Ringrazio sin da ora tutti voi che vorrete leggere questa storia :D
Vi ricordo il link al mio gruppo facebook nel caso voleste conoscere le mie ff o chiacchierare un pò:
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Buona lettura!
Prompt: «Le donne possiedono un istinto meraviglioso: hanno la capacità di scoprire tutto tranne l’ovvio»
Oscar Wilde.
-Renesmee-
Sdraiata
sul tappeto
ascoltavo la melodia del silenzio con la sola compagnia del battito
accelerato
del mio cuore. Tutti i miei sensi lavoravano per comprendere
ciò che mi
circondava, per sentire come solo poche creature erano in grado di
fare. Amavo
la sensazione del tappeto morbido sotto la pelle della mia guancia; mi
rilassava cogliere la carezza del calore proveniente dal camino acceso
davanti
a me; mi cullava il dolce respiro del lupo raggomitolato davanti alla
porta
della camera. Jacob; non c’era minuto che non fosse con me,
che non vegliasse
sulla mia vita come una sorta di angelo custode. Ero cresciuta in
fretta,
questo nessuno poteva negarlo, ma serbavo ricordi vividi e meravigliosi
di
quella che era stata la mia felice, quanto fugace, infanzia. Mi rividi bambina, immersa
nella radura
verdeggiante che circondava Forks; il mio riso riempiva
l’aria, mentre
sfrecciavo tra gli alberi in groppa ad un grosso lupo dal pelo fulvo.
Ricordavo
il profumo dei fiori in boccio in primavera inoltrata, quando Jacob mi
portava
a fare un picnic tra i prati ancora bagnati di rugiada, sorvegliandomi
mentre
rincorrevo le farfalle. Era stato come un bel sogno con lui, tanto che
giunta
alla mia adolescenza, mi ero presa una gran cotta per il giovane dalla
pelle
dorata e gli occhi tanto scuri e profondi da poterci scorgere un
meraviglioso
oceano. Raggiunti i quindici anni di età umana, il grande
affetto che provavo
per Jacob si trasformò in qualcosa di molto più
forte. Il mio corpo stava
cambiando, mutando in quello di una normale adolescente e non potevo
essere
immune dal fascino che il licantropo esercitava su di me. Me ne
innamorai,
sconsideratamente e profondamente e ne rimasi irrimediabilmente ferita.
Uno dei
tanti pomeriggi passati accanto al fuoco a chiacchierare, mi ero fatta
coraggio
e, stretta nel suo forte abbraccio, mi ero sporta fino ad incontrare la
sua
bocca. Il velluto di quelle labbra aveva fatto nascere dentro di me un
caldo
languore; uno struggimento tale che mi fece pensare che stare con lui
fosse la
cosa più importante della mia vita. Ma Jacob ,
evidentemente, non cercava in me
una compagna, ma semplicemente la dolce sorellina che ero sempre stata.
Il suo
corpo forte e muscoloso si irrigidì e se, inizialmente non
poté fare a meno di
schiudere le labbra e rispondere a quel primo e timido bacio
adolescenziale,
subito dopo si ritrasse, allontanandomi quasi bruscamente. Mi alzai
confusa e
ferita, mentre Jacob mormorava parole di scusa che per quanto mi
riguardava
poteva portare via il vento. Mi sentivo respinta, ma ciò che
mi preoccupava
maggiormente era la possibilità che con quel gesto
irrazionale, dettato solo
dal cuore, avrei potuto perderlo per sempre. La paura mi
assillò per tutto il
resto della sera, finché non sentii grattare alla porta
della mia camera e
vidi, con un tuffo al cuore, il mio lupo entrare nella stanza e, con un
balzo
felpato, accoccolarsi ai piedi del mio letto. Non scordai mai quel
bacio sbocciato
a fior di labbra che mi aveva circondato dei colori
dell’arcobaleno, come se
fino a quel momento avessi sempre e solo vissuto in bianco e nero.
Non
parlammo più
dell’accaduto e la cosa sembrò cadere dimenticata,
tranne per il mio cuore.
-Jacob-
Dalla
prima volta che
avevo posato gli occhi su di lei era semplicemente divenuta il mio
universo.
Lei, così piccola e fragile; Lei, a cui andava tutta la mia
devozione; Lei, a
cui avrei votato la mia vita.
