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Autore: Lory402    29/03/2012    2 recensioni
Questa è una storia che avevo cominciato in quinta elementare - mai finita. Adesso l'ho "restaurata" e le ho messo un finale. Parla di una sedicenne, normale, più o meno.
In realtà è la classica storia fantasy, ma spero comunque che la leggiate. E' dedicata alla mia migliore amica, che è stata con me mentre scrivevo e ancora decidevo quali parti della storia lasciare e quali cambiare. Grazie!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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TUTTO COMINCIO’ , QUELLA STRANA MATTINA…

 

-Wow- e -Dove diavolo sono?- furono le uniche parole di senso compiuto che il cervello di Laura Meit riuscì a elaborare di fronte a quella situazione. Voglio dire, non è da tutti passare da semplice studentessa liceale seduta sul suo banco, a ragazza in una strana dimensione senza spazio né tempo e totalmente bianca; tutto questo senza che lei si accorgesse di nulla, tanto per rendere le cose più facili. Poi, una voce. Suadente, ma al tempo stesso preoccupata, lontana, come in un sogno. Urlava disperata, con la voce rotta dall’ emozione, una parola, no, un nome, un semplice nome: “Naktahara”. Questo nome all’ infinito, finché una voce stridula e piena di disappunto non la riportò alla realtà: “Meit, signorina Meit, siamo solo al terzo giorno di scuola e già si addormenta alle mie lezioni?” - Più che lezioni torture - avrebbe volentieri risposto Laura, ma si limitò a biascicare un “Mi spiace” poco convinto.

Erano giorni che faceva quello strano sogno, se di sogno si poteva parlare, più che altro le veniva da chiamarle “visioni”. Il punto principale era che non ne conosceva il motivo e tanto meno il significato. Questo per lei era un momento di quelli dove avrebbe volentieri detto tutto all’ amica del cuore pur di sembrarle matta da legare. Un’ amica del cuore… ma lei ne aveva mai avuta una? Nonostante si fosse sempre “inserita bene nel gruppo classe” , giusto per citare la sua pagella di quinta elementare, non aveva mai avuto una persona con cui poter parlare di tutto, che la sopportasse costantemente, o che facesse le altre cose che dovrebbe fare la migliore amica, fino a quel momento però non le era stato difficile sopportare la mancanza di quella figura nella sua vita. In ogni caso non poteva certo dire a suo padre cose del genere e sua madre, semplicemente non c’ era più. Tranquilli, non è morta e non ha lasciato una ferita eterna nel cuore di Laura, semplicemente lei e suo padre non andavano d’accordo così decisero di divorziare e sua madre non si sentiva pronta per allevare una figlia da sola.

A parte questi sogni, o “visioni”, Laura era una ragazza del tutto ordinaria, voglio dire così ordinaria che sembrava fuori dell’ ordinario. Il suo viso parlava di una ragazza in forze e piena di salute,aveva lunghi capelli castani assolutamente anonimi, occhi neri particolarmente irriconoscibili, naso piccolo straordinariamente classico e per completare l’ opera corporatura minuta perfettamente già vista. Nel complesso era ordinariamente bella ( e perfetta per fare la spia se volesse ) .

Ovviamente quegli strani sogni non si conclusero con la figuraccia della mattina, se no non ci sarebbe motivo di raccontare questa storia.

Pochi giorni dopo quella stessa voce riapparve (nel modo in cui una voce può riapparire) : “Naktahara, seguimi, per la salvezza del nostro popolo”. Questa volta la voce fu seguita da un immagine, sfuocata, illuminata da una luce dorata, l’ immagine di una donna che sembrava regina anche senza corona. “Io non posso” riuscì a balbettare Laura, prima non aveva mai parlato all’ interno dei suoi sogni. “Invece puoi Naktahara, solo tu puoi”. -Adesso basta, mi sono rotta di sentirti chiamare quel nome impronunciabile, ora tu mi dici cosa cavolo vuoi e cosa io centro in tutta questa faccenda!- Forse, se fosse davvero riuscita a dire una cosa del genere non sarebbe successo quello che effettivamente accadde di lì a pochi secondi, o forse sarebbe successo lo stesso, in ogni caso fu solamente un pensiero e quella donna dall’ aurea angelica avvolse Laura con un fascio di luce chiara che la portò in uno strano mondo. Un mondo magico, incantato, un mondo pieno di vita, ma che non sembrava vivere, almeno, non come noi esseri umani intendiamo la vita. Lì sembrava che anche il cielo vivesse di una vita come la può vivere solo lui, e sembrava che anche le piante possedessero l’ anima.

