se ne fosse stato capace l’avrebbe mandato via. Alzò lo sguardo e lo vide lì, poco distante da lui che giocava con una delle sue penne.
Ora aveva assunto le sembianze di un uomo alto dai capelli bianchi, stesso valeva per gli occhi. Dall’aspetto sembrava uno che aveva superato i trenta. Il castano sospirò e parlò con aria frustrata.

“Quindi sei sempre accanto a me, giusto? Mi segui ovunque, pure a scuola…”
“Esatto!” Rispose sorridente. “Sai, non voglio di certo perderti di vista, non voglio che tu mi combini delle sciocchezze e poi avendo un patto con me, mi pare anche il minimo. E non fare quella faccia; sei anche abbastanza fortunato.” Ridacchiò. “ Comunque avrei un po’ di fretta, quindi che ne dici se ci affrettiamo?”
“Cosa?”
“Beh… Credi che mi sarei avvicinato a te per nulla?” Posò la penna su un mobiletto poco distante a lui. “Credo che tu l’abbia capito.”
“In verità no…” Era molto confuso e non capiva il senso delle sue parole.

La presenza sospirò divertita. “ Caro mio, tu sei l’unico che tu possa contenere il mio spirito, fai parte di me, come io di te.” Il castano era ancor più confuso di prima. “Lasciamo perdere, non mi va di spiegarti ogni singola cosa.” Ridacchiò nuovamente. “Comunque ora ce ne andremo da qui che mi sono stufato di questo posto!” Ghignò.

Erano le sette del mattino e Micheal si era alzato già da mezz’ora e si stava finendo di prepararsi per andare a scuola, con ancora un asciugamano trai capelli sentì lo squillo di un telefono, un po’ sorpreso andò a rispondere.

“’Ma rispondo io!” così corse verso la cucina e mise la cornetta all’orecchio destro. “Qui casa Wolff… Ah, signora Steiner… N-no… Edgard non è qui, perché? Successo qualcosa?” Chiese  preoccupato, non sarà mica scappato di casa? “Come non c’è in casa? … Si, ok… Non si preoccupi… Certo… Farò avere sue notizie non appena so qualcosa, prego non si figuri, vedrà che si troverà… A presto.” Chiuse la chiamata e mezzo shockato si sedette su una delle sedie della  cucina. Edgard non c’era in casa, un tipo come lui a quell’ora figurarsi se aveva voglia di uscire… O era scappato… o non lo sapeva… Non riusciva a connettere bene in quel momento… Fatto sta che Edgard era scomparso.

 



Note dell'autrice: Mi scuso per il ritardo ma questo cap mi ha fatto un po' penare, per essere precisi la parte del povero guidatore! Ho voluto inserire quella scena per staccare un po' dai due lati e per far vedere come si stanno svolgendo le cose al di fuori degli altri personaggi. Per la scena del "combattimento" ho fatto quel che ho potuto poiché non sono brava con questo tipologia di scene, quindi mi scuso se è orrida! ;_; Beh, spero che vi sia piaciuto il cap! E che i pg siano almeno un po' IC ;___;....
Alle recensioni risponderò domani! E grazie ancora per chi legge la fict!

 

   
 
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