L’avevo
vista crescere,
muovere i suoi primi passi e poi, subito dopo, correre nei prati con la
vivacità che solo i bambini possiedono. L’avevo
amata da subito osservandola
sbocciare a farsi ogni giorno più bella. Le ero stato
accanto, pronto a
sorreggerla se fosse inciampata attraversando una strada impervia, come
affrontando gli ostacoli della vita; perché Renesmee era la
mia vita: io ero
solo un suo satellite, inevitabilmente attratto dalla sua orbita.
L’avevo
attesa godendo della sua compagnia e aspettando che fosse stata pronta.
Nemmeno
Edward aveva potuto fare nulla; sapeva quanto forte fosse
l’imprinting e non
c’era modo di spezzare un legame così
profondamente radicato in entrambi.
Un’unica condizione era stata posta dal vampiro e
cioè quella che io non le
avrei rivelato nulla, né avrei incoraggiato i suoi
atteggiamenti verso di me,
finché non fosse stata adulta. Io la pensavo allo stesso
modo; rispettavo
troppo Renesmee e volevo lasciarla libera di decidere al momento
giusto, benché
nell’imprinting la scelta contasse molto poco. Non vi era
nulla di razionale in
tutto ciò, ma solo di sentimentale; era qualcosa che si
sentiva con il cuore e
con tutto il proprio essere, non con la mente.
Tutto
era filato liscio;
entrambi eravamo felici e necessitavamo l’uno della compagnia
dell’altro. Fino
a quel bacio… non avevo saputo rifiutare. Come avrei potuto
se quella che avevo
davanti era la creatura che amavo di più al Mondo? Ma,
dopotutto, sapevo che
era sbagliato, così l’avevo respinta ferendo
Renesmee, ma ancora di più me
stesso. Se tutti i miei pensieri erano sempre stati concentrati su di
lei; ora
arrivavo anche a sognare le sue labbra; ad agognare le sue piccole mani
sfiorarmi la pelle. Semplicemente pieno di Lei.
-Renesmee-
Un
bel giorno mi ero
svegliata e avevo capito che il tempo per i sogni era finito. Non ero
più una
bambina e, osservandomi allo specchio, il mio corpo me lo ricordava,
rimandandomi il riflesso di una giovane donna dai lineamenti delicata e
dagli
occhi brillanti di emozionata curiosità per la vita. Ero
finalmente diventata
adulta e avrei cominciato la mia esistenza anche al di fuori delle
protettive
mura domestiche; compiendo i miei primi passi autonomamente, senza la
mia
famiglia, senza Jacob. Non fraintendetemi: amavo i miei genitori
smisuratamente,
ma sapevo quanto potevano essere iperprotettivi ed ero ansiosa di fare
le mie
scelte da sola, anche se ero certa che avrei sempre potuto contare su
di loro e
su tutta la mia meravigliosa famiglia. Per quanto riguardava il
licantropo era
giusto che avessi i miei spazzi, che potessi farmi delle altre
amicizie, che
riuscissi a togliermelo dalla testa per cercare, se non di
dimenticarlo, almeno
di rimarginare la ferita. Una ferita che sanguinava ogni volta che mi
guardava,
che mi sfiorava o mi prendeva tra le braccia.
Quella
sera Carlisle
avrebbe dato una festa in mio onore, per festeggiare la mia
“maggiore età” ed
io ne ero elettrizzata. Erano stati invitati tutti i clan amici e non
vedevo
l’ora. Uscii dalla mia stanza con un gran sorriso in viso,
con l’intenzione di
cercare zia Alice che mi avrebbe aiutato con il trucco e il parrucco.
Attraversai il giardino, salutando Emmett che si stava prodigando
nell’allestimento di un grosso gazebo ornato da abbaglianti
luci dorate.
-Sarà
tutto perfetto per
questa sera, piccola!- mi rassicurò facendomi
l’occhiolino e mostrandomi il
pollice alzato. Superai il mio zio preferito, respirando il profumo
della
foresta circostante e osservando le grosse querce che si stagliavano
all’orizzonte. Mi fu impossibile non notarli, come non potei
non udire la loro
conversazione. Oltre la boscaglia Jacob, a torso nudo, discuteva con
Leah.