La donna misteriosa parlò, ma non era esattamente parlare il suo, piuttosto comunicava quelle parole dritte al suo cuore: “Naktahara, ti prego, salva il nostro popolo!”. Laura si limitò a parlare l’italiano come lo conosceva: “Smettila! Prima di tutto io mi chiamo Laura, non Naktamir, Nakthafir o quello che è, e poi, se lo vuoi sapere, io non ne so niente del tuo popolo o di tutte le cose che potresti dirmi e sinceramente, spassionatamente, indiscutibilmente… NON ME NE FREGA AFFATTO!”

Evidentemente, però, la strana tipa non era una che mollava facilmente, e ricominciò: “Naktahara, devi ascoltarmi! Ma in ogni caso tieni, prendi questo.” Un medaglione arrugginito apparve dal nulla e si posò sulle mani di Laura “Il mio tempo sta per scadere, abbine cura e non fidarti, di chi ti osserva, da lontano…” E come ogni protagonista di una visione che si rispetti: Puff. Svanì nei più reconditi scomparti della mente di Laura, che pensò -Peccato, niente fumo, avrebbe dato un aspetto molto più teatrale. -

Nei giorni successivi a Laura capitò di ripensare molto spesso alle parole di quella donna, troppo spesso. Lei non aveva nessuna idea su chi potesse essere colei (o colui) a cui si riferiva; cercava di scacciare quel pensiero dalla sua mente, ma ogni volta, per quanto ci provasse e riprovasse, quelle parole tornavano nella sua mente più determinate di prima (le parole possono essere determinate? Mah).

Uno sventurato Venerdì Laura capì a chi si riferiva la donna nei suoi sogni(prima o poi le avrebbe dovuto dire il suo nome). Era nel bagno delle ragazze a lavarsi le mani prima dell’ ora di pranzo, quando Jenna Hai, una ragazza americana trasferitasi in Italia l’ anno precedente, entrò sbattendosi la porta alle spalle e le intimò con voce inumana: “Naktahara, dammi il medaglione!”. - Ancora con questa Nakta-bell?!? -. “Senti tu, prima di tutto prendi qualcosa per il mal di gola, e poi vedi di non usare quel tono con me, chiaro?” “Dammi il medaglione!” “Se lo vuoi tanto vello a prendere” -Per quale cavolo di oscura ragione ho detto una cosa del genere??- Fu allora che successe, un fascio di luce rossastra ferì la luce bianca della stanza, e per poco non tagliò di netto la testa a Laura. Ma tutto si decise in un attimo, come se Laura non fosse veramente padrona del suo corpo, il primo lampo lo scanso chinandosi appena in tempo, eppure era veloce, molto veloce. Un secondo lampo, scartò a destra. Un terzo, si buttò a sinistra. Era come se guardasse la scena da un punto lontano, non era lei la vera protagonista del racconto, ma un suo io più profondo nascosto e dimenticato. Un quarto, diretto verso i suoi piedi, quando vi si concentrò fu come rallentare il tempo. Gli andò incontro, saltò in avanti superandolo e in un unico, fluido gesto fu alle spalle della nemica, lei ovviamente si girò, ma… era ciò che Laura voleva facesse. Un pugno in piena faccia, dritto verso il naso. Jenna svenne. Laura raccolse il corpo incosciente della nemica da terra e la adagiò sul muro sotto il distributore della carta, e se ne andò. Le aveva rotto il naso, dopo una cosa così naturale che c’ è di meglio da fare se non mangiare un riso scotto e delle polpette crude? (la mensa era orribile). All’ inizio non trovò nulla di strano nella sua giornata, in fondo era auto difesa, no? Per tutto il giorno andò bene, ma i rimorsi non si fecero attendere più di tanto. Quella notte, stesa nel suo letto caldo, Laura si girava e rigirava fra le coperte ormai tutte attorcigliate, senza riuscire a prendere sonno. Si ripeté più volte che non c’ era nulla di strano, aveva solo dato un pugno a una che voleva ammazzarla con dei raggi laser che sparava delle mani, questo per uno stupido gingillo arrugginito che le aveva dato una donna vestita di bianco che sembrava un angelo senza ali. Sì, tutto all’ ordine del giorno, questo per la protagonista di un romanzo fantasy!!

Con circospezione Laura tirò fuori il medaglione dalla maglietta del pigiama, se lo slegò dal collo e se lo rigirò tra le mani almeno una decina di volte. - Cos’ ha di speciale ’sto pezzo di ruggine? - pensò. A mezza notte non ce la fece più. Si tolse ancora una volta il medaglione dal collo e lo portò in bagno per immergerlo nell’ acetone, poi pensò che un antiruggine fosse più azzeccato e ringraziò mentalmente il suo scapestrato ed eccentrico padre single che non faceva mai mancare nulla di strano in casa loro. Insomma, lo immerse nell’ antiruggine e quello che scoprì fu eclatante.

Era d’ oro!! Altro che pezzo di ruggine… Quella scoperta la costrinse a rivalutare le parole della strana donna che appariva nei suoi sogni, prima di addormentarsi pensò intensamente che voleva rivederla, e lei, era lì. Subito la sommerse di domande senza darle il tempo di respirare. Il primo quesito che le venne in mente un volta calmata fu: “Spiegami cosa vuole Jenna da me!” “Naktahara, lei la tua più grande nemica: Araska. Vuole il medaglione di cui sei la custode per risvegliare il suo padrone addormentato nelle tenebre.” “E tu me lo hai dato lo stesso!?! Quella pazza omicida voleva uccidermi!” Disse, questa volta davvero arrabbiata. “Naktahara, tu sei nata per questo…” “Rischiare continuamente la vita?” “No, per proteggere il medaglione. Comunque, da quello che ho visto, non te la sei cavata male.” “Adesso mi spii anche?” Quando era nervosa riusciva a trovare difetti in ogni cosa. Era incredibile. “Solo quando il medaglione mi chiama” rispose la donna luminosa con una calma quasi irritante “Ormai hai risvegliato il medaglione, quindi lo devi proteggere!” con queste parole sparì nel nulla. “Perché l’ ho immerso nell’ antiruggine? Ma dai …!”