Dovevano aver appena ripreso forma umana.
-Sapessi
come sono
felice! L’imprinting è qualcosa che ti cambia
profondamente; da quel momento non
esiste che la tua compagna e finalmente è venuto il momento
di venire allo
scoperto- quelle parole, sussurrate con dolcezza, ammantate di velluto,
mi
fecero più male di una pugnalata in pieno petto. Dunque era
questa la verità;
Jacob aveva appena avuto l’imprinting e Leah sarebbe stata la
sua metà
complementare. Sapevo cos’era quel meccanismo genetico o,
semplicemente, di
cuore, che legava i licantropi alle loro compagne. Da molti era
considerata una
benedizione, un sentimento talmente forte da superare qualsiasi
barriera; per
taluni poteva però essere una maledizione e Leah lo sapeva
bene, come ora lo
sapevo anch’io. Chiusi gli occhi mordendomi il labbro
inferiore sino a sentire
sulla lingua il sapore del mio sangue, poi corsi via.
-Ti
auguro di essere felice,
Jacob Black- sussurrai amaramente, ma sinceramente; nonostante tutto lo
amavo e
stavo imparando che amore voleva dire anche sacrificio.
Zia
Alice mi aspettava
sulla soglia della grande villa. Mi osservò pensierosa,
scostandomi, con una
carezza amorevole, una ciocca che mi era ricaduta sul viso durante la
corsa.
Alice sembrava sapere già cosa mi assillasse.
-Hai
avuto qualche
visione su di me?- le domandai in un sussurro. La vampira scosse la
testa.
-Tesoro,
sai che
purtroppo non riesco a vederti… ma l’espressione
del tuo viso parla per te.-
Abbassai lo sguardo contrita, mentre Alice mi accompagnava in casa.
Indossai
un vestitino da
cocktail azzurro, abbinato ad un paio di decolté di raso
dello stesso colore
che avevo pescato dall’armadio della zia, mentre lei, munita
di piastra, mi
arricciava i capelli in boccoli vaporosi.
-Hai
la bellezza di tuo
padre e la dolcezza di tua madre- mi sussurrò Alice
circondandomi le spalle con
un braccio –Stasera sarai al centro delle attenzioni di
tutti- deglutii nervosa;
la verità era che volevo essere notata da una sola persona e
sapevo che era
sbagliato.
La
sala era
completamente gremita di visi noti e più o meno amichevoli.
Il primo che notai
in mezzo alla folla, come fossi stata attratta da una calamita, fu
Jacob. Era
poggiato al muro, con un grande sorriso ad increspargli le labbra
carnose e
tremendamente attraenti. Chiusi gli occhi e, per un attimo, immaginai
di nuovo
la delizia di quel fugace bacio. Scossi la testa, risoluta ad
allontanarlo
almeno dalla mia testa e facendo indigestione di saluti e di
complimenti
raccolti tra i presenti. Papà mi si avvicinò
protettivo.
-Tesoro,
vorrei farti
conoscere un clan che ci è sempre stato vicino…-
annuii seguendolo mentre si
faceva spazio tra la folla. Tre bellissime vampire bionde mi
osservarono
curiose.
-Renesmee,
l’ultima
volta non eri che una bambina, ma noi ci ricordiamo molto bene di te-
la loro
fisionomia mi era molto famigliare, ma non riuscivo ad associarla ai
loro nomi
o alla provenienza.
-Sono
del clan di Denali;
vengono dall’Alaska- mi rinfrescò la memoria
papà.
-Tanya,
Kate e Irina- le
riconobbi.
-Buona
memoria Nessie-
si congratularono; poi Irina si fece avanti. Percepii una lieve
tensione tra le
tre “sorelle”, ma scomparve subito ed io non le
diedi molta importanza.
-Siamo
qui per
festeggiarti e anche per presentarti una persona…
è nuovo del nostro clan e ci
piacerebbe che voi due faceste amicizia…- qualcuno dietro le
loro spalle di
mosse ed un giovane entrò nel mio campo visivo.
Era
alto; la camicia
nera tirava sulle sue spalle larghe e ben definite. La carnagione
dorata in
perfetta armonia con i lunghi capelli color della pece e gli occhi
talmente
neri da sembrare due pozzi profondi e lucenti.