Il mattino dopo Laura non sapeva proprio che pesci pigliare, per metterla in questo modo: Una strana luce con sembianze di donna l’ aveva praticamente costretta a proteggere un “expezzodiruggine” che una sua compagna di scuola totalmente schizzata (per servirsi di un eufemismo) voleva usare per riportare in vita un pazzo omicida dall’ oltretomba, inferi o che so io. Comunque, la mattina, a parte questi fastidiosi pensieri e la sua più completa disattenzione agli argomenti dei professori (questo però era tipico di lei anche prima di scoprirsi una specie di guardiana), passò alquanto tranquilla, ovviamente questo prima di quello. Successe a pranzo, stava per addentare la sua pizza al pomodoro, l’ unico pasto decente della mensa scolastica, quando il medaglione cominciò a pulsare da sotto la sua camicia, ok, fastidioso, ma sopportabile, poi però si mise a brillare e, Santo Cielo, può una ragazza fare un pranzo tranquillo o è vietato?! In ogni caso capì di non poter più nascondere quel bagliore e scappò quasi correndo dalla mensa. Andò nel giardino, dove a quell’ ora non doveva esserci nessuno. Si slegò il medaglione dal collo e lo osservò con più attenzione. Si rese conto che solo in quel momento lo guardava davvero: la corda con cui Laura lo assicurava al collo era ingiallita dal tempo, ma il medaglione da solo era un cerchio d’ oro con i bordi rialzati e delle scritte incise in cerchio da entrambi i lati, sembrava una lingua antichissima. Al centro del medaglione c’ era un piccolo foro dalla forma indefinita. Laura non fece in tempo a finire di studiarlo che un lampo rosso arrivò dal nulla e si conficcò nel terreno dove prima lei si trovava. Per fortuna si era scansata in tempo… Laura fece in modo che il secondo lampo non la cogliesse impreparata. Ancora una volta fu come se non fosse più padrona del suo corpo, come se guardasse l’ intera scena dall’ alto: la scena che raffigurava lei e Araska in quella che poteva essere la loro battaglia finale. Si mise in posizione di difesa stando attenta che non ci fossero alberi a sbarrarle la strada in una manovra disperata e si tenne pronta. Un altro lampo apparso dal nulla e sparito nello stesso modo, è vero che finora li aveva schivati tutti con una facilità e una maestria impressionante, ma non sopportava più il fatto che la sua nemica giocasse sporco e si nascondesse dietro uno stupido trucco. Per un po’ continuò così, la sua nemica che attaccava e lei che schivava, mentre la rabbia le ribolliva dentro, Laura arrivò al punto di prevedere gli attacchi avversari, si voltò verso il punto opposto a dove sarebbe spuntato il prossimo lampo, ingannando la nemica restando sulla difensiva e nel momento esatto in cui un lampo partì dalle sue mani, lei scartò di lato prendendola alla sprovvista, si lanciò verso la ragazza e la buttò a terra, con un abilità e una velocità che avrebbero fatto invidia a un gatto, così l’ incantesimo che circondava Jenna s’ infranse facendole rovinare entrambe a terra. La prima che si alzò fu Laura, capì subito che questo poteva darla un vantaggio, ma non sapeva come usarlo a suo favore e l’ occasione svanì. Subito dopo si alzò Jenna, lei, al contrario della prima, non perse tempo, si allontanò di qualche passo dalla sua nemica e subito un altro fascio di luce scaturì dalle sue mani, questo però assunse un comportamento strano: si fermò a mezz’ aria davanti alla sua proprietaria e dalla folgore di energia informe qual era andarono delineandosi i contorni di una spada dalla fattura antica. In poco tempo un' arma dalla lama color del sangue e dall’ elsa di ossidiana purissima venne impugnata dalla nemica, Laura capì che con queste carte in gioco era spacciata.