-Io
sono Scott; onorato
di conoscerti- la sua voce aveva un non so che di esotico;
l’accento
accarezzava ogni parola rendendola morbida come schiuma. Gli strinsi la
mano,
percependola fredda a contatto con la mia; il paragone fu inevitabile:
quel
giovane così affascinante ricordava moltissimo Jacob, ma in
una cosa era
diverso: era un vampiro. Niente imprinting, niente
possibilità di soffrire
vedendolo ineluttabilmente innamorato di un’altra.
-Perché
non andate a
ballare?- ci incoraggiò Irina spingendoci delicatamente
verso il centro della
stanza dove era stata allestita la pista da ballo. Perché
no? Mi lasciai portare,
cullata dalla melodia di un lento e
dalle forti braccia di Scott che mi cingevano i fianchi, premurose.
-La
tua bellezza è pari
solo a quella di una stella, Nessie, sei sfolgorante; non te
l’ha mai detto
nessuno?- arrossii distogliendo lo sguardo.
-Non
devi vergognarti,
io sono qui per un motivo ben preciso… i nostri clan sono
stati amici da
sempre; un’unica grande famiglia divisa semplicemente dalla
lontananza. Non
sarebbe bello se suggellassimo questo nostro legame con qualcosa di
più forte
che possa realmente unirci?- scossi la testa confusa.
-Non
riesco a capire
cosa tu voglia dire…-
-Non
credo che la
signorina gradisca le tue attenzioni- una voce calda e rassicurante mi
giunse
alle orecchie provocandomi immediatamente i brividi.
-Sei
geloso, cane?-
domandò pungente e provocatorio il mio compagno di danza. Mi
innervosii;
nessuno poteva rivolgersi a Jacob in modo così
dispregiativo. Tolsi malamente
la sua mano dal mio fianco e rivolsi gli occhi verso il licantropo.
-Va
tutto bene, Nessie,
andiamocene- mi prese per mano ed il mio cuore sanguinò di
nuovo.
-Renesmee,
se cambi
idea, domani ti aspetterò davanti alla grossa quercia nei
pressi del gazebo.
Non è un bene per te stare troppo vicino a lui! E’
un nemico della nostra
specie! Io sono qui per te e se me lo chiederai resterò.- mi
allontanai da
entrambi, stava succedendo tutto troppo in fretta. Il mio cuore era
ancora di
Jacob e mi sembrava che Scott volesse bruciare troppo le tappe, non lo
conoscevo nemmeno! In più il rancore sconsiderato che
provava per quello che
era sempre stato il mio migliore amico mi infastidiva. Il lupo mi
rincorse per
il giardino fino a raggiungermi.
-E’
successo qualcosa,
piccola?- mi domandò sinceramente preoccupato. Gli presi
semplicemente le mani
tra le mie, comunicandogli con il semplice contatto il mio pensiero.
Un’immagine di Leah, per me molto dolorosa, si
proiettò tra di noi. Jacob
aggrottò la fronte senza capire.
-So
cosa c’è tra di voi
e non voglio esservi di ostacolo- riuscii a dire mentre gli occhi mi si
riempivano di lacrime amare. Feci un passo indietro e poi mi rimisi a
correre.
Non volevo ascoltare, non avrei sopportato di essere consolata, non
questa
volta, non da lui.
-Nessie,
aspetta, non è
come credi!- urlò quasi rabbioso, ma non volevo ascoltarlo.
Corsi fino a casa e
mi chiusi in camera. Jacob bussò più volte alla
mia porta; poco dopo lo sentii
grattare con gli artigli, sotto forma di lupo, ma non aprii. Un ululato
si
innalzò solitario dalla foresta, musicale e straziante.
Chiusi gli occhi e
piansi, cercando di dimenticarmi di tutto, compresa la festa che ancora
si
stava svolgendo in mio onore.
-Jacob-
Non
potevo perderla, non
per un assordo equivoco. Qualcosa negli occhi feriti di Nessie mi aveva
rassicurato sui suoi sentimenti sul mio conto; il nostro era un legame
indissolubile e non sarebbe stata un damerino di vampiro a portarmela
via.