Jenna si scagliò sull' avversaria con un affondo preciso e letale, Laura riuscì a schivarlo per un pelo, ma mentre si abbassava la sua nemica riuscì a tagliarle una ciocca di capelli che cadde sull’ erba rada del giardino senza il più minimo rumore. Per un po’ continuò così: Jenna che tirava di spada e Laura che schivava, poco dopo però la prima, con una mossa molto astuta, riuscì a costringere Laura con le spalle al muro e questa desiderò con tutte le sue forze qualcosa, qualunque cosa con cui ribaltare la situazione. A quel punto il medaglione s’ illuminò, si alzò dal petto della ragazza, stupefatta almeno quanto la nemica, la luce bianca e accecante si allargò lentamente per poi ritrarsi con uno scatto lasciando in aria una spada dai riflessi argento e dall’ impugnatura d’ oro. Dopo un momento sospesa per aria come a sfidare le leggi della gravità, la spada cadde dritta in mano a Laura. Lo scontro ricominciò. La paladina del momento parava tutti gli affondi con naturalezza e poco dopo cominciò a pensare fosse davvero facile: parata, affondo, tondo. Per un po’ si limitò alle mosse basilari della scherma, non si poteva certo negare che la sua avversaria fosse agile ma con grande sorpresa di entrambe questo non bastava, infatti Laura sembrava dominare il terreno. In poche mosse riuscì a disarmare la nemica e farla indietreggiare pericolosamente, quando questa si vide sconfitta per la scarsa magia che le rimaneva, fece l’ unica cosa che avrebbe potuto ribaltare l’ esito di quel duello “Simis nakarà” disse alzando le mani, l’ ultimo gesto da lei compiuto prima che entrambe fossero avvolte da un lampo bianco, poi rosso, blu, viola, giallo… e ora, solo nero. Erano in una altra dimensione, Laura lo sapeva, aveva provato la stessa sensazione di vuoto, smarrimento e non appartenenza quando la luce dalle forme di donna l’ aveva portata in quello strano posto bianco. Effettivamente però non era la stessa, quando stava in quel mondo si sentiva vuota, ma vuota dai pensieri, dalle preoccupazioni che le attanagliavano il cuore quando era sulla Terra, ora si sentiva privata dei ricordi belli che aveva, si sentiva come se qualcuno le avesse tolto la voglia di vivere e con essa tutto ciò che per lei voleva dire amore. La confusione che si creò all’ interno della mente di Laura l’ avvolse totalmente in un primo momento, ma dovette sparire in fretta perché la sua avversaria sembrava totalmente a suo agio lì, già pronta a combattere. Al contrario di Laura che era ancora stesa per terra dopo la caduta e osservava spaesata quella sottile sabbia rossa che si insinuava sotto la sua maglietta. Jenna non aspettò un attimo in più e cominciò a menar fendenti da tutte le parti, fortunatamente appena vide la scena Laura si rianimò e rotolò di lato prima che una spada chiamiamola incantata le trafiggesse il pancreas. Così cominciò quello scontro in realtà già avviato sulla terra, Laura si rialzò afferrò la sua spada di luce caduta non troppo lontano da lei e in un attimo arrivò al livello di concentrazione della nemica. Entrambe capivano che il presente non era un duello come quello ingaggiato sulla terra, lì tutto prendeva una sfumatura diversa e faceva apparire lo scontro come già segnato, in quella terra arida e desolata però, niente sembrava impossibile, ed entrambe le due rivali potevano sentire chiaramente, che una delle due non sarebbe sopravvissuta.

Si fissavano, erano concentrate al massimo. Camminavano in cerchio, lentamente, senza mai perdersi di vista. Laura era cauta e riflessiva in ogni passo, soppesava le possibilità e valutava il fatto di attaccare per prima. La tensione era tangibile. Lo spostamento del vento, il rumore di un passo, leggero come un battito d’ ali di farfalla. Jenna attaccò. Lo stridore del metallo fatato che cozzava sembrava potersi udire nell’ intero pianeta, tanto era il silenzio che aleggiava in quel luogo. Le duellanti ritornarono alle loro postazioni originarie dopo l’ affondo di Jenna e la parata di Laura. Toccò a quest’ ultima attaccare. Da parte di Laura partì un affondo micidiale dall’ alto che, incontrando resistenza, fece presto a tramutarsi in uno dal basso e colpì in pieno l’ avversaria che indietreggio tramortita. Da Laura partì un affondo dritto e preciso, Jenna per evitarlo dovette buttarsi a terra e ora Laura si stagliava sopra la nemica con tutto il suo metro e settanta. Era il momento perfetto per mettere fine alla battaglia, Laura se ne rendeva conto anche senza dover controllare il suo stato fisico, alzò la spada. Però lo voleva fare davvero? Voleva davvero decidere di porre fine a una vita?

Un lampo di indecisione balenò negli occhi di Laura e la nemica non esitò, mormorò alcune parole fra i denti e la terra sotto i loro piedi iniziò a tremare.

Si ritrovarono entrambe su un blocco di terra sospeso a più di trenta metri da terra con diametro si e no di due metri e mezzo. Jenna aveva approfittato dello smarrimento di Laura per rimettersi in piedi e ora la guardava con aria di sfida, finalmente la situazione era in suo favore. La ragazza dai capelli castani si alzò, la nemica avanzava con la spada tratta, la faceva indietreggiare pericolosamente e dopo pochi passi si ritrovò sull’ orlo del burrone. All’ improvviso sentì una voce parlarle direttamente in testa, era una voce dolce e profonda, probabilmente maschile, ma non avrebbe saputo dirlo con certezza, le ripeteva di fidarsi, di cosa poi? Era come la voce della donna immersa nella luce, anche se quella a confronto appariva fredda e strisciante, poi decise, si sarebbe fidata. A quel punto il suo cuore la guidò, spalancò le braccia, chiuse gli occhi e si lanciò. All’ inizio della caduta libera piegò la testa così da cadere su questa, nonostante una piccola parte del suo cervello fosse perfettamente conscia del fatto che si sarebbe schiantata a terra e sarebbe morta sul colpo, trovava molto divertente il fatto di volare, tanto che si mise a ridere! Se qualcuno l’ avesse vista l’ avrebbe presa per matta, lì però non c’ era anima viva. L’ aria era fredda e le faceva volare i capelli, la sua caduta sembrava impossibile da interrompere, ma a metà strada rallentò. Il medaglione che aveva al collo inondò di luce tutto lo spazio intorno a lei e due splendide ali dalle piume auree arrestarono la caduta di Laura. Il medaglione ancora brillava mentre la ragazza sbatteva lentamente le ali d’ angelo che aveva sulla schiena, le scosse di terremoto terminarono e la colonna di pietra rossa ritornò in terra con Jenna sopra, era prostrata davanti a Laura e sembrava la venerasse. La giovane riprese coscienza di sé e planò dolcemente innanzi a Jenna: “Prima mi combatti e ora ti inchini?” chiese Laura con un sopracciglio alzato.

“Non era mia intenzione mancarvi di rispetto, mia sovrana”

Il pensiero più intelligente che venne in mente a Laura fu: - Che? -

“Prego voi di perdonarmi nobile Naktahara, non avevo riconosciuto la vostra aura tanto ben mascherata da semplice umana quale eravate, pensavo foste alla ricerca del Medaglione d’ Incanti per usarlo per scopi malvagi come risvegliare il Signore delle Tenebre.”

“Primo mi sono rotta vivamente le scatole di sentirmi chiamare Naktahara - Mi sembrava di averlo già detto - e secondo… tu chi cavolo saresti?”

“Sono la reincarnazione di Araska, da sempre vostra servitrice”

“Io ho perso il conto di quante volte hai cercato di infilzarmi con quella spada, e tu mi vieni a dire che sei la mia servitrice? Mi sembra che tu non sia molto coerente, ma magari è una mia impressione.” Disse traboccando sarcasmo ad ogni parola.

“Come ho già detto credevo che voi foste una traditrice e ho agito di conseguenza, ma ditemi, come avete trovato il medaglione?”

“Me l’ha dato una donna vestita di bianco che mi ha mandato dei sogni, e delle visioni…”

“Vi ha detto qual era il suo nome?”

“No, mai”

“Ho ragione di sospettare che sia una nemica della luce, o peggio, un’ alleata di Noktuman”

“E chi è adesso ‘sto qui?”

“E’ conosciuto con innumerevoli nomi dagli abitanti del Mondo, ma spesso viene detto solo < Signore delle Tenebre >. Ha distrutto il nostro popolo in tempi lontani, e oramai si appresta a tornare”

“WOW” Disse solo, sarcastica “E, ancora una volta, questo mi dovrebbe interessare perché…”

“Perché tu sei l’ unica che può fermarlo!”

“Me l’ hanno già detto…” Probabilmente stava elaborando una risposta arguta e sarcastica, ma una scossa di terremoto le bloccò le parole in gola.