Rimasi per tutta la notte a sorvegliare la sua casa, sperando che ai
miei
ululati angosciati aprisse la finestra, permettendomi di accoccolarmi
ancora
una volta infondo al suo letto e lasciandomi spiegare, finalmente, i
miei
sentimenti; ma non fu così. Passai la notte in bianco a
pensare a cosa dirgli
per rassicurarla, per convincerla che era con lei che avrei voluto
passare la
mia intera esistenza. Alla fine mi ero persuaso che le sarebbe bastato
guardare
dentro se stessa per scoprire la verità. Decisi di
scriverle. Buttai giù una
lettera frettolosamente, ma con tutto il mio cuore; poi, la feci
scivolare
sotto l’uscio della porta d’entrata e me ne andai,
speranzoso.
-Renesmee-
Mi
sveglia con l’animo
in tumulto. Avevo dormito male in compagnia di sogni sfocati e molto
confusi.
Non avevo nemmeno fame, ero semplicemente spossata da tutta quella
situazione.
Mi diressi a piedi nudi in cucina e la mia attenzione fu immediatamente
calamitata da una busta lasciata sul pavimento. Era bianca e anonima,
ma quella
calligrafia era semplicemente inconfondibile. Il mio cuore
mancò un battito. Le
lettere erano tremolanti e qua e là sbavate dalla fretta e
dall’emozione, ma
era il mio Jacob. La aprii frettolosamente, leggendo tutto
d’un fiato il suo
contenuto:
“Mia
piccola Nessie. Ho pensato più di mille volte a cosa
scriverti e sono sempre e solo giunto alla stessa conclusione: le
parole per certe
cose non servono, non le parole inutili, almeno: ti amo.
Le donne possiedono un istinto meraviglioso:
hanno la capacità di
scoprire tutto tranne l’ovvio;
Tu
sei il mio imprinting, lo sei sempre stato.
Ti
aspetto alla nostra capanna. La scelta è tua, ma sappi che
ti
amerò per sempre.
Jacob.”
Era irreale e meraviglioso, semplicemente non potevo crederci. Un dolce calore si diffuse dal mio cuore a gli arti, allo stomaco, al viso. Tutto tornava: il forte sentimento che provavo per lui era legittimo e giustificato. Insieme eravamo un tutto, un’unica cosa. Dimentica di Scott e della sua stupida corte; dell’aspetto che dovevo avere e dei piedi nudi, attraversai la foresta. Il mio amore mi aspettava e tutta la mia vita pareva riavere acquistato senso. Mi arrampicai lungo il sentiero sino a giungere alla nostra capanna; dove spesso mi portava a giocare da bambina; dove per la prima volta mi ero accorta di essere innamorata di lui. Aprii la porta, il cuore martellante in petto. Jacob era lì, seduto sul pavimento di legno. Il camino accesso davanti a lui, proiettava calde ombre tutt’intorno, creando un’atmosfera romantica e perfetta. Alzò il viso verso di me, aprendosi in un sorriso raggiante. Avevo sentito dire che con l’imprinting, la compagna per il licantropo diveniva come il suo universo. Se io ero questo per lui, Jacob era il mio sole. Si alzò in piedi ed io mi precipitai tra le sue braccia. Le nostre labbra si cercarono e, finalmente, si trovarono. Assaporai ogni istante di quel bacio, sospirando estasiata, godendo del connubio delle nostre bocche, del contatto dei nostri corpi. Accarezzai i suoi addominali sotto il leggero tessuto della t-shirt, sino a giungere all’estremità della maglietta e a sollevarne i lembi. Jacob trattenne il respiro mentre gli sfilavo l’indumento e percepivo le sue mani su di me. Mi ritrovai sdraiata sul pavimento di legno, reso caldo dal calore dalle fiamme del camino, ma soprattutto dalla nostra passione. Lasciai vagare le dita sulla sua schiena nuda, carezzandone i muscoli sodi. Jacob mi baciò ancora dedicando ugual attenzione ad ogni parte del mio corpo e lasciando al suo passaggio una scia di baci incandescenti. Mi persi in lui sino a smarrire la cognizione di ogni altra cosa che non fossero i nostri corpi intrecciati. Ci amammo per un tempo che parve dilatarsi all’infinito, scandito dal solo battito dei nostri cuori; alla deriva nel nostro amore; in quella felicità che sapevamo sarebbe durata per sempre.
A presto!