“Naktahara, Araska, che coincidenza ritrovarvi entrambe qui!” Disse la donna che appariva nei sogni di Laura.

“Non ti permetterò di rubare il Medaglione, ritirati!” Disse sicura Araska.

“Oh, ma tu non puoi niente, almeno non senza di lei” Disse con una finta dolcezza indicando Laura “E tu ti fidi di me, vero cara?” Laura indietreggiò di un passo separandosi anche da colei che si faceva chiamare Araska, confusa.

“Non ti darò il medaglione” Affermò con un lampo di chiarezza negli occhi.

“Ma così…” Disse allargando le braccia facendosi invadere da una forza oscura che cancellò definitivamente la sua aura angelica già precaria. Quella forza trapassò il suo corpo e le tinse le vesti bianche di nero e i capelli rosa pallido del medesimo colore, un sorriso furbo si allargò sulle sue labbra sottili. “…mi costringi a prenderlo con la forza!” Detto questo si scagliò con tutta la velocità di cui era capace contro Laura e lei… per la prima volta si sentì sicura, sicura di sapere a chi doveva credere, sicura di essere dalla parte del giusto , sicura di cosa fare in quel momento, perché lei ora lo sapeva. Si mise in posizione di difesa, apparentemente pronta a ricevere il colpo della nemica, e quando questa fu abbastanza vicina al suolo si sbilanciò all’ indietro prendendo il volo spiegando le sue nuove ali d’ angelo, la nemica si scontrò violentemente contro il terreno , girandosi però all’ ultimo, sbattendo con la schiena. Pochi secondi e fu pronta a ripartire, il combattimento si spostò in aria. Naktahara, perché ora Laura si sentiva davvero lei, pregò il medaglione e un lampo scarlatto scaturì dalle sue mani protese verso la nemica, il raggio la centrò in pieno e questa cadde all’ istante, già provata dalla caduta di poco prima. Era stesa a terra, le braccia aperte e il viso rivolto al cielo, un movimento impercettibile animò le sue labbra e un rantolo soffocato ne uscì, significava: “Noktuman, potente signore, dono a te la mia anima e il mio corpo, risorgi!” La terra tremò ancora una volta ma una creatura molto più potente e sanguinaria si destò dal sonno millenario che dalla sua ultima lotta l’ aveva avvolta. La creatura ruggì, un lampo scosse il cielo per un attimo sembrato sereno. Araska venne spazzata via e si ritrovò stesa a terra a metri di distanza rispetto al punto nel quale prima osservava lo scontro. Naktahara ancora sospesa in aria, si schermò gli occhi con le braccia, la creatura dalle sembianze umana le fu addosso e la sbatté a terra con una forza imprevista, - Io non posso ucciderla - pensava. - Se non puoi, perché devi? - Le rispose una voce dolce e melodiosa. Un barlume di speranza le accese lo sguardo - Se non posso ucciderla, perché provare? - Ancora una volta pregò il medaglione, il suo corpo si accese di una luce aurea, il medaglione vibrò sul suo petto. La creatura si ritrovò a terra e Naktahara, sospesa in aria, evocò il potere del medaglione e impose un sigillo sul mostro, una fessura si aprì nella terra e inghiottì il nemico. Tutto in pochi secondi. La vera potenza del mostro non ebbe neppure il tempo di scatenarsi.

Laura aveva vinto, aveva sigillato quel mostro dal nome impronunciabile nelle viscere della terra, ma il medaglione si era infranto nell’ evocare quell’ incredibile potere. Un problema per le generazioni future, ma lei era a posto.

Araska, ripresasi, la translocò presto a casa. La giovane si stese sul suo letto, erano le nove, suo padre non era ancora tornato. Riflettè... Lei aveva salvato un regno, lei aveva salvato un mondo intero! Forse anche un popolo di cui non sapeva nulla. Guardò dietro di lei e spiegò le ali dorate, se non fosse stato per quel piccolo particolare, tutta questa avventura sarebbe potuta anche essere un sogno. 

  
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